lunedì 30 luglio 2012

306 - UN FAVORE PER TUTTI

"Ecco i vostri soldi"
Gli avventurieri tardano un attimo a rivolgere l'attenzione al sergente Xandru, rapiti dalla magnificenza del palazzo ducale. Sebbene abbiano avuto accesso solo alla zona militare dell'Alhambra, la più antica e austera della grande fortezza rossa, l'armonia delle architetture rapisce lo sguardo. Dalla torre di difesa della caserma, la più grande del complesso, si può vedere tutta la città, sovrastata dal Tempio del Drago con le sue splendenti maioliche turchesi.
Hearst, più sensibile a panorami mozzafiato di altro genere, afferra il gruzzolo dalle mani del sergente. Inoltre decide di togliersi qualche curiosità, chiedendo informazioni sull'arena nella città bassa.
Xandru si dimostra un valido cicerone, e spiega che l'arena viene utilizzata per celebrazioni, rappresentazioni, ma soprattutto combattimenti, normalmente al primo sangue.
Tuttavia gli eventi più attesi sono ben altri. Dopo l'estate, in previsione delle festività autunnali e del capodanno, giunge da Ouarzazade la carovana di gabbie magiche di un ricchissimo fattucchiere elfo. Costui organizza combattimenti all'ultimo sangue contro i mostri che porta a Bakaresh. L'uccisione nell'arena di queste creature è una ricorrenza molto sentita, da cui sicuramente il Granduca ricava grandi introiti, così come del resto anche la folta schiera di allibratori che imbastiscono scommesse di ogni sorta.
"Mi sembra che l'argomento ti interessi parecchio" commenta il sergente notando l'espressione attenta di Hearst. "Ma ti metto in guardia: capita anche che qualche avventuriero faccia il passo più lungo della gamba, col risultato che poi non si riescono più nemmeno a trovare tutti i pezzi da ficcare sottoterra!"
"Non sarà il mio caso!" ribatte spavaldo Hearst, immaginandosi già trionfatore al centro dell'arena da un mese a quella parte.
"In effetti, da come hai sistemato quella... cosa... nella torre..."
Xandru si fa pensieroso per un istante. Nella sua mente balena l'idea di una proposta.
"Sareste disposti a fare un piccolo favore alla guardia cittadina?"
L'espressione di Xandru sembra non promettere nulla di buono.
"Se la cosa ci ficcherà nei guai come con Najib, no." risponde secco Gilead.
Il sergente scuote la testa e agita le mani davanti a sé: "No, no. Nessun guaio. Si tratta di dare una lezione a un gruppo di teste calde che infestano la Perla, giù al porto."
"La locanda nominata dalla wight..." precisa Isabel.
"Esatto. So che ci andrete..."
Xandru sorride a mezza bocca.
"Si tratta di mercenari. Si fanno chiamare Compagnia degli Urlanti - non a caso, visto il baccano che fanno. Sono capitanati da un tipo pelato chiamato Zero."
"Perché non ci pensa la guardia cittadina?" chiede Rune.
Il sergente allarga le braccia: "Ci abbiamo provato. La cosa è incredibile, ma non appena combinano qualcosa e proviamo ad intervenire, questi ricevono una soffiata e spariscono dalla circolazione. Purtroppo di questi tempi, con le celebrazioni in vista, non ho uomini da piazzare al porto costantemente!"
"Quindi? Cosa dovremmo fare?" chiede Hearst.
"Date loro una lezione. Suonategliele. Fate che cambino aria, che capiscano che non comandano loro. Ci siamo intesi, no? Senza spargere troppo sangue, possibilmente..."

sabato 21 luglio 2012

305 - SILLABE DALL'ALDILA'

