martedì 30 dicembre 2014

442 - SPECCHIO NERO

Gimble appoggia delicatamente il palmo della mano sul grande specchio nero e lucido.
Il ciondolo di Ekelorn, che già emetteva una debole luminescenza alla sola vicinanza, sprigiona un chiarore smeraldino.
La superficie si fa liquida, increspandosi al contatto della mano dello gnomo.
Gimble si gira verso i compagni. Non servono parole, è tutto già evidente: quello specchio è il passaggio usato da Ekelorn per una destinazione ignota, probabilmente il luogo dove si trovano le risposte a molti perché. Ma è allo stesso tempo un salto nel buio, la via del non ritorno, la tana del nemico.
Per un istante la paura fa breccia, offre la tentazione di scappare fuori, di tornare in un secondo tempo, meglio preparati.
Ma esiste davvero quel secondo tempo? Esiste il modo di essere più preparati?
La realtà dei fatti ha presto il sopravvento, assieme alla consapevolezza che solo rischiare il tutto per tutto ora ha veramente senso. Da un momento all'altro potrebbero arrivare gli uomini di Rakoud, allertati dalla chimera. Anche ammesso di riuscire a fuggire in tempo dall'abitazione del mago, rientrarci successivamente potrebbe diventare impossibile se Rakoud dovesse rinforzare pesantemente la sorveglianza. Rimandare significherebbe ammettere la sconfitta, rinunciare, arrendersi.
Gimble non può accettarlo, per sua sorella Bleena.
Nemmeno Hearst può accettarlo, per l'assassinio Rabiaa.
Non può accettarlo Rune per ciò che hanno fatto a Zer'i Aldaren.
Non può accettarlo Isabel per l'apologia del Peccato e gli orrori a cui ha assistito.
Non può accettarlo Juan per ciò che costoro hanno fatto a Puerto e alle Isole Coloviane.
Non può accettarlo Bovak per la strage di semiumani a Bakaresh.
La decisione è presa, non si torna indietro. Paura e coraggio si contrastano e si mescolano negli animi dei nostri eroi, mentre scivolano decisi nel passaggio verso l'ignoto.

martedì 23 dicembre 2014

441 - LIBRI PERICOLOSI

"Accidenti, questo posto è stracolmo di trappole.." commenta Juan ricongiungendosi ai compagni.
Isabel cura con la magia divina le ferite più gravi, mentre per le meno importanti gli avventurieri impiegano alcune pozioni di guaritrici.
Nel frattempo Gimble e Rune si avvicinano agli scaffali per un primo esame. Sui ripiani mezzi vuoti sono riposti principalmente tomi religiosi impolverati, alcuni comuni, altri rari e proibiti. Tra di essi un cofanetto di legno con una piccola ma elaborata serratura.
"Juan, questo è lavoro per te" dice Gimble, che nell'estrarre il contenitore fa cadere inavvertitamente a terra un taccuino rilegato in cuoio, stretto da un laccetto del medesimo materiale.
E questo? pensa chinandosi per raccoglierlo.
Gimble fa per aprirlo, ma viene interrotto da Rune che gli mostra invece alcune pergamene contenenti incantesimi arcani di identificazione ed individuazione.
"Interessante, ci torneranno sicuramente utili"
"Ho trovato anche questo" continua il monaco, mostrando un libro sopra il quale è legata con lo spago una pergamena arrotolata. "Sembra un normale tomo ma è cavo. E' una scatola."
Rune la apre: all'interno c'è semplicemente una pietra, scura ed estremamente liscia.
Gimble aggrotta le sopracciglia incuriosito mentre il monaco srotola lo scritto ed inizia a leggere ad alta voce. S'interrompe tuttavia quasi subito quando capisce quanto possa essere pericoloso.
"Di cosa si tratta?" chiedono i compagni avvicinatisi nel frattempo.
"Di qualcosa che Ekelorn ha creato e mai recapitato al legittimo destinatario, a quanto pare" risponde Rune mostrando loro il testo della pergamena ed avvertendoli di leggere mentalmente.

Mio Principe,
questa è la Pietra di Jalaur che mi avete ordinato. Essa racchiude la potenza del tuono e del fuoco, pronta a sprigionarsi al vostro comando. Un potere in grado di frantumare la roccia più dura e di fondere l’acciaio più impenetrabile. Basterà evocarla pronunciando le parole di potere Ras-Khal-Adin, aggiungendo anche Ylem per ritardarne l’effetto di dieci minuti.

Che questo ci porti ancora più vicini al nostro obiettivo, per un nuovo mondo.
In eterna fedeltà
Ekelorn


"Mio Principe?" s'interroga Gimble. "A chi mai si riferisce?"
Una nuova interruzione s'intromette tuttavia nelle riflessioni dello gnomo, questa volta ad opera di Juan.
Il coloviano ha appena fatto scattare la serratura del piccolo scrigno rivelando al suo interno svariate bottiglie dalle forme esotiche contenenti fluidi colorati.
L'occhio esperto di Isabel non lascia dubbi, almeno cinque fiale sono pozioni di cura, una permette di potenziare le proprie capacità in combattimento e l'ultima di annullare gli effetti debilitanti di particolari attacchi come il risucchio di energia dei non morti.
Mentre i compagni si dividono il bottino, l'attenzione di Gimble può finalmente tornare sul taccuino. Slega il laccetto con una certa trepidazione. Sente che si tratta del diario di Ekelorn, e forse lì dentro sono anche informazioni che lo condurranno a ritrovare Bleena.
Lo schiude, e dalle pagine prende improvvisamente forma una serpe violacea e traslucida che gli punta la gola. Gimble caccia un urlo, e non sa nemmeno dove trova la prontezza di gettare il taccuino al centro della sala. Il libercolo ricade aperto eruttando viscidi serpenti d'ectoplasma che strisciano in direzione degli intrusi.
Juan viene colto impreparato e avvolto tra le spire di una delle creature, mentre altre continuano ad emergere dalle pagine. Hearst, Isabel e Rune reagiscono prontamente falciando i rettili eterei, ma la velocità con cui essi si generano è ben superiore alla loro capacità di eliminarli.
Bovak accorre in aiuto al coloviano e lo libera a sciabolate dal serpente che lo stritola, prendendosi - forse volutamente - qualche rischio di troppo nei confronti di Juan, il quale pur non apprezzando non può far altro che ringraziare a denti stretti.
Isabel sprona il bardo ancora scosso a riprendersi dalla sorpresa: "Gimble! Il diario! Devi richiuderlo!"
Lo gnomo non se lo fa ripetere. Utilizzando la sua arte arcana evoca una mano spettrale, comandandole di fluttuare fino al libro e richiuderlo. La mano esegue ed afferra la rilegatura in cuoio, ma incontra la resistenza di una massa di ectoplasma nascente. Gimble fa ricorso a tutta la sua volontà per imprimere forza nel suo incantesimo, e finalmente con un colpo deciso la mano spettrale sigilla il diario fermando la fuoriuscita di serpenti eterei. Il bardo si fionda sul taccuino legandolo nuovamente con il suo laccetto di cuoio.
Le armi dei compagni fanno il resto uccidendo i rimanenti rettili evocati, ma non senza aver rimediato dolorose ferite da morso e stritolamento.
A pericolo scampato Gimble ripone momentaneamente nello zaino il taccuino.
Meglio trovare una via d'uscita prima di prendersi altri rischi.

