martedì 28 febbraio 2012

278 - RASSEGNARSI ALL'IDEA

Juan se ne sta sdraiato sul letto, incapace di prendere sonno. I pensieri si affollano nella sua mente, mentre fissa il soffitto della Stella del Sud, rischiarato dalla luce di una candela sul comodino.
Una nave partirà da Tavistock tra una settimana alla volta di Bakaresh. Correia ha promesso mille monete d'oro per la missione, oltre all'identificazione dei poteri magici dello scettro di Carnegie, il quale si è rivelato valere una fortuna, sebbene questa non sia stata una sorpresa. Il gingillo nelle mani di Isabel, oltre ad essere una vera e propria arma contundente grazie alla sua resistenza e all'accuratezza data dalla magia di cui è imbevuto, racchiude in sé il potere delle tempeste, che può essere scatenato all'occorrenza. L'arcanista-giardiniere del Governatore, il già noto Ferendius, l'ha chiamato "Scettro dei Tuoni e dei Fulmini".
Juan fissa l'anello di Black Bart. Il coloviano sa bene che anche in esso è racchiuso un potere nascosto, il potere di affascinare, di cui suo padre gli ha sussurrato la parola di comando in quella cella mentre glielo consegnava. Due sole sillabe, un sibilo d'aria sfuggente, udito a malapena.
Se solo avesse avuto prima quell'anello avrebbe potuto convincere suo padre a collaborare... O forse avrebbe dovuto usarlo su Correia, per ammorbidirne la posizione, ma se si fosse accorto di essere preda di fascinazione... O forse ancora...
"Non riesci proprio a dormire, eh?"
La voce di Gimble strappa il compagno di stanza dai suoi pensieri. Lo gnomo lo guarda tenendo solo un occhio aperto, con la testa mezza affondata nel cuscino.
Juan scuote il capo. Non riesco a rassegnarmi all'idea vorrebbe rispondere. Gli tornano in mente le parole di Gilead del pomeriggio, con cui cercava di giustificargli perché Correia si era comportato in maniera così inflessibile. L'ultima cosa di cui Juan sentiva il bisogno era di un elfo idiota che gli spiegasse l'ovvio.
"Gimble, hai mai pensato che tua sorella possa essere morta, e la tua ricerca vana?"
Lo gnomo si mette a sedere di scatto: "Ogni giorno, Juan. Ma non so rassegnarmi all'idea."
"E allora aiutami Gimble... perché nemmeno io riesco a rassegnarmi..."
"Cosa intendi?"
"Aiutami a liberare mio padre."
Gimble balza in piedi e si avvicina al letto del coloviano: "Sei impazzito, Juan?!? Vuoi farti impiccare anche tu?"
"Siamo usciti dalla peggior prigione delle Isole Coloviane, non saranno certo quelle di Salamanca a fermarmi!" ribatte il giovane.
Il bardo sospira, fa qualche passo avanti e indietro, come per riflettere, per trovare le parole migliori: "Cerca di riflettere Juan. Anche se siamo fuggiti da Isla del Quitrin, non devi illuderti di poter espugnare tutte le prigioni. E' molto più complesso entrare in prigione e poi evaderne, che fuggire e basta. Inoltre, la fuga dal penitenziario di Carnegie non portava con sé conseguenze dirette sulla nostra vita nella società a cui apparteniamo. Salvare Black Bart invece comprometterebbe i rapporti con Salamanca, vanificando anche la missione a Bakaresh! E non da ultimo: come faremmo infine a far uscire Bart dalla città?"
"Possibile che non capisci, Gimble?" la voce di Juan trema. "Nemmeno tu..."
"Ti sbagli Juan, capisco perfettamente, sto solo cercando di far sì che l'impeto non ti offuschi la ragione. Un 'assalto frontale' sarebbe innanzitutto suicida, e deleterio per i nostri obiettivi."
Lo gnomo si liscia la barba, mentre riflette sul da farsi. "Black Bart verrà processato da un giudice secondo la legge di Salamanca e dell'Impero. Se non vogliamo comprometterci dovremo muoverci sullo stesso campo, usare metodi 'legali'. Sarebbe interessante capire se c'è qualche cavillo a cui possiamo affidarci... se non per liberare tuo padre, almeno per evitargli la forca..."