Quando la mattina seguente gli avventurieri arrivano alla torre sono tutti già sul posto. Sahla accompagnato dal sergente Saver Xandru, Maestro Ashanti vestita con l'armatura dell'Ordine e scortata da due Cavalieri del Drago, e un Najib visibilmente agitato; impossibile dire se per la paura di rivelazioni compromettenti o semplicemente per il pasticcio in cui si è ficcato.
Il Capitano taglia sui convenevoli impaziente di chiudere la vicenda e precede tutti nella torre. Solo Najib chiede di poter restare fuori, piantonato dai cavalieri.
Una volta all'interno Sahla non riesce a reprimere un'esclamazione di stupore e disgusto davanti al macello lasciato da Hearst. Xandru si porta la mano alla bocca, ricacciando un conato di vomito alla vista di quello scempio del cadavere.
Isabel e Ashanti affiancano il Capitano, che le invita a procedere.
La sacerdotessa si china sul corpo martoriato, e mentre con una mano tiene il simbolo di Erevos con l'altra preme sulle labbra della defunta, cantilenando una nenia ripetitiva. Un debole bagliore blu avvolge il simbolo sacro. Isabel è pronta a porre la prima domanda.
"Chi ti ha ucciso?"

Nessuna risposta.
Ashanti scuote la testa: "Le impressioni residue nel corpo sono andate perse, specie se legate al fatto violento che la tramutata in non-morto..."
Isabel decide di non demordere, passando a domande meno dirette. Afferrato da Rune il drappo rosso che galleggiava nella cisterna lo solleva davanti al viso senza vita.
"Da dove viene questo scialle?"

Le labbra si muovono emettendo un bisbiglio talmente impercettibile che il senso sfugge. Ad Isabel pare di aver capito "Ber-nard", ma il nome, oltre a non essere tipico di Kal-Mahda, non dice niente a nessuno.
Il simbolo perde il suo bagliore.
"Non siamo giunti a nulla" sentenzia Sahla spazientito.
"No!" protesta con veemenza Isabel. "Siamo sulla strada giusta. Inoltre posso ripetere l'incantesimo ancora una volta e porre altre due domande. Quindi vi prego di pazientare e non interrompere."
Sahla reagisce con una smorfia alla presa di posizione della chierica, ma prima che possa ribattere Ashanti lo affronta con lo sguardo. Il Capitano decide di desistere, purché questa farsa finisca alla svelta.
Isabel si concentra ripetendo l'incantesimo, e ripetendo poi la stessa domanda di prima. Questa volta l'attenzione permette di cogliere le sillabe appena percettibili: "Per-la"
"E' il nome di quella fogna di locanda giù al porto" commenta Xandru.
Ecco una pista pensa Isabel, prima di porre l'ultima domanda, usando l'accorgimento della terza persona per evitare di sprecarla: "Qual è il nome del proprietario di questo scialle?"
"...mi-na"
Le sillabe escono come un rantolo.
Ashanti fa congetture sul significato, probabilmente il nome "Amina", molto comune tra gli Yar'i, ma viene bruscamente interrotta da Sahla.
"Ora basta con questa farsa!" taglia corto il Capitano. "E' evidente che non c'è nulla da sapere. Questa poveretta non ha risposto alla domanda sulla sua uccisione, e il fatto che abbia associato un pezzo di stoffa alla Perla o che questo appartenga a una fantomatica Amina non chiarisce nulla! Per quanto ne so, questa donna potrebbe essere essere diventata una wight per qualunque motivo."
Ashanti accenna a protestare, ma un gesto di Sahla la stronca.
"Ne ho abbastanza di congetture e sospetti. Najib verrà immediatamente reintegrato in servizio, e i cavalieri torneranno alla loro giurisdizione" chiude il Capitano, senza risparmiare una stoccata per le ingerenze dell'Ordine.
"Ma... Capitano..." accenna timidamente Isabel.
Sahla la zittisce con un'occhiata, ripagandola dell'umiliazione subita poc'anzi. Poi, con aria di scherno continua: "Se volete insistere e continuare a fare indagini su qualcosa che non esiste siete liberi di farlo. Vi assicuro che se emergerà qualcosa sarò ben felice di ascoltarvi... anche se dubito capiterà."
Maestro Ashanti prende in disparte Isabel, pregandola se possibile di approfondire alla Perla. L'Ordine non gode della libertà di movimento degli avventurieri e la Chiesa sarà grata di un aiuto che eviti ulteriore imbarazzo con la milizia cittadina. Quindi richiama i suoi uomini e si congeda.
Quando Ashanti se ne va, Sahla sembra scaricarsi di un peso. Il suo volto si fa rilassato e i suoi modi più cortesi.
Il Capitano riconosce agli avventurieri il merito di aver aiutato un membro della Guardia, sebbene il loro servizio sia stato offerto senza che i superiori ne sapessero nulla. A tal proposito, per regolarizzare il tutto, verranno pagati come si conviene. Il sergente Xandru salderà alla caserma nell'Alhambra con ottanta monete d'oro.
Mentre le guardie nella torre iniziano a ripulire, il Capitano si allontana, augurandosi di non dover mai più tornare ad occuparsi della faccenda.

