lunedì 24 novembre 2014

438 - SEI STATUE

Bovak riprende la sua forma originale: "L'abbiamo scampata per un soffio... letteralmente."
"Già, quella mostruosità abbandonata qui sotto da Ekelorn era decisamente arrabbiata" gli fa eco Isabel. "Per il momento siamo al sicuro, ma di certo la chimera non si fermerà a quelle povere guardie. Non passerà molto prima che Rakoud deduca che ci siamo intrufolati qua sotto."
"Hai ragione, non perdiamo altro tempo" concorda Gimble. "Juan, dai un'occhiata là avanti, non vorrei rimanere bloccato nuovamente dalla grata..."
L'attento esame del coloviano permette di individuare il meccanismo a pressione sul pavimento ed evitarlo. Gli avventurieri si addentrano nella seconda sezione del sotterraneo a forma di clessidra. Scorgono la gabbia in cui era rinchiusa la chimera, con le sbarre alzate per il loro precedente maldestro ingresso. Gli occhi lacrimano per i vapori acidi residui lasciati dal soffio della testa di drago, attaccano in gola provocando dolorosi accessi di tosse.
"Muoviamoci!" dice Hearst rinunciando ad esplorare quella che era la prigione del mostro. "Qui l'aria è irrespirabile!"
Arrivati in fondo alla sala, una pesante porta metallica con la superficie intaccata dall'atmosfera corrosiva rappresenta l'unica altra uscita. Juan non fatica, dopo un attento esame in cerca di trappole, a scassinarne la serratura grossolana. E' evidente che Ekelorn riteneva più che sufficiente la protezione offerta dalla chimera, tanto da non investire in altri sforzi sulla porta.
Scivolati oltre l'uscio e richiusi i vapori irritanti alle spalle, i nostri eroi percorrono un anonimo corridoio che dopo alcune decine di passi svolta verso sinistra. Girato l'angolo, il cunicolo prosegue per alcuni metri, costellato di alcove da entrambi i lati, per poi interrompersi bruscamente.
"Un vicolo cieco" commenta Hearst.
"Forse" ribatte Gimble sovrappensiero.
Lo gnomo avanza tra le alcove osservandole attentamente. Sei in tutto, ognuna delle quali contiene una scultura di uno dei Demoni del Peccato, opere marmoree alte quasi quanto un uomo che poggiano su spessi piedistalli di mezzo metro.
"Mog... Eblis... Aphazel... Valmar... Jube... Yamantia..."
Isabel pronuncia uno ad uno i nomi dell'Angelo Caduto e dei suoi fratelli, scorrendo le incisioni dorate sui piedistalli che identificano ognuna delle statue.
La sua attenzione però, come quella dei compagni, è catalizzata dalla piastra d'acciaio ottagonale posizionata sotto ogni scritta, lavorata per raffigurare il simbolo stilizzato del Demone che rappresenta.
Juan esamina quella di Mog, la più vicina. La afferra ai lati e tira, facendola scorrere leggermente verso l'interno.
"Come pensavo, è amovibile. Guardate è incastonata con otto perni ai vertici. Scommetto che queste piastre s'incastrano perfettamente in quei cerchi di fori - guarda caso otto per ogni cerchio - in fondo alla sala della genesi."
I compagni concordano con Juan, è sicuramente così ed è per questo che Ekelorn custodiva questo corridoio così attentamente. Queste piastre sono quasi certamente la chiave per accedere alle sue stanze più segrete. Tuttavia, fa notare Hearst, le serie di fori nella stanza della genesi sono solo quattro, mentre le piastre sono sei.
"Evidentemente due sono inutili" spiega Rune. Il monaco, forte di una sua intuizione, osserva ogni piastra da vicino con estrema attenzione, quindi passa un dito sul bordo superiore.
"Guardate" dice mostrando l'indice impolverato. "Questa piastra, quella di Jube, come anche quella di Aphazel, hanno il lato superiore pieno di sporcizia, segno che non vengono rimosse da molto tempo. Tutte le altre invece non hanno un filo di polvere!"
"Ottimo ragionamento Rune" si complimenta Gimble. "Forza prendiamo le piastre corrette e scopriamo una volta per tutte cosa nasconde il mago!"

