giovedì 27 giugno 2013

367 - PIANO DI BATTAGLIA

Due guerrieri kinnin scivolano lungo il dorso della duna, raggiungendo la posizione riparata dove Aghmar e gli avventurieri li attendono. Gli esploratori riferiscono quanto rilevato nella loro avanscoperta alle rovine di Ma'Habb. Ciò che rimane dell'antica fortezza è un grande edificio trapezoidale, adiacente nella sua parte retrostante a mura di difesa decrepite alte una quindicina di piedi. I bastioni abbracciano frontalmente una sorta di cortile composto da rovine sparse, probabilmente vecchie costruzioni ormai crollate, nel quale si trova il grosso dell'accampamento degli gnoll. A detta degli esploratori sono presenti almeno una cinquantina di queste iene antropomorfe.
"Esattamente come ci avevano confessato gli gnoll catturati" constata Aghmar. "A questo punto non credo che abbiano mentito sul resto. Quegli illusi ci minacciavano dicendo che il loro capo Gargash li avrebbe vendicati, e invece gli faremo fare la stessa fine!"
"Come fai a sapere il nome del loro capo?" chiede stranito Juan.
Aghmar ridacchia: "Quei codardi non sapevano più cosa spifferare pur di salvarsi la pelle. Ovviamente non è servito. Ora torniamo alla carovana e prepariamoci all'attacco!"

Aghmar pianta un coltello nel tavolo basso, incidendo la pergamena su cui ha poco prima disegnato uno schizzo approssimativo delle rovine di Ma'Habb. La strategia è decisa.
Il capo kinnin attaccherà frontalmente con i suoi guerrieri l'accampamento gnoll creando un diversivo, permettendo agli avventurieri di scavalcare le mura sul retro della fortezza. L'obiettivo è sfruttare il caos per colpire alle spalle e uccidere Gargash. Morto il capo sarà un gioco da ragazzi sopraffare gli umanoidi in preda al panico.
"Attaccheremo domani prima dell'alba" afferma Aghmar. Quindi si alza e raduna i nomadi in blu. Li incita alla battaglia e loro urlano per lui grida di guerra. Nell'aria l'eccitazione per la promessa del sangue è vibrante.
Cala la sera, si accendono i bracieri e le immancabili pipe. Questa notte nessuno danzerà per i guerrieri, solo il fumo dell'erba pura. Il silenzio li prepara alla battaglia, il Richiamo della Notte li tiene vigili.
Bovak, Hearst e Juan fumano in abbondanza come i kinnin: i sensi si amplificano, l'oscurità è meno buia e l'udito più fine. La stanchezza un ricordo.
Nel cuore della notte si parte per Ma'Habb.

