martedì 17 agosto 2010

183 - IL PRESTANOME

"Secondo quelli che sono i tuoi metri di giudizio, dovrei procedere immediatamente all'arresto del tuo amico Callermont, quantomeno in via precauzionale!" esclama Juanito con ritrovato vigore.
"Non... non puoi farlo!" protesta Ramiro, che mostra di essere sinceramente sorpreso e incredulo dalla grave posizione di Callermont. "Ci vogliono le prove!"
"Quelle ce le abbiamo noi, e a questo punto non possiamo escludere che tu lo stia proteggendo!" dichiara tagliente Juan, dimenticando ogni forma di rispetto nei confronti di Bulloza.
Il consigliere risponde accigliato alle accuse: "Non ti permetto di fare insinuazioni! Avete a fatica prove sul coinvolgimento di Badouin, che potrebbe, per quanto ne so, essere stato a sua volta incastrato, come me del resto!"
Quindi si rivolge al Sindaco, rabbioso: "E... e poi, Juanito, non puoi agire infischiandotene delle regole! Tutto il Consiglio deve essere messo al corrente di ogni decisione, anche questa! Voglio ricordarti che sei stato destituito di quasi tutti i tuoi poteri, a causa della tua folle gestione della città durante l'epidemia! L'esempio di Nataniel è lampante, e il suo arresto lascia senza testa la guardia cittadina. A chi ordinerai di arrestare Callermont? Sii serio..."
"E' vero, non serve arrestare Callermont" dice Gilead, cogliendo di sorpresa un po' tutti. L'elfo, ancora dolorante, siede appoggiato al muro. "Primo, il mercante potrebbe veramente essere un prestanome a sua insaputa, e quindi del tutto estraneo alla vicenda. Secondo, l'arresto metterebbe immediatamente in guardia le Lacrime Rosse, vanificando ogni ulteriore possibilità di scoprire come avviene il traffico di schiavi."
Rune concorda con Gilead: "Giusto. Tuttavia è fondamentale che voi, Bulloza, teniate la bocca chiusa con il vostro amico."
"Sono certo che lo farà..." intima minaccioso Juan. Lo sguardo del coloviano è tale, che un rivolo di sudore cola dalla fronte del primo consigliere.
"Juanito" continua Rune, "presto andremo a fondo alla questione della Verconnes. Capisco che con l'arresto di Nataniel e i problemi con il Consiglio non avremo l'appoggio della guardia cittadina. Anzi, agendo da soli potremmo riuscire a cogliere i nostri avversari di sorpresa, e scoprire qualcosa di più senza che abbiano il tempo di prendere le contromisure necessarie. Ti chiedo solamente di fare in modo che la guardia cittadina non interferisca, e che il Consiglio faccia cadere le accuse per i piccoli problemi delle scorsa notte."
Juan sogghigna, mentre accarezza la sua lama senza smettere di fissare Bulloza: "Sono sicuro che non ci saranno problemi a riguardo, vero, primo consigliere?"

venerdì 13 agosto 2010

182 - GIOCHI DI POTERE

"Questo è davvero troppo, Juanito! E' inaccettabile!"
Ramiro Bulloza incalza il Sindaco, imbestialito per le offese ricevute, per lo spargimento di sangue. Ma Juanito sembra avere altri pensieri, mentre suo figlio viene portato via.
"Tuo figlio ha passato ogni limite!"
continua Bulloza, supportato dal continuo annuire del consigliere alle sue spalle. "Sappiamo benissimo entrambi il motivo per cui hai lasciato quel pazzo a capo della Guardia e del Porto finora, ma i giochini di potere perdono ogni senso di fronte alla gravità di ciò che è accaduto!"
L'affondo dell'avversario politico del Sindaco è ormai palese e incontestabile. Juanito si limita ad ascoltare senza reagire. Non c'è nulla che possa fare, nulla che possa dire. Bulloza vince su tutti i fronti. Ha ragione.
"Consigliere Bulloza, dovreste ascoltare più spesso le vostre stesse parole!"
interviene Rune. "Anziché cercare anche ora di far valere i vostri interessi, sarebbe auspicabile da parte vostra un contributo all'unità del governo di Puerto."
Bulloza sgrana gli occhi: "Vuoi forse insinuare..."
"Non insinuo nulla. Ora ascoltate."

