mercoledì 27 maggio 2009

94 - L'IDOLO DEL FUOCO

Gilead afferra una delle spade lunghe degli imperiali morti, gli sarà sicuramente utile, vista la particolare resistenza degli zombi alle sue frecce.
"Prendiamo anche queste due pozioni di cura ferite leggere, saranno sicuramente più utili ai noi che a questi poveretti ormai." dice Gimble, afferrando le due fiale dai cadaveri.
Superata la seconda porta abbattuta a picconate, un corridoio conduce ad un piccolo atrio dove una grossa porta a due ante spalancata si apre su un passaggio buio illuminato con regolarità da fiammate intermittenti. Le lingue di fuoco scaturiscono letali da alcove nelle pareti, invadendo il corridoio, rendendo estremamente pericoloso il passaggio.
"Guardate qua" indica Rune. In una sorta di solco di fianco alla porta, ricavato nei monotoni blocchi di pietra del tempio, vi è incastonata una statuetta dai tratti antropomorfi di materiale ambrato. "Dev'essere l'Idolo del Fuoco..."
Nel frattempo Juan osserva l'area appena oltre la porta. Il suo occhio esperto cerca la presenza di meccanismi o congegni che azionino le vampate, purtroppo senza risultati. Poi la sua attenzione si sposta sull'Idolo e, accertata l'assenza di pericoli, lo rimuove.
Con un rumore sordo, la grande porta in pietra si richiude.
"Dobbiamo lasciare qua l'Idolo per continuare" constata Juan "ma non sarà facile superare quelle trappole. Sembra che l'unico modo per arrivare di là sia prendere il tempo e buttarsi, purtroppo non sembrano esserci congegni o meccanismi disattivabili."
"Sembri pratico di congegni e trappole, quasi quanto di serrature... quali altre sorprese da un marinaio, Juan?" fa presente Rune, sarcastico.
Juan risponde, cercando di nascondere un certo imbarazzo: "Beh, sai... la vita insegna molte cose... e dover spesso sfuggire a pirati e bucanieri te le fa imparare ancora più alla svelta... comunque, vado avanti io..."
Così dicendo Juan comincia a muoversi rapido tra le fiamme come per sfuggire ad un argomento ancora più caldo, calcolando i tempi tra le vampate. Il giovane si muove con agilità e balzi sicuri, approdando illeso oltre l'area con le trappole, quindi si acquatta nell'oscurità.
"Non riusciremo mai a passare con la sua stessa agilità..." dice sconsolata Isabel.
"Vediamo cosa accade." Rune esce dai portoni e rimuove l'Idolo di Fuoco lasciando i compagni sigillati all'interno.
Le trappole cessano di funzionare. Hearst, Gimble e Kerabi hanno la prontezza di realizzare ciò che sta accadendo, scattare e gettarsi dall'altra parte del passaggio.
Nella concitazione del momento invece Isabel chiama il monaco, per attirarne l'attenzione, ma le porte spesse impediscono la comunicazione. La sacerdotessa comincia a battere con forza sulla porta.
Gilead nota il comportamento della chierica e urla con insistenza: "Isabel! Corri! Presto!!!"
La sacerdotessa esita, perdendo attimi preziosi, smette di battere e scatta, ma lo fa proprio mentre Rune reinserisce l'Idolo nell'alcova, preoccupato per il continuo picchiare sulla porta.
Una fiammata parte a poca distanza da Isabel e la lambisce di striscio, procurandole una brutta scottatura sul braccio. La chierica si getta d'istinto a terra, finendo la sua goffa capriola al sicuro oltre le trappole.
"Rimaniamo solo noi due, monaco" dice Gilead. "Uscirò io e chiuderò la porta, lasciandoti il tempo di passare. Poi reinserirò l'Idolo e affronterò le trappole. Credo di essere in grado di superarle."
Rune annuisce, e così fanno.
Il monaco passa indisturbato, le trappole ferme, e poco dopo Gilead riapre le porte e affronta il corridoio di fuoco con movimenti agili e calcolati. Alla fine il gruppo si ricongiunge oltre la zona di pericolo.
Il passaggio prosegue ancora nell'oscurità, ed i nostri eroi si apprestano a proseguire, quando ad un tratto si ode un rumore sordo. Il tempio trema leggermente, mentre la polvere secolare intrappolata negli interstizi tra le pietre del soffitto cade nel corridoio.
Gli occhi terrorizzati degli avventurieri si interrogano... che cosa poteva essere?