mercoledì 19 giugno 2013

366 - SHIRIN

"Sono innocui" ironizza Aghmar nei confronti di uno sbigottito Bovak. "Li usiamo per trasportare ciò che ci appartiene. Siamo nomadi e tutto ciò che ci circonda è la nostra casa."
"Ma... se il vostro accento non mi inganna, la vostra tribù non è originaria di Kal-Mahda" chiede Gimble, ripresosi dallo stupore.
"Esattamente piccolo amico. La nostra tribù viene dal deserto di Yar-Mazar, da quelle che voi chiamate terre degli infedeli."
"E, di grazia, cosa vi porta così lontano dalle vostre terre d'origine?"
"Lo stesso motivo che porta voi. Ma'Habb. Il fato riserva davvero molte sorprese, vero? In verità non sapevamo dell'esistenza di Ma'Habb fino a pochi giorni fa, e fino a dieci minuti fa non conoscevo nemmeno il nome di quelle rovine. Noi guerrieri kinnin viaggiamo per anni nel deserto, e non fa distinzione che sia Kal-Mahda o Yar Mazar. Il deserto non possiede i confini che vogliono gli uomini. Viaggiamo sapendo che prima o poi il destino ci porterà ciò che cerchiamo. E così è avvenuto."
Gimble ascolta sospettoso. C'è qualcosa di Aghmar che lo inquieta, non fosse altro che è un individuo scaltro e attento. Ne è riprova il fatto che sembra percepire la diffidenza che ispira, tanto che per fugarla approfondisce le ragioni dell'interesse per le antiche rovine.
Aghmar spiega che i Kinnin sono sempre alla ricerca di una rara pianta del deserto che cresce in zone ricche d'acqua e ombrose, il "richiamo della notte". Se fumata o assunta in infusione, questa pianta acuisce i sensi ed è spesso usata da combattenti e sciamani. Inoltre ha la particolarità di pigmentare di blu le unghie e i denti di chi la utilizza frequentemente, e di provocare ipersensibilità alla luce.
"Abbiamo scoperto della presenza dell’erba casualmente. Una nostra avanguardia è stata assalita pochi giorni fa durante uno spostamento da una sprovveduta banda di gnoll, che pensava di aver trovato un facile bottino. I miei guerrieri non ci hanno messo molto a sopraffarli e renderli prigionieri, dal momento che mostravano una strana quanto tipica colorazione blu delle chitine."
Aghmar sorseggia un po' di tè prima di continuare.
"Li abbiamo interrogati e obbligati a dirci da dove provenivano, scoprendo dell'esistenza delle rovine. Quindi li abbiamo uccisi."
"Dunque nelle rovine di Ma'Habb cresce il richiamo della notte!" esclama Bovak.
"Esatto, il che accomuna i nostri obiettivi  e ci rende alleati. Assieme potremo trovare Ma'Habb e liberarci degli gnoll che ne hanno fatto la loro dimora."
Aghmar chiama alcuni dei suoi, impartendo ordini in lingua Mazar'i. In pochi istanti viene portata al tavolo una shisha da cui si spande un lieve odore di noce moscata.
"Vi chiedo di concedermi l'onore di fumare con voi, miei nuovi amici, per suggellare la nostra alleanza" dice Aghmar porgendo il bocchino della pipa a Bovak, seduto al suo fianco. "Le mie danzatrici questa notte balleranno per voi, e la mia casa sarà la vostra casa!"

Presto il fumo riempie le narici e le menti dei nostri eroi con il suo gusto pungente. La notte diventa più chiara e brillante, le sensazioni più intense e autentiche. Tre danzatrici muovono sinuose i fianchi al ritmo di cimbali e sonagli, i veli ondeggiano come volute di fumo.
Aghmar riceve la shisha da Hearst. Lo sguardo del guerriero non si distoglie dalla danzatrice più bella.
"Ti piace vero?" sussurra il capo kinnin "Lei è la mia preferita, Shirin. In lingua Mazar'i il suo nome vuol dire 'dolce', come in verità è."
"E Aghmar? Cosa vuol dire Aghmar?" chiede Hearst, ipnotizzato dai movimenti e dai sorrisi di Shirin.
"Vuol dire 'capo', come in verità è. Il destino decide alla nascita ciò che siamo, e lo incide nelle stelle e nel nostro nome. Lei ti piace vero? I tuoi occhi parlano per te. Stanotte sarà tua, scalderà il tuo giaciglio, perché la mia ospitalità è sacra."
Shirin risponde agli sguardi continuando la sua danza, muovendo il ventre flessuoso, respirando al ritmo degli strumenti, in un crescendo di passione. Hearst sente montare in sé una pulsione irresistibile, il sangue gli ribolle nelle terga mentre le immagini di Shirin che agita il bacino nuda sopra di lui gli riempiono la mente di desiderio, di irrefrenabile tentazione.
All'improvviso Hearst afferra un coltello dal tavolo e si incide l'avambraccio. Il sangue schizza sul tavolo, Shirin lancia un gridolino facendo un piccolo balzo all'indietro per lo spavento. Gli strumenti cessano di colpo.
Il dolore amplificato dall'erba cancella ogni altro pensiero nella mente di Hearst. Aghmar e i compagni lo guardano sbigottiti mentre si tiene la ferita sanguinante.
"Non preoccupatevi, è solo un graffio. Ora vado a dormire."

