venerdì 29 marzo 2013

353 - AZZARDO

"Una mano fortunata, amico mio" commenta Nezabal mentre Gimble porta a sé il denaro appena vinto. Il mago rilancia un piatto di tutto rispetto con leggerezza, il gomito sul tavolo e la guancia appoggiata alla mano denotano tranquillità, quasi noia.
Ben presto la fortuna gira, e le giocate si fanno più pesanti, con ingenti perdite per lo gnomo. Nonostante ciò, Gimble gioca in modo sempre più spregiudicato. Nezabal stringe gli occhi, rallenta il ritmo. Qualcosa nel comportamento del suo avversario lo insospettisce, ma la sua stessa avidità gli impedisce di chiudere la partita. Il suo avversario sembra davvero disposto a giocarsi tutto.
Gimble perde ancora e finito il denaro punta pozioni, oggetti, preziosi, fingendo, da bravissimo attore qual è, di essere disposto a tutto pur di recuperare. Anche a giocarsi l'anima.
La brama del mago non ha più limiti.
Quando a Gimble non rimane più nulla, quando il turbine del gioco l'ha portato nel baratro della follia, Nezabal esce allo scoperto, proponendogli l'estrema posta in gioco, un tutto per tutto. L'anima per tutti i suoi averi.
Notando la perplessità dello gnomo, simulata ad arte, Nezabal minimizza le conseguenze della scelta con grande affabilità, mentre pone la carta di ceramica al centro del tavolo.
Gimble accetta con fare spiritato, ma i dadi non gli lasciano scampo. Mentre ogni dado tirato da Nezabal si ferma sul massimo punteggio, il mago ride sguaiatamente attendendo che l'anima divorata dal gioco del suo avversario venga risucchiata. Ma la sua risata si strozza all'improvviso.
E' in quel preciso istante che l'atteggiamento di Gimble muta radicalmente. Con un gesto repentino il bardo si appropria della tessera in ceramica, mentre un ghigno malefico si dipinge sul suo volto.
Con la carta rivolta verso di sé, lo gnomo vede comparire sulla superficie lucida l'immagine di una creatura orribile, sferica, dalla pelle bruna sudicia e compatta, con tre lunghi tentacoli terminanti con uncini affilati, e una becco mostruoso al centro del corpo circondato da tre grossi occhi da rettile.
Gimble mantiene la lucidità per tenere il suo avversario sotto scacco e, nonostante le maledizioni di un Nezabal inferocito, minacciando di distruggere la carta detta le sue condizioni: liberare l'anima di Hassa.

martedì 26 marzo 2013

352 - NELLA TORRE DEL MAGO

Gimble sorseggia del tè caldo seduto sull'ottomana nel salone di Rabiaa. Prova un leggero senso di nausea, ma il dolore è sparito. La maga gli sta pazientemente spiegando il funzionamento delle carte di Nezabal e come comportarsi.
"...e ci vogliono alcuni secondi perché un'anima imprigionata esca del tutto dalla carta. Il piano è questo: una volta imprigionata l'anima di Nezabal nella sua stessa carta deve essere ricattato perché svincoli l'anima di Hassa. Appena da quest'ultima il fante sarà sparito, saprò che Hassa è libero e il mio servitore ci teletrasporterà nella torre in tuo aiuto. Con un po' di fortuna non correrai grandi rischi."
"Nezabal non può decidere di svincolare la sua stessa anima?" chiede Isabel, temendo che una reazione del mago possa vanificare tutto quanto.
"Sì, è possibile, ma il tempo di latenza, il breve ritardo con cui l'anima viene rilasciata gioca a nostro favore. Gimble, se Nezabal prova a reagire e la sua carta inizia a sbiadire, devi distruggerla immediatamente, a costo di condannare lo spirito di Hassa alla prigionia eterna. Non ci sono altre soluzioni se vogliamo risparmiare la vita al nostro amico."
Gimble annuisce.
Rune guarda Hassa dritto negli occhi: "Spero tu sia ben consapevole di quello che Gimble rischia per te. Sta mettendo a repentaglio la sua vita per quanto tu hai disprezzato la tua. Promettimi che se tutta andrà per il verso giusto tornerai a Gahar, chiederai perdono a tuo padre e metterai la testa a posto!"
Hassa accenna un sì con il capo.
Gimble allunga un pugnale al ladruncolo: "Direi che oltre alla tua riconoscenza un *regalino* da parte tua sia doveroso. Il tuo pugnale è magico e mi sarà utile, in cambio ti cedo il mio, è di ottima fattura e apparteneva ai pirati Blackrabbit. Presumo tu non abbia obiezioni. Bene. Ora spiegami come arrivare in contatto con Nezabal."

