giovedì 30 dicembre 2010

207 - A PERDIFIATO NEL LABIRINTO

Rune rotola a terra con una capriola, evitando per un soffio il colossale pugno dell'Inveitabile. La mano metallica si schianta sul muro sbriciolando la pietra. Juan guarda atterrito, mentre seguito dal monaco mette da parte la stanchezza e ricomincia a correre.
Il golem si muove rapido, troppo rapido per la sua mole. Il coloviano sfreccia tra corridoi e svolte, poi all'improvviso scarta in un passaggio secondario quando il costrutto non può vederli, trascinando per i vestiti Rune che d'istinto stava tirando dritto.
Juan fa cenno al monaco di tacere e nascondere il cristallo luminoso. I passi pesanti s'avvicinano inesorabili.
Le speranze del giovane coloviano vanno in frantumi quando il gigante d'acciaio si ferma proprio dinanzi al loro nascondiglio. Il terrore assale gli avventurieri, che riprendono la loro fuga a perdifiato lungo il corridoio, fino ad arrivare ad un nuovo passaggio su cui il cunicolo sbuca perpendicolarmente.
Rune si volta: inaspettatamente l'Inevitabile non li ha seguiti. Tuttavia il rumore dei passi è vicino...
Il golem non tarda a ripresentarsi dal ramo di destra del nuovo passaggio, con incedere deciso.
Juan realizza: come diceva Taleryn, corridoi larghi, corridoi stretti... non poteva seguirli nel cunicolo appena percorso, ha dovuto allungare il giro attraverso altre vie nel labirinto!
"Rune! Corri! Dobbiamo trovare un altro riparo!"

Hearst ferma i compagni. Quel rumore, simile ad un enorme maglio che percuote il pavimento facendolo tremare, non promette nulla di buono.
"Ha smesso" constata Gimble quando torna il silenzio.
Il guerriero avanza nel corridoio seguito dai compagni, su cui pochi metri più avanti si apre una biforcazione verso destra.
Quando si sporge, non riesce a trattenere un'esclamazione di stupore per la montagna di metallo che si erge pochi passi più avanti. Il mostruoso golem si gira verso di lui: la macchina per uccidere ha una nuova preda.

"Se n'è andato" dice Juan, al riparo con Rune in un corridoio stretto. "Temevo che non si sarebbe mai più mosso da lì!"
"Scappiamo, approfittiamone finché non è qui!"
"Sei pazzo?!? I passi sono ancora vicini! Qui non può entrare, qui siamo al sicuro!" ribatte Juan, bocciando la proposta del monaco.
"E allora cosa vuoi fare? Restare qua in eterno?"

"Correte! Correte!!! Giù! Giù da queste scale!" urla Hearst, in piedi davanti a una rampa.
Gilead percorre la scalinata con agilità, Isabel affianca il guerriero e osserva preoccupata Gimble e Grolac, la loro corsa troppo lenta, e il golem di ferro alle loro calcagna.
"Correte! Le scale dovrebbero rallentarlo!"
Gimble e Grolac accelerano con la forza della disperazione.
Le scale trattengono come auspicato l'avanzata dell'Inevitabile, che rallenta il suo passo sugli angusti gradini.
Pochi metri dopo la rampa in discesa, una seconda scalinata sale, riportandosi al livello precedente, formando una sorta di conca. Una benedizione per gli avventurieri, che hanno il tempo di prendere distanza.
Hearst guida a perdifiato la corsa, senza orientarsi. All'improvviso qualcuno chiama da un passaggio stretto. Il guerriero si fionda nel cunicolo riprendendo fiato. Era la voce di Juan.