mercoledì 19 novembre 2014

437 - CHIMERA

Gli avventurieri tornano sui loro passi fino alla grande sala delle gabbie che si estende nell'oscurità. Isabel centra un incantesimo di luce sullo Scettro di Carnegie prima di procedere all'esplorazione, quindi il gruppo avanza cautamente. Poco più avanti le pareti del sotterraneo si restringono ad imbuto fino a convergere in un corridoio largo pressappoco una decina di piedi e lungo altrettanto. Oltre il passaggio un altro salone si allarga specularmente, con un disegno che ricorda una clessidra.
Hearst e Rune avanzano in testa al gruppo, pronti ad ogni evenienza, ed imboccano il corridoio.
"Hearst, Rune, fermi forse è meglio che Juan contr--"
Il suggerimento di Gimble s'interrompe a metà quando, ad un ulteriore passo del guerriero, una grata cala rumorosamente alle spalle dell'avanguardia, sigillando i due oltre il corridoio e dividendoli dai compagni.
"No!" esclama Gimble. "Una trappola!"
Tutti si gettano d'istinto sulla saracinesca afferrando i correnti metallici per sollevarla, da un lato e dall'altro, ma è troppo pesante. Dopo qualche istante un rumore di catene ed ingranaggi tintinna nel sotterraneo, metallo che scivola nella pietra nel buio inesplorato.
"Cazzo! Sì è aperto qualcosa! Le gabbie!" esclama Hearst perdendo la sua consueta freddezza. "Rune muoviti dammi una mano a sollevare 'sta cosa... mmmmhh!!!"
Ma il monaco ha già mollato la presa. Muovendo lentamente alcuni passi di lato scruta l'oscurità, e si mette in guardia.
Notando il comportamento del compagno anche Hearst si ferma e impugna lo spadone.
Una grossa zampa leonina emerge nella penombra, e l'incedere della seconda rivela un mostruoso cerbero dalle teste di capra, leone e drago. Grande come un cavallo, la creatura si muove distante studiando le sue prede.
Gimble sente gocce di sudore freddo scendergli lungo la schiena: "Una... chimera!"
La testa di capra emette un lungo ed inquietante belato, mentre il leone digrigna le fauci e la testa di drago verde emette volute di gas giallognolo. Un odore cloridrico pungente ed irritante si diffonde facendo lacrimare gli occhi.
Hearst e Rune sono pervasi dal panico.
"Tirateci fuori di qui! Fate qualcosa!" sbraita il guerriero facendo di nuovo di tutto per sollevare l'inamovibile grata.
L'immonda creatura si lancia all'attacco ma la provvidenziale evocazione di un ippogrifo da parte di Bovak ne ferma la carica. Il povero animale viene subito azzannato al collo con ferocia, e sebbene faccia di tutto per contrastare la furia della chimera, può ben poco contro la sua terribile capacità di uccidere.
Approfittando del diversivo Isabel usa la magia divina per conferire ad Hearst una forza taurina, Gimble incanta il suo spadone con la sua arte arcana e Bovak protegge Rune rendendo la sua pelle coriacea. Aiuti sì, ma che non basteranno a fronteggiare un avversario così ostico.
Juan invece si prodiga in una disperata ricerca sulle pareti lì attorno. Non può credere che non esista un meccanismo per riaprire la saracinesca, ogni trappola ha un sistema di disattivazione, Ekelorn deve averlo previsto. E se esiste è da questa parte del sotterraneo.
La ricerca del coloviano dà i suoi frutti proprio mentre il collo dell'ippogrifo viene straziato dal morso leonino della chimera: un movimento secco aiutato dagli artigli e la trachea della creatura evocata da Bovak viene scoperchiata, le arterie sprizzano sangue, la testa d'aquila si dibatte disperata nel dolore degli ultimi istanti di vita.