giovedì 23 febbraio 2012

277 - PER IL LUSTRO DI SALAMANCA

Correia si appoggia allo schienale del suo scranno e congiunge le dita davanti al volto, con gli indici che toccano le labbra. Se lo aspettava.
"Vi prego di avere pietà di lui" dice Juan. "Utilizzatelo, è cocciuto ma sono certo che riuscirò a convincerlo a collaborare col tempo..."
"Tempo non ce n'è, ragazzo!" taglia corto il Governatore. "Mi dispiace, ma non posso fare ciò che mi chiedi. Salamanca è da sempre il baluardo contro la pirateria, e Black Bart è da sempre una nostra spina nel fianco. Per quanto umanamente possa capire come ti senti, il mio ruolo mi impone di fare ciò che deve essere fatto. Tuo padre dovrà essere giudicato e con molta probabilità verrà condannato all'impiccagione. E' questo che la gente di Salamanca si aspetta."
Juan batte le mani sul tavolo in preda a un'ira disperata: "Dannazione, mio padre potrebbe anche essere santo che non esitereste a sacrificarlo per la vostra dannata politica! Il vostro obiettivo non è né la giustizia, né di ottenere un vero vantaggio sulla pirateria, ma solo quello di mantenere i vostri equilibri senza sentir ragione, di dare al popolino il capro espiatorio, di dimostrare a Granada di non essere un debole!"
Luìs Correia fissa Juan con un'espressione durissima: "Hai ragione e torto, giovane sciocco! Credi che nella mia posizione possa permettermi di prendere decisioni a cuor leggero, in base all'umore del giorno? No, non posso."
Il Governatore si alza in piedi senza distogliere gli occhi da Juan: "Mi accusi di facili equilibrismi politici, ma dimentichi che tuo padre ha solcato i mari vivendo di crimini, e queste sono le conseguenze cui doveva aspettarsi di andare incontro! Mi chiedi di avere pietà di lui... io ti chiedo: di quanti lui ha avuto pietà? Gente onesta che ha perso la vita, una persona cara o tutti i suoi averi grazie al leggendario pirata! Cosa credi che si aspettino costoro da me ora? Clemenza?"
La voce di Correia tuona nella sala: "Dimostrarmi clemente sarebbe un atto di debolezza verso la mia gente e verso Granada, che sovvenziona o tollera molti di quelli come tuo padre per recarci danno! E usare Black Bart per i nostri scopi sarebbe diventare come quel maledetto di Rojas Pinilla!"
Juan cerca di restare calmo, nonostante senta ribollirsi il sangue nelle vene. Non riesce, non può accettare che suo padre venga condannato a morte per il lustro di Salamanca. E' giusto che venga punito, che paghi con il carcere, ma la sua vita non può essere usata per i giochi di guerra delle Isole.
"Se Salamanca vuol tanto ergersi a difensore delle Isole perché non attacca direttamente Granada o il covo pirata di Madera? Perché non debellate una volta per tutta la piaga della pirateria?"
"Una guerra destabilizzerebbe le Isole in questo momento" ribatte il Governatore, "ed inoltre Salamanca non può permettersi uno scontro frontale con Granada, sarebbe un bagno di sangue. Tuttavia ritengo che il pattugliamento e la cattura dei pirati - che sono pur sempre dei fuorilegge - può portare man mano Granada a indebolire la sua posizione di garanzia nei loro confronti. E quando Rojas Pinilla, che è un cane ma non uno stupido, vedrà che i pirati saranno commercialmente più scomodi che convenienti, non tarderà voltar loro le spalle!"
Correia chiude la mano a pugno come a mimare di schiacciare il nemico: "Credo che a questo punto non ci sia altro da dire. La riunione è sciolta."
Lentamente i presenti defluiscono dalla sala dopo che il Governatore se ne è andato. Juan resta con le mani sul tavolo e lo sguardo basso, facendo lunghi respiri per riacquistare la calma.
Juanito gli si avvicina, appoggiandogli una mano sulla spalla: "Figliolo, quanta pena ho di te! Io stesso per salvare mio figlio ho condannato una città. L'amore per i propri cari oscura la ragione, fa perdere il senno, non si accetta mai che meritino il loro destino. Non posso fare nulla per mutare le decisioni di Correia, ma sappi che io capisco e ti sono vicino..."
Juan resta solo nella sala, i compagni lo attendono appena fuori. Il pensiero che suo padre - un padre che ha odiato fino a ieri - possa non esserci più non gli dà pace. Credeva di averlo cancellato, ed invece è sempre stato presente sotto la cenere, più di quanto egli stesso si rendesse conto.
Come posso rassegnarmi a vederlo morire?

