mercoledì 24 giugno 2015

462 - LE TESSERE DEL MOSAICO

"Zaran! Zaran!" chiama l'uomo a metà. La voce roca e profonda evidenzia una fatica immane in ogni parola.
Ma Zaranzargûl è già lì, si affaccia da uno degli speroni superiori gettando il suo sguardo di sotto. Non vi è sorpresa sul suo viso nel vedere gli avventurieri, né preoccupazione.
"Zaran... chi sono costoro...?"
"Intrusi. Che ho già sottovalutato troppe volte."
"Intrusi... aaaahh... sono ancora molto stanco..." dice la figura immersa nella carne protendendo lentamente le braccia. "Eliminali."
Zaran annuisce, limitandosi a sogghignare.
"Dite le vostre preghiere al vostro Dio morto, o inchinatevi al nuovo che verrà, il Principe Valus!"
La pronuncia di quel nome è disorientante in quanto ben noto a tutti per le cronache ad esso legate. Valus, nientemeno che il secondogenito dell'Imperatore Auro IV di Mallorea, dato per morto in seguito ad un rovinoso assalto di bucanieri nelle Isole Coloviane. La rivelazione suscita ancor più interrogativi che risposte.
"Che razza di blasfemia è questa, negromante!" ribatte Isabel ripresasi dallo stordimento. "Quale orrore stai progettando in quest'abisso? Cos'è quella mostruosità di carne che alimenti col sangue degli innocenti? Valus la chiami, come il figlio dell'imperatore prematuramente perito?"
"Scomparso, direi, non perito. Con un grande ideale ed un grande progetto, pronto ad un sacrificio tale che nemmeno potete immaginare per ridare dignità ad una razza, la nostra, ormai decadente sotto l'ottuso dominio della fede."
"Cosa vai blaterando..."
"Ciò che è vero!" gli occhi di Zaran s'incendiano di fervore. "Il Principe Valus ha avuto il coraggio e l'ardore di guidarci in ciò che perseguiamo, sacrificando tutto il suo essere per un fine superiore. E' tempo che all'uomo venga ridato ciò che fu indebitamente tolto dalla cecità di un Dio assente e dalla gelosia dei suoi primi figli. Il potere primigenio che Mog ci aveva donato. Cos'altro potrà mai cambiare la natura dell'uomo?"
Le ultime parole di Zaran provocano nei nostri eroi un senso di vertigine, facendo riecheggiare nelle loro menti una domanda più volte rimasta senza risposta. Una domanda che li ha seguiti fin dai primi giorni assieme, quando raggiunsero l'isola della strega dei mari Silla in cerca di Bleena, riproponendosi più volte in seguito. Preveggenza? Predestinazione? All'improvviso tutto sembra essere parte di un disegno prestabilito, la trama di un fato tessuto da altri.
"Amore? Amicizia? Stima?" continua il negromante. "No, nulla di tutto ciò. Dall’inizio dei tempi solo il Peccato è stato in grado dei più gradi sconvolgimenti!"
"Tu bestemmi!" accusa Isabel.
"No, siete voi ciechi davanti all'evidenza! Ciò che tutti chiamano Peccato, io lo chiamo potere, libertà! Ciò predicate è il riflesso di ciò che Angeli arroccati sulle loro paure vogliono farvi credere attraverso la Chiesa, la più grande menzogna del Creato!"
La voce di Zaran si addolcisce mentre sposta il suo sguardo su quel fragile busto che emerge dalla carne. "Presto Mog risorgerà in Valus. Sarà l'alba di nuovo mondo in cui l’uomo riavrà la sua dignità e sarà elevato a creatura immortale. La chiesa cadrà a pezzi con le sue falsità. Non ci sarà più paura, non ci sarà più distinzione."
"Dignità? Come puoi parlare di dignità tu che la stai calpestando senza rimorso! Guarda le vite che hai spezzato, soggiogato, sacrificato al tuo folle scopo!" ringhia Rune.
"Non c'è dignità nelle vite corrotte dalla maledizione della mortalità, non c'è colpa nel fare ciò che è dovuto per una grazia superiore. Ne sarà valsa la pena per coloro che vivranno e ricorderanno come giusto il sacrificio necessario."
