giovedì 16 febbraio 2012

276 - RAPPORTO AL GOVERNATORE

Garzes guida la compagnia lungo il corridoio di palazzo che conduce alla sala delle riunioni del Governatore.
Ottenuta la liberazione di Juan, i nostri eroi hanno deciso di raggiungere Salamanca per riferire a Correia ciò che hanno scoperto, e pianificare con il Governatore e il capitano della guardia le prossime mosse. Tutti concordano nel ritenere avventata una partenza immediata per Bakaresh, nonostante tutti gli indizi sulla tratta degli schiavi portino alla capitale del Granducato di Kal-Mahda, non senza prima esserso confrontati con il Governatore che li aveva inviati a Puerto.
Gli inservienti aprono la grande porta a due ante che si affaccia sulla grande sala luminosa, ed è subito chiaro che Correia ha convocato tutte le cariche delle occasioni "ufficiali". Attorno al tavolo siedono un ragguardevole numero di nobili, consiglieri, ufficiali, nonché il Monsignore e Juanito Rodriguez di Puerto del Principe.
Quando anche gli avventurieri hanno preso posto, il Governatore ordina ad uno dei suoi segretari di enunciare i fatti che li hanno visti protagonisti, invitandoli a fornire eventuali ragguagli o correzioni.
Il racconto del segretario, preciso e puntuale grazie ai rapporti ricevuti da Garzes, introduce la successiva discussione sulle possibili azioni di contrasto da parte di Salamanca alle attività di traffico degli schiavi.
Rune interviene proponendo un loro ritorno a Puerto del Principe, subito rifiutato da Correia: le loro facce sono troppo note in quella città, e Daniel Batista mal sopporterebbe un'intrusione aperta negli affari del suo Governatorato.
Uno degli strateghi del Governatore prende la parola, illustrando il suo pensiero una volta alzatosi in piedi. Un assalto diretto alla Verconnes in mare aperto potrebbe essere una mossa vincente per Salamanca, anche agendo allo scoperto sotto il vessillo del Governatorato ome si fa con i pirati. L'evidenza del carico umano della Verconnes e dei traffici che dipartono da Puerto del Principe costringerebbe Castellòn de la Plana ad intervenire, portando dalla parte di Salamanca il Governatore Daniel Batista con una scelta obbligata. Inoltre, sebbene la nave batta bandiera di Arx, il Ducato non si metterà certo a contestare l'attacco ad una nave colta in flagranza di reato, un reato imperiale, per giunta.
Correia riflette. Anche in questo caso ritiene poco saggio affidarsi a Gimble e compagni, meglio usare la milizia ufficiale.
"Convengo che il nostro aiuto sarà molto più prezioso in quel di Bakaresh" conferma lo gnomo "laddove abbiamo scoperto che sono destinati gli schiavi."
Il Governatore annuisce: "E' esattamente ciò che stavo pensando. Finora avete reso grande servigio a Salamanca nonostante le avversità, e ritengo siate degni di fiducia."
Quindi rivolgendosi al suo segretario, dà ordine di trattare in un secondo tempo il finanziamento della missione.
"Governatore" interviene Rune. "C'è un altro fatto che vorremmo portare alla vostra attenzione. Si tratta di ciò che accade a Isla del Quitrin. Immagino che abbiate già ricevuto ampio rapporto dal Capitano"
Lo sguardo del monaco si sposta sul Monsignore, cui elenca i sospetti di esoterismo demoniaco messi in atto dal Duca per il suo sadico piacere. La discussione e le descrizioni di Rune accendono il fervore religioso del prelato, che borbotta scandalizzato, chiedendo a Correia che una simile situazione non può essere tollerata.
Il Governatore fa buon viso a cattivo gioco, promettendo che farà il possibile, con il supporto della Chiesa, per ottenere un intervento nei confronti di Carnegie. Tuttavia è realista sul fatto che non sarà facile avere gli altri Governatori dalla sua parte, considerato quanto Isla del Quitrin fa comodo a tutti nelle Isole.
La riunione si conclude con pochi altri commenti e considerazioni, e Correia si appresta a congedare i presenti quando Juan si alza in piedi.
Il Governatore lo guarda con aria interrogativa: "Sì, giovanotto? C'è dell'altro?"
Il coloviano annuisce: "Sì. Adesso parliamo di mio padre."

giovedì 9 febbraio 2012

275 - PADRE E FIGLIO

Rispetto alle celle di Isla del Quitrin, quella sotto il posto di guardia adiacente il municipio di Tavistock sembra il salotto di un barone.
Juan si guarda silenzioso le punte degli stivali, seduto contro la parete. Black Bart se ne sta su una panca scomoda, con i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo basso.
"Avresti dovuto lasciarmi fare..."
Non c'è convinzione nelle parole del pirata. L'affermazione sembra più un pretesto per oltrepassare il muro di silenzio tra i due.
"Non sarebbe cambiato nulla. Ormai avevi perso. Uccidere Garzes ti avrebbe solo garantito un'esecuzione sommaria in mare da parte di qualcuno dei suoi fedelissimi."
Bart emette un leggero grugnito: "Sarebbe stato meglio che quest'umiliazione. Sono un pirata, ho il mio onore! So benissimo che il nostro destino è la forca, ma morire in combattimento mi avrebbe risparmiato tutta l'ipocrisia e le belle parole di un processo nel tribunale di Correia!"
Juan affronta lo sguardo del padre: "Onore? Di cosa stai parlando? Che onore c'è nel trafficare schiavi? Che onore c'è nell'essere in combutta con quel sadico di Carnegie? Tu l'onore non sai nemmeno dove sta di casa! L'unico *onore* che hai saputo difendere è stato quello della tua cosiddetta *rispettabilità*, e per farlo non hai esitato a buttarmi a mare!"
Black Bart sospira annuendo con il capo. Quei pochi gesti bastano a far capire a Juan quanto suo padre si sia in realtà pentito di molte cose, ma non sia in grado di vincere il suo orgoglio e ammetterlo. Ad un tratto sembra molto più vecchio; ad un tratto sembra solo un genitore che ha sbagliato tutto.
"Puoi ancora fare qualcosa per tornare indietro, padre. Ravvediti, ammetti i tuoi errori, china la testa e implora pietà, giura di servire Salamanca!"
"Io sono solo un pirata, non so fare altro..."
"Metti da parte il tuo dannato orgoglio, per Dio! Guardami! Prendi me come esempio, il tuo peggior fallimento! Io non sono più un pirata, tu mi hai obbligato a non esserlo! Eppure ho trovato la mia strada, esistono altri modi per dimostrare il proprio valore!"
Black Bart guarda in basso in silenzio. Si sente piccolo rispetto a quel figlio rinnegato, che dopo anni gli sta dando una lezione di vita. Le parole che seguono sono una sorta di confessione: "Quando Luìs e Diego mi raccontarono delle attenzioni che avevi per quel tuo giovane amico, Adriano, ero furibondo. Ti avevo sempre considerato un buono a nulla e questa era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Dopo averti sbattuto a mare, lasciai quel poveretto nelle grinfie dei tuoi fratelli. Non so cosa ne sia stato, ma non lo vidi mai più e temo che Luìs abbia sfogato su quel poveretto tutta la sua crudeltà."
Juan sente lo stomaco contrarsi: "Perché mi dici tutto ciò..."
"Perché hai tutto il diritto di detestarmi, perché ho sbagliato, perché hai ragione. Perché ho perso di vista il mio onore di pirata, spingendomi sempre un po' più in là. A piccoli passi, anche trafficare degli schiavi non mi è parso così terribile..."
Juan resta in silenzio. Solo un impercettibile tensione nelle labbra lascia trapelare il suo dolore.
"I tuoi compagni di viaggio non lo sanno, vero?"
Juan scuote la testa.
"Già... non l'ho accettato io che sono tuo padre, perché dovrebbero loro?"
Juan si prende il capo tra le mani, il silenzio scandisce i minuti. Poi una chiave gira nella porta della cella. Un uomo apre la porta, mentre un secondo individuo in armatura entra.
"Giovanotto, in piedi. Sei libero."
Juan si alza, guarda suo padre.
"No, lui no" si affretta a precisare la guardia.
"Vai Juan... è ora che io paghi. Sono stato Black Bart per troppo tempo, è giusto che lo resti fino in fondo. Vieni qua figliolo..."
L'atteggiamento del pirata si fa paterno come non lo è mai stato. Si sfila un anello dal dito, e lo consegna a Juan: "Prendilo. Fai che la leggenda di Black Bart continui lungo una strada migliore."
La guardia fa cenno di muoversi. Juan si affretta senza dire una parola.
Avrebbe tutte le ragioni del mondo per odiarlo, per volerlo morto. Nonostante ciò è ancora suo padre.

martedì 31 gennaio 2012

274 - ROTTA VERSO CASA

"Portatelo via, sarà la giustizia di Salamanca a giudicarlo."
Le parole di Garzes superano di poco le continue imprecazioni di Grolac mentre viene condotto sotto coperta, tenuto saldo da due armigeri.
Il pensiero di tutti corre a Juan e a Black Bart, anch'essi custoditi di sotto. Garzes intuisce il malessere degli avventurieri.
"Capisco il vostro disappunto, ma il mio dovere mi impone di essere inflessibile."
Rune non riesce a continuare a far finta di nulla: "La tua inflessibilità condurrà entrambi alla forca, o al meglio risparmierà Juan concedendogli una vita dietro le sbarre. Credo che dovresti considerare bene le sue azioni e tutte le attenuanti del caso. Non poteva fare altro, si trattava di suo padre. Eppure Juan è anche colui che ti ha salvato da morte certa, capitano, e il fatto che si trovasse sulla nave era solo un caso. Juan non è un pirata, e si trovava sulla Sable Drake per lo stesso motivo per cui noi eravamo lì, a seguito delle vicende di cui ti abbiamo raccontato dopo la nostra cattura a Puerto del Principe."
Garzes ascolta in silenzio, senza tradire emozioni. Alla fine annuisce: "Non posso garantirvi nulla, ma vi prometto che rifletterò sulla questione, e prenderò una decisione una volta giunti a Tavistock."
La conversazione tra i nostri eroi e il capitano continua parlando degli avvenimenti accaduti durante il mese e mezzo di prigionia a Isla del Quitrin.
Dal Capitano Garzes apprendono come la situazione a Puerto del Principe sia via via degenerata dopo la loro scomparsa. Juanito è stato destituito a favore di Bulloza - che gli avventurieri non esitano ad  accusare come persona probabilmente invischiata nella tratta degli schiavi - ed esiliato a Salamanca, mentre di suo figlio Nataniel si sono perse le tracce.
Luìs Correia, forte delle informazioni avute da Juanito, non ha esitato a offrire l'aiuto di Salamanca a Daniel Batista di Castellòn de la Plana per affrontare i problemi di Puerto, ma il Governatore pare intenzionato a lavarsi i panni sporchi in casa, continuando l'isolamento della città, che soffre sempre di più dell'incedere della malattia.
La discussione tocca anche l'intollerabile situazione di Isla del Quitrin. Garzes confida molto nel fatto che grazie alla loro fuga, le ripetute violazioni di Carnegie alle leggi imperiali verranno portate alla luce del sole, e che nessuno dei Gorvernatori delle Isole potrà stare con le mani in mano dinanzi a tali evidenze.