giovedì 16 febbraio 2012

276 - RAPPORTO AL GOVERNATORE

Garzes guida la compagnia lungo il corridoio di palazzo che conduce alla sala delle riunioni del Governatore.
Ottenuta la liberazione di Juan, i nostri eroi hanno deciso di raggiungere Salamanca per riferire a Correia ciò che hanno scoperto, e pianificare con il Governatore e il capitano della guardia le prossime mosse. Tutti concordano nel ritenere avventata una partenza immediata per Bakaresh, nonostante tutti gli indizi sulla tratta degli schiavi portino alla capitale del Granducato di Kal-Mahda, non senza prima esserso confrontati con il Governatore che li aveva inviati a Puerto.
Gli inservienti aprono la grande porta a due ante che si affaccia sulla grande sala luminosa, ed è subito chiaro che Correia ha convocato tutte le cariche delle occasioni "ufficiali". Attorno al tavolo siedono un ragguardevole numero di nobili, consiglieri, ufficiali, nonché il Monsignore e Juanito Rodriguez di Puerto del Principe.
Quando anche gli avventurieri hanno preso posto, il Governatore ordina ad uno dei suoi segretari di enunciare i fatti che li hanno visti protagonisti, invitandoli a fornire eventuali ragguagli o correzioni.
Il racconto del segretario, preciso e puntuale grazie ai rapporti ricevuti da Garzes, introduce la successiva discussione sulle possibili azioni di contrasto da parte di Salamanca alle attività di traffico degli schiavi.
Rune interviene proponendo un loro ritorno a Puerto del Principe, subito rifiutato da Correia: le loro facce sono troppo note in quella città, e Daniel Batista mal sopporterebbe un'intrusione aperta negli affari del suo Governatorato.
Uno degli strateghi del Governatore prende la parola, illustrando il suo pensiero una volta alzatosi in piedi. Un assalto diretto alla Verconnes in mare aperto potrebbe essere una mossa vincente per Salamanca, anche agendo allo scoperto sotto il vessillo del Governatorato ome si fa con i pirati. L'evidenza del carico umano della Verconnes e dei traffici che dipartono da Puerto del Principe costringerebbe Castellòn de la Plana ad intervenire, portando dalla parte di Salamanca il Governatore Daniel Batista con una scelta obbligata. Inoltre, sebbene la nave batta bandiera di Arx, il Ducato non si metterà certo a contestare l'attacco ad una nave colta in flagranza di reato, un reato imperiale, per giunta.
Correia riflette. Anche in questo caso ritiene poco saggio affidarsi a Gimble e compagni, meglio usare la milizia ufficiale.
"Convengo che il nostro aiuto sarà molto più prezioso in quel di Bakaresh" conferma lo gnomo "laddove abbiamo scoperto che sono destinati gli schiavi."
Il Governatore annuisce: "E' esattamente ciò che stavo pensando. Finora avete reso grande servigio a Salamanca nonostante le avversità, e ritengo siate degni di fiducia."
Quindi rivolgendosi al suo segretario, dà ordine di trattare in un secondo tempo il finanziamento della missione.
"Governatore" interviene Rune. "C'è un altro fatto che vorremmo portare alla vostra attenzione. Si tratta di ciò che accade a Isla del Quitrin. Immagino che abbiate già ricevuto ampio rapporto dal Capitano"
Lo sguardo del monaco si sposta sul Monsignore, cui elenca i sospetti di esoterismo demoniaco messi in atto dal Duca per il suo sadico piacere. La discussione e le descrizioni di Rune accendono il fervore religioso del prelato, che borbotta scandalizzato, chiedendo a Correia che una simile situazione non può essere tollerata.
Il Governatore fa buon viso a cattivo gioco, promettendo che farà il possibile, con il supporto della Chiesa, per ottenere un intervento nei confronti di Carnegie. Tuttavia è realista sul fatto che non sarà facile avere gli altri Governatori dalla sua parte, considerato quanto Isla del Quitrin fa comodo a tutti nelle Isole.
La riunione si conclude con pochi altri commenti e considerazioni, e Correia si appresta a congedare i presenti quando Juan si alza in piedi.
Il Governatore lo guarda con aria interrogativa: "Sì, giovanotto? C'è dell'altro?"
Il coloviano annuisce: "Sì. Adesso parliamo di mio padre."