lunedì 17 giugno 2013

365 - NOMADI DEL DESERTO

Sono passati due giorni dacché i nostri eroi hanno lasciato il Passo, guadagnandosi l'eterna gratitudine di Zer'i Koztan e Padre Tarek per il salvataggio dei pellegrini; anche perché i monaci avevano ben poco da offrire oltre all'eterna gratitudine.
Isabel chiede una pausa per bere. La marcia lungo la via per Ouarzazade è faticosa nonostante sia inverno, l'unico a non patirla sembra essere il cammello, che biascica indifferente con sguardo di sufficienza.
Il deserto si estende in tutte le direzioni, arido e silenzioso. Silenzioso quanto Hearst, sempre più cupo nell'umore.
Bovak ne approfitta per orientarsi: "Pare che ci siamo. Da qui possiamo abbandonare la via tracciata ed addentrarci nel deserto verso Ma'Habb. Se tutto va per il verso giusto, dovremmo raggiungerla nella mattinata di domani."
Dopo essersi rinfrancati, gli avventurieri ripartono in direzione nord-est, duna dopo duna, lasciandosi alle spalle una lunga e desolata scia di orme sulla sabbia.
Come di consueto, con l'arrivo del crepuscolo il vento sale d'intensità, spazza la dune sollevando miliardi di minuscoli granelli di sabbia, cancellando i segni del cammino compiuto, nell'eterno e costante mutare del deserto che pare immutabile.
"Dovremmo accamparci, questa sabbia sta diventando fastidiosa!" dice Gimble coprendosi gli occhi irritati. Bovak concorda, quindi sale in cima alla duna più vicina per cercare un posto più riparato. Dall'alto della sua posizione il nano scruta l'orizzonte, notando con sua sorpresa a poche centinaia di metri, vicino a due piccole montagnole, tende e fuochi di un accampamento.
Forse questa notte non dormiranno all'addiaccio, ma dovranno accettare il rischio di avvicinare la carovana.

Bovak e Rune sono i primi a farsi avanti allo scoperto, subito intercettati da due uomini vestiti di drappi blu e azzurri che lasciano intravedere solo gli occhi. Uno dei due li illumina con una fiaccola, mentre l'altro sposta la mano sulla sciabola portata alla cintura.
"Fermi!" chiedono con un'inequivocabile accento Mazar'i.
Il nano e il monaco mostrano le mani alzate: "Siamo viandanti, cerchiamo riparo!" urlano per superare il vento. "Siamo noi e altri quattro, e vi chiediamo ospitalità per la notte al riparo dalle sabbie!"
Nessuna risposta, solo un cenno. L'uomo della sciabola si volta e sparisce dietro le tende dell'accampamento.
Fa ritorno dopo alcuni minuti: "Il nostro capo vi invita ad unirvi a noi. Andate a prendere i vostri compagni."

Al ritorno degli avventurieri all'accampamento, un drappello di guerrieri in blu li attende. Hanno la pelle scura e gli occhi profondi. Uno di loro avanza sicuro, e si inchina in segno di saluto: "Salute a voi, viandanti!" dice in un perfetto idioma imperiale, mentre gli uomini dietro di lui si muovono per raggiungerlo. "Io sono Aghmar della tribù dei Kinnin. Siete i benvenuti nella mia casa, dove l'ospitalità per i viaggiatori è sacra."
Per un attimo i suoi occhi si posano sospettosi su Batuffolo.
"La pantera è innocua" si affretta a precisare Bovak.
"Lo spero per te, mio signore" ribatte Aghmar. "Ma vi prego, venite alla mia tavola. Non restiamo oltre alla mercé del vento e della sabbia."
Aghmar conduce gli ospiti all'interno del campo, invitandoli ad accomodarsi ad un tavolo basso contornato da comodi cuscini. Le tende erette alle loro spalle sbattono riparandoli dal vento.
Una donna velata si affretta a portare il tè, che versa da una magnifica ed imponente teiera d'argento, e pane azzimo e carne di montone per gli ospiti, e poi ancora datteri deliziosi.
Gli avventurieri ringraziano garbatamente, imbarazzati da tanta cordialità e dal silenzio di Aghmar, che siede con loro senza dire nulla, limitandosi a sorseggiare l'infuso. Imbarazzo che genera allo stesso tempo diffidenza, e spinge i nostri a non saper dove posare lo sguardo, facendo sì che i loro occhi guizzino tutt'attorno, raccogliendo fugaci dettagli sul campo: una quarantina di guerrieri dai drappi blu, una decina di donne indaffarate nelle faccende domestiche, gli uomini in piccoli gruppi al riparo delle tende, le collinette, il balenare delle fiaccole, il fumo delle shisha, qualche battito sui tamburi.
Le unghie blu di Aghmar mentre solleva il bicchiere.
"Spero sia tutto di vostro gradimento" chiede finalmente il capo Kinnin, raccogliendo dai suoi ospiti cenni di assenso. "Chi di voi è il capo?"
La domanda spiazza tutti per un attimo. Juan precede tutti indicando Bovak: "E' il nano!" poi aggiunge sussurrando. "Del resto sei tu a pagare questa missione..."
Bovak fa buon viso a cattivo gioco e annuisce sorridendo.
"Bene mio signore, e cosa vi porta nel deserto di Kal Mahda?"
"Beh..." attacca Bovak impacciato "come avrete notato non siamo proprio proprio viandanti, ma avventurieri... ecco e stiamo cercando delle rovine antiche, un posto un tempo chiamato Ma'Habb, per uno studioso e--"
"Cazzo!" Hearst scatta in piedi allarmato. "Si è mossa! La collina si è mossa!"
"Hearst, sta tranquillo!" dice Gimble, temendo che questo suo scatto del guerriero possa causare problemi coi Kinnin. "Ti sarai sbagliato, il vento, le tende, i riflessi delle fiaccole..."
Aghmar ride divertito.
"Non sono pazzo! Si è mossa ti dico! E tu che cazzo hai da ridere!"
"Hearst!" lo rimprovera Gimble, vistosamente preoccupato.
Aghmar non smette di ridere, finché con un cenno chiama uno dei suoi: "Nebruk! Nebruk! Illumina le *colline*!"
Il kinnin annuisce e lo fa con un incantesimo di luce. La sorpresa lascia gli avventurieri a bocca aperta.
Le colline sono in realtà due sauri colossali, grandi più di elefanti.