martedì 16 dicembre 2014

440 - LA SALA DEGLI AZULEJOS

Il passaggio segreto conduce dopo un breve corridoio ad una grande porta metallica a due ante, lavorata con delicati motivi. Hearst la sospinge e gli avventurieri muovono passi cauti nella grande sala circolare che si apre loro davanti. L'ingresso dà su una balconata che percorre tutto il perimetro del vasto ambiente a cupola, illuminato dalla chiara luce purpurea emessa da un lampadario di cristalli viola sospeso nel punto apicale. Quattro rampe di scale scendono dalla balconata verso il pianterreno della sala, la prima esattamente di fronte al portone d'accesso e le altre disposte lungo diametri perpendicolari.
Dal lato opposto rispetto all'ingresso spicca un enorme specchio di colore nero - o meglio una superficie talmente lucida da risultare riflettente.
L'aspetto della grande sala è fortemente arricchito dall'impressionante mosaico di azulejos che riveste tutti i pavimenti. Gli azulejos, o az-zulaiŷ in lingua Mazar'i, sono piastrelle di ceramica non più larghe di una spanna, che riportano in un colore dominante le trame tipiche delle terre meridionali.
"Che strano posto..." mormora Isabel. "Mi trasmette allo stesso tempo un senso di bellezza e mistero."
Gimble muove alcuni passi lungo la scalinata, poi si ferma, si affaccia dal corrimano: "Ci sono delle librerie sotto le balconate. Non un granché a dire il vero, sono mezze vuote. Mi sarei aspettato una biblioteca più ricca da parte di un mago come Ekelorn."
Gli avventurieri seguono lo gnomo scendendo al livello sottostante. Il bardo fa per dirigersi verso gli scaffali quando Juan balza all'indietro allarmando i compagni. Una piastrella ai suoi piedi si è capovolta all'improvviso rivelando un occhio carnoso incastonato nel mezzo.
"Che diavoleria è mai questa!" esclama, mentre la pupilla dell'occhio scruta i presenti a destra e a manca. Con un suono picchiettante, altre piastrelle si capovolgono tutt'attorno a loro, ognuna con il suo occhio al centro.
Le porte si chiudono con uno schianto.
"Via! Via! Separiamoci!" grida Rune.
Di qualunque trappola si tratti, farsi trovare raggruppati non è certo un bene.
Gli avventurieri scattano in direzioni diverse, mentre le piastrelle occhiute si sollevano da terra sorrette da lunghe appendici carnose simili ad esili tentacoli, alte fino a dieci piedi.
Pochi secondi dopo la sala diventa un inferno di raggi magici. Fuoco, gelo, elettricità, acido, e ancora energia cinetica, suono, luce e tenebre.
I nostri eroi si disperdono cercando riparo dietro le scalinate, con le prime superficiali ferite degli elementi che bruciano sulla pelle.
Dopo i primi istanti di smarrimento, Hearst si lancia all'attacco, determinato a recidere il più vicino dei maledetti peduncoli. Carica il colpo ancora in corsa resistendo al raggio infuocato che l'investe, ma quando arriva a portata per sventagliare il suo spadone il tentacolo si ritrae rapidamente tornando ad essere una comune piastrella colorata. Il guerriero impreca schiantando un colpo violento che spacca in due l'azulejo, sotto il quale non c'è tuttavia alcuna traccia dell'occhio, quasi fosse stata tutta un'illusione. Uno ad uno anche gli altri tentacoli si ritraggono nel pavimento, rispuntando solo alcuni istanti dopo in posizioni del tutto diverse, vanificando i nascondigli.
Hearst corre ruggendo verso l'occhio blu emerso ad alcuni metri da lui, ma questi lo stordisce con una scarica elettrica. Il guerriero barcolla confuso mentre altri occhi riversano su di lui fiamme e acido. Infine una lancia di energia cinetica lo scaraventa a terra.
Gli altri avventurieri abbandonano le loro posizioni correndo per evitare gli attacchi magici, trovando altri ripari. I peduncoli oculari si ritirano, pronti a rispuntare chissà dove.
Rune si rivolge ai compagni, mentre osserva con la coda dell'occhio il guerriero che fatica a rialzarsi: "Attaccare frontalmente come ha fatto Hearst non serve, dobbiamo coglierli di sorpresa!"
Una piastrella bianca si gira a poca distanza ed il monaco non ha esitazione. Veloce come il vento si getta all'attacco schivando i lampi di luce scagliati dall'occhio, poi anziché affondare cambia direzione. Il peduncolo ne segue la corsa continuando a lanciare su di lui raggi luminosi. Rune viene centrato più volte, la luce lo ustiona e lo abbaglia, ma Juan ha così tutto il tempo per avvicinare la base del mostruoso costrutto. Il coloviano afferra con forza il tentacolo e lo passa a fil di lama. Dalla carne slabbrata sgorga un liquido nero e denso dall'odore pestilenziale. La protuberanza carnosa si dimena con forza, e Juan sa di non poter resistere a lungo. Fortunatamente l'intervento di Batuffolo è provvidenziale. La pantera balza sul peduncolo stritolandone la parte terminale con artigli e morso, permettendo a Juan di recidere completamente la base.
Gimble evoca dei ragni, creando un diversivo che permette ad Isabel di colpire con lo scettro di Carnegie l'occhio nero in grado di emettere raggi di oscurità. La chierica usa il potere dell'elettrocuzione per assicurarsi di distruggere l'avversario, cosa di cui ha certezza quando la piastrella sulla sommità del peduncolo percorso dalla scossa elettrica esplode.
Bovak attende invece il momento buono per uscire allo scoperto, uno dei peduncoli lo tiene sotto tiro. Il druido sa di avere poco tempo prima che quello cambi posizione vanificando il suo riparo sotto le scale. Si concentra e lancia su di sè un incantesimo, quindi scatta sciabola alla mano. L'immediata risposta dell'occhio azzurrino è un raggio di gelo magico, che s'infrange tuttavia sulla resistenza al freddo appena evocata dal nano. L'occhio insiste nel tentativo di congelarlo in un blocco di ghiaccio e fermare la sua corsa, ma Bovak non rallenta nemmeno per un istante, e prima che il tentacolo possa ritirarsi la Mezzaluna del Deserto lo falcia di netto.
"Tre sono andati!" esulta Gimble spostandosi di riparo in riparo. "Isabel! Hearst è in pericolo!"
Il guerriero frastornato al centro della sala è in balia degli attacchi attacchi elementali dei restanti cinque occhi. La chierica si fionda verso di lui, mentre i compagni attaccano obbligando i peduncoli a ritirarsi nel pavimento, non senza incorrere tuttavia in dolorose ustioni elementali.
Isabel si frappone appena in tempo tra il guerriero ed il bulbo rosso usando il suo scudo per bloccare un getto di fuoco, mentre con l'altra mano invoca la grazia di Erevos per guarire le ferite del compagno.
Il tocco della chierica permette ad Hearst di scrollarsi di dosso il dolore. Afferra lo spadone e spingendo al massimo sui muscoli si proietta in avanti oltre la chierica. Il tentacolo è vicino e se agisce velocemente non riuscirà a ritirarsi. Usando il suo stesso slancio allunga l'arma come fosse una lancia infilzandola nella protuberanza carnosa. La lama la trapassa, Hearst spinge finché la punta della spada tocca terra dall'altro lato, offrendogli una leva per riprendere l'equilibrio dopo l'affondo. L'occhio si dibatte mentre sulla lama sgorga l'icore nero, il tentacolo si ritrae d'istinto verso il basso, ma il guerriero tiene ben salda l'arma facendo sì che lo stesso movimento del nemico apra un ampio squarcio per parte della sua lunghezza. Infine con uno strappo laterale Hearst estrae la spada recidendo per metà la base, lasciando che il tentacolo si pieghi e si laceri sotto il suo stesso peso.
Nel frattempo Rune si offre come diversivo grazie alla sua velocità schivando i raggi di cinetici e sonori con acrobazie e capriole, permettendo a Juan di scivolare furtivamente sulle balconate e colpire ed eliminare con precisione i bulbi oculari a suon di frecce.
Allo stesso modo Bovak usa Batuffolo per avere il tempo di evocare con la magia druidica una sfera infuocata con cui incenerisce l'occhio intento a bersagliare la pantera con scariche elettriche.
L'ultimo peduncolo si ritira tornando ad essere una comune piastrella verde, scomparendo per alcuni lunghi istanti. Gli avventurieri stanno in guardia, nulla sembra muoversi.
"State attenti, non credo che abbia desistito" dice Gimble.
La sua affermazione trova presto conferma quando l'occhio si manifesta proprio di fronte alla balaustra dove è riparato Juan, estendendosi per tutta la sua altezza. Il coloviano prova un colpo a bruciapelo, ma si sbilancia e manca malamente il bersaglio finendo schiena a terra. Un raggio acido lo investe di striscio mentre si rotola lateralmente, ma l'occhio lo segue e presto il liquido al vetriolo lo colpirà corrodendo le sue carni.
Poi, all'improvviso, un lampo accecante esplode sul nemico, obbligando Juan a proteggersi la vista. Quando riesce a vedere di nuovo, il peduncolo si agita consumato da fiamme bianche. Giù nella sala, Isabel tiene alto il simbolo di Erevos, ancora avvolto in una luce incandescente.

mercoledì 3 dicembre 2014

439 - LOGICA

"Maledizione!"
Hearst grugnisce di rabbia facendo volare la piastra di Mog al centro della sala della genesi per il nervosismo.
"Ho già provato tutte le combinazioni e nessuna apre questa dannata porta! Forse hai sbagliato monaco, forse non sono queste le quattro piastre da prendere..."
"Non credo Hearst" lo interrompe Gimble con un ghigno preoccupato che gli storge la bocca. "Non hai provato tutte le combinazioni."
Hearst sta per contraddirlo, ma lo gnomo compie un esplicativo gesto di rotazione con la mano.
"Gimble ha ragione" conferma Bovak. "Ogni piastra può essere inserita diritta, ma anche ruotata di un ottavo di giro, di un quarto di giro e così via. Questo rende però le combinazioni possibili un'infinità, non ce la faremo mai a provarle tutte!"
Juan si avvicina ai fori e alle piastre ancora inserite. Le sfila e le rinfila esaminadole con attenzione.
"Cosa suggerisci?" chiede Rune rivolgendosi al nano.
"Potrei evocare un thoqqua, un verme elementale in grado di scavare la pietra" risponde il druido. "Tuttavia devo riposare e ricongiungermi alle forze elementali della natura prima di poter avere accesso a questo incantesimo."
Isabel scuote la testa: "Ci vuole troppo tempo, e noi non ce l'abbiamo. Rischiamo di trovarci Rakoud addosso prima del tuo risveglio, Bovak. Dobbiamo trovare un'altro modo..."
"Qualcuno ha ancora un po' di Richiamo della Notte?" chiede Juan di soprassalto.
Isabel lo guarda stupita: "Ti sembra il momento?"
"Fidati" si limita a dire il coloviano.
"Io ne ho ancora un po'..."
Hearst porge le foglie bluastre a Juan che le mastica. In pochi minuti la luce delle torce si fa splendente, quasi accecante ed ogni fruscio diventa un boato.
"Ma certo! Geniale Juan!" esclama Gimble. "Il Richiamo della Notte amplifica i sensi! Se la porta è attivata da un meccanismo ora sarai in grado di udire o notare ogni impercettibile differenza quando s'inserisce la piastra in maniera giusta o sbagliata!"
Il coloviano annuisce invitando Rune a infilare la prima piastra a portata di mano, quella di Eblis, cominciando dalla serie di fori in alto a sinistra e ruotando via via di un ottavo di giro l'ottagono metallico.
Juan ascolta ad occhi stretti mentre i compagni mantengono il più completo silenzio. Dopo cinque ottavi di giro, un *clic* talmente lieve da essere quasi impercettibile persino con l'aiuto della droga dei kinnin lo fa esultare.
"Ecco fermo! Fermo così! Prendi un'altra piastra e continuiamo!"
Rune esegue, tre quarti di giro per Valmar, e la posizione dritta tal quale per Yamantia. Uno scatto appena udibile conferma a Juan che sono sulla strada giusta.
"Manca solo Mog ora" dice Gimble, consegnando la piastra fatta volare da Hearst nelle mani del monaco. "Tre ottavi di giro."
Rune aggrotta le ciglia, ma senza chiedere va a colpo sicuro secondo l'indicazione dello gnomo. Appena la piastra è in posizione un rumore di meccanismi conferma che la porta segreta è stata sbloccata.
"Come lo sapevi?" chiede Isabel curiosa.
"Col senno di poi è semplice. Ogni piastra è ruotata di un ottavo di giro per ogni lettera che compone il nome del Demone inciso su di essa."
"C'era una logica dunque..."
Il pensiero di Gimble si sofferma sull'assurda estensione e complessità del disegno che stanno lentamente rivelando man mano che i pezzi vanno al loro posto. Il frutto di una metodica pianificazione di tante trame che corrono in parallelo. Poteva essere Ekelorn la mente di tutto ciò? O può esserlo Rakoud, o Zaran?
"Già. Tutto qui sembra avere la sua strana, perversa logica..."

lunedì 24 novembre 2014

438 - SEI STATUE

Bovak riprende la sua forma originale: "L'abbiamo scampata per un soffio... letteralmente."
"Già, quella mostruosità abbandonata qui sotto da Ekelorn era decisamente arrabbiata" gli fa eco Isabel. "Per il momento siamo al sicuro, ma di certo la chimera non si fermerà a quelle povere guardie. Non passerà molto prima che Rakoud deduca che ci siamo intrufolati qua sotto."
"Hai ragione, non perdiamo altro tempo" concorda Gimble. "Juan, dai un'occhiata là avanti, non vorrei rimanere bloccato nuovamente dalla grata..."
L'attento esame del coloviano permette di individuare il meccanismo a pressione sul pavimento ed evitarlo. Gli avventurieri si addentrano nella seconda sezione del sotterraneo a forma di clessidra. Scorgono la gabbia in cui era rinchiusa la chimera, con le sbarre alzate per il loro precedente maldestro ingresso. Gli occhi lacrimano per i vapori acidi residui lasciati dal soffio della testa di drago, attaccano in gola provocando dolorosi accessi di tosse.
"Muoviamoci!" dice Hearst rinunciando ad esplorare quella che era la prigione del mostro. "Qui l'aria è irrespirabile!"
Arrivati in fondo alla sala, una pesante porta metallica con la superficie intaccata dall'atmosfera corrosiva rappresenta l'unica altra uscita. Juan non fatica, dopo un attento esame in cerca di trappole, a scassinarne la serratura grossolana. E' evidente che Ekelorn riteneva più che sufficiente la protezione offerta dalla chimera, tanto da non investire in altri sforzi sulla porta.
Scivolati oltre l'uscio e richiusi i vapori irritanti alle spalle, i nostri eroi percorrono un anonimo corridoio che dopo alcune decine di passi svolta verso sinistra. Girato l'angolo, il cunicolo prosegue per alcuni metri, costellato di alcove da entrambi i lati, per poi interrompersi bruscamente.
"Un vicolo cieco" commenta Hearst.
"Forse" ribatte Gimble sovrappensiero.
Lo gnomo avanza tra le alcove osservandole attentamente. Sei in tutto, ognuna delle quali contiene una scultura di uno dei Demoni del Peccato, opere marmoree alte quasi quanto un uomo che poggiano su spessi piedistalli di mezzo metro.
"Mog... Eblis... Aphazel... Valmar... Jube... Yamantia..."
Isabel pronuncia uno ad uno i nomi dell'Angelo Caduto e dei suoi fratelli, scorrendo le incisioni dorate sui piedistalli che identificano ognuna delle statue.
La sua attenzione però, come quella dei compagni, è catalizzata dalla piastra d'acciaio ottagonale posizionata sotto ogni scritta, lavorata per raffigurare il simbolo stilizzato del Demone che rappresenta.
Juan esamina quella di Mog, la più vicina. La afferra ai lati e tira, facendola scorrere leggermente verso l'interno.
"Come pensavo, è amovibile. Guardate è incastonata con otto perni ai vertici. Scommetto che queste piastre s'incastrano perfettamente in quei cerchi di fori - guarda caso otto per ogni cerchio - in fondo alla sala della genesi."
I compagni concordano con Juan, è sicuramente così ed è per questo che Ekelorn custodiva questo corridoio così attentamente. Queste piastre sono quasi certamente la chiave per accedere alle sue stanze più segrete. Tuttavia, fa notare Hearst, le serie di fori nella stanza della genesi sono solo quattro, mentre le piastre sono sei.
"Evidentemente due sono inutili" spiega Rune. Il monaco, forte di una sua intuizione, osserva ogni piastra da vicino con estrema attenzione, quindi passa un dito sul bordo superiore.
"Guardate" dice mostrando l'indice impolverato. "Questa piastra, quella di Jube, come anche quella di Aphazel, hanno il lato superiore pieno di sporcizia, segno che non vengono rimosse da molto tempo. Tutte le altre invece non hanno un filo di polvere!"
"Ottimo ragionamento Rune" si complimenta Gimble. "Forza prendiamo le piastre corrette e scopriamo una volta per tutte cosa nasconde il mago!"