giovedì 9 febbraio 2012

275 - PADRE E FIGLIO

Rispetto alle celle di Isla del Quitrin, quella sotto il posto di guardia adiacente il municipio di Tavistock sembra il salotto di un barone.
Juan si guarda silenzioso le punte degli stivali, seduto contro la parete. Black Bart se ne sta su una panca scomoda, con i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo basso.
"Avresti dovuto lasciarmi fare..."
Non c'è convinzione nelle parole del pirata. L'affermazione sembra più un pretesto per oltrepassare il muro di silenzio tra i due.
"Non sarebbe cambiato nulla. Ormai avevi perso. Uccidere Garzes ti avrebbe solo garantito un'esecuzione sommaria in mare da parte di qualcuno dei suoi fedelissimi."
Bart emette un leggero grugnito: "Sarebbe stato meglio che quest'umiliazione. Sono un pirata, ho il mio onore! So benissimo che il nostro destino è la forca, ma morire in combattimento mi avrebbe risparmiato tutta l'ipocrisia e le belle parole di un processo nel tribunale di Correia!"
Juan affronta lo sguardo del padre: "Onore? Di cosa stai parlando? Che onore c'è nel trafficare schiavi? Che onore c'è nell'essere in combutta con quel sadico di Carnegie? Tu l'onore non sai nemmeno dove sta di casa! L'unico *onore* che hai saputo difendere è stato quello della tua cosiddetta *rispettabilità*, e per farlo non hai esitato a buttarmi a mare!"
Black Bart sospira annuendo con il capo. Quei pochi gesti bastano a far capire a Juan quanto suo padre si sia in realtà pentito di molte cose, ma non sia in grado di vincere il suo orgoglio e ammetterlo. Ad un tratto sembra molto più vecchio; ad un tratto sembra solo un genitore che ha sbagliato tutto.
"Puoi ancora fare qualcosa per tornare indietro, padre. Ravvediti, ammetti i tuoi errori, china la testa e implora pietà, giura di servire Salamanca!"
"Io sono solo un pirata, non so fare altro..."
"Metti da parte il tuo dannato orgoglio, per Dio! Guardami! Prendi me come esempio, il tuo peggior fallimento! Io non sono più un pirata, tu mi hai obbligato a non esserlo! Eppure ho trovato la mia strada, esistono altri modi per dimostrare il proprio valore!"
Black Bart guarda in basso in silenzio. Si sente piccolo rispetto a quel figlio rinnegato, che dopo anni gli sta dando una lezione di vita. Le parole che seguono sono una sorta di confessione: "Quando Luìs e Diego mi raccontarono delle attenzioni che avevi per quel tuo giovane amico, Adriano, ero furibondo. Ti avevo sempre considerato un buono a nulla e questa era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Dopo averti sbattuto a mare, lasciai quel poveretto nelle grinfie dei tuoi fratelli. Non so cosa ne sia stato, ma non lo vidi mai più e temo che Luìs abbia sfogato su quel poveretto tutta la sua crudeltà."
Juan sente lo stomaco contrarsi: "Perché mi dici tutto ciò..."
"Perché hai tutto il diritto di detestarmi, perché ho sbagliato, perché hai ragione. Perché ho perso di vista il mio onore di pirata, spingendomi sempre un po' più in là. A piccoli passi, anche trafficare degli schiavi non mi è parso così terribile..."
Juan resta in silenzio. Solo un impercettibile tensione nelle labbra lascia trapelare il suo dolore.
"I tuoi compagni di viaggio non lo sanno, vero?"
Juan scuote la testa.
"Già... non l'ho accettato io che sono tuo padre, perché dovrebbero loro?"
Juan si prende il capo tra le mani, il silenzio scandisce i minuti. Poi una chiave gira nella porta della cella. Un uomo apre la porta, mentre un secondo individuo in armatura entra.
"Giovanotto, in piedi. Sei libero."
Juan si alza, guarda suo padre.
"No, lui no" si affretta a precisare la guardia.
"Vai Juan... è ora che io paghi. Sono stato Black Bart per troppo tempo, è giusto che lo resti fino in fondo. Vieni qua figliolo..."
L'atteggiamento del pirata si fa paterno come non lo è mai stato. Si sfila un anello dal dito, e lo consegna a Juan: "Prendilo. Fai che la leggenda di Black Bart continui lungo una strada migliore."
La guardia fa cenno di muoversi. Juan si affretta senza dire una parola.
Avrebbe tutte le ragioni del mondo per odiarlo, per volerlo morto. Nonostante ciò è ancora suo padre.