Juan preme senza indugi una mattonella nascosta sulla parete e la grata si solleva veloce, liberando Hearst e Rune dalla loro prigione. Il coloviano la preme di nuovo sperando che faccia ricadere la saracinesca separandoli dalla chimera, ma la sua è una vana speranza. Ora la minaccia del mostro riguarda *tutti* gli avventurieri.
Con la chimera che avanza ruggendo a grandi balzi, Gimble esorta i compagni alla fuga: "Via! Via! Dobbiamo uscire di qua! Bovak, aiutami, dobbiamo rallentarla!"
Lo gnomo evoca con un incantesimo un millepiedi giganti proprio davanti al mostro. Un istante dopo, la magia druidica di Bovak crea un cerchio di energia marrone splendente. Attraverso questa sorta di portale si genera materia, roccia che si aggrega andando a costituire le fattezze umanoidi di un elementale della terra.
"Presto, all'uscita!" urla Gimble preparandosi ad attivare il ciondolo di Ekelorn. Il cristallo brilla di un verde splendente mentre il terreno si apre a riformare la discesa che li aveva portati qui sotto, ma è un processo lento.
Gli avventurieri gettano occhiate preoccupate alle loro spalle. E' questione di attimi, la loro salvezza dipende solo da quanto durerà la lotta impari tra le creature evocate e la chimera.
"Più veloce, più veloce" bisbiglia Gimble stringendo il monile, come se potesse accelerare il processo.
Il soffio di vapori acidi della testa di drago consuma le carni del millepiedi; le incornate, i morsi e le artigliate fanno a pezzi l'elementale della terra prima che questi riesca a ferire seriamente l'abominio con i suoi pugni possenti.
"Ecco si è aperto! Fuori!" urla Gimble appena la terra mostra uno scorcio di cielo notturno. La bestia ruggisce alle loro spalle riprendendo la sua carica.
Quando si fiondano all'esterno, la chimera li insegue con un lungo balzo, spiegando le ali membranose e sovrastandoli. Gimble pensa veloce e lascia cadere il ciondolo smeraldino sul terreno.
Gli avventurieri si dividono a raggiera per sfuggire alla sua picchiata letale. Le tre teste urlano in tutte le direzioni la loro furia, riecheggiando nel silenzio della notte.
Presto le guardie saranno qui.
Bovak, il più lento a nascondersi tra la vegetazione, diventa la preda prescelta. Il nano si rotola a terra istintivamente con un tempismo perfetto. Sente la massa della creatura sfiorarlo per un soffio e gli artigli lacerargli il mantello. La vede atterrare poco più avanti, solo qualche metro li separa. Nonostante la stazza è una bestia veloce e la testa di drago si è già voltata in maniera innaturale sbuffando fumi acidi dalle narici.
"Veniva da di qua!"
Il vociare nel buio, accompagnato dallo sferragliare di armature, preannuncia l'arrivo degli armigeri, ignari del destino che li aspetta, inconsapevole distrazione che regala a Bovak secondi preziosi. Con la coda dell'occhio vede i compagni rifugiarsi di nuovo nel sotterraneo - ecco perché Gimble ha lasciato cadere il gioiello, per tenere aperto il passaggio! pensa mentre lo gnomo recupera il cristallo.
Bovak si concentra, dev'essere veloce come non lo è mai stato, Gimble sta già richiudendo il terreno. Il druido fa appello alle forze della natura e mentre si rialza e corre il suo corpo muta. I suoi abiti si fondono in un manto maculato, gli arti si slanciano, la postura diventa quella di un felide sinuoso. In pochi attimi una maestoso ghepardo sfreccia attraverso il giardino e s'infila nel sotterraneo proprio mentre la terra si richiude sopra le teste degli avventurieri.
Poi si odono solo le grida di spavento e morte delle malcapitate guardie.