La torre di Nezabal si erge nella periferia nord orientale, circondata da poche case e strade larghe, in contrasto con il caotico centro cittadino. Il tramonto colora di rosso le mura, è quasi l'ora pattuita con l'emissario del mago incontrato la sera precedente grazie al giro di contatti di Hassa. Presto dovrà lasciare Rabiaa e i compagni dietro di sé, nascosti a debita distanza e avviarsi solo verso il portone della torre. E' nervoso. Riconta il gruzzoletto che racimolato per l'azzardo: l'equivalente di più di cinquecento monete d'oro, una somma degna di nota anche per un giocatore di peso come Nezabal.
Gimble scambia un'ultima occhiata d'intesa con i compagni, quindi s'incammina.
Il portone si apre da solo quando lo gnomo si avvicina, quindi si richiude dietro di lui. Superato un piccolo atrio, il bardo fa il suo ingresso in una sala con un grande tavolo e arazzi alle pareti ricamati con motivi geometrici. Una scala in pietra segue la parete ricurva sparendo dietro un muro, salendo verso il primo piano.
Una voce rimbomba nella torre: "Benvenuto nella mia dimora, caro ospite, ti prego di salire."
Gimble sale cautamente, attento ad ogni dettaglio. Lungo la spirale delle scale incontra diverse finestre che fanno filtrare la brezza fredda della sera, tutte provviste di grate.
Giunto ad un pianerottolo la voce lo invita ad abbandonare le scale ed entrare nella porta spalancata alla sua destra.
La stanza è più intima del salone al piano di sotto. Ci sono un camino e un tavolo con la shisha, delle bevande e della frutta. Le pareti sono adornate dai soliti arazzi geometrici. Il centro della sala è occupato da un tavolo, alla cui estremità sinistra siede il mago. Apparentemente il locale occupa circa metà del piano, e una porta a due ante chiusa diametralmente opposta all'ingresso pare condurre all'altra metà.
Nezabal ha barba curata e sguardo scaltro, e lo invita a sedersi con un cenno della mano ingioiellata.
Gimble nota una certa somiglianza con l'emissario incontrato la sera prima, qualcosa gli suggerisce che a Nezabal piaccia vedere di persona le sue vittime.
Facendo gli onori di casa, il mago lo invita a rilassarsi e favorire delle sue cortesie.

mercoledì 20 marzo 2013

351 - LO SCARABEO

"Seguitemi"
Rabiaa conduce Gimble e Isabel in una piccola stanza senza finestre, illuminata da candele che diffondono aromi profumati. Dalle pareti scendono drappi di sete leggere dai colori caldi, al centro solo un triclinio.
Pochi istanti dopo li raggiunge il genio, che porta in palmo un oggetto accuratamente avvolto in una stoffa verde.
Rabiaa libera con ritualità il contenuto, un gioiello in platino e smeraldi grande come un pugno e l'aspetto di un coleottero.
"Questo è uno scarabeo di protezione dell'anima, un manufatto magico estremamente raro e di grande valore, che affonda le sue radici nei tempi dell'antica dominazione di Yar-Mazar. E' in grado di salvaguardare l'anima del portatore con un aura di interdizione dalla morte e lo rende allo stesso tempo immune dagli effetti di influenza mentale. In questo modo Nezabal non potrà mai toglierti lucidità durante il gioco."
Gimble osserva dubbioso il grosso amuleto: "Dubito che un simile oggetto possa sfuggire alle divinazioni di Nezabal, soprattutto in casa sua. Anche se sicuramente limiterà l'uso della magia per non insospettire la sua preda, in questo caso basterebbe un'individuazione del magico..."
"Infatti" conferma grave Rabiaa. "Lo scarabeo deve essere celato, come è previsto che sia. Dentro di te."
"Cosa?! Cosa significa dentro?"
"Purtroppo non c'è altro modo. Lo scarabeo deve nascondersi tra le tue carni, solo così non sarà rilevabile con mezzi magici comuni. E' per questo che ho chiesto a Isabel di seguirci. Sarà un processo molto doloroso... sei ancora sicuro di volerlo fare?"
Per un attimo Gimble ha un giramento di testa, ma il sacrificio cui ha deciso di sottoporsi non gli permette dubbi.
Rabiaa lo invita a scoprirsi e stendersi sul triclinio. Gimble slaccia le fibbie del corpetto di cuoio, toglie il farsetto, le mani gli tremano. Si sdraia.
Rabiaa gli appoggia il talismano sull'addome, è freddo al tatto. Poi il dolore esplode lancinante.
Lo scarabeo si anima come una creatura viva, incide la pelle, affonda nella carne, si fa strada nelle viscere. E' come se un tizzone ardente affondasse nei suoi intestini. Gimble urla con tutta la voce che ha in corpo, si aggrappa al lettino con forza tanto da spaccarsi le unghie, le lacrime gli offuscano la vista. Dura minuti che sembrano un'eternità, poi il bagliore azzurro del potere di Erevos lenisce le sue sofferenze. Stremato, sviene.