mercoledì 19 novembre 2014

437 - CHIMERA

Gli avventurieri tornano sui loro passi fino alla grande sala delle gabbie che si estende nell'oscurità. Isabel centra un incantesimo di luce sullo Scettro di Carnegie prima di procedere all'esplorazione, quindi il gruppo avanza cautamente. Poco più avanti le pareti del sotterraneo si restringono ad imbuto fino a convergere in un corridoio largo pressappoco una decina di piedi e lungo altrettanto. Oltre il passaggio un altro salone si allarga specularmente, con un disegno che ricorda una clessidra.
Hearst e Rune avanzano in testa al gruppo, pronti ad ogni evenienza, ed imboccano il corridoio.
"Hearst, Rune, fermi forse è meglio che Juan contr--"
Il suggerimento di Gimble s'interrompe a metà quando, ad un ulteriore passo del guerriero, una grata cala rumorosamente alle spalle dell'avanguardia, sigillando i due oltre il corridoio e dividendoli dai compagni.
"No!" esclama Gimble. "Una trappola!"
Tutti si gettano d'istinto sulla saracinesca afferrando i correnti metallici per sollevarla, da un lato e dall'altro, ma è troppo pesante. Dopo qualche istante un rumore di catene ed ingranaggi tintinna nel sotterraneo, metallo che scivola nella pietra nel buio inesplorato.
"Cazzo! Sì è aperto qualcosa! Le gabbie!" esclama Hearst perdendo la sua consueta freddezza. "Rune muoviti dammi una mano a sollevare 'sta cosa... mmmmhh!!!"
Ma il monaco ha già mollato la presa. Muovendo lentamente alcuni passi di lato scruta l'oscurità, e si mette in guardia.
Notando il comportamento del compagno anche Hearst si ferma e impugna lo spadone.
Una grossa zampa leonina emerge nella penombra, e l'incedere della seconda rivela un mostruoso cerbero dalle teste di capra, leone e drago. Grande come un cavallo, la creatura si muove distante studiando le sue prede.
Gimble sente gocce di sudore freddo scendergli lungo la schiena: "Una... chimera!"
La testa di capra emette un lungo ed inquietante belato, mentre il leone digrigna le fauci e la testa di drago verde emette volute di gas giallognolo. Un odore cloridrico pungente ed irritante si diffonde facendo lacrimare gli occhi.
Hearst e Rune sono pervasi dal panico.
"Tirateci fuori di qui! Fate qualcosa!" sbraita il guerriero facendo di nuovo di tutto per sollevare l'inamovibile grata.
L'immonda creatura si lancia all'attacco ma la provvidenziale evocazione di un ippogrifo da parte di Bovak ne ferma la carica. Il povero animale viene subito azzannato al collo con ferocia, e sebbene faccia di tutto per contrastare la furia della chimera, può ben poco contro la sua terribile capacità di uccidere.
Approfittando del diversivo Isabel usa la magia divina per conferire ad Hearst una forza taurina, Gimble incanta il suo spadone con la sua arte arcana e Bovak protegge Rune rendendo la sua pelle coriacea. Aiuti sì, ma che non basteranno a fronteggiare un avversario così ostico.
Juan invece si prodiga in una disperata ricerca sulle pareti lì attorno. Non può credere che non esista un meccanismo per riaprire la saracinesca, ogni trappola ha un sistema di disattivazione, Ekelorn deve averlo previsto. E se esiste è da questa parte del sotterraneo.
La ricerca del coloviano dà i suoi frutti proprio mentre il collo dell'ippogrifo viene straziato dal morso leonino della chimera: un movimento secco aiutato dagli artigli e la trachea della creatura evocata da Bovak viene scoperchiata, le arterie sprizzano sangue, la testa d'aquila si dibatte disperata nel dolore degli ultimi istanti di vita.
Juan preme senza indugi una mattonella nascosta sulla parete e la grata si solleva veloce, liberando Hearst e Rune dalla loro prigione. Il coloviano la preme di nuovo sperando che faccia ricadere la saracinesca separandoli dalla chimera, ma la sua è una vana speranza. Ora la minaccia del mostro riguarda *tutti* gli avventurieri.
Con la chimera che avanza ruggendo a grandi balzi, Gimble esorta i compagni alla fuga: "Via! Via! Dobbiamo uscire di qua! Bovak, aiutami, dobbiamo rallentarla!"
Lo gnomo evoca con un incantesimo un millepiedi giganti proprio davanti al mostro. Un istante dopo, la magia druidica di Bovak crea un cerchio di energia marrone splendente. Attraverso questa sorta di portale si genera materia, roccia che si aggrega andando a costituire le fattezze umanoidi di un elementale della terra.
"Presto, all'uscita!" urla Gimble preparandosi ad attivare il ciondolo di Ekelorn. Il cristallo brilla di un verde splendente mentre il terreno si apre a riformare la discesa che li aveva portati qui sotto, ma è un processo lento.
Gli avventurieri gettano occhiate preoccupate alle loro spalle. E' questione di attimi, la loro salvezza dipende solo da quanto durerà la lotta impari tra le creature evocate e la chimera.
"Più veloce, più veloce" bisbiglia Gimble stringendo il monile, come se potesse accelerare il processo.
Il soffio di vapori acidi della testa di drago consuma le carni del millepiedi; le incornate, i morsi e le artigliate fanno a pezzi l'elementale della terra prima che questi riesca a ferire seriamente l'abominio con i suoi pugni possenti.
"Ecco si è aperto! Fuori!" urla Gimble appena la terra mostra uno scorcio di cielo notturno. La bestia ruggisce alle loro spalle riprendendo la sua carica.
Quando si fiondano all'esterno, la chimera li insegue con un lungo balzo, spiegando le ali membranose e sovrastandoli. Gimble pensa veloce e lascia cadere il ciondolo smeraldino sul terreno.
Gli avventurieri si dividono a raggiera per sfuggire alla sua picchiata letale. Le tre teste urlano in tutte le direzioni la loro furia, riecheggiando nel silenzio della notte.
Presto le guardie saranno qui.
Bovak, il più lento a nascondersi tra la vegetazione, diventa la preda prescelta. Il nano si rotola a terra istintivamente con un tempismo perfetto. Sente la massa della creatura sfiorarlo per un soffio e gli artigli lacerargli il mantello. La vede atterrare poco più avanti, solo qualche metro li separa. Nonostante la stazza è una bestia veloce e la testa di drago si è già voltata in maniera innaturale sbuffando fumi acidi dalle narici.
"Veniva da di qua!"
Il vociare nel buio, accompagnato dallo sferragliare di armature, preannuncia l'arrivo degli armigeri, ignari del destino che li aspetta, inconsapevole distrazione che regala a Bovak secondi preziosi. Con la coda dell'occhio vede i compagni rifugiarsi di nuovo nel sotterraneo - ecco perché Gimble ha lasciato cadere il gioiello, per tenere aperto il passaggio! pensa mentre lo gnomo recupera il cristallo.
Bovak si concentra, dev'essere veloce come non lo è mai stato, Gimble sta già richiudendo il terreno. Il druido fa appello alle forze della natura e mentre si rialza e corre il suo corpo muta. I suoi abiti si fondono in un manto maculato, gli arti si slanciano, la postura diventa quella di un felide sinuoso. In pochi attimi una maestoso ghepardo sfreccia attraverso il giardino e s'infila nel sotterraneo proprio mentre la terra si richiude sopra le teste degli avventurieri.
Poi si odono solo le grida di spavento e morte delle malcapitate guardie.

martedì 11 novembre 2014

436 - CONGETTURE

Isabel ragiona su quanto appena affermato da Gimble. La rappresentazione in effetti pone Mog al centro. Egli è il fulcro attorno al quale il destino del mondo si divide.
"Pensaci Isabel. Quante volte opponendoci ai piani di costoro abbiamo incrociato i servitori del Maligno? Quante altre volte li abbiamo probabilmente incontrati senza saperlo?"
La chierica ripensa a tutte le vicende che li hanno condotti fin qua: dal loro primo incontro con Zaran ed i suoi esperimenti deviati nella tana di Kade, a Puerto del Principe, dove i monatti si rivelarono essere adoratori di Valmar, fino a Bakaresh, all'incontro faccia a faccia con un demone di Eblis.
Senza parlare del massacro in corso, quale più lampante manifestazione del Peccato dell'Ira...
Forse Gimble ha ragione.
Goccia a goccia, senza che si rendessero pienamente conto della portata degli eventi, l'influenza dei fratelli di Mog si è manifestata sempre più.
Isabel si morde il labbro inferiore: si sente impotente. Il Peccato è un nemico troppo forte da sconfiggere. Ha strisciato subdolo, insinuandosi nelle vite della gente, esplodendo in fatti terribili dovo aver corrotto alla base la società, attraverso le azioni dei suoi silenziosi servitori o dei suoi ignari sostenitori. Persino loro, forse.
L'avidità di Black Bart, ad esempio, o la guerra scatenata da Juan pur di salvare suo padre.
Isabel ha la sensazione che il Peccato sia ormai una marea incontenibile che sta sommergendo tutto. Ogni piccolo episodio che tenta di ricordare ne contiene traccia. Come ha potuto sottovalutarlo, non rendersi veramente conto che esso era il filo conduttore dei loro nemici?
Si sente sconfitta: a cosa sono serviti secoli di insegnamenti della Chiesa per mettere in guardia dall'avanzata del male? Mai come ora la promessa di Dio di tornare una volta cancellato il Peccato dal mondo sembra lontana e irraggiungibile...
"Va tutto bene?" si accerta Rune avvicinandola.
Isabel cerca di riprendersi dallo stordimento dei suoi pensieri, annuisce con la testa, sibilando un sì con un filo di voce.
"Cosa credi che vogliano fare, Gimble? Cosa significa *attraverso* Mog?" chiede il monaco con l'obiettivo di capire ciò che lo gnomo e la sacerdotessa temono.
"Non lo so Rune, non lo so. Tuttavia la genesi racconta che il corpo di Mog fu dilaniato da Dio ed i suoi pezzi caddero sulla terra. L'idea più folle che costoro potrebbero perseguire è quella di risorgere l'Angelo Caduto, riportarlo nel mondo per elevare tutte le creature come in questa delirante raffigurazione. Ma sono tutte congetture, solo congetture per ora..."
"A che diavolo serviranno quei fori?" chiede Hearst, spezzando il lungo momento di riflessione.
"Non saprei" gli risponde Bovak mentre accarezza Batuffolo "ma fossi in te mi leverei da lì davanti... non si sa mai."
Juan scuote la testa: "Non credo si tratti di una trappola, non c'è il minimo tentativo di celarla, e la disposizione dei fori non ha senso, come non ha senso il fatto che non sia ancora scattata dopo che siamo entrati. Credo sia invece una sorta di meccanismo."
"Hai un'idea di come funzioni?" chiede Hearst.
Dopo una rapida ispezione, il coloviano risponde: "No, sembra che manchi qualcosa. Guarda però questo profilo, appena percettibile... credo che qui dietro si nasconda una porta segreta!"
"Buono a sapersi!" esclama Gimble "ma per adesso è un vicolo cieco. Forse nell'altra sezione del sotterraneo troveremo qualcosa per aprire il passaggio. Non perdiamo altro tempo, andiamo!"