martedì 28 dicembre 2010

206 - L'INEVITABILE

L'energumeno peloso grugnisce di rabbia, mentre Rune e Juan scattano veloci attraverso la stanza. Il monaco illumina alla meglio i loro passi con uno dei cristalli azzurri recuperati, schizzando insieme al compagno verso l'uscita più vicina.
I cannibali si gettano all'inseguimento, rapidi e indemoniati, ansiosi di vendicarsi degli invasori.
"Qui c'era l'alcova... no... merda! Di là!" urla Juan, mentre altri cannibali arrivano da un cunicolo davanti a loro. In pochi istanti i due avventurieri si ritrovano in un'area sconosciuta della tana, inseguiti da pazzi assetati di sangue, prendendo svolte a caso, nella speranza di non incappare in un vicolo cieco o in un altro gruppo di cannibali che sbarri loro la fuga.
La fortuna sembra assisterli e presto le grotte naturali lasciano il posto ai corridoi di pietre squadrate che caratterizzavano le prigioni, ma gli orribili grugniti alle loro spalle indicano che i cannibali non hanno rinunciato alle loro prede.
Rune, sempre un passo più avanti del compagno, lo incita.
"Juan, veloce, di qua!" grida prendendo una svolta, "Di qua!" ancora un'altra, poi un altro bivio, attraverso corridoi bui, alti e stretti, larghi e schiacciati; senza il tempo di decidere, di orientarsi, in quella che è una rocambolesca corsa per salvarsi la vita.
Poi, improvvisamente, Juan realizza che il loro fiatone è l'unico rumore presente. Il sudore imperla il suo volto e bagna le vesti.
"Rune... li abbiamo seminati..." dice a fatica, facendo spazio per le parole nel suo respiro affannato.
Il monaco annuisce appoggiandosi al muro, esausto, le mani sulle cosce, lo sguardo a terra.
"Già, ma..." la voce di Rune si strozza in gola quando solleva gli occhi per vedere dove si trovano. L'angoscia lo attanaglia, il terrore corre nelle vene. La paura lo sfiora come fosse un vento freddo che si spande nel dedalo di pietra in cui sono capitati.
Una montagna di ferro. Passi pesanti e veloci rimbombano nel silenzio, accompagnando la nemesi di metallo fuori dall'oscurità.
"Per Dio Juan!!! Scappa!!! SCAPPA!!!"

lunedì 27 dicembre 2010

205 - LA TORRE DEI CUBI

"Sentite anche voi questo rumore?" chiede Gilead.
Isabel, Gimble e Hearst annuiscono, Grolac barbotta qualcosa di incomprensibile. Acqua, acqua che scorre.
Incapaci di attendere senza far nulla il ritorno di Juan e Rune, i nostri eroi hanno deciso di avventurarsi nelle zone attorno al labirinto dell'Inevitabile, nonostante i rischi paventati da Taleryn.
"Dobbiamo almeno avere una prima mappatura dell'area" si era giustificato Gimble col vecchio mago "e per orientarci Grolac ci farà comodo. Vero nano, che verrai con noi?"
Una minaccia travestita da proposta, che il nano ha dovuto accettare controvoglia.
Gilead avanza, seguito da Hearst che regge la torcia. Alla fine del lungo cunicolo, il passaggio si biforca. A destra, un ponte di legno e corde lungo una decina di metri attraversa un antro cavernoso in cui scorre impetuoso un fiume sotterraneo.
"Dev'essere il fiume di cui parlava Taleryn" afferma Gilead "Questo significa che dall'altra parte del ponte ci sono gli accampamenti dei prigionieri."
"Già" concorda Gimble, "e per arrivare qui non abbiamo attraversato alcun labirinto... dobbiamo aver preso la strada sbagliata. Ad ogni modo, non è ancora il momento di presentarci ai galeotti..."
Presa la biforcazione di sinistra, gli avventurieri continuano la loro esplorazione attraverso i monotoni corridoi di pietra del sotterraneo. All'improvviso, dopo una svolta, l'angusto passaggio di pietra si apre su una caverna gigantesca, illuminata da una luce debole e innaturale.
Le acque scure di un lago riempiono la grotta, ad eccezione di un piccolo isolotto al centro, su cui si eleva una strana torre di cubi di pietra posti in maniera irregolare uno sopra l'altro.
Una stretta scogliera corre lungo tre quarti del perimetro della caverna, in senso orario, partendo dall'ingresso da cui provengono i nostri eroi.
"La Torre dei Cubi..." constata Hearst.
Gimble osserva la grotta, e le due uscite collegate dalla lunga scogliera, una alla loro sinistra, l'altra alla loro destra, diametralmente opposte.
"Anche qui non c'è ancora molto da fare..." dice lo gnomo. "Nano, dove portano secondo te le uscite?"
Grolac solleva le spalle: "E che ne so? A rigor di logica, quella alla nostra destra per cui dovremmo percorrere tutta la scogliera, dovrebbe portare negli accampamenti dei prigionieri. L'altra... non ne ho idea!"
Hearst supera i compagni e si avvia verso l'apertura di sinistra: "L'hai detto tu stesso gnomo, non è ancora il momento di presentarci agli inquilini del sotterraneo, per cui la scelta è presto fatta. Avanti, non perdiamo tempo..."