E' l'ultimo giorno della prima decade di novembre quando la fregata di Salamanca entra nel porto di Tavistock.  La cittadinanza festante accoglie le milizie lungo la via principale, e la stessa folla copre d'infamia i pirati che vengono trasportati nelle segrete sotto il municipio.
Gli avventurieri, sempre in compagnia del Capitano Garzes, incontrano e salutano vecchie conoscenze.  Don Adelmo, Nargis, il sindaco Mendoza. E là, tra la gente, Gimble intravede anche il Rauco, il proprietario della taverna Barracuda. A ricordargli che Juan non è lì con loro per festeggiare con una bevuta.

mercoledì 25 gennaio 2012

273 - L'ONORE DI UN PIRATA

Black Bart solleva la lama per finire il morente Garzes, ma Juan passa di fianco al capitano inginocchiato frapponendosi tra lui e suo padre. Il coloviano rinfodera la spada corta.
Black Bart guarda il figlio incredulo: "Che cosa significa Juan! Questo cane non merita di vivere!"
"Basta padre. Hai perso. Ucciderlo non servirà a nulla!"
"Servirà invece! Anche se sto per perdere tutto, anche se il mio tempo è giunto alla fine, ne avrò salvo il mio onore di pirata, portando a Correia la testa del suo mastino preferito!"
Juan non trattiene una smorfia: "Per il *tuo* onore! Che insensatezza padre! Se vuoi ucciderlo, allora dovrai uccidere anche me." e allarga le braccia a protezione di Garzes. "Per il tuo onore hai già ucciso tuo figlio una volta, sono certo che non sarà un problema farlo una seconda!"
Un silenzio teso invade la stiva. Black Bart fissa Juan con gli occhi colmi di collera, le labbra serrate e la sciabola alzata sopra la testa, pronta a falciare il coloviano indifeso. I secondi passano con una lentezza innaturale.
Poi il pirata lascia cadere la spada in segno di resa.
Bart abbassa lo sguardo passando per gli occhi di Juan. Il coloviano tira un sospiro, ma il senso di angoscia che porta dentro di sé non l'abbandona. Sa di essere nemico di Salamanca per ciò che ha fatto, sa di essere allo stesso tempo colui che ha posto fine alla leggenda di un uomo che in fondo ha sempre ammirato. Un uomo che pensava di aver cancellato dalla sua vita, e che invece, nonostante tutto quel che è accaduto, non è capace di ignorare. I suoi pensieri corrono veloci mentre alle sue spalle Isabel si affretta a dar soccorso al capitano Garzes.
Cosa c'era negli occhi di suo padre? Ira, rassegnazione, rispetto, delusione... Benché non voglia ammetterlo, il giudizio di quel vecchio pirata in cuor suo lo fa soffrire.
Gli uomini di Salamanca lo afferrano e lo legano,e lo stesso fanno con Black Bart. Juan abbassa lo sguardo, maledicendo la sua indecisione, la sua incapacità di essere forte, o crudele, come Luìs. Maledicendo di essersi trovato a scegliere tra l'affetto per suo padre e la cosa giusta da fare.

Gimble osserva la Sable Drake bruciare, dopo che Garzes ha fatto portare schiavi e merci a bordo del mercantile. Un altro mito di questo tempo che scompare...
"Ci sarebbe da farci uno sceneggiato teatrale..." commenta Grolac alle sue spalle.
Gimble sente il sangue ribollirgli nelle vene. Nessuno lo fa imbestialire quanto il nano per ogni parola che dice, ma questa volta è giunta l'ora della vendetta.
"Black Bart era pur sempre suo padre..." sospira il bardo appoggiandosi al parapetto.
"Ehhh... alla fine, per quante incomprensioni ci possano essere, alla lunga il tempo guarisce tutte le ferite..." Grolac gesticola poetico. "In un certo senso anche io sono stato a lungo la tua vera famiglia..."
"Già... il tempo affievolisce il rancore..."
Gimble fa una lunga pausa.
"Grolac, io ho rispettato la mia parte del nostro accordo, ti ho tirato fuori da quell'inferno in cui ci avevano cacciati Zaran e le Lacrime Rosse. Ora tocca a te... io... devo sapere di Bleena..."
Il nano annuisce, appoggiandosi a sua volta al parapetto: "Maledetto il giorno in cui ho fatto affari coi BlackRabbit, non mi sarei mai cacciato in questo pasticcio. Loro erano coinvolti nella tratta degli schiavi tanto quanto i pirati di Madera. In tutta onestà non so dove li portino, non so dove sia Bleena, ma presumo che la destinazione comune sia Bakaresh..."
"Perché Bakaresh? Cosa se ne fanno là?" chiede Gimble.
Grolac alza le spalle: "Non ne ho idea. Non mi sono mai voluto addentrare nella faccenda. E ho fatto bene, visto che quel poco che so mi ha già fatto passare non pochi guai!"
Gimble si volta e fa per andarsene. Il capitano Garzes è già con i compagni vicino all'albero maestro.
"Nano tu non sei mai stato la mia famiglia... mai. E' ora che tu paghi per tutte le tue malefatte."
Grolac impallidisce: "Non... non puoi farlo... sono stato come un padre per te quando i tuoi genitori ti hanno venduto!"
"Taci nano! Sei solo la persona che più ho odiato al mondo! Ho saputo quello che dovevo da te, non mi servi più! Tuttavia sono certo che potrai raccontare le tue storie al capitano, sarà molto interessato a chiarire il tuo ruolo in tutta questa vicenda!"

giovedì 19 gennaio 2012

272 - VITTORIA E SCONFITTA

Gimble sgattaiola veloce tra le gambe dei contendenti fino alle scalette che portano sul cassero di poppa. Ignorato dai più, sugli scalini giace riverso il cadavere del mago di Berenzan, il corpo trafitto in più punti da numerosi dardi di balestra. Con mani veloci lo gnomo fruga tra i suoi averi, appropriandosi di un pugnale e di un sacchetto di monete. Sudato e teso, Gimble si prepara a giocarsi il tutto per tutto per fermare questa follia, una battaglia che porterà ad un massacro da entrambe le parti, ma che alla fine Salamanca è destinata a vincere.
Lo gnomo torna sui suoi passi verso il centro del ponte, si ferma a poca distanza da Luìs. Quando il pirata finisce un suo avversario, intona una cantilena accompagnata da gesti rituali. Le sue parole tessono nell'aria una trama magica invisibile, suoni mistici che si concentrano nella mente del suo bersaglio.
Luìs sente i muscoli paralizzarsi, le braccia e il corpo duri come pietra non rispondono più al suo controllo, all'improvviso è diventato una facile preda. Il respiro si fa corto, gli occhi guizzano attorno terrorizzati, mentre lo gnomo balza agile su una botte fortunosamente vicino alla sua vittima. Gli prende i capelli e li tira, scoprendo la gola su cui poggia la punta del pugnale. Una goccia di sangue cola lungo il collo.
"Diego!" urla a squarciagola.
Pirati e guardie si girano, ma lo sguardo più eloquente è quello del fratello minore.
"Arrendetevi! Ordina ai tuoi di gettare lo armi o gli apro la gola!"
Gimble prega che il suo piano funzioni. Diego è tra i due fratelli quello moralmente più debole, e Luìs è per lui una guida irrinunciabile. Allo stesso tempo, con Luìs sotto scacco e Black Bart rintanato sotto coperta, Diego rappresenta ora l'unica autorità per l'equipaggio della Sable Drake.
"Mi hai sentito?!?" intima Gimble, facendo scorrere per qualche millimetro la lama sul collo di Luìs, Diego cerca il consiglio del fratello, che con occhi di terrore lo guarda senza poter proferire parola, le labbra sigillate dall'incantesimo del bardo. Le armi tacciono per istanti che sembrano infiniti.
Poi Diego getta a terra la spada: "Fate... fate come dice!"
Un boato corre tra gli uomini di Salamanca.

Bart muove passi circolari attorno a Garzes ondeggiando la sua sciabola, imitato diametralmente da Juan. Il capitano di Salamanca, intrappolato tra i due, lancia occhiate a entrambi cercando di non farsi cogliere di sorpresa.
"Perché Juan..." sussurra Garzes a denti stretti.
Juan tace.
"Hai fatto la scelta giusta figlio mio..."
Bart attacca feroce, Garzes scansa il suo colpo con lo scudo girandosi per fronteggiare Juan. Il coloviano è già scattato in avanti con una piroetta su sè stesso, e ruotando solidale al movimento dell'avversario si porta di fianco al capitano, oltre la portata della sua spada. Quindi impugnando al rovescio e con entrambe le mani l'elsa della spada corta affonda un colpo all'indietro sotto la sua stessa ascella. La lama trafigge Garzes dal basso all'alto sotto le costole, attraverso le giunture della corazza. Il capitano sente il respiro venir meno, barcolla allargando le gambe per mantenersi in piedi.
Black Bart ne approfitta menando un fendente alle spalle che recide di netto i bicipiti femorali.
Juan estrae la lama finendo la sua piroetta, terminando faccia a faccia con Garzes che cade sulle sue ginocchia, gli occhi puntati sul coloviano e la bocca spalancata da cui sgorga sangue. Alla mercé dei suoi nemici.
Bart guarda il figlio con compiacimento e ammirazione, preparando la sua sciabola a mietere l'ennesima vittima.
"No, è finita!" urla Gimble dalle scale che scendono dal ponte. "Arrenditi Bart! E' finita! Salamanca ha vinto! I tuoi uomini si sono arresi!"
Il vecchio pirata sorride. Ha vinto e perso tutto allo stesso tempo, ormai è evidente. Ma nulla al mondo gli toglierà il piacere di uccidere il cane di Salamanca.