mercoledì 20 maggio 2009

93 - LA SALA DELLE BALCONATE

"Che diavolo è questa nebbia!" impreca Hearst.
Gli avventurieri sfoderano le armi, con i sensi tesi, mentre la nebbia si fa sempre più densa, impedendo la visuale persino dei compagni più vicini. Solo il chiarore delle torce permette di capire approssimativamente la posizione di Rune e Isabel, a pochi metri di distanza.
"Fate attenzione!" urla Rune.
Le sue parole sono interrotte dal grido di Isabel, quando un artiglio emerge dalla nebbia e uno zombi Kapinawa si getta su di lei. D'istinto si ritira, ma le unghie inumane del mostro le perforano le carni del braccio, afferrandola della loro presa gelida. La sacerdotessa arranca, in difficoltà, col terrore negli occhi, agitandosi per liberarsi dalla morsa, percuotendo il non-morto con la sua morning star.
Lo zombi stringe sempre più forte, preparando un nuovo, letale affondo. All'improvviso, però, il suo artiglio cede, mentre la provvidenziale ascia di Kerabi ne frantuma il cranio di lato, facendo schizzare in avanti l'occhio putrido, carne e sangue marcescenti. Il guerriero Desana urla la sua vittoria!
Nel frattempo, altri non morti impegnano i restanti componenti del gruppo. I loro ripetuti attacchi hanno separato i nostri eroi, ed in particolare Hearst e Juan si trovano stretti a un angolo della stanza, proprio sotto la balconata di sinistra.
Entrambi combattono come forsennati, Hearst con la sua solita efferata potenza, Juan con la velocità del suo stocco e con un'espressione schifata sul volto.
"Diamine Hearst! Cerca di tenermeli un po' più lontani! Sai che non sopporto i morti!"
Il guerriero affonda lo spadone nelle viscere di un Kapinawa, quindi si gira verso Juan con espressione di scherno: "Mezza se-...aaaahhh"
Hearst stringe i denti mentre un raggio gelido lo colpisce alla schiena. Il dolore lo piega sulle proprie ginocchia.
Juan evita l'affondo del suo avversario e solleva lo sguardo verso la balconata, nell'oscurità della stanza, nella nebbia. In realtà non riesce a distinguere nulla, ma c'è poco da immaginare: il loro avversario più pericoloso, Azawak, li bersaglia da quattro metri più in alto.
Un secondo raggio gelido colpisce Hearst, ancora in difficoltà. Juan sa di dover agire, e in fretta.
"Hearst, occupati dello zombi!"
Pur non conoscendo le intenzioni del compagno, Hearst non si fa pregare.
Juan scatta verso lo zombi, portandosi la mano al fianco: movimenti rapidi, precisi, come se danzasse. Nello stesso istante Hearst solleva con un ruggito lo spadone da terra, compiendo un mezzo arco verso l'alto verso il bacino del nemico.
La lama del guerriero impatta le ossa pelviche dello zombi spaccandole con un rumore secco, proprio mentre il Juan balza e poggia il suo piede sul petto del mostro, facendo leva. Con uno slancio rapido fa schioccare la sua frusta estendendola verso il parapetto in pietra della della balconata.
L'estremità dell'arma si avvinghia come un serpente all'appiglio, e forte di questo sostegno, Juan si destreggia in un'acrobatica scalata grazie all'inerzia posseduta, camminando letteralmente sul muro, la frusta come raggio del suo moto circolare.
Alla giusta altezza, Juan appoggia la mano sul parapetto e lascia la frusta. Ancora un gioco di balzi, mano, piede, balzo... senza vedere, tutto in poche frazioni di secondo, ancora mezzo giro su sé stesso... ecco!
Finalmente Juan vede il nemico dinanzi a sé, Azawak! Il giovane coloviano carica il colpo con lo stocco ancora in volo, poi affonda. Il nemico è in ritardo, ormai è fatta.
Lo sciamano del Popolo della Notte si sposta. Il colpo di Juan non è preciso, lo scalfisce di striscio, i due si incrociano, Juan con una capriola atterra oltre Azawak imprecando.
Il giovane si gira imprecando, pronto al nuovo scontro. Azawak sussurra parole arcane, poi con un gesto scompare nel nulla. Fuggito, ancora una volta.
Lentamente la nebbia si dissolve, così come anche i corpi martoriati dei guerrieri non-morti Kapinawa...