lunedì 20 dicembre 2010

204 - IL TERZO CRISTALLO

Passano minuti eterni, mentre i cannibali strappano lenti le carni per consumare il loro pasto. Poi due di essi, un maschio e una femmina, lasciano la grotta attraverso un passaggio buio sulla sinistra.
Juan osserva i due cannibali rimasti, accovacciati vicino alla loro vittima.
"Rune, tu sistema la donna. All'altro ci penso io."
I due scattano con passo felino nella caverna, muovendosi come ombre senza peso. In un batter d'occhio sono addosso ai loro nemici.
Il monaco afferra la femmina per la mandibola tappandole la bocca, e con una mossa repentina le torce la testa, spezzandole l'osso del collo.
Nel medesimo istante, Juan è alle spalle del maschio. Prima che il cannibale si renda conto di ciò che sta accadendo, il coloviano gli conficca l'asticella metallica recuperata nelle celle dietro l'orecchio destro. Il nemico sbarra gli occhi riversandoli all'indietro, il suo dolore si soffoca in un rantolo soffocato. Juan lo afferra per i capelli, impedendo al suo corpo di cadere a peso morto. Quindi lo adagia sul terreno, riversandolo supino.
"Il suo monile ci tornerà utile" dice Juan indicando il frammento di pietra azzurra al collo della sua vittima, mentre ripulisce l'asticella d'acciaio dalla materia cerebrale che la lorda. Rune lo strappa, e se lo infila in tasca.
Il monaco rivolge la sua attenzione al cristallo più grande che illumina la stanza. In pochi secondi, anche la terza pietra per Taleryn è recuperata.
"Bene" bisbiglia Rune. "Ora continuiamo nel cunicolo dove si sono diretti gli altri due."

Juan ferma il monaco, pochi passi dietro di lui. Il tunnel si apre sull'antro dove avevano visto trascinare e dilaniare il prigioniero poco prima. Il cadavere del poveretto è ancora li, attorniato da quelle belve senza più un briciolo di umanità, bramose di carne fresca. La scena è illuminata dai pochi monili di pietra azzurra al collo di alcuni cannibali.
"Abbiamo girato in tondo" sussurra Juan. "La a sinistra dovrebbe esserci il cunicolo che porta all'alcova..."
"Allora dobbiamo andare oltre, dal lato opposto di questa sala, nella direzione da cui hanno portato questo poveretto" propone Rune. "Lì troveremo altri cristalli."
"E sia, ma dobbiamo aggirarli in silenzio" il tono di Juan è preoccupato. "Sono in troppi, non possiamo permetterci di affrontarli."
Gli avventurieri si muovono silenziosi, rasenti alle pareti della grotta, fuori dal blando raggio di illuminazione dei monili. All'improvviso però Rune urta una pietra. Il sasso rotola, il rumore risuona leggero nell'oscurità. Juan si paralizza.
Un cannibale corpulento e peloso solleva la testa dal suo pasto. Nella mano destra impugna un'ascia di pietra rudimentale, con la quale stava tentando di staccare l'avambraccio del prigioniero percuotendo il gomito.
L'energumeno annusa l'aria circospetto. Quindi il suo sguardo si posa sul corridoio dell'alcova, da cui non proviene più la consueta luce azzurra, confermandogli che qualcosa non va.
Il bestione digrigna i denti gialli, grugnendo ai suoi: "C'è qualcuno..."
Juan suda freddo.
"Merda..."

mercoledì 15 dicembre 2010

203 - MACABRO BANCHETTO

Guidati da Pequeño, Rune e Juan ripercorrono i cunicoli che portano alle grotte dei cannibali.
"Torna da tuo padre" dice Rune al ragazzino. "Da qui continuiamo noi."
Pequeño si allontana, lasciando i due avventurieri nell'oscurità.
Memore dei pochi metri fatti al buio nella prima esplorazione, Juan fa strada fino a scorgere la luminescenza azzurra proveniente dall'alcova dove pasteggiavano i due cannibali. Alcova ormai deserta, se non per i rimasugli di ossa.
Rune afferra con forza il cristallo, che si spezza facilmente, e lo ripone nel sacco, facendo ripiombare nel buio la grotta.
"E uno" bisbiglia Juan. "Rune, avvolgi il cristallo nella iuta in modo da liberarlo facilmente, a mo' di lanterna... ci sarà utile una minima fonte di luce se dobbiamo darcela a gamb..."
Improvvise urla di terrore interrompono il coloviano. Urla che rieccheggiano nelle grotte, prima lontane, man mano sempre più vicine.
Gli avventurieri attendono tesi, al riparo nell'alcova buia. Una luce azzurra invade gradualmente una caverna che si apre in fondo al cunicolo, mentre i cannibali vi trascinano dentro un prigioniero che si dimena terrorizzato. Altri cannibali si precipitano nell'antro, affacciandosi dalle varie caverne collegate, ansiosi di consumare il loro pasto.
Un repentino acuirsi delle grida del malcapitato coincide con un agghiacciante rumore di carni lacerate.
Juan e Rune si allontanano turbati, ripercorrendo i cunicoli verso l'uscita della tana, mentre il poveretto viene dilaniato e divorato.
Ma la fuga non è semplice. La presenza di altri cannibali che sopraggiungono da zone inesplorate costringe gli avventurieri a svolte impreviste. Quando torna la calma, Rune illumina il passaggio: una grotta di roccia nuda, identica a tutte le altre.
Senza punti di riferimento, i nostri eroi si trovano costretti a procedere a caso.