martedì 10 gennaio 2012

271 - IL SOLDATO ED IL PIRATA

Il faccia a faccia tra Garzes, Rune e Isabel sulle scale che scendono nella stiva si risolve in un incrocio di sguardi senza parole, nella consapevolezza che nessuno sa più chi è alleato e chi avversario.
Il capitano avanza circospetto, con lo scudo alzato e l'arma pronta, mentre il monaco e la chierica indietreggiano per lasciargli spazio.
All'improvviso però una voce profonda attira l'attenzione di tutti verso una porta spalancata dall'altro lato del sottocoperta, la porta che conduce alla stiva destinata al tabacco, dove Black Bart aveva fumato la sera prima. Il famigerato pirata avanza chiamando Garzes "cane di Salamanca", con la sciabola impugnata a due mani che ondeggia davanti a sé.
Il Capitano della guardia contrae le labbra, digrignando istintivamente i denti prima di parlare: "E' la fine, maledetto fuorilegge! Il vostro tempo è finito, presto le vostre scorrerie saranno solo un ricordo, e i commerci potranno finalmente fiorire in pace! Salamanca raderà al suolo uno ad uno i vostri covi, non avrete scampo! Arrenditi e accetta di essere giudicato finché puoi, e ti sarà garantita clemenza!"
"Puah!" Black Bart sputa con una smorfia disgustata. "Parli come un damerino effemminato, reciti a memoria la filastrocca che ti ha insegnato quel rammollito di Correia! Siete come vermi di terra che galleggiano su una foglia e si credono padroni del mare! Quando tu ciucciavi il latte di tua madre, io già solcavo queste acque e continuerò a farlo dopo che ti avrò spiccato la testa dal collo!"
Con un ruggito di rabbia il pirata si getta all'assalto di Garzes. Rune e Isabel si spostano di lato per evitare la carica, il monaco afferra l'avambraccio della sacerdotessa facendole cenno verso la scala che porta alla sentina. Diverse persone vestite di cenci e in evidente patimento per gli stenti della prigionia si stanno ammassando, spinte da altre che dietro di loro provano ad uscire, ma impossibilitate nell'avanzare per il rischio di essere coinvolte nel violento combattimento che si svolge nel bel mezzo della stiva.
Bart incalza il suo avversario con una serie di colpi che lo costringono ad indietreggiare riparandosi con lo scudo, poi una finta costringe Garzes a scoprirsi. Il pirata riesce a colpire con una secca piattonata sull'elmo, il capitano barcolla, il sangue cola abbondante dal naso e da una tempia. Black Bart rotea la sciabola per finirlo, ma Garzes appoggia il ginocchio destro a terra per avere stabilità e spinge energicamente riparandosi dietro lo scudo, deviando il colpo e aprendo la guardia del nemico. Il capitano mena rapido un fendente di rovescio, squartando la coscia del pirata. La corsa della spada è accompagnata dal trascinamento di schizzi di sangue e dalle urla di dolore di Bart, che indietreggia zoppicando nel tentativo di riprendere la posizione di difesa.
Garzes ghigna soddisfatto: "Mi hai sottovalutato, bastardo, e hai fatto la tua scelta... preparati a morire!"

Juan si affretta e si getta in ginocchio a lato della griglia di legno marcio che copre la botola di carico della stiva, da cui provengono le voci di Garzes e di suo padre. Bart è ferito ed ogni suo passo traccia sulle assi del pavimento scia di sangue.
"Smettetela dannazione! Non è... non è... necessario!" urla ai contendenti. Ma le sue parole suonano vuote e inascoltate, persino a sé stesso.
Il giovane coloviano sente una morsa allo stomaco. E' giunta l'ora di decidere, di scegliere da che parte stare. L'ora in cui non si può rimanere neutrali. Tradire il suo presente o riscattare il suo passato.
Juan solleva la griglia e balza giù con l'agilità di un gatto.

mercoledì 4 gennaio 2012

270 - BATTAGLIA IN MEZZO AL MARE

Le urla e le grida. Le funi tese e l'avvicinamento, poi le passerelle vengono calate. Il legno scricchiola sotto i passi della milizia di Salamanca, coperta dal fuoco dei balestrieri e dei maghi.
"Fino alla morte!" incita Black Bart, mentre il clangore del primo confronto si diffonde, e i lamenti di dolore non tardano ad arrivare.
Juan grida il suo dissenso, ma la sua è una voce tra mille nella furia della battaglia. Suo padre, dopo aver impartito i suoi ordini, si ritira nella porta del ponte anteriore che conduce verso la stiva del tabacco, come se lo scontro fosse un diversivo divertente regalato alla sua ciurma, e allo stesso tempo uno spettacolo troppo vile e di poco interesse per il capitano.
Che macabra ironia!, pensa Juan facendosi largo tra i pirati. La migliore milizia di Salamanca, prova del forte impegno del Governatore Correia nel debellare la piaga pirata, li sta per affondare, senza sapere che così condannerà anche gli schiavi a morte certa. E ancora più beffardo è pensare che solo grazie al loro aiuto a Pinàr del Rio Salamanca ha potuto destinare gli uomini impegnati a sedare le rivolte dei nativi al pattugliamento dei mari.
Sangue e legno bruciato. Cantano le spade.
Le sciabole di Luìs e Diego falciano senza pietà. Nonostante l'organizzazione della guardia del Governatore sia superiore, e Garzes abbia tutta l'esperienza per dare una lezione a quelli che a confronto sembrano una banda malviventi sgangherata, la resistenza tenace dei pirati rende ben lontana la possibilità di una facile vittoria.

Juan si trova a spalleggiare Luìs quando Garzes ha da poco incrociato le armi con il fratello. Il Capitano lo riconosce, Pinàr del Rio è un ricordo ancora fresco. L'istante di distrazione dà occasione a Luìs di affondare, sbilanciando il suo avversario, aprendogli un taglio lungo il bicipite che strappa un lamento di dolore.
Garzes indietreggia ripristinando la guardia. Nei suoi occhi c'è l'evidente speranza di un aiuto inatteso dal suo vecchio alleato.
"Juan! Aiutaci! Salamanca ti sarà grata due volte!" chiede ansimando per la fatica.
La possibile risposta viene interrotta dall'incalzare sul coloviano di un uomo della milizia, che Juan si limita a respingere e mettere fuori gioco con uno sgambetto. Luìs nel frattempo ringhia e attacca ripetutamente Garzes, che tiene con difficoltà la posizione parando di spada e scudo. Suo fratello è sempre stato un abile spadaccino.
"No Garzes! Ferma le balliste e i dardi infuocati! La nave è carica di schiavi! Moriranno tutti!"
Il Capitano si ripara dietro lo scudo e carica a testa bassa spingendo indietro Luìs. Il pirata urta Juan, entrambi perdono l'equilibrio intralciandosi a vicenda.
Garzes li supera con un balzo, mentre Juan sente le mani della guardia che aveva atterrato stringersi attorno al suo collo, e il peso dell'energumeno sopra di sé. Il coloviano ne afferra gli avambracci, vede gli occhi furenti e sente il suo fiato sanguigno a un palmo dal naso.
Stringe i denti, sente la voce del Capitano allontanarsi, verso la stiva, crede di sentirgli dire che la nave è piena di innocenti. Ma sono urla come tante in mezzo al  frastuono delle spade.
La presa del suo avversario è ferrea e Juan fatica a divincolarsi; i secondi diventano minuti ed ogni tentativo di liberarsi sembra vano. Finalmente, con un colpo di reni riesce a spostare di poco il corpo del nemico, quindi sferra una poderosa ginocchiata. L'avversario gonfia le guance e strabuzza gli occhi, le sue mani passano dal collo di Juan ai gioielli di famiglia. Il coloviano balza in piedi, si rassetta la casacca e sferra un calcio in bocca al suo avversario. Ora deve muoversi a trovare Garzes.

sabato 24 dicembre 2011

269 - ALL'ARREMBAGGIO!

Il nuovo giorno porta con sé un cambio dei venti. Correnti calde meridionali sospingono la Sable Drake a gonfie vele, e come linfa fresca sembrano portare rinnovato vigore nell'equipaggio di Black Bart.
Il sole ha già superato lo zenit quando Lucas, la vedetta, richiama l'attenzione urlando dalla coffa. L'avvistamento del bastimento di Salamanca carico di tabacco all'orizzonte strappa un boato euforico tra i pirati, mentre Black Bart si affretta a impartire ordini per l'avvicinamento e l'abbordaggio.
Tuttavia, l'eccitazione dei primi minuti si trasforma presto in un'amara sorpresa, quando Lucas si sgola in preda all'agitazione per avvertire il capitano della presenza di una seconda nave di dimensioni inferiori, una veloce fregata da battaglia di scorta al mercantile, nascosta inizialmente dietro la sua imponente mole.
Black Bart bestemmia sonoramente. E' una trappola!
Nonostante gli ordini perentori del capitano e il prodigarsi dell'equipaggio, la manovra di avvicinamento era in fase troppo avanzata e la Sable Drake fatica a prendere le distanze, mentre la fregata di Salamanca cavalca le onde guadagnando terreno.
"Venite con me, presto!" dice Juan ai compagni. "Nella stiva!"
"Perché Juan? Cosa..."
Il coloviano non dà a Rune il tempo di finire la frase, ma lo degna di una risposta mentre scende di sotto.
"Siamo troppo lenti, ci prenderanno. E tra poco sul ponte sarà un inferno. Dobbiamo armarci, non sappiamo come può andare a finire. Se non è cambiato nulla da quando me ne sono andato, qua sotto ci dovrebbe essere una discreta scorta di armi..."
In effetti i ricordi di Juan sono esatti. Tra rastrelliere e cassapanche colme di scimitarre, coltellacci, spadini, corpetti di cuoio, balestre, i nostri eroi recuperano quanto può essere utile in caso di emergenza.
Ad un tratto si sente un tonfo, e dopo pochi istanti la nave ondeggia violentemente. Gli avventurieri cercano di mantenere a fatica l'equilibrio.
"Maledizione!" impreca Juan. "Hanno le catapulte!"
Il coloviano, spada corta alla mano, si fionda sulle scale che portano al ponte.
"Juan!" urla Gimble correndogli dietro. "Ti farai ammazz--!!!"
Un rumore secco, improvviso, di assi spezzate, e schegge di legno impazzite che volano dappertutto. Gli avventurieri si gettano sul pavimento per ripararsi, e quando il loro sguardo si rialza, la punta arpionata di un grosso dardo da ballista spunta dalla parete sfondata.
Gilead si rialza, la fronte gli sanguina per un taglietto provocato da una scheggia: "Gli schiavi! Dobbiamo liberarli! Se ci affondano saranno in trappola come topi!"
L'elfo si precipita verso i ponti inferiori seguito da Hearst, intenzionato a dargli man forte. Al loro passaggio altri arpioni schiantano le pareti della nave, perforando il legno, facendone schizzare i pezzi come proiettili.
Nel frattempo sul ponte superiore Black Bart si sgola ordinando di tagliare le cime legate agli arpioni, grazie alle quali la fregata si avvicina sempre di più, in quella sorta di danza che è la manovra di arrembaggio.
Luìs fa partire le scariche dei balestrieri, il mago mercenario di Berenzan scaglia dardi luminosi sull'equipaggio avversario, ma la risposta di Salamanca è pari se non più energica. Le frecce volano lacerando le vele e provocando dolorose ferite tra i pirati, lingue di fuoco scorticatrici si staccano letali dalle dita degli incantatori della fregata.
La voce del capitano nemico si alza imperiosa tra i primi fuochi della battaglia, intimando una resa inaccettabile per la Sable Drake. Una voce e una presenza ben note a Gimble e Juan, segno che Salamanca ha deciso di fare veramente sul serio per contrastare la piaga della pirateria.
Nicolau Garzes.