lunedì 18 maggio 2009

92 - UN RITROVAMENTO INATTESO

La fiaccola rotola fino a scontrarsi con la pietra di un'antica porta. Una grossa apertura, grande abbastanza per permettere ad un uomo di entrare, sembra essere stata ricavata a colpi di piccone. Detriti e macerie giacciono a terra vicino alla torcia lanciata da Rune.
La luce tremolante permette a Gilead di scorgere alcune sagome accasciate nella grande sala buia che si estende oltre l'apertura: "C'è qualcosa la dentro, sembrano... cadaveri..."
"Vado avanti io, copritemi" dice Hearst. Il guerriero si avvicina alla porta, afferra la torcia, e si china quel che basta per passare nella parte distrutta. L'odore della morte lo assale con i suoi miasmi.
I compagni lo seguono fino alla fenditura, con i sensi tesi, mentre Isabel accende un'altra fiaccola per illuminare la retroguardia.
Hearst osserva la sala: è molto grande e alta, più larga che lunga, composta con monotonia dai grandi blocchi di pietra con l'occhio in bassorilievo. La luce della torcia fatica ad arrivare alle estremità laterali della stanza, dove si ergono due balconate, una per lato, che ne percorrono tutta la lunghezza con la loro architettura semplice e squadrata.
Lo sguardo di Hearst si posa rapido anche su un'altra porta di pietra, dal lato opposto all'entrata, che sembra aver ricevuto lo stesso trattamento poco delicato della precedente.
Hearst fa cenno di avanzare. Gimble è il primo a passare oltre l'apertura, seguito dagli altri.
"Sono quattro cadaveri." dice Hearst mentre si china ad esaminare quello più vicino.
Gli occhi del guerriero osservano rapidi... un uomo in armatura, ma non un avventuriero... tutti i cadaveri hanno la stessa "uniforme" e ottimo equipaggiamento: una corazza di piastre, spada lunga, scudo pesante... le ferite sono ferite di artigli, di perforazioni... sono morti in battaglia contro un nemico che non è qui...
Un brivido percorre la schiena di Hearst come se si aspettasse ciò che stava per vedere. Con le dita il guerriero accarezza il simbolo sulla corazza del soldato. Una rivelazione inquietante. Ma inequivocabile.
Il simbolo di Mallorea graffiato per l'usura fa capolino su uno degli spallacci. Soldati Imperiali... milizia dell'Imperatore... in questo posto dimenticato da Dio... a oltre mille miglia da Millenia, la capitale dell'Impero... lontano dai feudi, in queste colonie dove i legionari sono così rari; no nemmeno nelle colonie, in un'isola di selvaggi!!
Le domande si affollano nella mente di Hearst, così come in quella dei compagni che, avvicinatisi, realizzano il misterioso ritrovamento e vengono colti dagli stessi inquietanti interrogativi.
Gimble, con lo sguardo stupito di chi accede ad un'improvvisa rivelazione, bisbiglia le parole che ricorda pronunciate da Xokleng: "...i tuoi fratelli bianchi dalla pelle di ferro che vennero e rubarono l'Idolo del Fuoco..."
Ma mentre pronuncia queste parole, ad un tratto, una nebbia fitta si solleva nella stanza...

giovedì 14 maggio 2009

91 - POCHI PASSI NEL BUIO

L'odore della polvere e l'umidità. La luce ormai fioca proveniente dall'entrata diviene insufficiente, mentre il gruppo si inoltra nelle profondità del Tempio. Oltre l'ingresso circolare, il primo corridoio prosegue dritto nell'oscurità, riprendendo la squadrata regolarità dei giganteschi blocchi di pietra che compongono la struttura del luogo. Rune accende una torcia.
I blocchi interni di pietra levigata, al riparo delle intemperie, presentano ognuno un bordo incavato e, al centro, la sagoma in bassorilievo di un occhio stilizzato.
Grosse porte di pietra intervallano la regolarità dei blocchi, porte granitiche, massicce, chiuse da secoli, che nessuno ha mai osato aprire. Porte che con molta probabilità conducono a misteriose e antiche sale di questo luogo dimenticato da Dio.
Kerabi osserva stupito quel luogo sacro e maledetto per la sua gente. Il giovane guerriero, disobbedendo agli ordini di Xokleng, non ha voluto attendere fuori dal Tempio, e ha seguito all'interno i nostri eroi, facendo intendere la sua volontà di combattere fino alla fine al loro fianco.
"Questo posto mette i brividi..." mormora Isabel. La sua voce risuona tetra, insolita: è come se in questo luogo dove domina il silenzio, le parole non trovino la loro essenza.
Gilead, in testa alla fila, apre le braccia indicando agli altri di fermarsi. La visione crepuscolare dell'elfo gli permette di vedere laddove i suoi compagni scorgono ancora solo l'oscurità.
"Rune, getta la torcia là avanti..."

