giovedì 29 aprile 2010

164 - SUDARI BIANCHI

"Non mi sono piaciuti fin da subito" dice Hearst, sputando saliva e sangue sul cadavere di uno dei monatti.
"Il fatto che questi due siano in combutta con le Lacrime Rosse non significa che tutti i monatti lo siano" fa notare Isabel, mentre si china ad esaminare il cadavere avvolto nella tunica nera.
Un bagliore metallico attira l'attenzione della chierica, laddove lo spadone di Hearst ha lacerato le vesti del nemico sprofondando nelle carni vicino al collo. Cercando di sporcarsi il meno possibile la sacerdotessa sfila da sotto il manto una catenina d'argento, cui è legato un simbolo sacro.
Isabel si morde il labbro. Davanti a lei c'è l'Occhio, l'effigie del demone Valmar. Davanti a lei c'è il cadavere di un suo adoratore. Esistono davvero.
Isabel realizza quanto anni di studio, avvertimenti, lezioni non preparino mai a momenti come questo. Le prediche e i libri ammuffiti della Chiesa di Erevos suonano come retoriche storielle su un male che, a furia di sentirlo nominare, si dubita esista veramente. Come fosse un male appartenente a un lontano passato, non più attuale, che resiste solo nella tradizione ecclesiastica.
E invece no. Eccolo qui, in carne ed ossa.
Com'è possibile adorare il Peccato? Perché un uomo dovrebbe essere servo di un demone? Cosa spinge una persona a vendersi alla corruzione, sapendo che comunque vada non ne trarrà la salvezza? Quali promesse fasulle promettono questi culti, ammesso che di culti si tratti e non di semplici fanatici?
I pensieri di Isabel vengono interrotti dalla mano di Rune sulla sua spalla: "Tutto bene?"
La chierica annuisce. Poi, tirando un bel respiro, spiega ai compagni ciò che sa del Demone dell'Invidia.

Hearst afferra l'anello metallico agganciato alla lastra di pietra che funge da botola al centro della cripta. E' molto più leggera di quanto ci si potesse aspettare. Una scala stretta scende nell'oscurità. I gradini consumati e l'assenza di ragnatele denotano un frequente utilizzo del passaggio. I nostri eroi decidono di esplorarlo, nonostante le perplessità di Juan.
Giunti in fondo alla scala, oltre un breve corridoio, gli avventurieri entrano in una stretta sala sotterranea. La luce delle torce illumina uno spettacolo da brividi: sul pavimento sono ordinati decine di cadaveri avvolti in lugubri sudari bianchi.
"Sono i cadaveri che abbiamo notato dalla strada alta questo pomeriggio!" esclama Gimble.
Juan deglutisce sonoramente: "Sì, e li hanno seppelliti, cosa ti aspettavi che facessero? Adesso che abbiamo visto dove portava il passaggio, possiamo andarcene? Mi sento soffocare qua dentro..."
"Non ancora Juan" risponde Isabel. La chierica si avvicina ad uno dei sudari, e lo scosta con l'arma. Il pallore della morte sul volto sofferente del defunto non lascia dubbi, tanto quanto le febbri della malattia non paiono lasciare scampo. Isabel ripete il gesto su altri corpi, scoprendone il torso e le braccia. Quindi si concentra afferrando il simbolo di Erevos, ed intonando una breve litania, chiude gli occhi.
Quando li riapre le sue iridi sono del rosso del sangue. I compagni la guardano nervosi, mentre osserva i defunti. Quindi richiude le palpebre, e gli occhi tornano normali.
"Co... cos'era?" chiede timoroso Gimble, incapace di trattenere la curiosità.
Isabel risponde con naturalezza: "Ho usato l'incantesimo di Visione della Morte, per capire se costoro sono morti davvero. Così è."
"Andiamocene!" insiste Juan "Tutti questi cadaveri potrebbero essere contagiosi!"
"Se lo sono ormai è tardi" sussurra Isabel. "Valmar è il demonio della corruzione, anche quella del corpo e della mente, e si manifesta con la malattia e la follia. La presenza dei suoi seguaci mi porta a pensare che questa strana epidemia sia tutto fuorché qualcosa di naturale. Tuttavia, ci mancano molti tasselli, primo tra tutti il perché di tutto ciò, e perché sono coinvolti indistintamente i sicari di Henox e gli adoratori dell'Occhio."
"Isabel, guarda" dice Hearst chinato vicino ad alcune salme. Il guerriero fa notare come numerosi corpi presentino delle vistose irritazioni sulle mani, come fossero le punture di un insetto portatore del contagio, concentrate però esclusivamente sulle estremità degli arti superiori.
"L'avevo notato anch'io" conferma Gilead, pronto ad aggiungere di più, con la sua parlata cadenzata e precisa da elfo di alto lignaggio. "Inoltre, pare che la maggior parte delle vittime che presentano irritazioni siano parte dei ceti medi e soprattutto bassi, lo si vede dal loro aspetto, come dire, *consumato*. Di certo non si tratta di alto borghesi o nobili."
L'analisi dell'elfo continua, supportata dai compagni. Gli avventurieri notano che i cadaveri con irritazioni sono per la maggior parte di donne. I pochi uomini con irritazioni sono anch'essi dei ceti poveri, ma nessuno è un minatore. I minatori morti sono pochi e non hanno irritazioni, come se la loro lontananza dal mare li preservasse...
"Il mare!" esclama Isabel. "Ma certo! Il mare! Se il contagio avvenisse tramite il pesce? Pensateci: i pescatori lo pescano, le donne lo cucinano, solo i minatori ne consumano poco..."
Gimble si tocca la pancia, scambiando occhiate preoccupate con i compagni: possibile che non si ricordi cos'ha mangiato ieri?