martedì 4 novembre 2014

435 - RELATIVISMO RELIGIOSO

Scivolati sul retro della villa, gli avventurieri si avvicinano ai carri indicati da Bovak. Avvolti nell'oscurità, nessun rumore proviene da essi.
"Sono tutti vuoti" commenta Hearst dopo un rapido esame spada alla mano.
"Eppure... dev'esserci qualcosa" dice Gimble stringendo tra le dita il ciondolo di Ekelorn. Lo gnomo gira in cerchio attorno ai carri, poi si allontana un poco. Una leggera luminescenza sembra pervadere il monile del mago.
"Ecco! Sta accadendo qualcosa!"
Gimble si muove, avvicinando il gioiello al terreno, finché la luce non aumenta di intensità. Il bardo individua il punto in cui la luminosità emessa è massima.
"E' qui! Qui sotto! Ma come...?"
Bovak afferra il ciondolo dalle mani di Gimble e lo affonda nell'erba. Magicamente il terreno si ritira degradando in un'ampia discesa verso un antro sotterraneo.
"Finalmente..." sussurra lo gnomo rimettendo il ciondolo al collo. Una strana adrenalina lo pervade, assieme alla sensazione di essere vicino alla soluzione di tanti misteri. Un luogo nascosto in questo modo, accessibile solo al mago, deve certamente custodire i suoi più importanti segreti.
Gli avventurieri scendono, ed al loro passaggio la terra si richiude magicamente alle loro spalle, obbligando Isabel e Gimble a far ricorso ad incantesimi di luce.
L'antro, una grande stanza sotterranea che si perde nell'oscurità, è costellata di gabbie lungo il perimetro visibile. Esse circondano un enorme tavolone di marmo liscio al centro, la cui superficie odora di paura, di sofferenza. Una delle prigioni contiene una creatura che per un istante fa sussultare i nostri eroi salvo poi rivelarsi morta.
"Un basilisco" fa notare Bovak. "Se fosse stato vivo il suo sguardo ci avrebbe già tramutato in statue."
"Questo posto non mi piace" commenta Rune. Le gabbie che si perdono nel buio, il fatto di non vedere cosa c'è più in là, rendono il sotterraneo ancor più inquietante.
Gimble indica una porta metallica oltre il grande tavolo centrale, quasi di fronte al passaggio da cui sono entrati. Con un cenno indica a Juan di dare un'occhiata. Il coloviano esegue, ansioso di levarsi da quello spazio ampio, troppo scoperto.
Alla sua conferma dell'assenza di trappole, gli avventurieri l'attraversano rapidamente, ritrovandosi in uno stretto corridoio lungo solo pochi metri. All'altra estremità una seconda porta metallica, a due ante, il cui bassorilievo lavorato raffigura in maniera stilizzata il ciondolo di Ekelorn.
Juan precede i compagni, esaminando accuratamente ogni centimetro.
"E' tutto a posto" dichiara alla fine.
Gimble si avvicina alla porta. Il gioiello appartenuto al mago s'illumina di nuovo, e la stessa luce smeraldina si libera dalla linea scura tra le ante. Quando la fosforescenza scema, Hearst si prende l'onere di spalancarle.
La stanza che si rivela agli avventurieri oltre la soglia è tanto inattesa quanto affascinante nella sua bellezza blasfema. Una luce magica ambientale rischiara le pareti magnificamente affrescate, sulle quali è scorrono due visioni opposte della Genesi, in cui il punto di svolta è la distruzione di Mog da parte di Dio Padre.
Su pareti opposte, in un contrasto voluto, le raffigurazioni mostrano ciò che è stato e una libera interpretazione di ciò che sarebbe potuto essere. Da un lato la misera condizione mortale delle moltitudini, dall'altro la loro stessa elevazione, senza distinzioni, all’immortalità: Angeli di fatto, in un'utopia senza differenze. Le scene di guerra, i massacri, la povertà e le sofferenza della condizione attuale si contrappongono al panorama celeste armonia in cui gli Vivec, Erevos e Mog sono i primi di un esercito di Angeli, l'umanità elevata a rango divino.
Le due versioni parallele si ricongiungono all'estremità opposta della sala, dove spiccano al centro della parete quattro peculiari serie di fori. Ognuna delle serie, posta ai vertici di un quadrato, conta otto buchi disposti a cerchio.
Mentre osserva le immagini alle pareti, Isabel si sente invadere da un senso di irrequietudine che le dà la nausea: "Tutto questo è pura eresia! Un relativismo religioso che mina le fondamenta stesse della Fede riabilitando il Peccato di Mog..."
"Eppure, Isabel, osserva per un secondo con altri occhi..." sussurra Gimble senza nascondere un fremito d'emozione. Nello sguardo dello gnomo s'intravede il lavorio della sua mente, che pezzo dopo pezzo incastra le tessere del mosaico per intravederne il grande disegno.
"Cosa intendi Gimble? Non vorrai giustificare..."
"No, no, non fraintendermi. Ma pensa, perché *qui*? Nella tana di Ekelorn?" Gimble fa una pausa prima di rispondere alla sua stessa domanda. "Forse sto fantasticando, ma se l'obiettivo del mago, di Rakoud, di tutta la folle organizzazione che ruota attorno a Zaran fosse questo, di ottenere un 'mondo migliore'?"
Isabel guarda preoccupata lo gnomo, cercando di seguire le sue elucubrazioni: "Un 'mondo migliore', dici, attraverso..."
Gimble punta l'indice verso l'Angelo più bello: "...Mog."

venerdì 17 ottobre 2014

434 - UNO SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE

Juan torna dopo alcuni minuti, riunendosi ai compagni in attesa in una via poco distante dall'abitazione di Ekelorn. La periferia è buia e deserta, con il calare delle tenebre nessuno si azzarda a mettere il naso fuori di casa.
"Allora?" chiede impaziente Rune.
"In fondo alla via c'è una tettoia, possiamo legare lì i cavalli. Non se ne accorgeranno prima di domattina..." risponde vago Juan
"Mi riferivo alla casa del mago!" precisa il monaco, sapendo che il coloviano lo sta volutamente tenendo sulle spine. Rune prova un profondo fastidio per questo tipo di comportamento: a prescindere da quanto possa essere tesa una situazione, Juan non rinuncia al suo atteggiamento in qualche modo provocatorio. Evidentemente l'educazione da pirata ha lasciato comunque il segno.
"Ah, certo... ci stavo arrivando. E' una bella casa, con un grande giardino!" dice il coloviano, inserendo volutamente una lunga pausa prima di continuare. "Certo davanti all'ingresso c'è pieno zeppo di guardie, e una doppia ronda che percorre il muro di cinta. Due e due, che ripassano nello stesso punto ogni trenta, quaranta secondi. Un tempo sufficiente per scavalcare, magari dalla strada sul retro che dà su una zona piuttosto isolata."
Gli avventurieri seguono Juan che ha già studiato il percorso. Il coloviano attende in una via laterale il passaggio della ronda, poi fa cenno di muoversi veloci. La colonna di ombre scure imbocca veloce e silenziosa la strada sul retro, quindi Hearst s'appiattisce al muro di cinta per fare da scaletta. Prima Juan e poi gli altri poggiano un piede tra le mani del guerriero che li solleva facilitando il loro passaggio all'interno - ad eccezione di Batuffolo a cui basta semplicemente un balzo per passare dall'altro lato. Solo Rune attende per ultimo, aiutando a sua volta il guerriero prima di sfruttare la sua agilità per scavalcare. Quando il monaco infine si lascia scivolare nel giardino, la ronda svolta l'angolo. Appena in tempo.

Per Juan non è complicato far saltare la chiusura delle imposte di una finestra, una volta accertatosi dell'assenza di trappole. Con cautela e circospezione gli avventurieri s'infiltrano nella villa di Ekelorn, buia e deserta.
Entrati tutti, si azzardano ad accendere un paio di candele. Juan fa cenno di attendere nel piccolo salottino in cui sono strisciati, stracolmo di animali impagliati come suppellettili, mentre si avventura in una rapida ispezione. Torna poco dopo: tutto a posto, non c'è nessuno. Sembra che Rakoud abbia fatto piazzare solo guardie al di fuori. Forse nemmeno lui si fida a ficcare il naso nella proprietà di un mago.
La casa straborda di elementi d'arredamento esotici, ma di scarso interesse per gli avventurieri. Juan si muove con estrema cautela stanza per stanza, esaminando ogni dettaglio per individuare possibili trappole, ma il luogo sembra sicuro. Infine, identificata la porta dello studio del mago e assicuratosi dell'assenza di pericoli, ne scassina la serratura.
All'interno scrigni, cassetti, cassapanche. Mensole e scaffali pieni di libri impolverati, pozioni, pergamene e alcuni soprammobili impreziositi. Tutto ciò che ci si potrebbe aspettare nello studio di un incantatore.
Juan continua a cercare possibili insidie, mentre i compagni rovistano in ogni dove. Isabel e Gimble fanno affidamento ai loro incantesimi per individuare il magico. Pian piano le cautele iniziali lasciano il posto ad una ricerca sempre più frenetica e nervosa, fino allo sbigottimento finale. Nulla di ciò che c'è qui sembra avere valore o importanza.
Tra i libri abbondano i testi di storia, politica, religione, geografia, ma niente sulle scienze arcane o sui mostri come ci si poteva aspettare. Le pozioni sono solo liquidi dai colori stravaganti, e le pergamene appunti disordinati, ricette di cucina, missive commerciali. Nulla di compromettente, nulla che leghi la figura di Ekelorn a Rakoud o Zaran, nulla di magico addirittura!
"Tutta questa roba è ciarpame, non c'è nemmeno l'ombra della magia qui! Sorge quasi il dubbio che Ekelorn non fosse un mago, ma un vile impostore!" commenta Juan.
"Sul fatto che fosse un mago posso garantire io" lo contraddice Hearst, ricordando il fulmine che per poco non l'ammazzava nell'Arena.
"No, semplicemente quello che cerchiamo non è qui" interviene Gimble. "Queste stanze sono solo uno specchietto per le allodole."
Rune allarga le braccia sconfitto: "Ma abbiamo fatto passare da cima a fondo tutta la casa e non c'è altro..."
"I carri!" esclama Bovak schioccando le dita. "Restano solo quelli, li avete visti parcheggiati nel retro del giardino, no? Ah, giusto... la mia scurovisione... non li avete notati. Beh, credo siano quelli che utilizza per il trasporto dei mostri da Ouarzazade a qui."
"E perché secondo te un mago dovrebbe nascondere qualcosa su dei carri da circo?" lo punzecchia Juan.
Bovak fa spallucce: "Non saprei. La gente fa un sacco di cose illogiche, vero?" gli risponde tagliente.
Juan storce la bocca, quella risposta sottintendeva di certo una critica nei suoi confronti. Fa per ribattere, ma Gimble taglia corto d'accordo con il nano: "Non possiamo escludere nulla. Forza, andiamo."