giovedì 7 maggio 2009

90 - IL TEMPIO DELL'ULTIMO GIORNO

L'alba accoglie gli avventurieri assieme al risveglio della giungla. Gli stridii lontani dei suoi molteplici abitanti crescono d'intensità, pronti ad un nuovo giorno nell'eterno gioco di vita e morte della foresta incontaminata.
Isabel apre gli occhi, e con la vista ancora appannata scorge la mano di Kerabi tesa verso di lei e i compagni. Il nativo le offre qualcosa, mormorando parole gentili nel suo idioma. Piacevolmente sorpresi, i nostri eroi scoprono che durante il suo turno di guardia con Gilead, Kerabi ha raccolto frutta e bacche dai colori invitanti per un'abbondante colazione, forte della sua profonda conoscenza del suo habitat naturale.
Ben rifocillati, gli avventurieri si rimettono in marcia: manca ancora almeno mezza giornata di cammino per arrivare al Tempio.

Il Tempio dell’Ultimo Giorno si erge maestoso e invisibile allo stesso tempo: le sue mura sono avvolte dai rampicanti, che sembrano lo inglobarlo nella giungla, quasi avessero voluto tenerlo saldo al terreno. Le alte ed imponenti piante della foresta si spingono fino a poggiare sulle pietre delle sue pareti, e impediscono di distinguerne in modo netto la sommità.
La struttura è imponente, schiacciante, composta da mastodontici blocchi di pietra grigia, forse un tempo lavorati con minuziosi bassorilievi di civiltà perduta, ormai cancellati da secoli di piogge.
Ma per i Kariri il Tempio è sempre esistito. Nessuno l'ha costruito. Ed esisterà fino alla fine dei tempi, all'Apocalisse, alla suo stesso termine, l'ultimo giorno.
Una misteriosa entrata circolare, come un budello che si snoda nell'oscurità della primordiale struttura, sembra essere l'unico ingresso visibile.
"Questo posto mi mette i brividi... ha qualcosa di strano... di ancestrale..." commenta Gilead.
Le sue parole vengono interrotte dal rumore secco di un bastone che batte tre volte sulla pietra.
Un suono inconfondibile, insolitamente limpido e udibile. Con lo sguardo gli avventurieri cercano il loro nemico, scrutando l'entrata, la foresta.
"E' lassù!" grida Juan, indicando una balconata parzialmente nascosta dalle fronde degli alberi.
Azawak, lo Sciamano dei Custodi dell'Apocalisse, li scruta dalla sua maschera di teschio di leone.
Juan incocca rapido una freccia, ma prima che possa tirare, Azawak si ritira all'interno della balconata, forse all'interno del tempio, sparendo dalla vista.
"Dall'entrata! Arrivano!"
Le urla di Rune mettono subito in guardia il gruppo. Dall'oscurità del Tempio escono guerrieri neri senza vita, i soldati del Popolo della Notte. Sono molti, troppi.
Hearst e Rune si gettano su di loro falciandoli con le loro arti guerriere, affiancati dall'ascia di pietra e dall'indomito coraggio di Kerabi.
Juan supporta Gilead con il suo arco, arretrato e teso a causa della sua paura, della repulsione che prova per i morti.
Isabel invoca il potere di Erevos: il simbolo sacro brilla di luce blu, che investe i guerrieri Kapinawa. Buona parte degli zombi cade a terra inanimata, svuotata dell'energia negativa che li sosteneva.
"Continuano ad arrivare! Isabel!" urla Hearst. Le ferite delle lance e degli artigli Kapinawa dolorano sul suo corpo, su quello di Rune, su quello di Kerabi.
"Teneteli a bada! Resistete!" li incoraggia la chierica. Ancora una volta il suo simbolo si accende del fulgore elettrico mentre richiama il potere del suo angelo. Con un lampo, la luce colpisce i non-morti, e le loro prese vengono meno, le ossa cedono, schioccando.
Hearst spicca la testa dell'ultimo Custode dell'Apocalisse. Poi scambia uno sguardo d'intesa con i propri compagni. Il Tempio li attende.