martedì 13 dicembre 2011

268 - LA SENTINA

Le lanterne appese a sostegni ricurvi sul ponte dondolano al ritmo delle onde, come minuscole lucciole nell'immensa notte del mare aperto.
L'ora è tarda, quasi tutti dormono. Per un elfo tuttavia, il sonno non ha significato. Non che il corpo non necessiti di riposo, ma questa tipica necessità comune a tutte le altre razze negli elfi è sostituita da uno stato di vigile dormiveglia. E attraverso la trance, Gilead ascolta distrattamente l'ennesima provocazione di Luìs nei confronti di Juan riguardo la sua presunta virilità, e il conseguente scambio di veleni. Nonostante la violenza verbale, la discussione si spegne quasi subito senza addentrarsi nelle reali motivazioni che hanno spinto il padre a sbattere Juan a mare, sebbene il fratello vi faccia frequenti allusioni.
Quando Luìs si allontana e Juan si accuccia, senza dare nell'occhio l'elfo muove passi silenziosi, scivolando come un'ombra sottocoperta.
Nella sottostiva, un pirata russa sonoramente stravaccato su un sacco di granaglie a lato di una botola. La borraccia di rum prosciugata al suo fianco è garanzia che il suo sonno non verrà certo disturbato dal tintinnare delle chiavi attaccate alla sua cintura, che l'elfo preleva prima di avventurarsi nella sentina.
Gilead scende la minuscola scala a pioli accedendo ad un misero atrio sul fondo della nave, dove le acque di infiltrazione si accumulano in un rigagnolo maleodorante. Gilead si trova di fronte ad una porta robusta. Le chiavi servono inequivocabilmente per aprirla, e l'elfo le fa scivolare nella serratura cercando di non fare il minimo rumore. La luce debolissima che viene dalla candela della guardia al piano superiore filtra appena, ma per gli occhi del ranger è sufficiente.
Nell'oscurità intravede sagome addormentate l'una sull'altra, mentre il lezzo di cibo rancido ed escrementi lo investe. Gilead sente una stretta allo stomaco, ma la sensazione di pietà viene brutalmente spazzata via dall'adrenalina. Non tutti dormono, e qualcuno tra gli schiavi nota lo spiraglio di luce dalla porta, si alza e si getta verso l'uscio implorando di farli uscire, senza badare ai cenni di silenzio dell'elfo.
Gilead è costretto a richiudere, mentre i prigionieri chiedono misericordia e battono sulla porta.
"Che diavolo succede!" borbotta una voce impastata e allarmata di sopra.
L'elfo sente il cuore accelerare, mentre la sua mente ragiona fulminea. Quasi istintivamente getta il mazzo di chiavi nel cono di luce della botola, prima di appiattirsi nelle ombre in un angolo.
Un volto rintronato si affaccia nel'apertura illuminata sul soffitto, intimando il silenzio a suon di bestemmie. La guardia, inascoltata, si affaccia ancora di più, a mezzobusto.
"Brutti figli di puttana! Sctate zitti!!! Hic...! Devo sc-scendere?!? Ehi, che cazzo sci fanno le mie chiavi laggiù? Mi sciono scivolate mentre urlavo... brutti basctardi devo scendere per forza... è tutta colpa vosctra, che devo scendere per forza..."
Il pirata impegna a fatica i pioli, raccoglie le chiavi, sputa nel rigagnolo d'acqua e infine pianta tre pugni violenti sulla porta: "Ziiittiiii! O vi ammazzo tutti!!!"
Le voci dentro la sentina si placano, una dopo l'altra, con spocchiosa soddisfazione della guardia. Il bruto torna al suo posto e dopo meno di un quarto d'ora russa pesantemente, come se nulla fosse accaduto.
Grazie a Dio era ubriaco, pensa Gilead tirando un sospiro di sollievo.
Con passo leggero, l'elfo torna sul ponte.

mercoledì 7 dicembre 2011

267 - IL LAVORO SPORCO

Il sole in mare aperto è una palla di fuoco che arrostisce la pelle, che costringe gli avventurieri a cercare frequentemente un minimo sollievo sotto le vele. Juan è particolarmete schivo e silenzioso; nonostante qualcuno sulla nave accenni a un saluto, la maggior parte dell'equipaggio lo evita. Questo tuttavia non impedisce ai compagni di fare conoscenza con alcuni individui dell'equipaggio: il cuoco Juanillo, la vedetta Lucas e il timoniere Esteban. A detta di quest'ultimo, un tipo particolarmente avvezzo alla chiacchiera mentre lascia ondeggiare il timone, a bordo c'è anche un mago mercenario di Berenzan, un tizio poco socievole aggregatosi di recente per volere di Manuel Hidalgo con il beneplacito di Black Bart, per il momento rintanato sottocoperta.
Il galeone naviga lento verso est, in direzione dello stretto tra Salamanca e Granada, a velocità ridotta a causa dei venti Anteliesi che soffiano contrari.
"Ci vorrà una settimana, sapete..." blatera Esteban distratto.
"Una settimana per cosa?" chiede Isabel incuriosita. Il timoniere si volta per fissarla, non solo negli occhi.
"Per arrivare a Bakaresh. E' là che siamo diretti."
Juan ascolta stupito e incuriosito. Bakaresh? Una delle grandi città del Granducato di Kal-Mahda? Una meta insolita, lontana, ben al di fuori delle normali tratte dei bucanieri.
Isabel incalza Esteban sul perché di quella destinazione, ma il timoniere alza le spalle, e improvvisamente silenzioso torna ai suoi compiti.
Hearst invece passa il suo tempo nel tentativo di racimolare qualche moneta svendendo ad un pirata l'armatura delle guardie di Isla del Quitrin. Il suo acquirente tuttavia gli offre come controparte la possibilità di abusare di una delle schiave trasportate dalla Sable Drake. Il guerriero declina, reprimendo l'istinto, anche quello di spaccargli la faccia, accordandosi alla fine per una ventina di monete.
Nel frattempo, a poppa, Gimble minaccia Grolac di confessare tutto ciò che sa di sua sorella entro un giorno o la pagherà cara. Il nano non pare in realtà molto spaventato dalle intimidazioni dello gnomo. Sa di avere il coltello dalla parte del manico, sa che la sua morte significa il suo silenzio sulla sorte di Bleena, per sempre. E il nervosismo di Gimble da forza a questa sua consapevolezza.

Sono passate poche ore quando un mozzo comunica ai nostri eroi che il capitano li vuole vedere.
Black Bart si fa trovare in una piccola sezione della stiva sottocoperta. Fuma una pipa, con fare riflessivo, ad ampie boccate, emettendo abbondanti volute di fumo.
"Come siete finiti in quelle prigioni" chiede senza preamboli.
"Eravamo sulle tracce del traffico di cui sei fatto partecipe" risponde freddamente Juan. "Ci ha catturati uno dei tuoi complici delle Lacrime Rosse a Puerto, Henox, assieme ad un negromante."
"Complice?" chiede con un mezzo sorriso Bart. Un'espressione che Juan comprende al volo.
"Tu *non sai* come vengono presi gli schiavi..."
"Non mi interesso né della loro provenienza, né del loro destino... ma visto che ormai ci siamo, sono curioso..."
Gimble si fa carico di riassumere per il pirata. Del resto non c'è motivo di nascondergli qualcosa di cui fa parte; anzi, lo gnomo spera di poter cavar fuori qualche informazione utile da questa discussione.
Senza risparmiare commenti feroci sul ruolo di Grolac, Gimble spiega come per mezzo della malattia fasulla inoculata da Zaranzargûl gli schiavi vengano finti morti, imbarcati sulla Verconnes e trasferiti a Isla del Quitrin con la complicità di Carnegie, che probabilmente in questo traffico ha la sua buona fetta di guadagni. In questo modo la Verconnes, che batte bandiera di Arx e risulta carica di casse di minerali e manufatti in metallo, va e viene "pulita" e indisturbata da Puerto del Principe.
"E qui entriamo in gioco noi, a fare il lavoro sporco" conclude Black Bart, emettendo una grande nuvola grigia. "Sospettavo che Manuel avesse stretto accordi con le Lacrime Rosse, ma non ne avevo certezza."
"Vi siete lasciati trascinare in tutto questo..." sussurra Juan con disprezzo.
"Suvvia Juan, non siamo dei santi, questo lo si sapeva già! La tratta non è certamente qualcosa che mi rende orgoglioso, ma l'oro è oro, e in questo momento per Madera è importante conquistare terreno rispetto al covo di Valparaiso. E' un'attività rischiosa, soprattutto ora che Salamanca - terminata l'emergenza a Pinàr del Rio - è tornata con tutte le sue forze a contrastare la pirateria. Ma è anche un'attività che porta fiumi di denaro nelle tasche di Hidalgo. Quelli di Bakaresh, chiunque essi siano e qualunque cosa facciano degli schiavi, pagano molto, ma molto bene."
Black Bart inspira un'altra boccata, soffiandola poi fuori dalle narici.
"E poi c'è il tabacco. Merce rara e ambita sulla terraferma, che a Bakaresh pagano profumatamente. Ci posso fare una cresta mostruosa. E a dire la verità ci siete anche voi. Appena si saprà della vostra fuga, chissà quanto varranno le vostre teste per le Lacrime Rosse..."
Lo sguardo del pirata si sposta sul figlio. Il messaggio è chiaramente rivolto a lui: "Ho avuto una gran soffiata. Tra un paio di giorni incroceremo la rotta di un mercantile di Salamanca di ritorno dalle piantagioni di Darien, a cui sottrarre il prezioso carico prima di fare rotta verso il continente."
I due si guardano in silenzio, ma il resto è ben chiaro per il giovane coloviano: se sei dei nostri, bene. Se invece non sei d'accordo, fai in modo che i tuoi amici non interferiscano.