martedì 20 aprile 2010

163 - MASSACRO TRA LE TOMBE

Juan si avvicina silenzioso all'entrata della cripta indicata da Gimble. Le sue dita scorrono agili lungo la superficie, accompagnate dal suo sguardo esperto alla ricerca di possibili trappole. All'improvviso i suoi sensi gli suggeriscono qualcosa. Un movimento impercettibile. L'adrenalina si trasforma in un leggero formicolio alla nuca.
Non c'è tempo per pensare.
Con un rapido colpo di reni, Juan si catapulta all'indietro, un istante prima che la porta si spalanchi e una lunga lama baleni nel buio fendendo l'aria. Il giovane coloviano rotola nell'erba, portando la mano destra sull'elsa della sua spada corta. Con un abile gioco di gambe termina la sua acrobazia in ginocchio, con l'arma sguainata, pronto a difendersi.
In men che non si dica quattro figuri ammantati emergono dalla tomba. Con movimenti agili solcano l'oscurità della notte, brandendo affilati pugnali tra le mani.
"Lacrime Rosse!" esclama Rune.
In un battito di ciglia il monaco è al fianco di Juan, che riesce prontamente a parare un paio di fendenti degli assassini. Il coloviano si sposta rapido nella mischia, in cerca di un varco, di una distrazione che risulti fatale per i propri nemici.
Isabel ingaggia uno degli avversari. La chierica vibra colpi nell'aria con la sua morning star, ma i suoi attacchi sono lenti se paragonati ai fulminei affondi del coltello nemico. Se non fosse per la corazza, Isabel avrebbe sicuramente la peggio. Tuttavia la sacerdotessa non si fa trovare impreparata quando Gimble sussurra la filastrocca del suo incantesimo per frastornare. La Lacrima Rossa tentenna per un istante, e quando tenta di schivare il colpo in arrivo è troppo tardi. Il pesante ferro di Isabel è l'ultima cosa che vedono i suoi occhi prima di schizzare fuori dalle orbite, trafitti dai chiodi della morning star.
Gilead scorge un bagliore rossastro nella cripta. Un leggero alone cremisi percorre l'inconfondibile manto di due figure all'interno della tomba: "Monatti!"
"Dannazione!" dice Rune, mentre devia un affondo all'addome afferrando il braccio del proprio avversario. "Dobbiamo disimpegnarci e raggiungerli! Gilead, Gimble, teneteli sotto tiro!"
La Lacrima Rossa prova a divincolarsi dalla presa del monaco. Gli è troppo vicino, lo sa, e soprattutto non può voltarsi per fronteggiare il coloviano... I suoi pensieri sono interrotti dal terrore quando una mano gli tira i capelli, obbligandolo a scoprire la gola. Le sensazioni scorrono veloci, il freddo della lama sul collo, il caldo del sangue sul petto, il freddo dell'erba, della morte.
Una freccia di Gilead sibila vicino al monaco mancando il bersaglio, ma riesce nell'intento di avvisare Rune dell'imminente pericolo di un nuovo avversario. La lama della Lacrima Rossa si allunga verso di lui, nello spasmo dell'affondo.
Rune sa di non poter evitare il colpo, ma con un movimento rapido rotea su sé stesso, tendendo la gamba. Il calcio colpisce il nemico al braccio, accompagnato dallo schiocco secco delle ossa spezzate che anticipa un grido di dolore, prima che la seconda freccia di Gilead lo mette a tacere per sempre.
Isabel e Rune si fiondano nella cripta, menando colpi per non lasciar fiato agli avversari. I loro attacchi faticano tuttavia a sorpassare la barriera cremisi che li protegge.
Questo lascia tempo ai monatti di scagliare i loro sortilegi: entrambi i nostri eroi sono pervasi da un improvviso timore nei loro confronti, e solo la loro ferrea volontà permette di resistere all'impeto di scappare.
Nel frattempo Juan è alle prese con l'ultima Lacrima Rossa rimasta. Le coltellate rapide dell'avversario lo obbligano ad indietreggiare, senza dargli il tempo di contrattaccare. Diverse ferite si aprono già sulle sue braccia, sanguinanti e dolorose.
Un grugnito alle spalle del nemico interrompe la raffica di colpi, costringendolo a voltarsi di scatto. Lo spadone brandito da Hearst in corsa scende impietoso su di lui, affondando dalla scapola fino al cuore.
"Non vorrete tagliarmi fuori dal divertimento..." sibila il guerriero, incrociando lo sguardo complice di Juan, prima di gettarsi nella mischia della tomba.
L'arrivo di Hearst e la superiorità numerica ribaltano le sorti della battaglia. I monatti non possono nulla, ormai messi alle strette nel corpo a corpo, bersagliati da Juan e Gilead, frastornati dalla magia bardica di Gimble. Il sangue lorda a schizzi le pareti del mausoleo, a testimonianza del massacro che si consuma.