lunedì 16 luglio 2012

304 - QUESTIONE DI COMPETENZE

La torre è esattamente come i nostri eroi l'avevano lasciata, a conferma di quanto riferito dalle due comari. Najib non è più tornato qui. Non resta altro da fare che tornare al Ristoro del Pellegrino.
Il loro arrivo alla Locanda tuttavia pare fosse atteso. Fuori dall'uscio, sulla grande scalinata della Torre del Drago ora illuminata da decine di fiaccole, la proprietaria Zer'a Nahita li indica al gruppetto eterogeneo di armigeri che la circondano, composto sia da guardie cittadine che da Cavalieri del Drago. Questi ultimi fanno per andare incontro agli avventurieri, ma un gesto della mezzelfa li blocca: sarà lei a parlare con i suoi clienti.
Nahita si rivolge preferenzialmente a Isabel: "Perdonate il trambusto, viaggiatori, ma le insistenti domande della vedetta Najib qua fuori hanno attirato l'attenzione di diversi ospiti della locanda, che hanno segnalato la questione sia ai suoi superiori, sia ai Cavalieri del Drago, dal momento che costui cercava aiuto clericale."
Una delle guardie cittadine, spazientita dai modi della sacerdotessa, prende la parola: "Sappiamo che vi siete allontanati con lui e che avete accettato di aiutarlo. Najib è dentro la locanda e ci ha raccontato tutto. Il Capitano Emmanwel Sahla vuole vedervi" dice sbrigativo, indicando la porta alle sue spalle.
"E non solo il Capitano!" aggiunge un cavaliere piccato, senza risparmiare un'occhiataccia al collega della guardia cittadina. "Anche il Maestro dell'Ordine è qui e ascolterà ciò che avete da dire!"
Gli avventurieri vengono accompagnati all'interno. Najib siede con lo sguardo basso su uno scranno, gomiti appoggiati alle ginocchia e mani conserte. Ad Isabel non sfugge che la sua arma d'ordinanza, che gli pende dalla cintola, è una mazza leggera. Forse solo una coincidenza, tuttavia...
Ai fianchi di Najib si trovano due uomini e una donna dalla pelle scura, di chiare origini Mazar'i. Uno dei due uomini, dall'atteggiamento nervoso vestito con le insegne nere della guardia cittadina, si fa avanti appena si accorge dell'ingresso dei nuovi arrivati.
Dopo averli squadrati per bene, si rivolge a Najib: "Sono loro?"
La guardia della torre di vedetta annuisce.
Lo sguardo dell'uomo torna sugli avventurieri: "Per vostra informazione, io sono il Capitano della Guardia di Bakaresh, Emmanwel Sahla. Voglio essere chiaro fin da subito perché ne ho già fin sopra i capelli di tutta questa faccenda. Mi aspetto che ora mi raccontiate tutto quello che è successo, se non volete passare dei guai nelle ore a venire."
I nostri eroi, colti alla sprovvista dall'atteggiamento ostile del Capitano e ben poco desiderosi di passare delle grane, non si fanno pregare e raccontano per filo e per segno tutti gli avvenimenti, dall'ingaggio di Najib al wight nella torre.
Sahla ascolta con attenzione, senza mai tradire alcuna emozione attraverso l'espressione costantemente imbronciata del suo volto.