domenica 27 novembre 2011

266 - JUAN E' MORTO QUEL GIORNO

"Non ci raggiungeranno più, prima che ci capiscano qualcosa saremo a bordo della Sable Drake" afferma sicuro Black Bart, osservando le scialuppe con gli uomini di Carnegie che si avvicinano al pontile. Il pirata si porta una mano alla barba, pensieroso. Poi inizia a raccontare dei tempi passati, senza che nessuno glielo abbia chiesto, come se Juan non fosse lì a sentire; racconta del figlio come la sua più grande delusione a causa delle sue scarse inclinazioni verso la vita piratesca.
Dalle parole di Black Bart emerge come la poca virilità di Juan sembra alla base dei dissapori con il padre, anche se l'astio più palpabile è tra Juan e i fratelli, in particolare Luis, che non perde occasione per punzecchiarlo.
"Ricordo ancora come se fosse ieri quella volta che dopo mesi di scorrerie ci prendemmo un periodo di vacanza. E lui, invece di sollazzarsi tra alcol e donne... sapete dove lo trovai, sapete dove lo trovai..." ripete mettendosi una mano di fronte agli occhi per la vergogna. "Impiegato come apprendista nella bottega di un sarto! Santi numi! Mio figlio che con ago e filo rammendava come una vecchia matrona! Mi costrinse a riportarlo a bordo a calci nel culo..."
"Che mestiere da frocio!" rincara la dose Luìs, ricambiato da un'occhiata di Juan che non presuppone nulla di buono.
"In effetti non ricordo di averlo mai visto con una femmina..." bisbiglia Hearst a Rune, facendo sorrisetto ironico dando di gomito.
"Beh, signor Bart" interviene Gimble, "vi posso garantire che il vostro figliolo non è più il rammollito di un tempo. E' uscito da Isla del Quitrin, è scampato alle grinfie di Carnegie, ma non solo. Saprete di certo della morte di Kade delle Lacrime Rosse a Salamanca: è stato vostro figlio..."
Gimble sa di prendersi un rischio. Rivelare al pirata un'informazione come questa considerando il suo coinvolgimento con la tratta degli schiavi è pericoloso, ma potrebbe anche rivelarsi un passpartout per scoprire qualcosa su sua sorella.
Per un istante un lampo di ammirazione corre negli occhi di Black Bart. La Sable Drake è oramai vicinissima.
"Non perdiamo altro tempo in ciance... saliamo sul ponte."

Il ponte della Sable Drake è in pieno fermento; tutti, dall'ultimo mozzo al timoniere, si danno da fare per prepararsi a salpare.
Black Bart mette le mani ai fianchi, e col petto in fuori parla agli avventurieri con voce tonante: "Benvenuti a bordo... si fa per dire. Al momento ho deciso di darvi un passaggio per tirarvi fuori dalle grane, ma ovviamente la regola è che un pirata non fa niente per niente..." e nell'affermarlo, il suo sguardo lungo cade sullo scettro di Carnegie al fianco di Isabel.
Juan interviene seccamente: "Scordatelo! Adesso basta! Basta con i racconti, basta con le frecciatine di Luìs, basta! Non avrai quello scettro..."
"Conosci le regole Juan...!"
"Certo che le conosco. Ti pagheremo una cifra ragionevole, fino all'ultima moneta." Juan si avvicina al padre guardandolo dritto negli occhi. Ogni timore nel coloviano sembra svanito. Black Bart lo sovrasta con la sua stazza, i loro volti si trovano a pochi centimetri. "Buttandomi a mare, tu hai rinunciato ad uno dei tuoi tre figli. Ricordalo bene e comportati di conseguenza: io non sono più tuo figlio!"
Per alcuni secondi i due si fissano senza che nessuno dica nulla.
"Hai ragione. Juan è morto quel giorno."
Bart si gira, camminando a grandi passi verso prua, verso la cabina del capitano: "Datevi una mossa scansafatiche! Si parte! Si parte!"
I tacchi dei suoi stivali schioccano sul legno delle assi del ponte. Poi dà un calcio ad un barilotto d'acqua d'intralcio, apre la porta e si ritira nella sua stanza.

giovedì 17 novembre 2011

265 - PIRATI!

"Levatevi di torno!" sbraita Black Bart imbestialito, praticamente ignorando la ferita alla spalla. Tra lui e Juan, le guardie confuse non sanno che pesci pigliare. Il pirata e i suoi figli le spintonano verso gli avventurieri, volano gli insulti, cercano di reagire e non finire a mare. Hearst non si fa alcuno scrupolo a rifilare loro un paio di sganassoni, col risultato che sul pontile si scatena quella che sembra una delle peggiori risse da taverna.
Juan sguscia fuori dalla mischia mantenendosi alla distanza dal padre, superato pochi istanti dopo dalle guardie malconce che se la danno a gambe maledicendo il nome di Black Bart.
Nella zuffa i nostri eroi ostacolano il pirata e i suoi figli, creando una barriera umana tra questi ultimi e il loro compagno.
Gimble urla evitando pedate, sputi e insulti, frapponendosi tra i litiganti nel tentativo di ristabilire la calma: "Fermatevi! Fermatevi! Dio solo sa da quanto siamo imprigionati su quest'isola e non ci giocheremo tutte le nostre possibilità di fuga in una dannata faida familiare!"
"Te la risolvo io la faida familiare tappo, lascia che gli metta le mani addosso..." grida Luìs, osteggiato da Rune.
"Sì, sì vieni! Ti faccio secco!" ribatte spavaldo Juan, agitando le braccia.
"No... davvero, signor Luìs" continua diplomaticamente Gimble, cercando di non perdere l'equilibrio per le continue spintonate tra energumeni, "Juan ora parla così perché la prigionia l'ha reso molto nervoso, sa... i sotterranei, il buio, lo sporco... a di certo non pensa ciò che dice!"
"Vaffanculo nanerottolo, piantala con le ciarlerie e levati di torno! Arrivo fratellino, ti accontento subito! Diego, andiamo! Facciamola finita una volta per tutte!"
"BASTA!"
La voce baritonale di Black Bart tuona su tutti. Il pirata esaurito l'istante di furia sembra aver riacquistato calma e fermezza.
Luìs e Diego si voltano stupiti: "Ma... padre!"
"Ho detto basta, Luìs! Non discutere!" lo sguardo di Black Bart fulmina il figlio maggiore, spostandosi poi severo su Juan. "Ti sbatto giù dalla mia nave pappamolla e ora ti ritrovo in fuga da Isla del Quitrin... quantomeno in questo il mio sangue non mente, anche se non cancella l'offesa che ho subito."
Juan prova a ribattere, ma una smorfia di Black Bart gli strozza le parole in gola. Per un istante suo padre è solo suo padre, il suo viso è il viso severo ma rassicurante che vedeva da bambino.
"C'è poco tempo signor Bartholomew" bisbiglia timidamente Gimble. "Abbiamo le guardie alle calcagna, cosa ne dice se continuiamo questa discussione con la dovuta calma sul vostro galeone?"
Il pirata annuisce, Luìs sgrana gli occhi incredulo, ma non accenna a protestare.
Senza indugiare oltre, pirati e avventurieri salgono sulla scialuppa. Resta solo Juan, da solo sul molo. Gimble gli fa cenno di sì, con la testa. Senza parlare, il coloviano siede in fondo, lontano dai fratelli, abbassa lo sguardo e fissa il mare.
Diego rema energicamente solcando le onde, incrociando a metà strada le barche con le guardie del Duca di ritorno dalla nave. I soldati guardano incuriositi l'ultimo carico di schiavi, ma nessuno realizza quello che sta accadendo, o ciò che è avvenuto sulla spiaggia.
Già, schiavi. Gimble è certo di pensare quello che pensano tutti i suoi compagni mentre tutti i pezzi del mosaico si compongono nella sua mente: Black Bart è coinvolto in questo terribile traffico. Ed il fatto che sia anche il padre di Juan non semplifica le cose.

giovedì 10 novembre 2011

264 - BLACK BART

"Lasciamo perdere, dobbiamo trovare un altro modo."
Juan si ritira dietro il portone gesticolando nervosamente.
Gilead lo guarda stupefatto: "Stai scherzando, vero? Quella nave è la nostra unica speranza di fuggire da quest'isola, e tu vuoi *fare diversamente*?"
"No-no-no, forse non hai capito, quella è gentaglia, meglio perderli che trovarli! Stanno caricando prigionieri su quella nave! Avete visto il vessillo che batte sul pennone? Conviene trovare un'altra soluzione..."
"Juan, sii serio! Dobbiamo rischiare, riuscire almeno a rimediare una scialuppa! Se perdiamo questa occasione siamo condannati!" insiste l'elfo.
Gimble si frega la barba osservando attentamente Juan. Sta per dire qualcosa quando Hearst interviene, suggerendo di usare le uniformi delle guardie addormentate - dopo aver dato loro una bella botta in testa che ne prolunghi il sonno - per fingersi armigeri di Carnegie in ritardo che scortano gli ultimi prigionieri.
"E secondo te abboccheranno?!?" Juan si sbraccia agitato.
"Hai idee migliori?" ringhia Hearst. "Per Dio, Juan, sei sempre stato un cacasotto, ma questa volta stai esagerando! Vuoi spiegarci cosa non va?"
"Hearst, ogni tanto fai salire del sangue anche al cervello! Sono pirati! P-i-r-a-t-i! E io... io... sono un mercante!"
"Vai a quel paese Juan! Non vedo altre via d'uscita. Se vuoi resta qua."
Gimble interviene a sostegno dell'idea di Hearst: "Non abbiamo altre vie di fuga Juan, lo sai anche tu. Per quanto scalcagnata sia quest'idea, ci darà per lo meno il tempo di avvicinarci e coglierli di sorpresa."