lunedì 13 ottobre 2014

433 - IL CIONDOLO DI EKELORN

Zer'i Koztan tiene il ciondolo sospeso tra le dita. Il piccolo gioiello costituito da uno smeraldo incastonato in un'anima d'oro rotea lento per inerzia, e le sue facce giocano con la traballante luce delle fiaccole del Santuario.
Gli avventurieri pendono dalle sue labbra, dopo che si sono già spartiti l'equipaggiamento magico recuperato da Juan sul cadavere di Ekelorn - un anello per contrastare gli incantesimi preso da Isabel assieme al giaco in mithral di Thusnah, ottimo per alleggerirsi un po'; una fascia in grado di migliorare le doti di persuasione, scelta da Bovak; un diadema per potenziare l'intelletto, arraffato da Hearst; ed infine un anello di scudo mentale, unica fetta del bottino rimanente a Juan.
"E quello cosa sarebbe Koztan?" chiede Gimble.
"Questo è l'oggetto più misterioso tra tutti" spiega il sacerdote, "tanto che la mia magia non è riuscita a decifrarne l'uso. Posso solo dire che è carico di un'aura mista di invocazione e ammaliamento. Chissà, forse è ciò che Ekelorn usava per controllare i suoi mostri, forse è una chiave d'accesso ai suoi segreti..."
"Ekelorn..." sussurra pensieroso lo gnomo lisciandosi la barba. "Sono sempre più convinto che sia un pezzo fondamentale del mosaico, anche se non so come..."
"Rakoud, Zaran, Ekelorn, Nezabal e probabilmente anche Sharuk" gli fa eco Isabel "sembrano tutti percorrere strade di malvagità parallele che tuttavia s'intrecciano qui a Kal-Mahda. Anche se non abbiamo un quadro completo, il sospetto che tutti operino su piani diversi per un comune obiettivo è forte."
"Dovremmo tornare a Bakaresh ed infiltrarci nell'abitazione del mago. Forse con il suo ciondolo riusciremo a scoprire cosa c'è sotto" commenta deciso Hearst.
I compagni annuiscono, e facendolo sanno di porsi di fronte ad una scelta che è anche una scelta di priorità.
Una scelta tra l'assicurare la salvezza ai fuggiaschi portandoli al tempio dei monaci dervisci oppure tornare a Bakaresh alla ricerca dei segreti di Ekelorn.
Privilegiare la prima significa scegliere di rifugiarsi, riorganizzarsi e infine combattere al fianco di Ashanti per la salvezza di Kal-Mahda e la riconquista del trono spodestando Rakoud, ma allo stesso tempo rischiare di non scoprire mai il destino degli schiavi e con loro di Bleena.
Privilegiare la seconda significa invece cercare la salvezza degli schiavi rapiti nelle Isole Coloviane, scoprire i piani della misteriosa organizzazione responsabile della tratta, correndo tuttavia il rischio di esporre gli Ashfar in fuga e Bakaresh al pericolo rappresentato da Rakoud.
La decisione giunge sofferta, ma praticamente all'unanimità.
"Andremo a Bakaresh" decreta Gimble, affidando di fatto il gravoso compito di condurre i profughi ad Ashanti e Sahla. "Partiremo nel tardo pomeriggio, col favore delle tenebre."
Il Maestro annuisce. Approva e comprende la loro scelta, ma non nasconde le sue preoccupazioni, né la tristezza di un arrivederci che in realtà suona come un addio. Stringe le loro mani, una ad una, imitata da Sahla, che ringrazia a sua volta: è anche merito loro se ha capito da che parte era giusto stare.

Sei ombre scure galoppano veloci nel crepuscolo scendendo la strada che dal Passo porta in città. 
"Ehi chi va là!" intimano i soldati di guardia al posto di blocco quando costoro si avvicinano. Barricate fatte di barili e un paio di carri.
Gimble li squadra rapidamente. Mercenari, senza dubbio, saliti al volo su carro del vincitore. Indossano casacche lacere della guardia di Bakaresh, recuperate chissà dove.
Come loro, del resto. Agli uomini di Thusnah non servivano più.
Buona parte di quegli uomini sono stravaccati a terra con lo sguardo assonnato, circondati di boccali vuoti, segno che i barili della barricata provengono dalla razzia di una qualche cantina in città e sono stati prontamente svuotati.
Gimble dubita che il posto di blocco sia lì da molto. Probabilmente è solo un'iniziativa personale di quel gruppo di sbandati.
Lo gnomo fa leva sulle sue abilità di persuasione e un po' di suggestione magica per facilitarsi il compito, sapendo che i fumi dell'alcol giocano già a suo favore. Ed infatti non ci vuole molto per convincerli a farli passare senza troppe questioni. Fortunatamente la banda non sembra sapere né essere particolarmente interessata a fuggitivi, ex-capitani e inseguitori.

martedì 7 ottobre 2014

432 - DISERTORE!

Un improvviso rumore di zoccoli mette in allarme Ashanti e gli avventurieri. Il Maestro fa un cenno a Zer'i Koztan di affrettarsi nel Santuario mentre mette mano alla spada: qualcuno sta sopraggiungendo di gran carriera dal sentiero che proviene da Bakaresh.
"Sahla!" esclama incredula Ashanti quando la figura del Capitano a cavallo sbuca dalle rocce.
Ma non è il solito Sahla.
Accasciato sul collo del suo destriero il Capitano fatica a tenere le redini mentre con l'altra mano si tampona una orrenda ferita al fianco, da cui cola il sangue che macchia il manto della cavalcatura.
Il cavallo rallenta appena la sua corsa avvicinandosi ai nostri eroi, e quando è in prossimità il Capitano si lascia praticamente cadere tra di loro. Sorretto prontamente viene depositato a terra.
"Cosa significa?! Cosa sta succedendo?!" chiede Ashanti inginocchiata su di lui, incapace di nascondere la preoccupazione che l'attanaglia.
"Li stanno... massacrando... al Tempio" si sforza di dire Sahla. Gimble gli porge un po' d'acqua, mentre Ashanti pone le mani sulla brutta ferita, bisbigliando una preghiera. Una luce dorata si sprigiona dai palmi del Maestro, e il sangue smette di sgorgare. Sul volto del Capitano il dolore lascia il posto ad un'espressione di sollievo.
"Grazie..."
"Cos'è accaduto?"
"Hanno dato ordine di attaccare prima dello scadere dell'ultimatum. Non potevo accettarlo e sono andato al Tempio. Dovevo avvertirvi, sarebbe stato un massacro! Sono riuscito a parlare con Aldaren poco prima dell'assalto. Quando ho visto quanti pochi erano ho capito tutto, il suo diversivo... mi ha detto dov'eravate, mi ha detto di raggiungervi, di aiutarvi a fuggire!"
"Ma ti hanno inseguito..." deduce Hearst indicando la ferita.
Non c'è bisogno che Sahla risponda, il rumore di zoccoli proveniente dal sentiero lo fa per lui.
Il Capitano tenta di alzarsi, ma è ancora troppo debole.
"Resta qua" gli ordina Ashanti. "Ci pensiamo noi."

Un nutrito gruppo di mercenari e guardie a cavallo si ferma ad una decina di metri dai nostri eroi. Gli uomini di Rakoud sono capitanati da una vecchia conoscenza di Ashanti, uno stregone-guerriero dalla morale discutibile famoso per il suo opportunismo, che forte della sua posizione, splendente nel suo giaco di maglia tirato a lucido, guarda dall'alto al basso il Maestro e il suo bizzarro seguito.
"C'era da immaginarselo che seguendo il disertore avremmo trovato anche te. Due piccioni con una fava..."
"Thusnah, non starò a sentirti blaterare. Porta via i tuoi uomini e torna da dove sei venuto!"
"Non ci penso nemmeno!" risponde sprezzante lo stregone. "Mi aspetta un bel gruzzolo per le teste dei tuoi Cavalieri al Tempio, gruzzolo che raddoppierà, anzi triplicherà!, se riporto indietro anche la tua e quella del disertore!"
Ashanti sguaina la spada ed è il segnale che basta agli avventurieri.
Senza lasciare il tempo agli avversari di muoversi Isabel evoca il più devastante dei poteri dello Scettro di Carnegie, ed un fulmine seguito da una poderosa onda sonora si abbatte sui nemici.
Gli odori di ozono e carne bruciata si diffondono rapidamente nella brezza mattutina mentre i nostri eroi caricano gli avversari storditi. Bovak lancia Batuffolo all'assalto, bersagliando nel contempo con delle sfere di fuoco i soldati ancora in sella, mentre quelli feriti a terra vengono aggrediti dai mostruosi ragni evocati da Gimble. Nel frattempo Juan sfreccia tra i cavalli imbizzarriti assestando stoccate ai fianchi di coloro che stanno tentando di riprendersi.
Il resto della battaglia è una carneficina: i mercenari e i Cavalieri del Drago, forti dello stordimento provocato dallo Scettro investono i nemici come un'onda inarrestabile, sopraffacendoli senza difficoltà.
Thusnah, lasciato senza fiato dalla scarica elettrica, ha appena il tempo di realizzare quella che si sta trasformando in una rapida disfatta prima che Ashanti, Hearst e Rune gli siano addosso.
Il guerriero sventola lo spadone all'altezza delle ginocchia della cavalcatura dello stregone, tranciandone una di netto e spezzando l'altra. L'animale capitombola a terra nitrendo impazzito, trascinando il suo cavaliere con sé, vanificando il suo tentativo di proteggersi con la magia e consegnandolo tra le braccia dei suoi assalitori.
In pochi istanti Rune lo sovrasta infierendo con una scarica di calci, quindi la spada di Ashanti gli infligge il colpo di grazia trapassandogli la gola.
I pochi armigeri scampati al furioso attacco elettrico e alla carica girano i cavalli e li spronano verso una rapida ritirata verso la città. Juan e Hearst riescono ad inchiodarne uno tirando con l'arco, ma altri due riescono a fuggire.
"Maledizione" impreca Juan sputando a terra.
Ma Hearst non lo ascolta già più: affondando con gli stivali nel terriccio intriso di sangue, il guerriero comincia a saccheggiare i cadaveri dei nemici, in primis quello dello stregone.
"Cazzo! Quello è mithral!" esclama Juan osservando da vicino il giaco del defunto Thusnah.
"...e vedremo chi di noi ne ha veramente bisogno" interviene Gimble fulminando il coloviano con lo sguardo. "Raccogliete l'equipaggiamento utile e raggiungiamo Sahla e Ashanti" continua lo gnomo. "Bovak cercherà di calmare qualcuno di quei cavalli imbizzarriti, di sicuro ci faranno comodo. Non abbiamo molto tempo per decidere sul da farsi prima che gli uomini di Rakoud tornino con i rinforzi."

martedì 30 settembre 2014

431 - IN CERCA DI UN RIFUGIO

Il cielo comincia a schiarire quando la lunga processione raggiunge il Passo di Sarir. La luce del mattino fatica a superare la bruma alta e plumbea, quasi che la notte voglia vender cara la pelle al giorno.
Nell'ampio spiazzo tra le montagne su cui si affacciano il Santuario, il monastero di Felm e la locanda "Confine del Deserto" tutto è immobile. Non c'è traccia del viavai di mercanti e carovane che normalmente lo caratterizzava. Solo una dozzina di figuri intenti a sellare dei cavalli nei pressi delle stalle della taverna. Mercenari, inequivocabilmente.
"Forse dovremmo occuparci di loro, preventivamente" suggerisce sospettoso Gimble. "Non possiamo rischiare..."
Ashanti riflette, poi scuote la testa: "No, niente sangue. Sono mercenari, cercano oro. Li pagheremo per unirsi a noi, o nella peggiore delle ipotesi per tacere e andarsene a nord. Tieni Gimble" dice porgendo un borsello allo gnomo, "occupatene tu, sono certa che sai come convincerli."
Gimble accenna un mezzo sorriso e annuisce: "D'accordo, ci penso io, vi raggiungerò più tardi al Santuario."