"Vedi qualcosa?" sussurra Rune nell'oscurità. Juan sporge il capo nel bivio dinanzi a loro, cercando di individuare luminescenze azzurre.
"Sì, a destra. Seguimi, in silenzio."
Juan avanza con passo felino. Vede il cristallo, in un antro cavernoso qualche metro più in là, parzialmente nascosto da un pilone di roccia.
*Cric*
Il coloviano si paralizza.
"Rune, fai luce..."
Il monaco apre leggermente il lembo del sacco.
"Mio Dio..."
La grotta, chiusa su sé stessa e sorretta dalla colonna di roccia, è disseminata di escrementi e ossa. Ossa animali, principalmente di topi, ma non solo. Teschi e femori umani testimoniano il macabro destino di sfortunati prigionieri.
Juan prova un brivido lungo la schiena: "Non mi piacciono i posti pieni di ossa. Prendiamo quel dannato cristallo e andiamocene."
Rune non si fa pregare, e dopo aver preso il secondo cristallo, segue Juan al bivio precedente, attraverso lo stretto tunnel in direzione opposta.
Dopo diversi metri il giovane coloviano si ferma. Anche questa diramazione sembra aprirsi su una grotta naturale da cui proviene un debole bagliore, accompagnato rumori disgustosi.
Gli avventurieri si avvicinano con cautela: quattro cannibali, due maschi e due femmine, sono intenti a mangiare i resti consumati di una donna sventrata.
Rune trattiene un conato di vomito. Questa gente non ha più nulla di umano. Questa gente merita di morire.

domenica 5 dicembre 2010

202 - RICOGNIZIONE

"Ci siamo, qui inizia il loro territorio."
Pequeño indica con la mano le grotte naturali che si uniscono al lungo tunnel appena percorso.
"Bene, spegni la torcia" ordina Juan "e seguimi."
"Ma... ma io..." il tono del ragazzo esprime tutta la preoccupazione di disobbedire al padre. "Forse dovremmo tornare indietro..."
Senza rispondere, Juan avanza furtivo. Pequeño deglutisce, quindi spegne la fiaccola.
Nel buio e nel silenzio il coloviano ascolta, mentre i suoi occhi s'abituano all'oscurità.
C'è il respiro teso di Pequeño dietro di lui, c'è il suo cuore, che batte all'impazzata per la paura. E poi ci sono dei passi che s'avvicinano. Juan mette una mano sulla bocca del ragazzo, per impedirgli anche il minimo fiatare. Dopo pochi istanti tre cannibali percorrono un cunicolo che incrocia il loro perpendicolarmente, passando oltre, illuminando la loro via con i monili di cristallo azzurro.
Quando torna il silenzio, rimane solo un rumore leggero e osceno che viene dalle grotte. E' un grugnito, è uno strappare, è un succhiare.
Juan avanza a tentoni, finché un leggero bagliore azzurro fa capolino oltre una svolta, diventando la sua guida. Il coloviano s'appiattisce alla parete, avanzando verso la specie di alcova naturale da cui proviene la luce, fin quando riesce a vedere al suo interno.
Lo spettacolo è disgustoso. Juan sente Pequeño dietro di sé, paralizzato dalla paura.
Riparati nel loro antro illuminato da un grosso cristallo di azzurro, due cannibali gustano le tenere carni di un neonato, piluccandone con dovizia le ossicine.
Juan trattiene la nausea, concentrandosi sulla roccia azzurra, proprio una di quelle richieste da Taleryn. Il coloviano valuta in fretta la situazione: non se la sente di affrontare da solo due cannibali, con Pequeño al seguito. Potrebbe facilmente metterne fuori combattimento uno, ma a quel punto l'altro avrebbe tutto il tempo per reagire o per chiamare aiuto. No, meglio togliere il disturbo.