Il volto barbuto del pirata più anziano si rabbuia di colpo in un'espressione interrogativa, anticipando di un solo istante la medesima smorfia sulle facce dei pirati più giovani al suo fianco. Gli uomini di Carnegie con loro sul pontile si voltano per capire cosa abbia provocato quell'insolita reazione nei loro interlocutori.
"Beh, che c'è?" domanda Hearst dissimulando sicurezza e mettendo ben in mostra l'insegna di Isla del Quitrin tessuta sulla sopravveste dell'armatura. "Questi sono gli ultimi, c'è ancora una scialuppa."
Le guardie si scambiano un'occhiata, e la loro espressione muta rapidamente da perplessa a incredula: "Non ne erano previsti altri."
"E che diavolo vi sembrano?! Visitatori?" brontola con fare scocciato Hearst, mostrano con un cenno i compagni. Juan tiene la testa bassa.
Senza dire altro gli uomini di Carnegie portano le mani all'elsa della spada appesa al fianco.
"Lasciate perdere."
Il pirata con la barba posa una mano sulla spalla di ognuno, come si fa coi vecchi amici. Li sovrasta entrambi di almeno una spanna con la sua mole possente, il tono della sua voce baritonale nasconde sotto un'apparente tranquillità una velata minaccia.
"Ma... signor Bart-" protesta timidamente uno dei due, con espressione confusa sul volto.
"Sssh-sssh-sssh!" il vecchio pirata batte una mano sulla spalla del soldato. "E' molto che non ci vediamo, vero?"
Il messaggio, seppur impersonale, è inequivocabilmente rivolto a Juan, che non solleva nemmeno per un istante il volto, gli occhi riparati dietro i ricci che gli ricadono sulla fronte. I due pirati più giovani sghignazzano divertiti, scambiandosi sguardi d'intesa.
"Vaffanculo, che cazzo avete da ridere?" sibila feroce il coloviano. "Che ci fate qui?"
"Ehilà! Che modi Juan!" esclama il pirata barbuto, stringendo le spalle delle guardie sempre più allibite. "Non mi dire che hai ritrovato le palle in questi anni!"
"Juan, chi sono?" chiede sottovoce Rune.
"E poi, che maniere! Non mi presenti i tuoi nuovi amici!" continua con fare teatrale il pirata.
Gimble coglie la palla al balzo e fa un mezzo inchino: "Mi presento lor signori, io sono Gimble Scheppen, e mi pare che voi conosciate il mio compare Juan. Beh, mi permetto di intervenire in quanto messere Juan lavora per me da alcuni mesi-"
"Ah ah ah! Quel buono a nulla lavora per te piccoletto?!?" sbraita il pirata ridendo sguaiatamente.
Gimble mantiene la calma, i giri di parole con questa gente non servono a nulla. Meglio andare diretti al punto: "Sì signore, ma di grazia, voi chi siete?"
"Chi sono io? Ah ah ah! Chi sono io?" chiede ridendo il barbuto, sputazzando in faccia alle due guardie. "Corpo di mille balene! Sono Black Bart, non riconosci il mio vessillo? E questi sono i miei figli Diego, Luìs... e Juan!"
Gimble segue sbalordito il dito del pirata che indica proprio il suo compagno di viaggio. Lo gnomo conosce benissimo la fama di quel nome: Bartholomew "Black Bart" Roberts, uno dei più pericolosi e spietati pirati del covo di Madeira di Manuel Hidalgo!
Gli avventurieri guardano Juan a bocca aperta.
"Porca troia..." commenta sorpreso Hearst.
"Mercante e marinaio, dice lui..." continua Rune.
"Ora si spiega la praticità con le serrature..." realizza Gilead.
Juan non spiaccica una sola parola, le guardie danno l'impressione di non capirci più nulla.
Dopo alcuni istanti di silenzio, il giovane pirata alla sinistra di Black Bart interviene a spezzare lo stallo imbarazzato: "Quindi fratellino, non hai nemmeno raccontato ai tuoi amici chi sei! Il solito vigliacco!"
"Crepa Luìs! Nemmeno tu sei cambiato, sei la solita merda. Che diavolo ci fate qua..."
"Che diavolo ci fai tu, Juan!" sbotta Black Bart rosso in viso. "Ti sbatto giù dalla mia nave, ti spero morto e sepolto o quantomeno lontano dal Mar delle Colovie, e quando dopo anni finalmente mi convinco che non rivedrò mai più la tua faccia da imbecille, ecco che spunti dal buco del culo della prigione peggiore di tutte le isole!"
Gimble allarga le braccia mimando di frapporsi tra padre e figlio: "Suvvia, suvvia! Siate ragionevoli! Juan, è tuo padre, non vi vedete da molto. E voi, signor Bart, ancora a rivangare quella vecchia storia per cui ha fatto camminare Juan sulla passerella! Capisco che c'entri vostra moglie... ma ormai è acqua passata, e queste faccende vanno affrontate da persone adulte..."
Diego e Luìs si guardano, poi sghignazzano alle parole dello gnomo. Black Bart aggrotta le sopracciglia, sembra non capire. Poi sgrana gli occhi e realizza: "Mia moglie? Sua madre?!? Voi, voi... ma allora non sapete *nulla*!!!"
Juan è un fulmine, e un istante dopo un grosso coltello da cucina fende l'aria e si pianta nella spalla del vecchio pirata strappandogli un grugnito di dolore. Black Bart estrae con rabbia la lama dalla ferita, quindi afferra la sua enorme sciabola, imitato dai figli: "Questa me la paghi!!!"

venerdì 4 novembre 2011

263 - ATTERRAGGIO D'EMERGENZA

Juan afferra a piene mani una delle zampe posteriori del grifone, ondeggiando paurosamente mentre l'animale si libra nel vuoto lanciando acuti stridii.
Gilead agisce sulle briglie per controllarlo, ma la sua scarsa conoscenza di queste creature e il peso insostenibile rendono il volo problematico fin da subito.
"Fallo planare!" urla Gimble all'elfo.
"E' quello che sto cercando di fare!!!"
Gilead tira le briglie, il grifone spiega le ali per rallentare la discesa. Due dardi di balestra provenienti dal torrione sibilano poco distanti.
La bestia, spaventata, vira bruscamente. Per Gilead è un attimo perdere il controllo: qualunque comando impartisca, il grifone lo ignora tentando istintivamente di riprendere quota agitando con violenza le ali.
Isabel perde la presa rischiando di essere sbalzata, Hearst l'afferra in extremis prima che cada. "Non lasciarmi!!!" urla la chierica col terrore negli occhi.
"Gilead!!!"
"E' fuori controllo!!!"
Il vento e la velocità fanno lacrimare gli occhi. Il verde della foresta sottostante si avvicina rapidamente, troppo rapidamente. Gilead tira le briglie tentando disperatamente di rendere più dolce l'atterraggio, l'animale sbatte le ali, rallenta, poi è un turbinio di foglie, rami, polvere, urla.

Rune si rialza in piedi, ricacciando il senso di vertigine che lo assale per un istante. Si guarda attorno cercando i propri compagni alla luce del sole che filtra attraverso la vegetazione spezzata dal loro atterraggio. La sua agilità lo ha favorito molto al momento dell'impatto, attutendo la caduta. Anche Juan si riprende a pochi passi di distanza, riappropriandosi per prima cosa del suo nuovo corpetto di cuoio.
Il grifone si dibatte ferito alcuni metri più avanti.
"State bene?" chiede il monaco.
Alle risposte affermative di Gimble e Grolac, si contrappone il passo provato di Gilead che esce dalla vegetazione tenendosi una mano sul costato dolorante.
L'elfo balbetta faticosamente il nome di Isabel, facendo cenno ai compagni in direzione del grifone, dietro il quale si sta rialzando Hearst.
Il lamento della chierica con una gamba schiacciata sotto il peso della bestia si fa sempre più insistente. Hearst spinge il corpo dell'animale, spostandolo quel che basta per permettere a Rune di tirare fuori Isabel.
La sacerdotessa caccia un urlo di dolore. "E' una brutta lacerazione, ma non è rotta" afferma il monaco ad un esame attento.
Stringendo i denti, Isabel pone le mani sulla ferita ed invocando il potere di Erevos la rimargina. Quindi si rialza in piedi, non senza un'ulteriore smorfia di dolore.
"Manca poco" Gimble esorta i compagni doloranti e sfiniti. "Non possiamo mollare ora, non dobbiamo perdere tempo, ce li abbiamo alle calcagna. Non dovremmo essere lontani dalle mura perimetrali dell'isola, e dal torrione si vedeva un pontile in questa direzione, e se la vista non m'ha ingannato, anche una nave!"
La concreta possibilità fuga ormai a portata di mano risveglia nei nostri eroi energie inaspettate. Circospetti ma rapidi si muovono nel fitto intrico di vegetazione dell'isola dei deportati, fino a raggiungere una delle torrette di guardia che intervallano le palizzate a ridosso della spiaggia.
Il portone alla base del bastione di legno è inaspettatamente aperto. Attraverso di esso si scorge l'arenile, e si vedono delle scialuppe prendere il largo cariche di prigionieri.
"Prigionieri che vengono portati via?" si domanda sorpreso Gimble. "Pensavo che arrivassero soltanto..."
"Evidentemente no, ma da qui non si vede un fico secco, dobbiamo superare il portone" risponde Juan, preparandosi a sgusciare come un gatto.
Rune lo ferma: "Aspetta! Ci sono delle guardie!"
Il dito del monaco indica due individui armati uno in fianco all'altro che osservano ciò che accade sulla spiaggia, volgendo le spalle agli avventurieri, quasi invisibili all'ombra delle palizzate a causa della luce accecante del giorno.
"E' l'ultimo" Gimble bisbiglia una filastrocca e i due si accasciano al suolo addormentati dall'incantesimo di sonno.
Juan è il primo a scattare, agile e silenzioso precede i compagni al portone e si affaccia.
In fondo alla spiaggia, alcuni uomini del Duca stanno parlando con tre individui in prossimità di un pontile, a cui rimane attraccata solo la scialuppa di questi ultimi, mentre le altre barche hanno raggiunto un imponente galeone ancorato al largo.
Lo sguardo di Juan si sofferma sull'inequivocabile bandiera nera della nave, poi torna sui tre del molo, poi sulla nave, e ancora al molo. Contemporaneamente il suo colorito si fa sempre più pallido.
Rune gli scuote una spalla: "Va tutto bene, Juan?"