domenica 18 aprile 2010

162 - FUOCO AMICO

"Isabel!"
La voce di Juan rompe il silenzio dell’oscurità. Il giovane coloviano allenta la corda del suo arco corto, già pronto a scoccare un secondo colpo decisivo.
Rune esce rapido dal suo nascondiglio, e accorre in aiuto alla sacerdotessa. Isabel si sostiene alla lapide. La freccia di Juan era destinata ad uccidere: un colpo furtivo e letale, conficcatosi nel costato, che solo grazie alla corazza della chierica non ha raggiunto il suo scopo.
"Devo… devo curarmi…" sussurra Isabel, stringendo i denti.
Rune afferra il dardo: "Non ancora, Isabel, tieni duro. Devo estrarre la freccia, è penetrata in profondità. Farà molto male…"
Isabel chiude gli occhi, stringendo la pietra tombale tra le mani. Il movimento del monaco è deciso. Il dolore è un lampo bianco improvviso, che acceca i sensi. La chierica sente il suo sangue caldo riempirle la bocca, bagnarle le labbra tra i denti stretti. Stringe la pietra, come se potesse frantumarla, sente le unghie spezzarsi sul granito. Poi il bianco sbiadisce, divento rosso, sempre più scuro. Isabel sente le forze scivolare via.
"Non ancora Isabel!" le parole di Rune sono un richiamo lontano. "Ora devi curarti!"
La sacerdotessa apre gli occhi, e stringe il simbolo sacro. Le invocazioni scivolano istintive sulle sue labbra, richiamando la magia curativa del Santo. La luce blu avvolge le sue mani, il suo corpo, in un bagliore rapido e leggero. Rune osserva con sollievo mentre il sangue cessa di sgorgare dalla profonda ferita.

"C’è mancato poco…" constata Gilead.
Isabel riprende fiato, dopo aver usato altri incantesimi curativi.
"Juan, hai rischiato di uccidermi…" dice la chierica, con tono leggermente piccato.
"Ah, adesso è colpa mia! Isabel, ti muovevi al buio! Potevi essere un nemico pronto ad ucciderci! Gilead ha evitato per miracolo di essere sgozzato da una Lacrima Rossa!" protesta Juan, sempre sottovoce per non allertare eventuali nemici.
"Sì, ma sapevi anche della mia presenza e di quella di Hearst! Potevi essere meno avventato, attendere qualche istante in più!"
"Come no. Avrei dovuto capirlo da come ti eri nascosta male..." ribatte sarcastico Juan.
"Ora basta. Non è il momento di litigare." dice Gimble. Per tutto il tempo lo gnomo non ha mai distolto lo sguardo dall’entrata di una delle cripte, dalla quale aveva sentito provenire quello strano rumore di trascinamento. "Piuttosto, Juan: credo che la tua *arte di arrangiarti* con le serrature ci verrà comoda per esplorare quella tomba laggiù."