"Sei completamente pazzo!" commenta incredulo il monaco. "Come pensi di far rivivere un Demone dentro il corpo di un uomo? Non ti rendi nemmeno conto dell'assurdità dei tuoi propositi!"
"Siete talmente indottrinati da non scorgere ciò che è dinanzi ai vostri occhi. Mog sta già rinascendo. Valus vede attraverso i suoi Occhi, e presto respirerà attraverso il suo Respiro che soffia sepolto nelle viscere di questo abisso. Uno ad uno ritroveremo i pezzi dell'Angelo caduto. Saremo tutti dèi. Alla fine Even cadrà: è già una città morta!"
Mentre Zaran proclama il suo delirio, è come se tutti pezzi mancanti del mosaico trovassero il loro posto nella mente dei nostri eroi. Il disegno appare improvvisamente completo nella sua logica perversione. Un disegno che hanno solo intravisto in molte occasioni ma di cui hanno sempre fatto parte fin dall'inizio, forse per predestinazione, forse per casualità.
Dopo il naufragio del principe Valus, in tutto l'impero si diffuse la notizia della sua scomparsa e della conclamata incapacità degli alti sacerdoti imperiali di richiamare la sua anima. Nessuna magia riuscì a trovarne il corpo. Ora è chiaro il motivo: Valus *non morì*, ma si fece credere tale per compiere il suo assurdo piano. Quale follia l'aveva condotto ad orchestrare tutto quanto? Forse la repressione di essere il secondo figlio, solitamente destinato ad incarichi clericali o di cavalierato, che mai avrebbe preso il potere? Perché allora "semplicemente" non attentare alla vita dei propri familiari, episodi di cui le cronache abbondano? Perché ordire ed aspirare a qualcosa di così estremo? Per una reale, lucida, fanatica convinzione come quella di Zaran e dei suoi alleati? Domande destinate a rimanere senza risposta.
E poi quegli Imperiali sull'Isola di Alznar, uccisi a tradimento. Quel mostro cieco, incatenato in un tempio perduto, a cui qualcuno aveva strappato gli occhi - gli Occhi di Mog - imprigionati in quel corpo corrotto da chissà quanti secoli! Valus aveva usato i suoi fedelissimi per impadronirsi degli Occhi, massacrandoli poi per assicurarsi il loro silenzio. E loro erano arrivati tardi, per caso, e intravisto, senza capire.
Poi gli schiavi approvvigionati nei modi più disparati, non ultima la falsa malattia mortale di Puerto, e trafficati con l'appoggio di pirati senza scrupoli.
E le anime rapite dal Malaugrym, usate da Zaran per far rivivere e controllare i mostri di Ekelorn con cui finanziarsi e finanziare la rivolta degli Ashfar grazie ai proventi dell'Arena, oppure usate per alimentare una regina formian con cui tramutare gli schiavi in insetti umanoidi. E ancora l'ascesa del nuovo Granduca per garantirsi un solido dominio su Kal-Mahda.
Gli schiavi trasformati in formiche operaie per scavare l'abisso da cui estrarre il Respiro di Mog, o uccisi per nutrire il corpo di Valus, troppo debole per sopportare da solo l'alito del demone.
Le reliquie, essenze di beatitudine, probabilmente recuperate da Sharuk e usate come catalizzatori dell'energia demoniaca.
Kade, Henox, Nezabal, Ekelorn, Rakoud, Sharuk, Zaran. Tutto converge qui. Tutto iniziato con la banale vendita della povera Bleena a banditi senza scrupoli da parte di quel bastardo di Grolac.
Un piano vasto e complesso, difficile da comprendere in tutte le sue ramificazioni. Una piovra in grado di abbracciare con i suoi tentacoli l'arcipelago delle Isole Coloviane e Kal-Mahda, esteso nel territorio, capace di contare sull'appoggio di numerose organizzazioni criminali - guidate da facili guadagni ma certamente inconsapevoli del fine ultimo - ed ora anche di un Granduca. Il seme di un mondo nuovo.
Con la superbia di far rivivere in Valus un nuovo Mog.
Il mezzobusto del principe inspira rauco e affaticato, pronunciando poi con sforzo un'unica parola.
"Uccidili"