Terminato il racconto, riprende la parola: "Sebbene io consideri Najib un idiota per non essersi rivolto alla guardia per risolvere la faccenda, da quel che dite mi pare di capire che la torre non è più infestata e che la questione può essere chiusa. Tanto di guadagnato. Ora finiamola con questa perdita di tempo e torniamo ognuno al proprio posto..."
"Non così presto Emmanwel..." lo interrompe la donna Mazar'i.
La sua voce pare innervosirlo ancora di più. I suoi occhi diventano due fessure: "Non è affar tuo, Maestro..."
Gli avventurieri si scambiano un'occhiata di sorpresa. Quella donna scura, vestita con una semplice tunica bianca...
"Perdonate la maleducazione del Capitano per non avermi ancora dato occasione di presentarmi. Io sono Ashanti, Maestro dell'Ordine dei Cavalieri del Drago."
Il Maestro è una donna!
Ashanti continua: "Capitano, non puoi chiudere la questione come se si trattasse di un furto di capre. Un'infestazione non può essere sottovalutata, ne vanno ricercate le cause. Potrebbe esserci in atto un'attività demoniaca, o un crimine impunito, visto che si trattava di una donna incinta. Concorderai che il modo di affrontare il problema del tuo sottoposto sia stato quantomeno inusuale, e che ci sono ancora parecchi lati oscuri. L'infestazione potrebbe propagarsi e minacciare Bakaresh, e ritengo che sia dovere della guardia cittadina considerare anche questa eventualità."
Punto sul vivo, Sahla reagisce con una smorfia, prima di cercare inutilmente di smontare quanto affermato da Ashanti. Il Capitano è visibilmente irritato dalle "interferenze" dei Cavalieri nella gestione della sicurezza cittadina, ancor più per il fatto che c'è di mezzo uno dei suoi uomini, ma Ashanti non sembra una che si fa intimorire. Pur non essendo sua giurisdizione, chiude la discussione avvertendo Sahla che se la faccenda non dovesse finire qua, sarà poi lui a risponderne al Gran Dragone Rikmalit e al Granduca.
Sahla, esasperato, cede: "Bene dunque, indaghiamo. Cosa intenderesti fare, Maestro?"
Ashanti sorride: "Abbiamo qui una Contemplatrice. Presumo che il potere di Erevos vi conceda di parlare con i morti."
Isabel risponde affermativamente, puntualizzando tuttavia che le servirà una notte di riposo per farlo.
"Bene. Lasceremo allora che siano coloro che si sono occupati della questione finora a portarla a termine, così eviteremo ogni sovrapposizione di competenze. Sarà la stessa wight a spiegarci il motivo del suo ritorno tra i vivi. Capitano, porta via il tuo uomo e tienilo in fermo fino a quando tutto sarà chiarito domattina alla torre."
Sahla borbotta qualcosa infastidito, poi ordina all'altra guardia, il sergente Xandru, di prendere Najib in custodia. Infine precedendo i suoi uomini se ne va.
Quando tutti sono usciti, Ashanti ringrazia gli avventurieri, ma allo stesso tempo li redarguisce: "Avreste potuto rivolgervi al Tempio comunque, anziché rischiare il risucchio di energia di cui i wight sono capaci."
"Purtroppo solo una volta sul posto ci siamo resi conto di cosa stavamo affrontando" si giustifica Isabel. "Ad ogni modo domani tutto sarà più chiaro."
"Spero tu abbia ragione Contemplatrice" conclude Ashanti. "Le impressioni dai corpi dei non-morti sono molto più difficili da rievocare. L'unica nostra speranza è che sia morta da poco."