lunedì 5 aprile 2010

161 - AGGRESSIONI NEL BUIO

"Presto, nascondiamoci dietro quell'arcata!" sussurra Rune, indicando l'entrata del torrione dalla cui sommità Juan ha lanciato il suo avvertimento. Il monaco scatta per primo seguito da Gilead e Gimble. Juan a sua volta, vedendo i compagni muoversi, entra nel bastione e si precipita giù dalle scale.
Gilead vede Rune sparire oltre l'arco di pietra: il monaco è imbattibile nella corsa. Dietro di lui sente il respiro affannoso di Gimble. Poi i suoi occhi percepiscono un movimento vicino alle cripte, minimo, invisibile, di un'ombra nera nel nero della notte. L'elfo aguzza la vista, nella direzione sospetta. In men che non si dica una figura ammantata, capendo di essere stata scoperta, balza fuori dal suo nascondiglio sfoderando un lungo coltello.
Gilead sente il sangue che gli ribolle nelle vene. Con un balzo si sposta di lato per evitare il micidiale attacco del misterioso individuo, sfoderando rapidamente la spada. Se non fosse stato per la sua vista proverbiale, a quest'ora sarebbe già morto.
L'uomo ammantato lo fronteggia, ma non ha fatto i conti con Gimble. Lo gnomo non perde l'attimo e bisbiglia la rima del Sonno, accompagnata da ordinate movenze delle mani. In men che non si dica il nemico perde conoscenza e cade a terra come un sacco di patate.
Gilead e Gimble si guardano attorno circospetti, ma nessun altro si fa avanti. L'elfo quindi si avvicina al nemico inerme, e dopo avergli poggiato la punta della spada sul cuore, preme con decisione sull'elsa. La vita del misterioso aggressore termina con uno spasmo teso.
I due raggiungono Rune e Juan nella torre, trascinando il cadavere da occultare.
"Che diavolo..?!?" esclama Juan, scoprendo leggermente la lente della lanterna da lui accesa poco prima per evitare di capitombolare dalle scale buie del bastione.
Gimble si porta l'indice alle labbra, indicando a Juan di tacere. Lo gnomo si fa passare la lanterna, e subito solleva le maniche del mano nero che avvolge il losco figuro. Non ci vuole molto a scorgere sul suo avambraccio l'inconfondibile tatuaggio delle Lacrime Rosse.

Hearst e Isabel vedono le luci delle torce avvicinarsi sempre di più, verso l'entrata. Poi improvvisamente si fermano, senza entrare nel cimitero.
"Hearst non fare pazzie, mi raccomando" sussurra Isabel. Probabilmente si tratta di una ronda delle guardie o dei monatti: basterà aspettare e se ne andranno.
Come previsto dalla sacerdotessa, dopo alcuni minuti, le luci delle fiaccole iniziano ad allontanarsi dai cancelli della fortezza.
"Hearst, tienili d'occhio. Io cercherò di avvisare gli altri!"
Isabel invoca il potere di Erevos, e stringendo il simbolo del santo, diventa invisibile. Poi si dirige a grandi passi verso la zona nord-est, cercando di limitare al massimo il clangore della sua armatura. La sacerdotessa passa di fianco ai mausolei e alle cripte del lato nord, quindi, una volta raggiunta l'area dove dovrebbero trovarsi i compagni si accuccia dietro una lapide, mentre l'incantesimo ha termine.
Isabel si guarda attorno, ma degli altri nessuna traccia. Possibile che siano già tornati indietro?
Poi, all'improvviso, sente un sibilo e un dolore intenso alla schiena. Isabel spalanca le labbra, vorrebbe urlare per il dolore, ma il sangue le riempie la bocca. Le gambe cedono. Sbarra gli occhi e s'aggrappa alla lapide. Con la forza della disperazione cerca il simbolo sacro, cercando nella sua mente le parole divine degli incantesimi curativi.
"Erevos... Erevos... aiutami!"