martedì 11 novembre 2014

436 - CONGETTURE

Isabel ragiona su quanto appena affermato da Gimble. La rappresentazione in effetti pone Mog al centro. Egli è il fulcro attorno al quale il destino del mondo si divide.
"Pensaci Isabel. Quante volte opponendoci ai piani di costoro abbiamo incrociato i servitori del Maligno? Quante altre volte li abbiamo probabilmente incontrati senza saperlo?"
La chierica ripensa a tutte le vicende che li hanno condotti fin qua: dal loro primo incontro con Zaran ed i suoi esperimenti deviati nella tana di Kade, a Puerto del Principe, dove i monatti si rivelarono essere adoratori di Valmar, fino a Bakaresh, all'incontro faccia a faccia con un demone di Eblis.
Senza parlare del massacro in corso, quale più lampante manifestazione del Peccato dell'Ira...
Forse Gimble ha ragione.
Goccia a goccia, senza che si rendessero pienamente conto della portata degli eventi, l'influenza dei fratelli di Mog si è manifestata sempre più.
Isabel si morde il labbro inferiore: si sente impotente. Il Peccato è un nemico troppo forte da sconfiggere. Ha strisciato subdolo, insinuandosi nelle vite della gente, esplodendo in fatti terribili dovo aver corrotto alla base la società, attraverso le azioni dei suoi silenziosi servitori o dei suoi ignari sostenitori. Persino loro, forse.
L'avidità di Black Bart, ad esempio, o la guerra scatenata da Juan pur di salvare suo padre.
Isabel ha la sensazione che il Peccato sia ormai una marea incontenibile che sta sommergendo tutto. Ogni piccolo episodio che tenta di ricordare ne contiene traccia. Come ha potuto sottovalutarlo, non rendersi veramente conto che esso era il filo conduttore dei loro nemici?
Si sente sconfitta: a cosa sono serviti secoli di insegnamenti della Chiesa per mettere in guardia dall'avanzata del male? Mai come ora la promessa di Dio di tornare una volta cancellato il Peccato dal mondo sembra lontana e irraggiungibile...
"Va tutto bene?" si accerta Rune avvicinandola.
Isabel cerca di riprendersi dallo stordimento dei suoi pensieri, annuisce con la testa, sibilando un sì con un filo di voce.
"Cosa credi che vogliano fare, Gimble? Cosa significa *attraverso* Mog?" chiede il monaco con l'obiettivo di capire ciò che lo gnomo e la sacerdotessa temono.
"Non lo so Rune, non lo so. Tuttavia la genesi racconta che il corpo di Mog fu dilaniato da Dio ed i suoi pezzi caddero sulla terra. L'idea più folle che costoro potrebbero perseguire è quella di risorgere l'Angelo Caduto, riportarlo nel mondo per elevare tutte le creature come in questa delirante raffigurazione. Ma sono tutte congetture, solo congetture per ora..."
"A che diavolo serviranno quei fori?" chiede Hearst, spezzando il lungo momento di riflessione.
"Non saprei" gli risponde Bovak mentre accarezza Batuffolo "ma fossi in te mi leverei da lì davanti... non si sa mai."
Juan scuote la testa: "Non credo si tratti di una trappola, non c'è il minimo tentativo di celarla, e la disposizione dei fori non ha senso, come non ha senso il fatto che non sia ancora scattata dopo che siamo entrati. Credo sia invece una sorta di meccanismo."
"Hai un'idea di come funzioni?" chiede Hearst.
Dopo una rapida ispezione, il coloviano risponde: "No, sembra che manchi qualcosa. Guarda però questo profilo, appena percettibile... credo che qui dietro si nasconda una porta segreta!"
"Buono a sapersi!" esclama Gimble "ma per adesso è un vicolo cieco. Forse nell'altra sezione del sotterraneo troveremo qualcosa per aprire il passaggio. Non perdiamo altro tempo, andiamo!"