"Mai avrei creduto di vedere una simile barbarie" commenta Zer'i Koztan dopo aver abbracciato Ashanti.
"E' successo tutto così in fretta..." sospira il Maestro.
Padre Tarek entra nel piccolo refettorio del monastero, dove il sacerdote di Mujon ha fatto accomodare Ashanti e gli avventurieri. Su di un vassoio porta tè caldo, pane secco e qualche uovo.
"E' il massimo che posso offrire" si scusa. "I sacerdoti di Mujon e Felm hanno già accompagnato i rifugiati nei sotterranei del Santuario come hai suggerito Koztan. Li stanno rifocillando con pane e acqua. Però sai meglio di me che non è una soluzione, vero?"
Zer'i Koztan annuisce. E' perfettamente consapevole che così tante persone non possono nascondersi indefinitamente nelle antiche stanze sotterranee del Santuario, un luogo tanto sacro quanto angusto. Tuttavia si rende necessario tenerle al sicuro, lontane dalla feroce pulizia etnica messa in atto da Rakoud. Serve un luogo non solo sacro, ma anche lontano ed inarrivabile.
"A cosa stai pensando?" chiede Ashanti.
"Ai monaci dervisci del Santo Drago" risponde pensieroso Koztan.
Notando le occhiate interrogative degli avventurieri il sacerdote continua: "I monaci di quest'ordine consacrato a Mujon vivono isolati sulle inaccessibili vette delle montagne aride. Il loro monastero è tutt'altro che semplice da raggiungere, il percorso è impervio e non scevro da pericoli, ma è l'unico posto dove questa gente sarà al sicuro fino a quando le cose non saranno tornate alla normalità, se mai ci torneranno."
"Alcune di quelle persone potrebbero non farcela" sottolinea Rune.
"Lo so, purtroppo. Tuttavia non vedo altre possibilità nell'immediato, è comunque la soluzione meno rischiosa. Tutta quella gente non può certo affrontare il deserto, e poi, per andar dove? Le valli degli Ashfar sono lontane, e non so cosa stia accadendo a Ouarzazade..."
Lo sguardo di tutti si posa su Ashanti, ancora una volta gravata dell'onere di decidere cosa fare. Alla fine il Maestro concorda con Koztan.
"Partiremo il prima possibile. Resteremo quanto basta perché i profughi recuperino le forze. Ora andiamo da loro, nei sotterranei. Voglio capire di persona qual è la situazione."
"Certo Maestro andiamo." Koztan fa strada indicando con un cenno della mano anche agli avventurieri di seguirlo. Nel tragitto tra il monastero ed il Santuario il sacerdote chiede ad Ashanti lumi sugli ultimi avvenimenti di cui ha avuto notizia, ed in particolare della sequela di omicidi tra gli affiliati alla Confraternita Arcana - prima Nezabal, poi Rabiaa, infine Ekelorn. Koztan rimane non poco sorpreso quando, dopo aver appreso la verità sulla figura del mago elfo, scopre di avere davanti anche coloro che han fatto giustizia per l'assassinio di Rabiaa.
Il problema è che il precipitare degli eventi non ha permesso loro di raccogliere ulteriori indizi per arrivare ad incastrare tutti i pezzi del mosaico, pertanto si trovano ora ad un vicolo cieco.
"Beh, non proprio cieco..." la interrompe Juan.
Ashanti lo guarda perplessa: "Cosa vuoi dire?"
"Che ho ripulito il cadavere di Ekelorn all'Arena... aveva con sé qualche gioiellino e tra le sue cose potrebbe esserci qualcosa di utile"
Ashanti digrigna i denti faticando a trattenere la rabbia che sente montargli dentro. Juan, in una situazione simile, ha tenuto nascosto questo fatto per *giorni* sia a lei che ai compagni.
"Che diavolo aspettavi a dircelo!" sbraita sollevando un pugno minacciosa. "Hai atteso di esser certo di non poter rivendere i preziosi a qualche ricettatore dei tuoi?! Solo ora salta fuori! Certo! Perché ormai la situazione è quella che è e qui ci sono solo preti e rifugiati!"
"Tsk..." minimizza Juan senza scomporsi nonostante gli sguardi altrettanto allibiti dei compagni. "Non scaldarti tanto... è andata così, non ho avuto modo di parlarne prima, con tutti questo correre di qua e di là. Semmai, prete, io non riesco a capire se questa roba è magica e serve a qualcosa, o se è solo vile oro..."
"Vile oro, ma sentitelo!" Ashanti allarga le braccia, su tutte le furie.
"Ascoltami bene, ti ho già spiegato come è andata" ribatte seccato Juan. Rispondendo ad Ashanti rivolge però le sue parole a tutti i compagni per prevenire qualunque critica al suo comportamento. "Io non ho obblighi verso di te o questa gente, quindi ringrazia che questa roba non sia già finita sul mercato nero di Zurrieq..."
"Di cosa si tratta?" chiede Koztan, che sebbene non approvi l'atteggiamento del coloviano cerca di smorzare i toni.
"Un diadema, un paio di anelli, un ciondolo e una cintura di seta."
"Posso identificarne le proprietà magiche, ma mi servirà qualche ora"
"Che cosa sta succedendo?" chiede Gimble che sopraggiunge seguito dal drappello di mercenari. "Loro stanno dalla nostra parte ora" afferma indicandoli.
"Non si può dire lo stesso di Juan. Aveva la roba di Ekelorn e non ne ha mai fatto menzione finora" commenta tagliente Ashanti.
Il mezzo sorrisetto sul volto di Gimble scompare completamente. Solo allora Juan perde tutta la sua spavalderia, capendo di averla combinata grossa.
"Andate avanti" dice lo gnomo sottintendendo che il coloviano sia l'unico a fermarsi. Koztan raccoglie da Juan la sacca con gli oggetti, poi si allontana a sua volta.
I due restano in silenzio a lungo. Juan abbassa di continuo lo sguardo, muove nervoso le dita. Gimble lo osserva serio come non mai. Lo gnomo parla solo dopo alcuni minuti che sembrano giorni.
"Quella roba poteva essere utile per trovare mia sorella. Spero lo sia ancora. Spero inoltre che una cosa simile non si ripeta mai più."
Gimble gira i tacchi per riunirsi al gruppo. Fa qualche metro e si ferma: "Mai più Juan. Ricordalo. Mai più" ribadisce senza voltarsi.

martedì 23 settembre 2014

430 - L'ESODO

"Non c'è più tempo, partiremo questa stessa notte" afferma Ashanti con decisione.
"Cosa sanno Sahla o Balthazar Sannat della rete sotterranea che da qui porta fuori città?" chiede dubbioso Gimble.
"Fortunatamente niente. A quanto pare l'Ordine del Drago nasconde alcuni segreti anche alla Chiesa stessa. Io stesso non sapevo nulla di questo passaggio fino ad alcuni giorni fa" replica Zer'i Aldaren senza risparmiare una benevola frecciata all'indirizzo di Ashanti.
Il Maestro sorride beffardo, intuendo quanto in realtà il sacerdote Ashfar le sia riconoscente.
"Chiudete le porte! Radunate i rifugiati!" ordina quindi a gran voce. "Non perdiamo altro tempo Zer'i, dobbiamo prepararci."
"No Ashanti, non verrò con voi."
"Che cosa stai dicendo Zer'i?"
"Il mio posto è qui, con i miei sacerdoti. Difenderemo il tempio. Faremo credere di essere barricati all'interno con i rifugiati. Prenderemo tempo. Siete in molti, con donne e bambini, non vi muoverete rapidamente. Ogni minuto guadagnato sarà vitale per farvi giungere sani e salvi al Passo di Sarir!"
"Zer'i..."
Aldaren appoggia una mano sulla spalla di Ashanti. Lei stringe le labbra. Passano parecchi istanti prima che ritrovi le parole.
"Porterò con me solo cinque Cavalieri del Drago, i più esperti. Gli altri combatteranno al tuo fianco alla difesa del tempio."
Aldaren annuisce in silenzio.
"Che il Drago sia con te Zer'i..."
"...fino all'Estremo Sacrificio."

La traversata dei sotterranei è carica di tensione. Budelli bui e puzzolenti, infestati di insetti, invasi dall'acre odore delle torce. Le madri cercano di tenere calmi i bambini per far sì che l'incedere sia il più silenzioso possibile, i padri li tengono stretti per mano per evitare che s'infilino in qualche passaggio secondario perdendosi per sempre nel dedalo di cunicoli.
Quando finalmente gli avventurieri riemergono attraverso la porta nascosta al termine del percorso, l'aria frizzante e fredda della notte li accoglie portando con sé una sensazione di sollievo, sebbene la parte più difficile della fuga inizi proprio ora, allo scoperto.
Lasciata alle spalle la città, il serpentone di profughi si inerpica lungo la strada che porta al Passo. I passi lenti e strisciati, i sandali tra la polvere e le rocce, qualche piccolo che piange per la stanchezza.
Rune fa da avanguardia, fortunatamente la via sembra libera. Gli sciacalli sono troppo impegnati a depredare Bakaresh per occuparsi della strada che porta al deserto.

venerdì 12 settembre 2014

429 - L'ULTIMATUM

Presi sotto la loro protezione padre e figlia, gli avventurieri decidono di dirigersi verso il tempio di Xurah, dove potranno trovar riparo per i rifugiati.
Le strade di Bakaresh sono costellate di cadaveri abbandonati, e quando non si odono dalla distanza gli strepiti delle violenze, il ronzio delle mosche è onnipresente. La paura impedisce la pietà della sepoltura per quei poveri corpi. Straziati, impiccati, torturati, impalati. Ognuna di quelle morti è la sintesi della follia che ha preso il sopravvento, la vittoria del Peccato che strisciante ha corrotto le menti e conquistato la città. Difficile pensare che tutto ciò possa essere solo opera degli uomini. Come non essere portati a credere che i Demoni abbiano architettato tutto ciò? Che ci sia il loro zampino dietro le ritorsioni tra genti che fino a pochi giorni prima vivevano in pace?
L'arrivo al tempio, una costruzione circolare sovrastata da una cupola turchese, spezza queste riflessioni. Il luogo di culto dedicato a Mujon è difeso da svariati Cavalieri del Drago e da alcuni disertori della guardia cittadina. All'interno trovano rifugio ammassate un gran numero di persone, visibili attraverso le porte semiaperte, ed altre ne continuano ad arrivare di quando in quando.
I nostri eroi vengono scortati al cospetto di Zer'i Aldaren degli Ashfar. L'alto sacerdote di Mujon mostra inequivocabili i solchi della stanchezza sul suo volto, ma nei suoi occhi si leggono una determinazione ed una fede incrollabili.
"Sono felice che siate qua. Non ci conosciamo ancora ma Ashanti mi ha molto parlato di voi, e se godete della sua fiducia godrete anche della mia" esordisce l'alto sacerdote scorrendo le facce dei suoi interlocutori. Il suo sguardo si ferma su Rune.
"Zer'i, noi ci conosciamo già. La tua parola mi è stata di grande consiglio in un momento di smarrimento"
"Mi ricordo di te, giungesti al Tempio di notte. Sono felice che l'esempio del Santo Drago ti abbia guidato. Cercavi motivazione come ora ne cerco io. E me ne hai appena restituita..."
La conversazione è bruscamente interrotta dalle grida di allarme delle sentinelle. Maestro Ashanti raggiunge l'entrata del tempio affiancandosi ad Aldaren. La situazione impone solo un rapido cenno di saluto agli avventurieri.
Dopo pochi istanti un drappello di guardie a cavallo fa capolino. Reggono gli stendardi neri e d'oro di Bakaresh, e tra loro cavalca il Capitano Sahla, affiancato da un vecchio dal volto allungato e dalla barba bianca che veste i paramenti della Chiesa di Mujon.
"Zer'i Balthazar Sannat, il primo sacerdote di Mujon..." mormora Aldaren.
Il gruppetto si ferma a debita distanza, ma sufficiente a far sì che la voce del Capitano sia ben udibile a tutti.
"In nome di Sua Eccellenza il Granduca di Kal-Mahda Rakoud ibn Mouktadir Naxxar, attraverso la mia persona vi è fatto ordine di cessare di dar rifugio al popolo traditore degli Ashfar e di consegnare coloro che già avete in custodia. Sarà la giustizia del Granducato a decidere chi di essi è un criminale o una vittima, come lo siamo stati tutti noi, della congiura ordita nella notte di Capodanno."
Ashanti muove decisa alcuni passi in avanti facendo risuonare i calzari metallici dell'armatura, con un pugno sollevato in alto a rafforzare la sua sfida. Incredula per quanto udito, la sua risposta è schietta e spontanea: "Sahla, accidenti! Hai imparato la lezioncina  a memoria!? Che cosa vai blaterando? Per quanto ti consideri uno stupido egocentrista so che sai distinguere il bene dal male! Ti rendi conto che ciò che chiedi è una condanna a morte? Ti sei accorto di ciò che accade in città? Come puoi tollerarlo? Dannazione, sei il Capitano della Guardia! E' tuo compito limitare gli eccessi del Granduca! Perché, spiegami! Perché siamo arrivati a questo?!?"
Sahla tace, sfuggendo allo sguardo di Ashanti, mantenendo un'espressione dura e risoluta. Il vecchio sacerdote al suo fianco, forse involontariamente, subentra nella discussione salvandolo dall'imbarazzante incapacità di giustificare le sue azioni.
"Zer'i Aldaren! Ascolta le parole del Capitano! La nostra Fede è sempre stata al fianco dei Naxxar. Questa tua opposizione non fa il bene della nostra Chiesa. Il tuo, il vostro perseverare nella difesa di criminali che si sono macchiati di un grave tradimento, rischiano di spazzare via il culto di Mujon! Non possiamo permettere che il nostro credo diventi nemico della sovranità di Kal Mahda!"
"Le tue parole sono il vero tradimento Zer'i Balthazar!" ribatte senza indugio Aldaren. "Dietro di esse si nasconde la codardia, la tua paura di perdere ciò che hai, di rinunciare a ciò che potrai diventare! Hai paura che ci spazzino via... e allora? Non è forse il Martirio il nostro Credo? La tua visione è tanto offuscata dalla paura o dall'opportunismo da averlo dimenticato, Zer'i? Il Drago Santo non ci insegna il compromesso, non ci chiede di preservarci! Il nostro messaggio si porta con le azioni, non  con gli accordi al ribasso! Sai meglio di me che molte di queste persone sono innocenti, che la loro - e mia - unica colpa è di avere sangue elfico nelle vene. Non posso accettare di lasciare che il loro sangue venga versato per salvare il nostro!"
"Tu non vedi oltre la punta del tuo naso, Zer'i Aldaren" gracchia il primo sacerdote. "La tua ostinazione condurrà alla rovina te e coloro che difendi!"
"Ora basta!" ringhia Sahla. "Non siamo qui a discutere. Avete un giorno di tempo per eseguire l'ordine del Granduca. Non c'è altro da dire. Andiamocene."
Il Capitano gira il cavallo imitato dalla sua scorta. Solo Balthazar Sannat rimane indietro per un attimo, come se dovesse aggiungere qualcosa, ma poi gira il suo destriero e segue le guardie.