lunedì 10 giugno 2013

364 - LUCERTOLE E RATTI

I dracodi sibilano spalancando le fauci quando il monaco si avventa su di loro. Dalle bocche sputano fiotti d'acido che il monaco evita abilmente, affondando colpi precisi e letali una volta arrivato corpo a corpo.
I lucertoloni tuttavia non sono avversari facili. Rune cerca di tenerli a bada, ma sono troppi per lui da solo. Al primo errore una delle bestie fionda su di lui per azzannarlo, quando un'ombra nera assale il sauride gettandolo a terra.
Il provvidenziale intervento di Batuffolo precede di pochi secondi un fenomeno disgustoso quanto efficace. All'improvviso dai bordi della spianata, dal terreno, da sotto i corpi dei pellegrini caduti affluiscono una moltitudine di topi. Bovak, all'imbocco del sentiero, intona una nenia che pare attirarli, con lo sguardo fisso nel vuoto e una strana luce azzurra in fondo agli occhi.
I roditori squittiscono indemoniati, si raggruppano attorno ai dracodi mordendoli. Le grandi lucertole sono come impazzite, gettano acido sui ratti sortendo di ucciderne una quantità irrisoria. Incapaci di ignorare la miriade di bersagli trascurano Rune e il cavaliere, che supportati dall'arrivo dello spadone di Hearst possono facilmente aver ragione delle bestie.
Con la morte dell'ultimo dracode anche i topi svaniscono nel nulla. Bovak si rilassa, richiama a sé Batuffolo.
"Un'evocazione druidica!" commenta Gimble. "Una mossa davvero azzeccata, Bovak!"
Juan rispunta da dietro lo gnomo, con un'espressione di disgusto dipinta sul volto: "Topi! Bleah! Topi! Mi viene da vomitare! Sporchi, sudici, non farlo più ti prego, passi la pantera ma i topi proprio no!"

"Grazie, ci avete salvato la vita. Senza il vostro intervento nessuno di noi ce l'avrebbe fatta."
Il cavaliere del Drago, un giovane di nome Adil, siede a terra con la schiena poggiata all'altare di Felm, l'elmo posato a fianco intriso del sangue che gli si sta seccando tra i capelli. Esausto, lascia che Isabel curi le sue ferite. Oltre a lui sono sopravvissuti solo la guida Fayumm e altri tre pellegrini, su quindici che erano partiti. E' stata una strage.
"Non ce lo aspettavamo" dice la guida. "Non ho mai visto i dracodi arrivare al monte Zaghra, le loro tane sono parecchio a nord-ovest di qui."
"Come te lo spieghi?" chiede Rune.
"Non lo so. Forse sono stati scacciati dal loro territorio da altre creature, forse si sono spinti fin qua in cerca di cibo, che per qualche ragione scarseggia nella loro area. Difficile dirlo."
"Credo sia meglio affrettarci a tornare al passo" suggerisce Bovak. "Non sapremo mai che cosa ha spinto queste bestie ad arrivare qua, e l'odore della morte potrebbe attirare altri predatori."
Tutti annuiscono concordando con il nano, tranne Hearst e Juan, che a dispetto di tutto e tutti sono impegnati a scuoiare uno dei dracodi morti.
"Che state combinando? Muoviamoci!" li esorta Rune.
Juan risponde senza distogliere la concentrazione sul suo minuzioso lavoro: "Qualche minuto in più non farà la differenza. Guarda che pelle! Hearst ed io sì che avremo stivali alla moda!"