Rune si frappone tra i due. Forse non è il momento adatto, ma è l'unica occasione che ha per parlare con chi esercita il potere, e di farlo senza troppe cerimonie.
"Quella che a tutti appare un'epidemia, potrebbe in realtà nascondere un traffico di schiavi, in cui sono coinvolti adoratori di un culto di Valmar. Non sappiamo come avvenga il contagio, ma abbiamo il forte sospetto che non sia una diffusione naturale, dato che colpisce preferenzialmente certi ceti di popolazione. I morti, se di morti si tratta veramente, vengono portati al cimitero e trasferiti dalle Lacrime Rosse tramite un passaggio sotterraneo al deposito 7 del porto. Da qui sospettiamo, ma non abbiamo evidenza, che vengano caricati in bare di legno sulla Verconnes, probabilmente fatti passare come casse di ossidiana, pietre vulcaniche e metalli lavorati."
Ramiro Bulloza, indispettito e malfidente, interrompe il monaco: "Ma che razza di illazioni sono mai queste? Che cosa c'entrano, il cimitero, le Lacrime Rosse, ma soprattutto che collegamento ci sarebbe tra il magazzino 7 e il mercantile che hai citato?"
Rune stringe le palpebre, mentre i suoi occhi si posano sul Primo Consigliere, noto sostenitore dei mercanti navali: "Sono entrambi proprietà di Badouin Callermont..."
La reazione di Bulloza arriva inattesa. Nella luce delle candele, il consigliere diventa improvvisamente pallidissimo. All'opposto, nuova linfa sembra invece animare il Sindaco Juanito.
"Ma... ma... ci dev'essere un errore! Callermont è una persona di mia conoscenza, rispettabile e onesta..."
balbetta Bulloza.
"Certo Ramiro" sibila tagliente il Sindaco, "soprattutto perché Callermont alloggia nella tua villa quando si trova qua a Puerto..."

lunedì 9 agosto 2010

181 - FURIA OMICIDA

Quando le sentinelle arrivano, Nataniel si dimena come una furia. Alla luce delle torce e sotto gli occhi sconvolti di Juanito e dei consiglieri, Rune tenta di immobilizzare il capitano, dopo che questi ha ridotto in fin di vita Gilead. L'elfo giace sul pianerottolo con il ventre squartato, con gli occhi fissi al vuoto, in preda a contrazioni involontarie che indicano l'inesorabile avvicinarsi della morte. Il sangue sgorga copioso dalla ferita e dalla bocca, spinto dagli spasmi, cade dalla balaustra, ticchettando come pioggia sul pavimento sottostante.
Le due guardie, incitate da Bulloza, si gettano su Nataniel dando man forte al monaco. Juan approfitta immediatamente del diversivo per disimpegnarsi e soccorrere Gilead. Il giovane coloviano estrae dal suo equipaggiamento una pozione azzurrognola di cura, e la fa ingurgitare all'elfo. L'effetto magico è immediato: l'emorragia si ferma, e le convulsioni cessano; la ferita si richiude da sé.
Il clangore della spada di Nataniel che cade a terra fa tornare l'attenzione di Juan alla mischia. Il capitano, immobilizzato da tre uomini, impreca sbavando mentre viene legato e reso inoffensivo.
Ma ciò che colpisce è lo sguardo di atterrito di Juanito. E' come se avesse appena perso anche il suo secondo figlio.