mercoledì 13 marzo 2013

350 - UNA PROMESSA

"Perché lui è qui? Non era necessario" esordisce fredda Rabiaa dinanzi alla presenza di Hassa.
Nonostante l'indisposizione della maga nei confronti del ladro, gli avventurieri le spiegano nel dettaglio l'accaduto. Rabiaa ascolta attenta, nascondendo a fatica la sorpresa nello scoprire perché il recupero della carta stava tanto a cuore a Nezabal.
E' difficile per i nostri eroi capire quanto la maga si fidi delle loro parole, ed il timore che prenda comunque le parti del collega della Confraternita Arcana esiste.
Rabiaa decide di usare cautela: "Se ciò che dite è vero sarò la prima ad intervenire contro Nezabal, ma per farlo devo poter esaminare a fondo la carta..."
"No!" interviene istintivamente Hassa.
"Non hai altra scelta, ladro" lo stronca Rabiaa. "Se la tua anima è qui dentro sei già morto senza saperlo, e solo se mi permetterai di capire di cosa si tratta potrò dirti se esiste un qualche modo di restituirtela..."
Rabiaa prende la tessera in ceramica dalle mani di Gimble, quindi abbandona il salone lasciando gli avventurieri alle attenzioni del genio suo servitore.
Hassa si siede pallido su una delle ottomane. Gli viene da vomitare.

"Negromanzia. Non c'è alcun dubbio."
Rabiaa snocciola come le sue divinazioni abbiano confermato la veridicità del racconto degli avventurieri.
"Questo tipo di pratiche sono assolutamente inaccettabili, e sottintendono un inganno nei confronti della Confraternita. Nezabal mi ha usato, ci ha usato per i suoi scopi deprecabili, per ottenere ciò che voleva senza esporsi in prima persona."
Rabiaa assicura agli avventurieri che affronterà senza indugi il mago, informando dell'accaduto la Confraternita che li ricompenserà a dovere. Tuttavia, afferma glaciale, difficilmente sarà possibile salvare l'anima di Hassa, dal momento che solo Nezabal ha il potere di liberarla dal vincolo che la lega alla carta. Tutte le altre soluzioni, dalla distruzione alla dissoluzione magica, porterebbero inevitabilmente alla morte del ladro.
Hassa trema alle parole della maga, con gli occhi lucidi e la voce spezzata si aggrappa disperato al braccio di Rune: "Vi prego, ti prego, non abbandonatemi... non voglio morire... non voglio morire!"
"Rabiaa, ci deve essere un modo..." chiede il monaco.
"L'unico modo è ricattare Nezabal, obbligarlo a liberare l'anima, ma non vedo come sia possibile. A meno che..."
Rabiaa si fa pensierosa. Quando riprende a parlare il suo tono è grave.
"Se le carte di Nezabal funzionano come credo, nel momento in cui una carta vuota viene attivata s'impadronisce dell'anima accessibile più vicina e più debole in quel momento."
Isabel cerca di interpretare le parole della maga per i compagni confusi: "Vuoi dire che se Nezabal giocasse con qualcuno la cui anima è protetta, inaccessibile, nella carta verrebbe imprigionata la sua stessa anima?"
"Esattamente. A quel punto si tratterebbe di uno scambio di prigionieri. Anima per anima. Tuttavia devo mettervi in guardia: è un piano giocato sul filo del rasoio, estremamente rischioso per chi dovesse esporsi. Nezabal non è un incantatore novizio."
Juan scuote la testa, poi sbotta: "Ma vi rendete conto di cosa stiamo parlando? Rischiare per salvare questo sprovveduto? Vi sembra che se lo meriti? Lui si caccia nei guai e noi lo leviamo dalle pesti?"
La discussione si fa immediatamente accesa. Rune non condivide il pensiero di Juan, Hassa ha sbagliato, ma non per questo va abbandonato al suo destino. Il monaco è più che disposto a sacrificarsi. Gli fa eco inaspettatamente Hearst, anch'egli disposto a rischiare pur di mettersi in mostra agli occhi di Rabiaa. Tuttavia, né l'uno né l'altro sono abili giocatori: Juan sarebbe indubbiamente il più indicato.
"Non se ne parla" sgombra il campo il coloviano. "Ho già rischiato di rimanere strangolato per colpa di questo stronzo!"
"Ora basta! Lo farò io" la voce di Gimble zittisce tutti. "Lo farò io, ma non perché penso che la vita di Hassa sia sacra, né allo stesso tempo lo giudico duramente quanto Juan. Lo farò per *noi*, non per *lui*. Accetto per il bene del gruppo, per favorire la *nostra* reputazione, la *nostra* causa. Accetto, ma a patto di una promessa da parte vostra: che ripartiamo da zero, tutti, annullando le ripicche e i rancori del passato per le decisioni non condivise, per le azioni irrispettose. Un nuovo inizio, perché di questo abbiamo bisogno, o pian piano tutti seguiremo la strada di Gilead. Ed io non voglio che accada. Quando vi ho incontrati vi ho pagato per trovare mia sorella, e tutt'ora quello è il mio principale pensiero. Ma sappiamo tutti che c'è di più, sappiamo tutti che la posta in gioco è ben più alta."
Rabiaa sorride, piacevolmente sorpresa. Per un attimo Gimble ha l'impressione che quel sorriso nasconda una strana complicità, come se la maga sapesse di loro più di quanto immaginano, e vedesse le sue parole come una piccola vittoria.
I compagni riflettono in silenzio, gli sguardi bassi. Uno alla volta sollevano gli occhi e fanno un cenno di assenso. Un gesto che vale più di una promessa.