mercoledì 5 giugno 2013

363 - PELLEGRINI IN PERICOLO

Quando gli avventurieri scendono di buon ora per mettersi in cammino, l'atmosfera nel salone della locanda è piuttosto tesa. Molti degli avventori sono riuniti attorno all'oste e a due monaci.
Non ci vuole molto a capire cosa sta accadendo: i due custodi del monastero, Zer'i Koztan e Padre Tarek raccontano preoccupati che il gruppo di pellegrini salito questa notte all'Altare di Felm non ha fatto ritorno. Erano guidati da una guida esperta, Fayumm, e da un cavaliere dell'Ordine del Drago, uno dei pochi rimasti al passo, dato che la maggior parte è stata richiamata a Bakaresh in occasione del Capodanno. Il timore è che sia accaduto qualcosa di brutto e per questo cercano aiuto.
"Andremo noi, sappiamo combattere!" afferma Rune, prodigo nell'offrirsi.
"Siano benedetti il Signore e il Santo Drago, che ci mandano pronti il loro sostegno!" esclama a mani alte Zer'i Koztan.
"Siano benedetti il Signore e il Santo Pellegrino, le cui vie sono infinite!" rincara con gli occhi al cielo Padre Tarek.
"Sarà benedetto il giorno in cui ti farai gli affari tuoi!" sibila Juan a Rune. "Abbiamo già una missione!"
"Ci sono delle persone in pericolo Juan, non possiamo far finta di nulla! Qui non si parla di raggranellare monete!" interviene Isabel a supporto del monaco.
Hearst, Gimble e Bovak annuiscono, sarà una breve deviazione, per aiutare la Chiesa peraltro.
"Accidenti a voi! Beh, non siamo gli unici avventurieri qua, dove sono i due cacciatori? Anche loro sanno combattere, ci daranno una mano!" Juan cerca gli avventori conosciuti la sera prima mettendosi in punta di piedi e scrutando le persone attorno a lui.
"Intendi il mezzorco e il mezzelfo?" chiede l'oste Isam. "Se ne sono andati prima del sorgere del sole."
"Accidenti..."

La risalita del monte Zaghra, rapida in partenza, si fa via via più faticosa con l'avvicendarsi delle ore più calde del mattino, spiegando da sé la ragione per cui i pellegrini salgono di notte nonostante l'impervio sentiero roccioso.
I più sofferenti a causa delle armature metalliche sono Hearst, che mugugna infastidito, seguito da un'altrettanto affaticata Isabel, paonazza in viso e madida di sudore. La chierica sta per chiedere una pausa, quando si odono delle grida echeggiare tra le rocce aride.
"Avete sentito?" dice Rune. "Venivano dalla cima! Corriamo!"
Gli avventurieri si precipitano lungo il percorso, attenti a non inciampare: cadere su queste rocce potrebbe significare volare in un crepaccio. Il monaco e Juan, leggeri e agili, distanziano i compagni, Isabel annaspa perdendo terreno.
Il primo ad arrivare è Rune, seguito a ruota da Juan. Lo spettacolo che si presenta loro davanti è terribile. Nella minuscola spianata che costituisce la cima del monte alcuni piccoli draghi pasteggiano con metà dei pellegrini ammazzati. All'estremo opposto rispetto al punto di arrivo del sentiero, dove l'Altare di Felm si erge dinanzi ad uno sperone roccioso alto venti piedi, il cavaliere dell'ordine che li scortava cerca di proteggere i sopravvissuti dall'incalzare di altre bestie tenendo eroicamente la posizione, stremato, l'armatura perforata dagli artigli d'acciaio, la casacca bianco e oro rossa del suo sangue.
Juan non esita nemmeno un secondo davanti a tale eroismo e se la dà a gambe levate.
Rune cerca di fermarlo: "Aspetta Juan, guardali bene! Sono adulti! Non sono cuccioli di drago, ma dracodi, una razza di lucertoloni...", ma le sue sono parole al vento, dovrà fare da solo.
Il monaco stringe i pugni e si getta nella mischia.