domenica 7 giugno 2015

461 - UNO SGUARDO NEL BUIO

I piedi dei nostri eroi calpestano la carne dello stretto cunicolo che diparte dalla grande sala piena di cadaveri. Simile ad un intestino, il tessuto organico risponde contraendosi al passaggio dei nostri eroi, suscitando una sensazione disgustosa e spiacevole.
"Sembra di percorrere le viscere di un gigante..." commenta Rune.
"Faranno la fine delle altre viscere di gigante che abbiamo incrociato finora" commenta spavaldo Hearst. "Alla fine della battaglia me le sono sempre dovute levare di dosso..."
Il budello si apre di nuovo su una sala in cui la carne e gli sfinteri s'intervallano a grotte ricolme di materiali di scavo, per poi continuare oltre, stretto e curvo nella sua spirale discendente.
Il boato delle profondità ruggisce nuovamente, terribile, e la carne si agita gioiosa in risonanza con la sua cupa nota.
Infine, quando il silenzio torna a regnare, la caverna si esaurisce improvvisamente sulla fossa, aprendosi su di essa con un ampio pianerottolo di roccia. La voragine si estende per centinaia di metri sopra di essi, con i suoi schiavi e gli umber hulk, soverchiante, e s'incunea profonda e nera sotto di loro, in un pozzo d'oscurità da cui solo il baritonale respiro sembra sfuggire.
Ed in questo punto di congiunzione tra l'alto e il basso, un'altra visione amena ed opprimente li attende. Alcuni metri sopra di loro uno sperone di roccia e carne si estende verso il centro della fossa, e sulla sommità sospesa sopra il nero baratro, un busto umano nasce come un'escrescenza,  incastonato come una cuspide. Altri speroni si affacciano a varie altezze lungo tutto il perimetro, come delle spine rivolte all'interno di un immaginifico stelo, collegate tra loro e alla protuberanza carnosa centrale da filamenti e tendini di materia organica spessi come grossi rami.
Un nuovo rombo dalle profondità scuote la fossa, soffiando come un vento dal pozzo oscuro. Attorno allo strano busto umanoide quattro oggetti dalle fattezze irriconoscibili s'illuminano quando investiti dalle vibrazioni del suono, attaccati a loro volta a delle escrescenze che nascono alla base del corpo incastonato nella roccia.
"Che razza di mostruosità è mai questa?" si domanda ad alta voce Bovak, mentre il tremore va scemando.
"Lo scopriremo presto" gli fa eco Isabel, salmodiando i versi di un incantesimo di chiaroveggenza. In pochi secondi è come se gli occhi della chierica si trovassero in prossimità di quel busto alieno una decina di metri sopra di loro. Lo osserva nel suo aspetto assolutamente umano, se non fosse per il corpo che nasce dalla roccia a livello del ventre, come una sirena la cui coda è una congiunzione di pietra, carne, vene e sangue. La pelle pallida e sporca, il volto provato e sofferente, gli occhi chiusi.
Isabel volge la vista magica sugli oggetti che attorno a lui stanno perdendo la loro luminosità: reliquie, indubbiamente. Reliquie come quella che loro stessi hanno impedito a Sharuk di trafugare. Una di molte, a quanto pare. Lo sguardo di Isabel torna però su quel corpo nudo, indugia su di lui. Chi è costui, con i suoi lineamenti sconosciuti? Cos'è tutta questa follia che ruota attorno a questa creatura a metà?
Poi, all'improvviso, l'uomo schiude le palpebre.
Isabel si trova ad incontrare due occhi neri come la pece, abissi sul vuoto in cui si sente risucchiare l'anima. Si sente divorata, trascinata all'interno di un universo incognito da cui non c'è via di fuga. Con uno sforzo immane si aggrappa alla realtà e interrompe bruscamente l'incantesimo. Barcollando all'indietro stenta a stare in piedi, prontamente sorretta dai compagni. Il naso le sanguina, si sente frastornata e sconvolta dalla certezza che si fa largo nei suoi pensieri, una certezza senza ragioni. Lo sa e basta.
Quelli erano gli Occhi di Mog.