domenica 10 marzo 2013

349 - GIOCARSI L'ANIMA

"Grazie per avermi slegato" dice Hassa con tono amichevole sotto l'effetto dell'incantamento dell'anello, "ma vi prego ora posso riavere la carta? E' importante, lì dentro c'è... la mia anima!"
"Cosa?!?" esclamano gli avventurieri all'unisono. Gimble sbigottito osserva la tessera ceramica: inutile negare l'effettiva somiglianza tra il fante raffigurato e il ladruncolo.
Riavutisi dalla sorpresa, i nostri eroi interrogano Hassa su tutta la vicenda.
Il giovane rivela di essere caduto vittima di un sortilegio del mago Nezabal, ovvero il proprietario della carta in ceramica.
"Nezabal è un provetto giocatore, uno che gioca d'azzardo pesante. Sapete, io ho una gran passione per il gioco, e questa era una grande occasione: Nezabal mi aveva invitato alla sua torre per sfidarlo."
Hassa racconta come all'inizio tutto andasse per il meglio e la partita volgesse a suo favore. Era raggiante, a un passo da una vittoria memorabile. Poi però, la fortuna aveva girato improvvisamente. Pian piano il mago aveva eroso i suoi guadagni portandolo, nel tentativo folle di recuperare, a perdere il controllo e puntare tutto quanto.
Quando era ormai sul lastrico, Nezabal gli ha offerto un'ultima possibilità per riottenere tutti i suoi averi: giocarsi l'anima. Hassa afferma di ricordare poco di quei momenti, era completamente immerso nella pazzia del gioco, tanto da accettare. Non gli sembrava vero di avere un'altra chance.
Inutile dire come è andata finire.
"Quando ho realizzato che la mia anima era persa e veniva imprigionata nella tessera di ceramica che Nezabal aveva posto al centro del tavolo, in un momento di lucido terrore l'ho afferrata e sottratta rapidamente. Non che Nezabal sia stato a guardare: il mago mi ha scaricato addosso tutti i suoi incantesimi, ma come avrete notato me la cavo bene con le manovre evasive..."
Complice una gran dose di fortuna, una pergamena di porta dimensionale arraffata a caso tra gli averi del mago e letta all’istante opportuno, Hassa è riuscito a farla franca, portando con sé la carta con la sua anima.
"Non so quale parte del tuo racconto sia più assurda!" esclama Gimble.
"Giuro che è tutto vero! Non posso rinunciare alla mia anima!"
"Sei stato uno stolto!" lo biasima Juan, appoggiato da Hearst e Gimble. "Probabilmente ti meriti il tuo destino. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso!"
"Io... io non so cosa mi sia preso là dentro! Sono stato stregato!"
Rune interviene mostrandosi più comprensivo dei compagni: "Ha sbagliato non c'è dubbio, ma ritengo che dobbiamo trovare un modo per aiutarlo. Isabel cosa ne pensi?"
La chierica è pensierosa: "Se lì dentro c'è davvero la sua anima, distruggere la tessera significherebbe ridargliela o... morte certa. In alternativa solo un incantesimo di desiderio, o Nezabal stesso, potrebbero rilasciarla. Ciò che mi preoccupa oltremodo, tuttavia, è che questo modus operandi di Nezabal non si sia limitato solo a lui, ma che sia una consuetudine. Quello che commette è un vero affronto a Dio e alla sacralità della vita!"
"A questo punto credo che la cosa migliore sia tornare da Rabiaa e chiarire l'accaduto" dice Gimble. "Tu, Hassa, verrai con noi."