martedì 5 maggio 2009

89 - LA FIDUCIA DI XOKLENG

L'odore di catrame giunge inconfondibile alle narici dei nostri eroi.
"Ci siamo!" esulta Rune, avvicinandosi ad una pianta con l'intenzione di scalarla. Il monaco avvolge della stoffa tra le caviglie, per aiutarsi nell'intento.
Quando scende, indicando la direzione da seguire, i compagni si lasciano andare ad un sospiro rilassato. Il sole è alto allo zenit, mancano ancora molte ore al tramonto e al termine dell'ultimatum di Xokleng. Sono tornati in tempo... ce l'hanno fatta.
L'arrivo al villaggio della compagnia è visto con un misto di stupore e ammirazione. Probabilmente nessuno dei guerrieri Desana si aspettava di vederli tornare in tempo, anzi nessuno si aspettava di vederli tornare e basta.
Xokleng si fa avanti, con il fare minaccioso come sempre. Ma questa volta, qualcosa nei suoi occhi è cambiato. Non servono parole per capirlo.
"Non abbiamo più pozioni" constata Isabel, poi chiude gli occhi e congiunge le mani. "Userò un incantesimo per la Comprensione dei Linguaggi. Riuscirò a capire cosa dice, ma non sarò in grado di rispondere nella sua lingua... Erevos, ti prego, donami la Conoscenza..."
"Siete tornati" dice Xokleng. I suoni sconosciuti si trasformano in parole all'orecchio della sacerdotessa. "Confesso che non me lo sarei mai aspettato. Le vostre intenzioni sono forti, siete davvero determinati a..."
Gimble, pur non capendo un accidente della discussione, estrae da una tasca il Monile del Fiume, tendendo il braccio dinanzi a sé, per metterlo bene in mostra.
Xokleng sgrana gli occhi e le parole gli si strozzano in gola. Ogni traccia di spavalderia scompare per un istante dal volto dello sciamano.
"E'... è così, dunque! Wakaru... quel vecchio... avete il Monile, la sua fiducia..."
Xokleng si riprende quasi subito dalla momentanea sorpresa: "E sia! Xokleng mantiene sempre i patti! Avete soddisfatto le condizioni per avere la fiducia dei Desana-Kariri! Questo mio guerriero, Kerabi, sarà la vostra guida e vi mostrerà la via verso il Tempio dell'Ultimo Giorno! Ma vi avverto! Azawak è immortale e vi distruggerà! Qualunque cosa dica il vecchio Wakaru, l'unica salvezza per il nostro Popolo è la via del mare, come vuole la Profezia. Ancora una volta, non aspetterò in eterno. Kerabi non entrerà nel Tempio, e mi riferirà del vostro destino. Ad ogni modo, se non tornerete entro cinque tramonti, verrete considerati morti..."

Kerabi si muove esperto nella vegetazione. La sua ascia rudimentale falcia rami e arbusti che ostacolano il cammino. E' molto giovane, forse troppo. Di sicuro Xokleng non ha voluto rischiare uno dei suoi guerrieri migliori. Eppure Kerabi sembra felice, di quell'assurda felicità di chi sa di guadagnarsi la gloria con una missione suicida. Forse perché non se ne rende conto...
Kerabi si gira per indicare qualcosa a Rune, in marcia appena dietro di lui. Ma improvvisamente l'espressione del nativo si tramuta in una maschera di paura, mentre urla qualcosa nella sua lingua, indicando un punto dietro il gruppo.
Nello stesso istante un dolore lancinante pervade la schiena di Juan: quattro lunghe spine perforano il corpetto di cuoio, infilzandosi nella carne. Il sangue gli cola sulla schiena, caldo, mentre si gira con lo sguardo a cercare la fonte dell'attacco, dove indica Kerabi. Ma non si vede nulla.
Fortunatamente la vista elfica di Gilead è proverbiale: mimetizzata nella vegetazione, una strana pianta dall'aspetto a metà tra un umanoide e una mantide religiosa, attende le sue vittime per tender loro la sua mortale trappola di aculei.
"Vedremo chi verrà infilzato per primo!"
Gilead estrae rapido due frecce. Prima ancora che il vegetale animato possa portare un nuovo attacco con le sue spine acuminate, i due dardi dell'elfo sibilano nell'aria, tra le foglie, tra i compagni, inchiodando il mostro al grosso tronco alle sue spalle. Un rivolo di linfa verde chiaro cola dalla creatura, bagnando la corteccia.
"C'è mancato poco..." bisbiglia Juan, mentre Isabel si appresta a medicare le sue ferite.