martedì 1 novembre 2011

262 - SALTO NEL VUOTO

"Stai calmo... stai calmo!" sibila Gilead a denti stretti.
Il grifone del Duca non sembra volerne sapere dopo la morte del suo custode, agita vigorosamente le ali, s'impenna lanciando acuti stridii, rendendo impossibile qualunque tentativo di avvicinarlo. Solo il legaccio fissato al pavimento gli impedisce di volare via.
Devo concentrarmi, renderlo placido, pensa l'elfo spostandosi con fare tranquillo, lento, rassicurante. Gilead sa di dover mettere in atto una serie di movimenti, di suoni, di comportamenti atti a stabilire con la bestia un legame empatico, a rompere quel muro di diffidenza tra lui e l'animale. Deve parlare il linguaggio della natura, quel linguaggio universale insegnatogli molti anni fa dalla sua gente nelle fredde foreste del nord.
Il grifone tende il collo, fissa il ranger col suo occhio sinistro. Gilead sostiene lo sguardo, si avvicina, tende le mani, rassicurante, ma allo stesso tempo dominatore.
"Per Dio elfo! Vuoi discutere con lui davanti a un bicchiere di caonabo?!? Muoviti! Qui continuano ad arrivare, non li terremo a bada per sempre!"
Le imprecazioni di Hearst spezzano per un istante la concentrazione di Gilead, facendo sì che il cozzare delle spade gli ricordi della battaglia che infuria tra i compagni e gli armigeri di Carnegie che tentano di salire le scale.
Senza rispondere alle provocazioni del guerriero, Gilead riprende le sua opera. Sa che deve fare in fretta, ma in queste occasioni la fretta porta solo al fallimento. La fiducia della creatura deve essere conquistata senza passi falsi.
"Gilead! Sbrigati! Sono troppi! E... Juan, cazzo, lascia perdere la corazza del custode!" sbraita nuovamente Hearst, ormai ricoperto di sangue da testa a piedi, cercando di richiamare il coloviano in proprio aiuto. Coloviano che invece non sembra minimamente intenzionato a mollare il bottino della ricca armatura del mezzelfo, e armeggia tra fibbie e lacci come un forsennato per levare il corpetto di cuoio al suo defunto proprietario.
"Ci siamo!" esulta improvvisamente Gilead, balzando sul dorso dell'animale e afferrando le briglie. Rune si affretta a sciogliere le corde che legano la zampa posteriore al pavimento, l'elfo aiuta Gimble e Grolac a salire, poi Isabel. Sono già in troppi.
Hearst spinge le guardie davanti a lui giù dalle scale, guadagnando qualche secondo, si volta e corre verso il grifone che Gilead sta già spronando. La bestia sovraccarica è chiaramente restia a lanciarsi nel vuoto, e il peso del guerriero non facilita il compito.
Dai, dai, dai! Avanti!
Rune si aggrappa ai finimenti.
"Juan!!! Muoviti!!!"
Il grifone muove passi decisi e sbatte le ali, coprendo le urla dei compagni, impedendo alle guardie di avvicinarsi.
Non posso mollarlo qui... Juan taglia l'ultima fibbia e sfila il corpetto. Oh... merda!
Corre come non ha mai corso, inseguendo la cavalcatura verso l'ampia arcata sul nulla, il corpetto infilato all'avambraccio attraverso lo spazio per il capo.
Lo stridio del grifone riempie l'aria mentre si leva in volo.
Il piede di Juan poggia sull'ultima pietra prima del vuoto. E salta.

mercoledì 26 ottobre 2011

261 - SCRUPOLI DIMENTICATI

Rune evita di un soffio una delle lame del mezzelfo che gli sibila un'unghia sopra i capelli, rispondendo con una spazzata rapida. Tuttavia, anche il suo avversario fa dell'agilità la sua forza, e con un balzo indietreggia evitando il colpo alle gambe del monaco.
Rune non demorde, usa l'inerzia della spazzata per ruotare su sé stesso e sferrare una primo calcio a media altezza, quindi un secondo al volto. Il mezzelfo arretra verso il grifone roteando le lame, Rune risponde con gioco di gambe, innescando un fulmineo balletto di morte. Ad un tratto però, la bestia metà aquila metà leone stride infastidita, sbattendo le ali per scacciare l'intruso. Il monaco balza di lato, toglie per un istante gli occhi dal nemico, si distrae. Una lama luccica dietro le piume dell'ala che si alza, in un attimo sente il metallo scorrergli sulla pelle del braccio levato d'istinto per difendersi.
Due balzi all'indietro, e il sangue che cola caldo fino alle dita. Non ci voleva un'altra ferita, sia lui che i compagni sono allo stremo.
Già, i compagni...
Lo scudo di una guardia colpisce violentemente Gilead. Il contraccolpo della carica costringe l'elfo a indietreggiare cercando di mantenere l'equilibrio, ma il baratro è proprio alle sue spalle. Ruota le braccia, con un colpo di reni evita di precipitare, ma l'avversario sghignazza pregustando una facile vittoria, mentre si prepara a una seconda, decisiva spinta.
Juan, in aiuto a Hearst nell'impedire alle guardie provenienti da sotto di salire sul pianerottolo, se ne avvede. Nonostante la stanchezza e le ferite, il coloviano balza come un gatto alle spalle del soldato del Duca, infilzandogli un coltellaccio da cucina nella nuca, sotto l'elmo. Non si accorge nemmeno di morire, con il ghigno di vittoria stampato sul volto mentre cade a terra senza vita.
Juan fa una smorfia, Gilead lo guarda senza dire una parola: "Mi devi la pelle, elfo. Ricordalo."
Dall'altro lato, Isabel tiene a bada il secondo uomo di Carnegie, difendendosi alla meglio con l'unica arma a sua disposizione, lo scettro del Duca. Lo sgherro mena fendenti ed elargisce epiteti poco gentili nei confronti della sacerdotessa con il medesimo impegno, sbavando come un cane rabbioso. Un paio di colpi vanno a segno, provocando ferite lievi. Le urla compiaciute del marrano coprono le rime bisbigliate di Gimble.
"Ahahah!!! Dannata puttana! Tra poco ti farò---"
Il volto rabbioso dell'uomo assume per un istante un'espressione frastornata. Pochi secondi in cui abbassa la guardia, in cui Gimble osserva soddisfatto l'effetto del suo incantesimo, in cui Isabel solleva il pesante scettro metallico e lo cala senza pietà sulla sua fronte, stampando per sempre quell'espressione beota sul suo viso, mentre cade a terra senza vita.
"Insolitamente efficace per essere solamente uno scettro" commenta soddisfatta Isabel.

Nonostante le continue imprecazioni di Hearst di fare in fretta, Rune aspetta. Con il supporto delle incursioni di Juan e Gilead, ormai liberatisi dei propri avversari, il mezzelfo guardiano ha i minuti contati. Il grifone è imbizzarrito, risponde a fatica persino ai comandi del suo addestratore. Presto dovrà allontanarsi dalla bestia se non riesce a calmarla, lo sbattere d'ali diventerà troppo pericoloso anche per lui, e allora non basterà la sua spada a due lame.
Il mezzelfo sibila comandi secchi e nervosi, che non ottengono nessun effetto. Suda, paonazzo in viso per la rabbia, gli occhi corrono come schegge, pieni di paura, in cerca di una via d'uscita che non c'è.
Alla fine, come previsto, il custode tenta un attacco disperato su Rune. Il monaco incassa, ma in un batter d'occhio Gilead e Juan gli sono addosso coi coltelli, lo colpiscono alle braccia, alla gola, in faccia, con la forza della disperazione, ignorando le sue grida strazianti per una fine orribile, senza scrupoli. Scrupoli dimenticati molti metri sottoterra.

venerdì 21 ottobre 2011

260 - IL GRIFONE

Lo slancio con cui Hearst arriva nel torrione fa fischiare il cuoio degli stivali mentre frena la sua corsa. Si sentono i passi di due guardie che salgono rapide le scale che provengono dai piani inferiori.
Quando la prima fa capolino nella stanza non ha nemmeno il tempo di accorgersi del suo destino: la mannaia del guerriero trapassa l'elmo schiantandosi sul viso del malcapitato, tra mandibola e mascella, facendo schizzare sul pavimento denti e lingua. Il secondo avversario tenta un goffo affondo con la spada, ma evitato il colpo Hearst lo afferra per il bavero dell'armatura e lo trascina su approfittando del suo slancio, per finirlo poi con un colpo da macellaio alla nuca. Il tutto mentre i compagni, entrati a loro volta al riparo nella torre, impegnano le scale che conducono di sopra, al sottotetto.
Hearst slaccia rapido i lacci e le fibbie dell'armatura di scaglie di una delle sue vittime, se la infila alla meglio.
Urla e sferragliare di passi sulle scale indicano che altri scherani del Duca stanno arrivando dal cortile.
"Lascia perdere!" urla Juan al guerriero. "Ne arrivano altri!"
Hearst raccoglie una spada e scatta sugli scalini, risalendoli due alla volta.

Rune e Gilead sono i primi a raggiungere la sommità. Il tetto della torre è sorretto da quattro grandi volte, una per lato; le ampie arcate senza parapetto si aprono sul vuoto, spazzate dal vento.
Il monaco non sa trattenere un ammirato stupore alla vista della maestosa bestia che si para loro davanti: un possente grifone, metà leone e metà aquila, si erge fiero al centro del pianerottolo, con la testa alta puntata verso un orizzonte lontano, sebbene vispi occhi da rapace sotto i pregiati finimenti esaminino attenti ogni movimento dell'ambiente circostante.
Tuttavia, due guardie e un mezzelfo vestito con un elaborato corpetto di cuoio abbellito da stoffe verde smeraldo e armato di spada a due lame si frappongono tra gli avventurieri e la loro potenziale salvezza.
Senza dire una parola il mezzelfo, presumibilmente custode e addestratore della creatura, comincia a roteare minaccioso e abile la sua arma. Rune lo studia muovendo qualche passo di lato, assumendo d'istinto la postura di combattimento della sua scuola.
Grolac bestemmia e sputa per terra, rivolgendosi a Gimble: "E secondo te quella bestiaccia ci porterà fuori di qui?!? Non ce la farà mai a portarci tutti quanti!"
Il grifone emette un lamento stridulo.
"Deve farcela!" risponde lo gnomo, in dubbio se credere alle sue stesse parole. "Ma prima dobbiamo sistemare questi bastardi!"

mercoledì 12 ottobre 2011

259 - I BASTIONI DEL PENITENZIARIO

L'ennesimo corridoio, le ennesime guardie che sbucano da ogni dove all'inseguimento, gli ennesimi dardi che sibilano prima che gli avventurieri trovino riparo dietro una svolta. Una grande arcata conduce nell'atrio di un torrione in cui una scala a chiocciola sale arrampicandosi lungo le pareti interne. Il cuoco non mentiva.
Mentre i compagni si affrettano verso l'unica via di fuga possibile, Rune si ferma di scatto. Nonostante la concitazione nota un grosso argano oltre l'entrata, le cui spesse funi sollevano attraverso un sistema di carrucole una pesante grata di ferro battuto.
Il monaco non esita un secondo, e incitando i compagni a proseguire, comincia a ruotare il meccanismo.
"Dannazione, è lento come la fame!"
Rune maledice il marchingegno di contrappesi che permette una discesa lenta della grata, mentre la prima delle guardie svolta l'angolo.
D'impeto Hearst torna indietro e sferra un poderoso colpo di mannaia su uno dei tiranti. La corda si svolge in un batter d'occhio, e un istante dopo le sbarre separano i nostri eroi dagli inseguitori.
Juan guarda ironico Hearst mentre salgono i gradini: "La solita delicatezza..."
"Funziona."