venerdì 13 luglio 2012

303 - PETTEGOLEZZI

Raggiunto il ponte che collega l'Alhambra alla torre del Tempio, non ci vuole molto ai nostri eroi per notare che non c'è traccia di Najib. I due Cavalieri del Drago di guardia hanno appena montato il turno del vespro, e interrogati non sanno fornire alcuna indicazione.
"Sentivo che c'era qualcosa di strano" dice Rune.
"Non mi sorprenderei se a questo punto Najib c'entrasse qualcosa con la morte di quella poveretta, e non escluderei che abbia aspettato che ci allontanassimo dalla torre per far sparire ogni prova!" realizza Gilead.
Hearst impreca sottovoce, e precedendo i compagni s'incammina a grandi passi verso l'Arco degli Appesi. Attraversato il ponte naturale, si ferma davanti a due comari velate intente a chiacchierare sedute su una panca in pietra a ridosso di una delle prime abitazione.
"Avete visto Najib, la guardia della torre di vedetta?" chiede a bruciapelo.
Le due scuotono la testa silenziose, intimidite dalla stazza del guerriero e dal suo tono concitato.
Rendendosi conto dello spavento suscitato nelle due, Hearst rilassa l'atmosfera elargendo loro un sorriso. E' strano come il guerriero risulti simpatico alle vecchiette, alle pettegole, alle comari. Era già accaduto alle Colline dello Zucchero, una volta che si rivolge loro con la sua goffa cortesia, lo vedono come un ragazzone bonario, da cui non hanno nulla da temere. Così accade anche questa volta, e prima ancora che i compagni lo raggiungano Hearst ha due nuove zie.
Appurato che Najib non è mai passato di qua, il guerriero apprende che l'uomo vive con la moglie in prossimità della Piazza dell'Obelisco.
Ormai certo che le due signore conoscono vita, morte e miracoli di ogni individuo che passa per l'Arco degli Appesi, Hearst chiede loro informazioni su una donna incinta, vestita di arancione e rosso. Le comari annuiscono.
"L'abbiamo vista passare spesso" attacca una.
"Ma non conosciamo il suo nome" continua l'altra.
"Una bella ragazza."
"Davvero."
"Dovrebbe abita sul promontorio della torre di vedetta."
"Ma non siamo sicure, forse in città bassa, o forse è là che lavora."
"Comunque è da tre o quattro giorni che non si vede."
"Avrà avuto il bambino, anche se mi sembrava un po' presto..."
"Grazie signore" le interrompe Hearst gentilmente, ricambiato da un largo sorriso delle due. Il guerriero legge nei loro occhi la voglia di pizzicargli le guance, e un brivido gli corre lungo la schiena. Sfidare un orsogufo a mani nude gli farebbe meno paura.
"Siete state molto utili e molto cortesi" dice accomiatandosi. Poi però si ferma di colpo. Un ghigno furbesco gli compare sul volto mentre si gira verso le due comari.
"Per caso conoscete Saloua, la cameriera della Spinarossa?" chiede con estrema gentilezza.
Le due cominciano a snocciolare parentele della ragazza per arrivare all'univoca identificazione. E' allora che Hearst gioca il suo asso nella manica.
"So che è fidanzata, conoscete anche il suo pretendente?"
Un attimo di silenzio, le comari si guardano, sgranano gli occhi. Hearst sorride. Non lo sanno, e se non lo sanno non è vero. Poi la morbosa curiosità delle donne si scatena subissando il guerriero di domande.
Hearst cerca di resistere al loro fiume di parole rispondendo sempre in modo garbato, ma ben preso la situazione precipita, ed una delle due signore, che man mano dipinge sempre più Saloua come una sgualdrina elevando invece sul piedistallo la propria primogenita, arriva ad invitare il guerriero a conoscere sua figlia la sera seguente, e a fermarsi a pregare il Drago con loro.
Solo l'intervento di Rune che millanta un impegno urgente lo salva. Almeno per ora.