giovedì 5 agosto 2010

180 - LA FOLLIA DI NATANIEL

Essere faccia a faccia con Nataniel era certo l'ultimo dei desideri di Gilead, ma a quanto pare la sorpresa è reciproca.
Prima che il Capitano della Guardia e del Porto possa proferire parola, Juanito gli ordina di far entrare l'elfo e i compagni, e richiudere la porta.
Superato lo sconcerto iniziale, Nataniel si mostra visibilmente nervoso mentre il Sindaco riprende i nostri eroi per il comportamento nell'assemblea di questa sera. Purtroppo l'impulsività di Juan ha fatto sì che Bulloza si mettesse subito sulla difensiva, e i suoi insulti gli hanno inimicato il Consiglio.
"Sono stato costretto a chiedere di andarvene, per difendervi. Avrebbero potuto farvi arrestare per le offese che avete rivolto all'assembl..."
"Padre! Chi diavolo sono costoro?" sbotta Nataniel. "Parli con loro come se li conoscessi! Arrivano nelle tue stanze nel cuore della notte! Perché sono qua?"
"Nataniel, stai calmo..." dice pacato il Sindaco.
"Già, calmo" puntualizza Juan. "Siamo per qui per scoprire qualcosa di più su quello che accade nella tua città, senza che ti agiti. Qualcosa di più su tutti questi morti, sull'epidemia, che sembra essere colleg..."
Nataniel spintona violentemente Juan: "Razza di bastardo, non rivolgerti così a me! Cosa vuoi saperne tu dei morti e dell'epidemia, eh? Cosa vuoi saperne? Solo Dio sa perché tutto ciò accade! Solo lui!"
Juanito si affretta a frapporsi tra i due: "Nataniel!"
"Dio sta punendo questa città, per i suoi peccati!" gli occhi del capitano sono iniettati di sangue, mentre sbraita come un matto. "E' il giusto destino! E dopo Puerto saranno tutti gli altri! Tutti gli altri!!!"
"Ora basta! Non c'è alcuna punizione! Sono gli *uomini* l'unica causa a tutto questo!" urla Rune, esibendo il medaglione di Valmar. "Questo apparteneva a un monatto, ed è la prova che un culto malvagio opera per uccidere i vostri concittadini e sottrarre i cadaveri!"
La vista del simbolo sortisce però l'effetto opposto su Nataniel, le cui folli convinzioni vengono amplificate. Tra ira, terrore e pazzia, il capitano sfodera la spada.
"Sono gli angeli della morte! La città è condannata, maledetta! Voi siete i loro messaggeri? Sì? Vi arresterò per questo!"
"Nataniel! Basta!" grida Juanito, ma ormai il capitano è fuori di sé.
"No... no... vi ucciderò! Non farò la fine di mio fratello! Dio è dalla mia parte!"
"Andatevene!" grida Juanito ai nostri eroi, ponendosi davanti a suo figlio con le braccia spalancate.
I tre si affrettano alla porta, uscendo sul pianerottolo. Ma il trambusto non è passato inosservato: con le candele in mano, Bulloza e un altro consigliere sono accorsi per vedere cosa stava succedendo.
Nataniel scosta di lato suo padre, mentre gli avventurieri si fanno largo tra i consiglieri sorpresi, ignorando le loro insistenti richieste di spiegazione.
Quando Nataniel passa di fianco a Bulloza, il consigliere lo afferra per un braccio: "Capitano! Che cosa succede!"
Con uno strattone violento, Nataniel si liberando dalla presa. Rosso in viso, la furia negli occhi, sibila: "Levati grassone, o ti apro come un maiale..."
Rune, ultimo tra i compagni, si ferma. Bulloza si ritrae terrorizzato, ma la momentanea distrazione di Nataniel lascia un spiraglio al monaco per agire. D'impulso, balza alle spalle del capitano, canalizzando le sue energie interiori in un unico colpo finalizzato a stordirlo.
Ma la fretta è cattiva alleata. Rune è impreciso e il suo affondo non va a segno. In men che non si dica, tra le urla impaurite dei consiglieri che chiamano le guardie, le lame scintillano nel buio del municipio, e l'odore del sangue riempie l'aria.