"Non posso farcela da solo" conclude Juan, dopo aver raccontato per filo e per segno il risultato della breve esplorazione. Pequeño, seduto su una roccia, muove nervosamente le gambe, pallido in viso. Taleryn lo osserva preoccupato.
"Verrò io con te" dice Rune. "Sono certamente il più adatto a muovermi di nascosto e combattere senz'armi."
Juan annuisce: "D'accordo. Non perdiamo tempo. Pequeño, ci farai strada?"
Il ragazzino si riprende di colpo dai suoi pensieri, colto impreparato dalla richiesta di Juan.
"Pequeño ha già fatto la sua parte!" protesta Taleryn.
"Infatti, gli è già andata bene una volta..." si lascia scappare Hearst. La battutaccia gli vale occhiate di fuoco dal mago e dai compagni.
"Non ti ricordi la strada?" chiede Rune a Juan.
Il coloviano fa spallucce, sogghignando: "Non ci ho badato..."
"Padre, andrò!" afferma Pequeño a pugni stretti, mentre Taleryn sospira preoccupato.
Rune conforta il vecchio mago: "Non temere Taleryn, baderò io a lui. Farò in modo che ci accompagni fino alla tana, quindi tornerà qui al sicuro. Non gli accadrà nulla, te lo prometto."

giovedì 2 dicembre 2010

201 - SOGNI DI UN RAGAZZINO

"Se affrontare i cannibali non sarà semplice, affrontare l'Inevitabile è certamente suicida!" esclama Gilead.
"Eppure dovremo trovare un modo elfo, se non vogliamo restare qui in eterno" ribatte Juan. "Ma cominciamo con le cose semplici..."
Gimble si liscia il pizzetto, pensieroso: "Un'azione di sfondamento nella tana dei cannibali è impossibile, sono troppi in numero e noi non siamo equipaggiati. Serve un'incursione furtiva. Taleryn, puoi fornirci un sacco in cui nascondere i cristalli in modo che non facciano luce?"
Il vecchio annuisce, mentre lo sguardo dello gnomo si posa su Juan.
"Scordatelo!" sbotta il coloviano, intuendo ciò che si nasconde nei pensieri di Gimble. "Là da solo non ci vado! Non ho la minima idea di come sia la zona, e non voglio diventare la loro cena!"
"Juan, tu sei probabilmente l'unico in grado di recuperare i cristalli senza che i cannibali ti notino!" ribatte il bardo.
"Sì, ma... ma, mi servirebbe almeno una guida!" Juan si guarda attorno cercando sostegno. Poi i suoi occhi si posano su Pequeño. "Ecco! Lui! Lui conosce queste caverne come le sue tasche!"
Isabel, Rune e Gilead lo fulminano con lo sguardo.
"No!" allarmato, Taleryn stronca sul nascere la richiesta di Juan. "Non se ne parla!"
"Ma padre!" protesta il giovane. "Juan ha ragione! Io conosco quei cunicoli, e sono bravo a passare inosservato! Non può recuperare i cristalli se non sa dove andare!"
"Vedi vecchio, tuo figlio ha spirito d'avventura!" un ghigno di vittoria compare sul volto del coloviano. "Ti prometto che non gli farò correre rischi. Voglio solo effettuare una prima perlustrazione. Solo dopo che avrò capito com'è l'area, passeremo all'azione."
"E sia" Taleryn sospira. "Ma ti prego ragazzo, fai attenzione."

Pequeño conduce Juan attraverso un'uscita secondaria nascosta, che si perde in stanze e corridoi tutti uguali. Il coloviano si lascia guidare dal ragazzo, che illumina la via reggendo una torcia, fino a quando i due imboccano un cunicolo rettilineo stretto e lungo.
Più di una volta Juan si ripara nei coni d'ombra, muovendosi con passo felino, lasciando Pequeño in avanscoperta, venendo meno alla promessa di non esporlo. Allo stesso tempo il ragazzo si volta più volte trovandosi solo, cercando con lo sguardo il compagno invisibile, solo per vederlo rispuntare con palese ammirazione laddove non si sarebbe aspettato.
"Come... come fai?!?"
"Ci vogliono anni di allenamento, ragazzo. Anni e anni."
"Io per ora me la cavo, ma devo farne di strada per nascondermi come fai tu!" dice Pequeño. Poi, come per non voler essere da meno, continua: "Ma io non sono uno scansafatiche, mi sto allenando, ogni giorno!"
"E su cosa?" chiede Juan, intuendo che l'adolescente sta solo aspettando la sua curiosità.
"Prenderò il Cubo per mio padre. Sì, salirò sulla Torre dei Cubi, e sarò il primo, il più veloce, il più forte!" dice Pequeño, orgoglioso.
Juan sogghigna. Sogni di un ragazzino.