domenica 8 luglio 2012

302 - LA WIGHT

Una luce blu abbagliante.
La creatura emette un gemito di dolore, e con un balzo si tuffa nella cisterna, scomparendo sotto la superficie scura dell'acqua.
Gilead si inginocchia, privo di forze. Se non fosse stato per il potere di Erevos evocato da Isabel sarebbe morto in balia degli artigli di quella mostruosità. Rune gli corre accanto per dargli sostegno.
"Che diavolo era? Un fantasma?" chiede rabbioso Hearst.
Isabel scuote la testa: "No, credo si tratti di una wight, un riflesso perverso della forma che quella povera donna possedeva in vita. Il potere del simbolo di Erevos la terrà lontana per un po', ma non per molto..."
"Aveva la testa spaccata, ed un figlio in grembo" dice Gilead a fatica. "Ha subito una morte violenta, per questo non trova pace. Hearst... nella cisterna... galleggia un drappo..."
Il guerriero si avvicina al bordo della vasca. Non dovrebbe essere difficile recuperare lo scialle con lo spadone.
"Fai attenzione..." dice Isabel.
"E' fatta di carne, è lei che deve fare attenzione a me..."
Hearst cala la lama nella cisterna, solleva il drappo, lo appoggia sul bordo.
Poi artigli come acciaio graffiano le pareti, un grido carico d'odio scuote l'oscurità. Mille gocce d'acqua investono il volto del guerriero mentre il non-morto balza fuori dalla vasca. E' più veloce di quanto Hearst si aspettasse, cerca di spingerla via, ma non riesce ad allontanarla prima che le sue unghie affondino nella carne. Per un istante è come se la vita gli scivolasse via, poi la spinge lontano con tutte le sue forze.
Combattendo contro la sensazione di vuoto, Hearst riporta la mano sinistra sull'elsa della spada, menando istintivamente un colpo orizzontale di taglio. La lama incontra il balzo di ritorno della wight, affonda nel ventre pallido, lacerando le vesti e scoprendo il feto in un esplosione di sangue nero, fino allo schioccare della spina dorsale che si spezza.
Nessun urlo mentre il corpo martoriato scivola a terra, solo il vagito del neonato che si spegne lentamente.
Hearst tira il fiato.
Isabel si accerta delle condizioni sia del guerriero che dell'elfo: "Avete rischiato molto" afferma, "i colpi del wight oltre a risucchiare l'energia vitale, possono privare dei ricordi, del sapere, dell'esperienza. Siete stati fortunati."
"Non si può dire altrettanto di lei" ribatte Rune, indicando il cadavere della donna.
Il monaco afferra lo scialle rosso, abbandonato sul bordo della cisterna. Il suo sguardo si sofferma su una "A" arancione ricamata sulla stoffa scarlatta.
"C'è qualcosa di strano in questa faccenda, e ho la sensazione che Najib non ci abbia raccontato tutto quanto. Andiamo, credo che ci debba delle spiegazioni..."