La scala termina nel sottotetto della torre, che si apre sui ballatoi delle mura merlate con due grandi arcate dotate di grata a saracinesca, tra loro perpendicolari . Il subbuglio, le urla degli uomini del Duca, sono per un attimo lontani. La luce del giorno filtra intensa, il cielo tropicale percorso da rare nuvole è di un azzurro abbagliate. La brezza marina riempie i polmoni, mischiandosi ai profumi della vegetazione.
"Finalmente fuori..." esulta Juan.
"No, non ancora. Dobbiamo trovare il bastione che conduce alle porte della fortezza" afferma Grolac, guardandosi attorno per orientarsi. "Se il cuoco diceva che per raggiungere l'uscita bisognava tornare alla sala da pranzo... di qua!"
Il nano si getta verso l'argano a ruota che comanda la grata, sollevandola. Davanti ai nostri eroi cinquanta metri di passerella lungo le mura portano ad una torre molto più grande dell'attuale, di diversi piani più alta. Vista l'assenza di soldati del Duca, il gruppo impegna senza esitazione l'attraversamento.
Dal lato sinistro i bastioni danno verso la foresta esterna, elevandosi almeno trenta piedi: un salto troppo rischioso. Da qui si vede tutta l'isola fino al mare, con le sue torrette e le palizzate perimetrali.
Dall'altro lato invece c'è il cortile della fortezza, in cui si stanno radunando arcieri, balestrieri e maghi. Il Duca sembra non voler risparmiare alcun mezzo per riprendere i fuggiaschi.
I nostri eroi sono circa a metà passerella quando alcune guardie sbucano dalla torre da cui provenivano: non c'è voluto molto perché sollevassero la grata. Le urla degli inseguitori attirano l'attenzione delle truppe nello spiazzo sottostante.
"Veloci! Veloci!"
Frecce, dardi, incantesimi saettano dappertutto. Raggi roventi e gelidi provocano dolorose ustioni, gli avventurieri stringono i denti, gli ultimi metri sembrano non finire mai. Di sotto pare di sentir tuonare la voce furibonda di Carnegie, ma non importa, l'unico obiettivo è raggiungere la torre maestra per ripararsi... o per restare nuovamente intrappolati... salire non porterà da nessuna parte, scendere vorrà dire affrontare l'esercito del Duca.
Gimble solleva istintivamente lo sguardo verso la sommità della torre, per scacciare i pensieri nefasti, come a implorare un aiuto divino. E' là che scorge la speranza. Non tutto è perduto.

domenica 9 ottobre 2011

258 - NEI MEANDRI DELLA FORTEZZA

Il lungo corridoio ornato da drappi porpora che s'intervallano alle fiaccole alle pareti termina bruscamente con un'arcata che si apre su uno stretto pianerottolo, il cui parapetto in stile coloniale contrasta nettamente con l'austerità degli interni della fortezza. Da entrambi i lati due distinte rampe di scale scendono nell'immensa sala da pranzo sottostante, lunga almeno quaranta cubiti. Un maestoso tavolo di legno massello - apparecchiato con stoviglie d'argento e imbellettato con fiori tropicali - e le sedie per i commensali riempiono gran parte dell'ambiente, illuminato da due grandi lampadari a candelabro in ferro battuto che pendono dal soffitto.
Diverse porte si affacciano alla sala, mentre dall'altro lato un pianerottolo simmetrico a quello di provenienza conduce chissà dove.
"Ci sono alle calcagna!" esclama Grolac, voltandosi per verificare la distanza dei loro inseguitori.
"Ne arrivano anche dalle porte di sotto!" afferma Gilead: il suo udito non lo inganna. L'elfo decide di perdere il meno tempo possibile. "Fate come me!"
Detto fatto balza dalla balaustra verso il primo dei lampadari, sufficientemente basso da essere raggiunto in salto. Tuttavia, la fretta è cattiva consigliera, l'elfo scivola e manca la presa, precipitando sulla tavola imbandita, riuscendo ad evitare una dolorosa caduta grazie ad un'agile capriola, ma non mancando di distruggere le stoviglie e di creare un gran trambusto.
"Idiota..." commenta Juan. "Come se non avessimo già abbastanza problemi... Hearst, Rune, Isabel! Datemi una mano, blocchiamo tutte le entrate laterali con sedie e credenze. Ormai mezza fortezza sa che siamo qui, dobbiamo rallentarli il più possibile!"
Gli avventurieri scendono nella sala da pranzo, seguono il consiglio di Juan bloccando alla meglio le porte laterali, ma dopo pochi secondi le guardie inseguitrici fanno capolino sulla balaustra. Una di loro, probabilmente un ufficiale, ordina ad alcuni dei suoi di avanzare, scomodando diversi Santi nell'atto di impartire il comando.
"Merda! Balestrieri!" urla Gimble. La sua voce si sovrappone allo schioccare dei meccanismi delle balestre. I dardi sibilano nella stanza, schiantandosi sulle sedie, sui vassoi che Gilead usa come riparo, sulle credenze spostate, sul parapetto coloniale dall'altro lato della stanza, mentre gli avventurieri cercano di guadagnare l'uscita opposta. Juan, Isabel e Grolac riportano ferite superficiali, ma stringono i denti, lanciandosi oltre l'arcata del pianerottolo.
Un ennesimo corridoio, dritto e lungo, li rende bersagli facili per i tiratori. Hearst, che guida la fuga, inchioda davanti alla prima porta che si apre sulla parete sinistra del passaggio, e grugnendo scarica tutto il suo peso sull'uscio. La porta si spalanca di schianto, rivelando un'ampia cucina nella quale un cuoco, per lo spavento, lancia sul soffitto le uova che aveva in mano.
Il pover'uomo prova a proferire parola, ma ogni suono gli si strozza in gola per la paura mentre gli avventurieri senza prestare attenzione alla sua presenza, fanno incetta di coltelli e mannaie.
Quando Juan si gli rivolge la parola, il cuoco trema come una foglia: "Dove porta quella? Porta fuori?" chiede minaccioso il coloviano, indicando una seconda uscita dalle cucine.
"N...no... va ad una delle torri... verso la sommità delle mura..." balbetta il malcapitato.
"Parla, razza di idiota! Non farmi perdere tempo! Come si esce da qua?" lo incalza Juan, sul punto di perdere la pazienza.
"Da... da qui bisogna tornare alla sala da pranzo, prendere la porta sulla destr..."
Juan spintona bruscamente il cuoco, che perde l'equilibrio e cade a terra. "Vaffanculo... indietro non si torna, troppe guardie..."
"Juan, stanno arrivando..." fa notare Hearst. Allo stesso tempo, indica il mastodontico pentolone di sbobba che bolle sul focolare al centro della cucina. Juan annuisce. Entrambi afferrano degli stracci.
I due fanno cenno ai compagni di andare avanti. Poi, quando lo sferragliare d'armature è prossimo all'entrata della cucina, servono il pasto caldo direttamente sulla pelle degli scherani di Carnegie. Le prime guardie investite in pieno urlano di dolore per le ustioni, ma la minestra untuosa che invade il corridoio è efficace anche sul resto degli inseguitori. Il susseguirsi di cadute e imprecazioni ne è testimonianza.

lunedì 3 ottobre 2011

257 - ALLARME!

Una svolta a sinistra. Una a destra, poi l'anonimo corridoio di pietra grigia che prosegue dinanzi a loro. Una scala scende attraverso un'arcata sulla destra, pochi metri avanti. Fiaccole alle pareti, che gli avventurieri sfilano dai supporti: saranno utili. Dietro, le urla del Duca si mischiano allo sferragliare delle armature delle guardie.
La luce di torce in avvicinamento illumina il fondo del corridoio. Hearst impreca. Altre guardie, una punta il dito contro di loro. "Eccoli!" la sua voce rimbomba dentro l'elmo metallico che gli copre quasi tutto il volto.
"Le scale!" grida prontamente Gimble, impegnando con i compagni una discesa rocambolesca, saltando due, tre gradini alla volta. La scala si avvolge su sé stessa in angoli retti, percorrendo la parete interna di un maschio a base quadrata senza aperture sull'esterno, gli avventurieri corrono a perdifiato, col fiatone e il battito che gli pulsa nelle orecchie. Poi la discesa s'arresta bruscamente.
All'improvviso da un angolo svoltano quattro armigeri. I loro volti esprimono sorpresa, ancora inconsapevoli dell'allarme, ma immediatamente sfoderano le spade, pronti a fronteggiare i fuggiaschi. Impossibile per gli avventurieri risalire: i passi metallici provenienti da sopra indicano inequivocabilmente che le guardie del Duca presto li coglieranno alle spalle. Hanno solo una manciata di secondi per aprirsi la via.
Gilead, in testa al gruppo si lancia disperatamente sul nemico più vicino, afferrandogli l'elsa della spada appena sfoderata prima che si metta in guardia. Forte della sorpresa, l'elfo piega i polsi dell'avversario, quindi fa una giravolta su sé stesso usando il proprio corpo per obbligare il nemico a mollare la presa sull'arma. Un'imprecisione nella mossa e il contatto con la lama gli aprono una ferita sul fianco, superficiale ma dolorosa. Gilead stringe i denti, e ormai padrone dell'arma completa la giravolta con maggiore slancio, lasciando che la spada affondi sotto l'ascella del suo avversario, che crolla a terra urlando di dolore.
Intanto i compagni, imitando il disperato tentativo dell'elfo si gettano di peso sulle altre guardie, cercando di spingerli giù dalle scale prima che prendano posizione. Le spade guizzano nella luce delle torce, aprendo dolorosi tagli nella pelle degli avventurieri prima che riescano ad avventarsi sui soldati, ma Rune e Hearst non demordono. I gradini scivolosi e le armature metalliche fanno il resto, e pochi attimi dopo i nemici stanno ruzzolando lungo le scale in un groviglio di ferraglia.
Nel frattempo Juan, attento alla retroguardia, sfrutta le zone di penombra per assalire il primo degli inseguitori ad arrivare fin lì - un tizio dai denti scheggiati in armatura leggera - nella speranza di dare ulteriore vantaggio ai compagni, ma la sorte non è dalla sua parte. Quasi fosse una premonizione, il nemico guarda inaspettatamente dalla parte del coloviano proprio mentre questi si appresta a spezzargli l'osso del collo. Con un movimento istintivo lo scagnozzo del Duca evita l'assalto di Juan, rispondendo di spada con un colpo impreciso ma sufficiente ad allontanare la minaccia.
Juan balza verso i compagni, superando le guardie in armatura aggrovigliate tra loro, mentre il soldato dai denti scheggiati si ferma ad aiutare, rinunciando ad una pericolosa rincorsa solitaria e chiamando a gran voce rinforzi.
Scale, scale e scale. Poi un corridoio, da che parte? Non importa. Di corsa, a perdifiato. Si sentono urla trambusto, clangore di armi e armature dappertutto. Tutta la fortezza è in sobbuglio, l'allarme è scattato.
Nessuno scappa da Isla del Quitrin.