domenica 1 agosto 2010

179 - IL FASCINO DEL CANTASTORIE

L'atmosfera nel magazzino numero 5 è tesa. Tutti sono consapevoli che l'incapacità di Juan di tenere a freno la lingua ha gettato al vento anche le ultime possibilità dei nostri eroi di avere un supporto.
"Avresti dovuto controllarti, Juan" lo rimprovera Gilead.
Il giovane gli lancia un'occhiata velenosa, rispondendo con parole al vetriolo: "Avrei voluto vedere te elfo! Qui quello malato però sono io! Tu sai solo pontificare! Quel ciccione mi ha fatto perdere le staffe, non ci ho visto più..."
"Gilead, Juan, basta" taglia corto Rune, frapponendosi tra i due. "Ciò che è stato è stato, tutti facciamo degli errori. Pensiamo semmai a come rimediare."
Dopo alcuni lunghi attimi di silenzio, Gimble prende la parola: "Il Sindaco rimane nonostante tutto la nostra unica possibilità, dobbiamo parlare con lui, avvertirlo della presenza degli adoratori di Valmar."
"Ma Juanito non ha poteri ormai!" esclama Rune.
"E' comunque l'unica persona su cui possiamo fare affidamento. Dobbiamo scambiare con lui le informazioni che abbiamo. Potrebbe sapere cose che noi ignoriamo, e combinando le nostre conoscenze potremmo riuscire a mettere insieme i pezzi di questo strano mosaico" dice lo gnomo, grattandosi la barba.
"E va bene, ma non dimenticare che non ci lasceranno più entrare al municipio!" fa notare Rune.
Sul volto di Gimble compare un sorriso furbesco: "Ma noi non chiederemo il permesso..."

Due torce ai lati dell'arco che porta allo spiazzo del municipio illuminano le sentinelle appoggiate stancamente alle mura. Lo sguardo di Gimble corre sui compagni con lui: Rune, Gilead, Juan, i più furtivi.
I tre gli fanno un cenno col capo: sono pronti, è ora che lo gnomo faccia scattare il suo piano.
Gimble esce dal vicolo buio. Con gesti teatrali si avvicina alle guardie, che subito si mettono allerta, e attente seguono il bardo, incapaci però di dire alcunché, rapite dal fiume di parole che dalle sue labbra introduce una storia di antichi eroi e luoghi lontani. Gimble si esibisce nell'arte che Grolac gli insegnò anni prima, con versi e movenze dedicate a un pubblico invisibile, non solo ai due armigeri.
Lo sguardo affascinato delle sentinelle non si stacca dal bardo, che con rime ed inchini invita il suo pubblico a sedersi attorno a lui, e perdersi nei meandri dei suoi epici racconti.
Quando l'attenzione delle guardie è esclusivamente per Gimble, i compagni sgattaiolano silenziosi verso l'arco pietra, silenziosi e inosservati, grazie anche all'accortezza dello gnomo di far accomodare i soldati in modo da dar le spalle all'arcata.
Nel cortile buio, Gilead fa strada fino alla porta del municipio. E' mezzanotte passata e tutti dormono. Non sarà difficile raggiungere le camere del Sindaco.
Senza farsi pregare Juan si avvicina all'entrata, ed in pochi secondi fa scattare con abilità la serratura.
Con passi felini i nostri eroi salgono le scale che conducono al pianerottolo del primo piano, da cui si accede alla sala consiliare. Da una delle porte all'estremità destra, una luce di candela filtra da sotto l'uscio. Gilead avanza, con le orecchie tese in ascolto. Si sentono due voci provenire dall'interno, una è quella di Juanito, e l'altra non è quella di Bulloza. Senza consultarsi con i compagni, l'elfo decide di usare le buone maniere: chiunque ci sia all'interno, non ha senso fare entrare duramente. Saranno sempre in superiorità numerica, ed eviteranno fracasso.
Così, bussa.
Le voci dentro la stanza tacciono di colpo, e alcuni passi si avvicinano alla porta. Quando si apre, a Gilead si gela il sangue nelle vene.