domenica 1 luglio 2012

301 - L'ISTINTO

"Mi... mi dispiace, ma non ce la faccio ad accompagnarvi" dice Najib, pallido in viso. "Ho troppa paura. Vi aspetterò qui, al ponte che collega il Tempio con la città alta. Proseguite oltre l'Arco degli Appesi e vedrete la torre di vedetta. Non potete sbagliare. L'entrata è aperta, quando sono scappato l'ho lasciata così e non ho più avuto il coraggio di tornare."
Gli avventurieri non perdono altro tempo a compiangere Najib, e superato l'arco di roccia che porta all'estremità sud occidentale della scogliera si avvicinano alla torre di vedetta, ben in vista sulla sommità del costone scosceso fatto di aridi terrazzamenti artificiali. Il sole rosso infuocato si staglia alla sue spalle gigantesco, avviandosi verso il mare per il tramonto. Le ore di luce sono poche in questa stagione.
Il bastione è un edificio a base circolare largo trenta piedi, alto altrettanto. L'interno è scuro, illuminato a malapena dalla luce scarlatta che filtra da strette feritoie disseminate su ognuno dei tre piani, costituiti da semplici passerelle di legno che corrono lungo la circonferenza interna della torre, collegate tra loro da scale a pioli.
Al pian terreno c'è una vasca profonda che funge da cisterna dell'acqua. Rune si avvicina alla parete, afferrando e accendendo una fiaccola per migliorare l'illuminazione.
"Shhht!" dice Gilead chiedendo il massimo silenzio. "Ascoltate!"
Nell'assenza di rumori è come se un velo tetro calasse sulla torre. Il suono di gocce che cadono rieccheggia nella cisterna, trasformandosi poi in passi intrisi d'acqua, quindi nel vagito lontano di un neonato, forse proveniente da fuori, forse no.
Un brivido corre lungo la schiena dei nostri eroi, spalla a spalla al centro della torre, che con i sensi all'erta cercano di percepire ogni minimo rumore, ogni piccolo movimento.
Un riflesso della fiaccola, di fianco alla vasca c'è dell'acqua tracimata.
"Non l'ho notata quando siamo entrati" afferma Isabel, avvicinandosi cautamente. Il suo cuore accelera. Non può essere un caso, non può essere uscita da sola. Il livello della cisterna è un metro e mezzo sotto il bordo.
Alcune gocce d'acqua cadono dalle assi malconce delle passerelle superiori sul volto della sacerdotessa. Isabel si ritrae di scatto; la paura di una presenza sopra la propria testa è il primo pensiero istintivo, più rapido rispetto alla spiegazione razionale, ovvero la condensa.
Razionalizzare, spiegare, capire sono sempre stati una luce nelle tenebre per Isabel, un guscio per imprigionare l'istinto con le sue decisioni affrettate e l'impulsività. Essere colta di sorpresa da quel comportamento atavico la infastidisce, perché le mostra che non è ancora in grado di capire pienamente sé stessa.
Ma a volte l'istinto ha ragione.
Un'ombra sfuggente corre su una passerella, ai bordi della campo visivo.
"L'avete vista?" chiede Gilead, raccogliendo il cenno affermativo dei compagni. "Rune, andiamo."
L'elfo e il monaco salgono al primo piano. Dalla posizione sopraelevata non lontana dalla cisterna, scorgono chiaramente al suo interno un drappo rosso che galleggia. Strano che Isabel non se ne sia accorta.
Poi accade tutto in pochi istanti.
Nella semioscurità, sulle assi a pochi metri da lui, Gilead la scorge: una donna dalle vesti fradice, coi lunghi capelli neri bagnati che le coprono il volto.
Ed è ancora l'istinto. Niente domande, niente pensieri, solo la sensazione di pericolo e il sangue che batte nelle orecchie. Gilead incocca fulmineo una freccia, scagliandola dritta nel petto della donna.
La figura lancia un urlo straziato, allargando le braccia e volgendo in alto il capo, rivelandosi agli occhi appena prima di balzare nel vuoto da una parte all'altra della passerella con l'intenzione di farla pagare all'elfo. Le vesti bagnate rosse e arancioni s'incollano alla grossa prominenza sul ventre, da cui provengono i lamenti soffocati di un neonato, mentre la testa sotto i capelli scuri è spaccata dal lato sinistro.
Gilead cerca di sfuggire all'attacco in salto, ma prima che possa reagire gli artigli di quelle mani pallide e fredde sono su di lui. Ed il loro tocco è gelido, ma non del gelo che brucia la pelle. Del gelo che ti divora dentro. Nell'istinto.