lunedì 1 settembre 2014

428 - VIOLENZA CHIAMA VIOLENZA

Il tempo sembra non passare mai in quella spoglia casa nella parte bassa di Bakaresh. Gli avventurieri ruotano nervosamente nelle loro posizioni - prima l'uno seduto su una sedia, poi per terra, poi appoggiato alla parete, e così via - sempre perlopiù nel silenzio di chi ha ormai esaurito ogni argomento di conversazione, coi pensieri monopolizzati dalle preoccupazioni.
Per tutto il pomeriggio gli unici rumori vengono da fuori, echi distanti dei soprusi che non smettono di piagare la città. Ognuno di essi è per Rune insopportabile, e più volte Gimble deve far leva l'autocontrollo del monaco per evitare che si getti fuori dalla porta.
Tuttavia nelle ore tarde del pomeriggio delle urla disperate non troppo distanti sono la goccia che fa traboccare il vaso. Rune, ignorando le raccomandazioni di Ashanti e i consigli di Gimble si precipita di fuori.
Hearst non si fa pregare, e impugnato lo spadone segue il monaco fuori dalla porta: "Tanto ci saremmo dovuti muovere tra poco, sono stufo di aspettare..."
Gimble ed Isabel si scambiano un rapido sguardo d'intesa.
"Sopportare questa situazione è stato doloroso per tutti. Ora basta" afferma la chierica.
Lo gnomo accenna un mezzo sorriso mentre annuisce. Poi rivolge il suo sguardo su Juan, placidamente appoggiato alla parete.
"Andate avanti" dice il coloviano invitandoli ad uscire con un gesto della mano. "Vi seguirò a modo mio, senza farmi vedere."

"Vieni qui!" sbraita il capobanda sollevando per i capelli la poveretta che aveva appena trascinato in mezzo alla strada. La giovane, una ragazza di chiare origini Ashfar, piange e si dimena ma a poco serve di fronte alla brutalità del suo aguzzino.
Il capobanda la scaraventa senza troppi complimenti su una bancarella intimandole di star ferma. Da un'abitazione alle sue spalle escono ridendo alcuni scagnozzi, poi un uomo - il padre della ragazza - che cerca di raggiungere la figlia, ma viene prontamente bloccato con la minaccia di un coltello.
"Su ragazzi! Piantatela di ridere e tenetemi ferma questa cagna! Lo sapete che abbiamo un compito importante!"
Due di quegli individui affiancano il capo e bloccano la fanciulla, mentre questi si slaccia le braghe.
"Ah ah ah! Hai ragione capo! Regalale un po' di seme umano, così che con gli anni venga cancellata quella sozzura di sangue elfico che ha nelle vene!"
Alla prima seguono una serie di volgari esortazioni, condite da risate sguaiate: "Falle vedere! Ah ah ah!" "Aprila in due! Ah ah ah!" ed altre ben peggiori.
"Lasciatela in pace!" urla il padre.
"Fai silenzio!" lo minaccia uno degli altri due che lo bloccano. "Non vorrai che succeda qualcosa di brutto a tua figlia, vero? Ora stai buono e goditi lo spettacolo."
"Ehi capo! C'è un tizio che in fondo alla via che ci guarda..." nota uno dei bruti che tengono la ragazza.
"Uh!?... e che cazzo vuol... uuumpfh!"
Come un fulmine Rune scatta e centra con un diretto la bocca del capo facendo volare sangue e denti dappertutto, gettandolo a terra stordito.
I balordi colti di sorpresa reagiscono disordinatamente e d'istinto. Mentre Rune rifila una gomitata e un colpo alla tempia ad un altro degli avversari, quello che minacciava il padre della ragazza non sapendo che fare affonda due coltellate nell'addome del pover'uomo che si accascia sanguinante.
A stretto giro sopraggiungono i compagni. Bastano pochi secondi e mentre i due che tenevano la giovane giacciono a terra con le ossa rotte dalle raffiche di colpi del monaco, gli altri due sgherri si ritrovano uno sgozzato alle spalle da Juan e l'altro con la testa fracassata da Isabel.
La chierica si china sul padre della ragazza per portargli cure magiche, fortunatamente è ancora cosciente e ce la farà.
Il capo si scuote dolorante, l'ombra di Hearst incombe su di lui. Prova ad alzarsi, ma i pantaloni calati - oltre a metterlo in una condizione imbarazzante - sono d'impaccio, tanto che gli riesce solo di strisciare all'indietro.
"Ehi amico, aspetta! Ce n'è anche per te se vuoi!" balbetta maldestramente indicando la ragazza paralizzata dalla paura.
Hearst si blocca e la fissa. E' giovane e carina, dalle forme esili. Lo sguardo del guerriero si sofferma su di lei per dei lunghi attimi, mentre sul volto del capo compare il ghigno malefico di chi l'ha scampata ancora una volta.
Poi senza preavviso Hearst conficca lo spadone nel basso ventre del farabutto, inchiodandolo alla strada polverosa. L'uomo grugnisce incredulo per il dolore, agita le mani verso la lama tenuta saldamente dal guerriero, ma ogni suo movimento non fa altro che amplificare la sofferenza.
"Volevi aprirla in due, vero? Non nel modo giusto. Ora ti faccio vedere come si fa."
Hearst recupera da terra il coltellaccio di uno degli scagnozzi, poi blocca con le ginocchia le braccia del capo e gli pianta la lama appena sopra lo sterno. L'uomo grida gorgogliando sangue, ed Hearst, afferrate le costole con una mano, fa leva con il coltello e tutta la sua forza per aprirgli in due la cassa toracica.
Nonostante l'efferatezza del gesto del guerriero nessuno si premura di fermarlo. A volte certi individui si meritano la fine atroce che si sono cercati.

martedì 5 agosto 2014

427 - IL PESO DELLE ATROCITA'

I cadaveri semicarbonizzati di tre mezzelfi pendono impiccati alla Porta dei Draghi di Dyarx. Gli avventurieri non possono far altro che dedicare loro una fugace occhiata di compassione, prima che una figura ammantata in grigio li affianchi. Ashanti abbassa il cappuccio per un attimo mostrando il viso, poi senza altri preamboli fa cenno di seguirla.
Li conduce ad una piccola ed anonima abitazione d'appoggio nella città bassa, non distante dal mare, due piccole stanze arredate in modo spartano. Serrata la porta, Ashanti sospira prima di sedersi su una della poche sedie presenti. Profonde occhiaie le solcano il viso, cadente sotto il peso di un'enorme stanchezza.
C'è molto da dire. Ashanti ascolta nel dettaglio ciò che gli avventurieri hanno scoperto nel Piano dell'Aria, del loro ritorno e dell'uccisione di Ekelorn. C'era lui dietro Nezabal, lui ed un mezzelfo senza un braccio che sospettano essere una loro vecchia conoscenza.
"Rabiaa è stata vendicata" sentenzia alla fine Hearst.
Dopo un lungo silenzio Ashenti solleva lo sguardo verso il guerriero, appoggiato alla parete a braccia conserte: "Anche se è stata vendicata, nessuno la riporterà indietro. Era la sola amica su cui sapevo di poter contare veramente..."
Gli occhi lucidi e la voce rotta tradiscono la fatica con cui anche il freddo e risoluto Maestro dell'Ordine del Drago trattiene le lacrime. Non solo per Rabiaa.
"Mai avrei creduto di assistere a tutto questo... a questa barbarie senza fine. L'odio si è impadronito della città. Stanno massacrando tutti gli Ashfar, tutti..."
Ashanti si prende la faccia tra le mani. Sembra non sostenere il ricordo delle atrocità a cui ha assistito.
"Perché Rakoud non li ferma?" chiede Gimble.
"Non ne ha interesse, non ora. E' acclamato per come la sta facendo pagare agli assassini del vecchio Granduca. Sta consolidando il consenso tra le altre etnie sacrificandone una. E' un astuto quanto sanguinario stratega e cavalca appieno la sua occasione per prendere il potere" risponde Ashanti.
"Avrei dovuto ammazzarlo quand'era il momento" le rinfaccia schietto Juan.
"Juan!" Isabel esclama il nome del coloviano in tono di rimprovero.
Per Ashanti ora come ora essere messa davanti ai suoi, seppur ipotetici, errori è come ricevere una stilettata: "Forse... forse avevi ragione..." balbetta abbassando lo sguardo.
"Non potevi... non potevamo immaginare che sarebbe finita così!" interviene razionale Isabel, parlando a lei per ribattere a Juan. "In quel momento era la scelta più logica, nulla ci assicura che non si sarebbe scatenato un caos anche peggiore con la sua morte."
"Peggiore di questo?" rincara il coloviano.
"Ora basta Juan!" taglia corto Rune. "Tutti stiamo affrontando scelte difficili. Col senno di poi è facile giudicare. Non hai forse affrontato anche tu i tuoi fantasmi alla Fonte della Memoria?"
Juan tace, limitandosi ad un'espressione a metà tra un sorriso e una smorfia. Poi solleva le mani, a sottintendere che lascerà cadere la questione.
Superato il velenoso scambio, Gimble torna sulle faccende più urgenti: "Cosa si fa ora? Non credo tu ci abbia convocati solo per avere la nostra versione dei fatti"
Ashanti annuisce: "Esattamente. Presto avrò bisogno del vostro aiuto."
Il Maestro spiega che assieme ad Zer'i Aldaren degli Ashfar, in cui ha subito trovato un forte alleato, sta dando rifugio ai perseguitati nel Tempio di Xurah, una vecchia chiesa ai margini della città bassa. Tutto ciò a prescindere dal volere di Rakoud, della guardia o delle alte sfere del clero.
"Stiamo raccogliendo quante più persone nel minor tempo possibile, entro domani. Sotto il vecchio tempio esiste una rete di cunicoli che porta fuori città. Li faremo fuggire da lì per scortarli fino al passo di Sarir, dove riceveremo assistenza di Zer'i Koztan. Vi chiedo di aiutarmi in questo, di venire con noi, dobbiamo salvare quella gente."
Juan fa per dire qualcosa, ma Gimble lo precede: "Va bene. Bakaresh non è sicura nemmeno per noi, vale la pena sparire per un po'. Inoltre abbiamo bisogno di riorganizzarci e pensare alle prossime mosse. Verremo con voi, dicci cosa dobbiamo fare."
Ashanti sembra molto sollevata dalle parole dello gnomo: "Aspettate qui il crepuscolo. Non uscite, è pericoloso, non prendetevi rischi. Muovetevi col calar della sera, darete meno nell'occhio, e raggiungete il Tempio di Xurah. Ci vedremo là."