martedì 4 novembre 2014

435 - RELATIVISMO RELIGIOSO

Scivolati sul retro della villa, gli avventurieri si avvicinano ai carri indicati da Bovak. Avvolti nell'oscurità, nessun rumore proviene da essi.
"Sono tutti vuoti" commenta Hearst dopo un rapido esame spada alla mano.
"Eppure... dev'esserci qualcosa" dice Gimble stringendo tra le dita il ciondolo di Ekelorn. Lo gnomo gira in cerchio attorno ai carri, poi si allontana un poco. Una leggera luminescenza sembra pervadere il monile del mago.
"Ecco! Sta accadendo qualcosa!"
Gimble si muove, avvicinando il gioiello al terreno, finché la luce non aumenta di intensità. Il bardo individua il punto in cui la luminosità emessa è massima.
"E' qui! Qui sotto! Ma come...?"
Bovak afferra il ciondolo dalle mani di Gimble e lo affonda nell'erba. Magicamente il terreno si ritira degradando in un'ampia discesa verso un antro sotterraneo.
"Finalmente..." sussurra lo gnomo rimettendo il ciondolo al collo. Una strana adrenalina lo pervade, assieme alla sensazione di essere vicino alla soluzione di tanti misteri. Un luogo nascosto in questo modo, accessibile solo al mago, deve certamente custodire i suoi più importanti segreti.
Gli avventurieri scendono, ed al loro passaggio la terra si richiude magicamente alle loro spalle, obbligando Isabel e Gimble a far ricorso ad incantesimi di luce.
L'antro, una grande stanza sotterranea che si perde nell'oscurità, è costellata di gabbie lungo il perimetro visibile. Esse circondano un enorme tavolone di marmo liscio al centro, la cui superficie odora di paura, di sofferenza. Una delle prigioni contiene una creatura che per un istante fa sussultare i nostri eroi salvo poi rivelarsi morta.
"Un basilisco" fa notare Bovak. "Se fosse stato vivo il suo sguardo ci avrebbe già tramutato in statue."
"Questo posto non mi piace" commenta Rune. Le gabbie che si perdono nel buio, il fatto di non vedere cosa c'è più in là, rendono il sotterraneo ancor più inquietante.
Gimble indica una porta metallica oltre il grande tavolo centrale, quasi di fronte al passaggio da cui sono entrati. Con un cenno indica a Juan di dare un'occhiata. Il coloviano esegue, ansioso di levarsi da quello spazio ampio, troppo scoperto.
Alla sua conferma dell'assenza di trappole, gli avventurieri l'attraversano rapidamente, ritrovandosi in uno stretto corridoio lungo solo pochi metri. All'altra estremità una seconda porta metallica, a due ante, il cui bassorilievo lavorato raffigura in maniera stilizzata il ciondolo di Ekelorn.
Juan precede i compagni, esaminando accuratamente ogni centimetro.
"E' tutto a posto" dichiara alla fine.
Gimble si avvicina alla porta. Il gioiello appartenuto al mago s'illumina di nuovo, e la stessa luce smeraldina si libera dalla linea scura tra le ante. Quando la fosforescenza scema, Hearst si prende l'onere di spalancarle.
La stanza che si rivela agli avventurieri oltre la soglia è tanto inattesa quanto affascinante nella sua bellezza blasfema. Una luce magica ambientale rischiara le pareti magnificamente affrescate, sulle quali è scorrono due visioni opposte della Genesi, in cui il punto di svolta è la distruzione di Mog da parte di Dio Padre.
Su pareti opposte, in un contrasto voluto, le raffigurazioni mostrano ciò che è stato e una libera interpretazione di ciò che sarebbe potuto essere. Da un lato la misera condizione mortale delle moltitudini, dall'altro la loro stessa elevazione, senza distinzioni, all’immortalità: Angeli di fatto, in un'utopia senza differenze. Le scene di guerra, i massacri, la povertà e le sofferenza della condizione attuale si contrappongono al panorama celeste armonia in cui gli Vivec, Erevos e Mog sono i primi di un esercito di Angeli, l'umanità elevata a rango divino.
Le due versioni parallele si ricongiungono all'estremità opposta della sala, dove spiccano al centro della parete quattro peculiari serie di fori. Ognuna delle serie, posta ai vertici di un quadrato, conta otto buchi disposti a cerchio.
Mentre osserva le immagini alle pareti, Isabel si sente invadere da un senso di irrequietudine che le dà la nausea: "Tutto questo è pura eresia! Un relativismo religioso che mina le fondamenta stesse della Fede riabilitando il Peccato di Mog..."
"Eppure, Isabel, osserva per un secondo con altri occhi..." sussurra Gimble senza nascondere un fremito d'emozione. Nello sguardo dello gnomo s'intravede il lavorio della sua mente, che pezzo dopo pezzo incastra le tessere del mosaico per intravederne il grande disegno.
"Cosa intendi Gimble? Non vorrai giustificare..."
"No, no, non fraintendermi. Ma pensa, perché *qui*? Nella tana di Ekelorn?" Gimble fa una pausa prima di rispondere alla sua stessa domanda. "Forse sto fantasticando, ma se l'obiettivo del mago, di Rakoud, di tutta la folle organizzazione che ruota attorno a Zaran fosse questo, di ottenere un 'mondo migliore'?"
Isabel guarda preoccupata lo gnomo, cercando di seguire le sue elucubrazioni: "Un 'mondo migliore', dici, attraverso..."
Gimble punta l'indice verso l'Angelo più bello: "...Mog."