giovedì 31 luglio 2014

426 - ALBA DI SANGUE

La tenue luce dell'alba filtra dagli scuri rischiarando il volto teso e cinereo di Declan, che seduto su uno sgabello fissa il vuoto. Gli avventurieri si guardano tra loro, rendendosi conto solo allora di essersi addormentati tutti.
Rune sbircia fuori dalle imposte. Una bruma grigia e spettrale avvolge Bakaresh assieme ad un insolito silenzio. L'aria puzza di bruciato. Le strade deserte sono percorse solo da drappelli di guardie e sciacalli.
"Avete ucciso Ekelorn. Un omicidio efferato" sussurra Declan muovendo a malapena le labbra. La sua voce stanca riesce tuttavia ad attirare piena attenzione. "Un mio servitore me l'ha riferito, era all'Arena."
"Possiamo spiegarti..." attacca Gimble, ma un cenno di mano del mercante lo ferma.
"Non serve, ho deciso da molto di fidarmi delle vostre motivazioni qualunque esse siano, in virtù di ciò che avete fatto per mio figlio. Ma allo stesso tempo, in coscienza, ho la sensazione che la morte cammini al vostro fianco..."
"Ci cercano?" chiede lo gnomo.
"Sì. Se vi trovassero ora, vi getterebbero senza indugio dall'Arco degli Appesi."
"Ti stiamo mettendo in pericolo quindi..." aggiunge Rune.
"Sì ma..."
"Non possiamo rimanere! Dobbiamo trovare Ashanti, non possiamo restare qui con le mani in mano!"
Declan afferra saldamente l'avambraccio del monaco scuotendo la testa.
"Non c'è nulla che possiate fare ora, se non attendere. Qualunque mossa potrebbe rivelarsi avventata. Se rimarrete nascosti qui sarete al sicuro, ma se vi farete vedere non potrò più accordarvi la mia protezione. Farò in modo che Ashanti sappia che siete qua, sarà lei a farsi viva."
Tutti, uno ad uno, gli avventurieri annuiscono. Declan ha ragione. Alla fine anche Rune deve accettarlo. Per una volta, di comune accordo, aspetteranno.

Nei giorni seguenti la Congiura le informazioni riportate dai servitori raccontano di una vera e propria caccia all'Ashfar, ferocemente supportata dalla guardia cittadina agli ordini di Rakoud. Ogni traccia di sangue elfico nelle vene diviene il marchio del tradimento, e in un baleno vengono cancellate generazioni di integrazione tra le etnie della città. E' l'occasione per regolamenti di conti e vecchi rancori tra la gente di Bakaresh, sono i giorni del sospetto, in cui ogni pretesto diventa motivo per farsi giustizia, per trovare vendetta, per usare prepotenza.
Oltre a ciò, imperversano in città bande di sciacalli e mercenari che poco hanno a che fare con le etnie, ma trovano facili occasioni per arricchirsi a spese dei più deboli ed indifesi.
Dopo i primi giorni di stallo, la Chiesa di Mujon attraverso i suoi più alti rappresentanti è incapace di prendere una posizione, faticando a restare unita. Alla dura protesta di Maestro Ashanti e Zer'i Aldaren, si oppongono l'indifferenza di Zer'i Balthazar Sannat - preoccupato di preservare l'istituzione ecclesiastica - e l'aperto sostegno alla mattanza di Zer'i Luqa Tarxien, cugino dell'ex Granduca, più per arrivismo si dice che per vendicare per il trapassato parente.
Il precipitare degli eventi rende ancor più snervante l'attesa per gli avventurieri. Solo Bovak si prende il rischio di uscire per riportare in città Batuffolo. Fortunatamente, con la pantera trasformata in un grande gattone nero grazie ai poteri druidici, il nano non incontra problemi nel suo intento.
Finalmente, all'alba del quinto giorno, un servitore recapita un messaggio proveniente da Maestro Ashanti. Li incontrerà in incognito il giorno stesso, a mezzodì, all'Arco di Dyarx.

giovedì 24 luglio 2014

425 - NOTTE DI TERRORE

Juan scivola controcorrente tra la gente per raggiungere il cadavere di Ekelorn. Il corpo del mago giace isolato sulle gradinate settentrionali ormai abbandonate dagli spettatori in fuga.
Nessuno bada a lui, come nessuno bada a Hearst, che vede con la coda dell'occhio rialzarsi dalla sabbia e raggiungere il muro di cinta, per sgattaiolare indisturbato verso l'uscita meridionale.
Tutte le attenzioni sono concentrate sulla viverna, siano esse per combatterla o per sfuggirle.
Risale gli spalti, raggiunge il cadavere. Un fugace sguardo alla freccia e al volto del mago paralizzato in una smorfia a metà tra il dolore e l'incredulità. Nessuna empatia per lui, se la meritava tutta una morte così.
Le mani del coloviano frugano rapide tra le ampie vesti, poi sfilano gli anelli, il ciondolo che aveva al collo, il diadema e anche la stola di stoffa che gli cinge la vita. I maghi spesso incantano dettagli del loro abbigliamento con magie di protezione. Ci sarà tempo per capire cosa è utile e cosa no.
Nient'altro. Juan cerca ancora, a costo di rischiare. Non può farsi sfuggire possibili indizi che permettano di sbrogliare l'intrigo attorno a Ekelorn, a Nezabal, a Rakoud, a Zaran. Eppure niente.
Il barrito acuto della viverna richiama la sua attenzione riportandolo alla realtà del momento. La bestia è stata ferita con dei lunghi ronconi sotto le ali e viene costretta a terra dagli uncini delle armi in asta. Il mostro colpisce frenetico con morso e coda, uccidendo gli armigeri che lo trattengono, ma altri prendono il loro posto inchiodandolo al terreno, mentre altri ancora con le spade trafiggono la sua pelle spessa.
A Juan è immediatamente chiaro che è solo questione di tempo. Per quante vittime possa fare ancora la viverna, presto soccomberà. Ma lui allora sarà già sparito.

La città è nel panico. Le voci sugli omicidi di questa notte sono il seme del caos. La morte scesa sull'Arena. La festa che si tramuta in terrore. Le case bruciano, l'incertezza per ciò che sarà, la certezza su chi sono i colpevoli, scatena antichi rancori e regolamenti di conti e vendette, specie a danno dei semiumani.
I fuochi colorati nel cielo vengono rimpiazzati dalle volute di fumo denso, le espressioni di giubilo sostituite dalle urla strazianti delle violenze e dei soprusi.
Il contrasto con ciò che Bakaresh era solo qualche ora prima è surreale.
Gli avventurieri si affrettano da Declan. Tutti pur senza essersi accordati si ritrovano lì. Qualunque cosa accada la mia porta sarà sempre aperta per voi, aveva detto.
Si barricano in casa con il mercante, stremati. Hanno bisogno di riposare, almeno a turno, da quanto tempo non dormono?
Declan è incredulo, l'angoscia traspare sul suo viso. Vorrebbe poter fare qualcosa, ma non c'è nulla da fare, se non aspettare che tutto passi. E' notte fonda e sarà una notte di paura, finché le tenebre non lasceranno il posto ad un'alba di sangue.

venerdì 18 luglio 2014

424 - UNA STRAGE DI INNOCENTI

Ekelorn si accascia sulla gradinata, con la bocca aperta e lo sguardo sbarrato. Con le mani cerca di afferrare la freccia in un ultimo disperato gesto mentre questa affonda lenta nel suo petto, ma il dolore gli irrigidisce le dita, e le sue gambe sono percorse da improvvisi spasmi. Infine la morte lo abbraccia.
L'assassinio semina altro terrore. Le guardie finora concentrate su Hearst realizzano l'accaduto. Non uno, ma più attentatori, ormai riusciti nel loro intento. Sono istanti di smarrimento, alcune continuano a tirare su Hearst, altre rivolgono la loro attenzione sul resto del gruppo.
Tuttavia, un violento rumore metallico catalizza l'attenzione di chiunque si trovi nell'Arena, seguito da un barrito acuto. I cancelli del sotterraneo schiantano improvvisamente, e da essi una specie di drago imbizzarrito fa il suo ingresso sulla sabbia. Il gigantesco rettile agita con violenza il collo, imprigionato in un collare metallico da cui pendono lunghe catene. Il movimento sbatacchia a destra e a manca i poveri soldati del tutto inadeguati a trattenerlo, che aggrappati alle catene vengono prima trascinati, poi proiettati a terra. La coda del mostro s'innalza quindi come quella di uno scorpione rivelando un pungiglione acuminato, che con rapidi affondi colpisce i malcapitati a terra.
"Una viverna!" esclama allarmato Gimble osservando i corpi agonizzanti al centro dell'arena. "Il veleno della sua coda è leggendario! E' probabile che il mago esercitasse qualche sorta di controllo su quel mostro, e con la sua morte esso si è spezzato permettendogli di liberarsi!"
La terribile creatura emette un rumoroso stridio, impazzita e furente. Hearst decide di non tentare nemmeno di rialzarsi e fingersi morto. Le guardie avranno ben altro da fare che tirare su di lui.
La viverna con un balzo ed un colpo d'ali si solleva e cala sugli spalti, schiacciando gli spettatori, trafiggendoli con il suo pungiglione, straziando chiunque le capiti a tiro con il suo morso. La sete di sangue è la moneta con cui ricambia la sua prigionia. Il panico tra la gente è ormai incontenibile, ma le vie di fuga scorrono lente, la gente si accalca, viene calpestata. Urla, polvere, sangue.
"Dobbiamo fare qualcosa, quella bestia farà una strage!"  dice Rune.
"No, non questa volta" ribatte Gimble. "Quel mostro è il nostro diversivo, la nostra possibilità di andarcene! Finito con lei le guardie vorranno noi. Mi dispiace per questa gente, ma non saranno gli unici a morire questa notte. Ho la sensazione che questa città stia per lavare nel sangue i conti aperti del suo passato."
Alcuni coraggiosi soldati della guardia cittadina si precipitano verso la viverna, mentre molti altri disertano pensando alla propria pellaccia. Le armi dei più valorosi trapassano le spesse squame della bestia, ma ogni ferita porta con sé un pesante tributo di sangue.
"Non possiamo abbandonarli..." insiste Rune.
"Non questa volta" ripete risoluto Gimble. "Se li aiutassimo alla fine ci troveremmo costretti ad uccidere quei soldati. Non possiamo salvare tutti, Rune... non possiamo."
Isabel annuisce combattuta. Anche Bovak è d'accordo non c'è altro da fare.
"Ma Hearst, là in mezzo? E Juan, dov'é?"
"Sa la caveranno"
Rune abbassa lo sguardo e sospira un sì che gli costa molto.
Gli avventurieri voltano le spalle allo scempio di innocenti e si affrettano verso le uscite.