giovedì 7 marzo 2013

348 - SOFFOCAMENTO

Il ladro si agita nel tentativo di divincolarsi: "Lasciami bastardo, non ho fatto niente! Lasciami in pace!"
L'arrivo dei compagni a dare man forte a Juan determina la fine dei tentativi di fuga del furfante: Hearst gli assesta tre pugni decisi in pieno volto facendogli perdere i sensi.
"Così impari a rubare a casa dei maghi!" sentenzia il guerriero.
Gimble lancia l'incantesimo di individuazione del magico e si affretta a perquisire il ricercato; il suo pugnale, di cui si impossessa, risplende ai suoi occhi di luce azzurra, così come la tanto agognata tessera di ceramica. Quest'ultima sembra in tutto e per tutto una carta da gioco, con tanto di fante dipinto su una delle facce.
"Leghiamolo, lo consegneremo alla giustizia" dice Gimble.
Rune provvede, aiutato da Juan. C'è tuttavia qualcosa che non lo convince, e poi quel volto, visto dal vivo e non sulla pergamena, gli dice qualcosa.
"Aspettiamo a portarlo via, voglio parlargli appena si riprende" afferma Rune.
Isabel lo fa riprendere con un incantesimo di cura minore. Gli occhi impauriti del ladro corrono su coloro che l'hanno acciuffato, fermandosi sulla tessera tenuta in mano da Gimble. Il ladruncolo sembra impazzire di follia: "Dammela! Dammela! Ti scongiuro non toccarla non farla cadere non romperla per l'amor del cielo farò tutto quello che vuoi!"
"Datti una calmata!" Rune si frappone sulla linea visiva tra lui e Gimble. "Prima di tutto dimmi chi sei..."
Il ladro cerca di tranquillizzarsi, ma il suo respiro è affannoso: "Mi chiamo... mi chiamo Hassa."
I sospetti di Rune vengono confermati: costui è il figlio di Kuzan, il capovillaggio di Gahar!
"In che razza di pasticcio ti sei cacciato! Ora mi spiegherai tutto per filo e per..."
Rune non riesce a finire la frase che un rantolo alle sue spalle lo interrompe. Prima che si renda conto di cosa sta accadendo un fascio di stoffa animata avviluppa il volto di Hassa. Il mantello di Juan ha preso vita e si è avvinghiato attorno alla faccia del ladro! Il coloviano viene trascinato dalla forza del manto, cade, cerca di levarselo dal collo ma non riesce; il suo volto si fa paonazzo, tossisce cercando di respirare, strangolato dal laccio al collo, al pari di Hassa che agita le gambe impossibilitato a prendere respiro.
Con la forza della disperazione Juan lo slaccia, mentre Rune cerca di strapparlo dal viso del ladro. Aiutato dai compagni il monaco riesce a rimuovere il mantello quando Hassa è al limite del soffocamento, lasciando quindi che Hearst e Gimble lo lacerino definitivamente rendendolo innocuo.
Hassa tossisce stremato. Juan maledice tutti i maghi del creato: "Dannazione! Era una trappola! Quel mantello era una fottutissima trappola!"
Gimble si massaggia la barba: "E' vero, ma non è intervenuto subito per uccidere Hassa, l'ha fatto solo quando abbiamo cercato di strappargli informazioni. E' evidente che il nostro committente voleva assicurarsi che eseguissimo il compito senza approfondire."
"Ma perché non chiederci di ucciderlo e basta allora..." obietta Isabel.
"Per non insospettirci fin da subito con una richiesta eccessiva per il crimine commesso e farci eseguire la missione, mentre la sua morte a giochi compiuti non ci avrebbe garantito giustificazioni."
"C'è solo una persona che ci può spiegare tutto dall'inizio" afferma Juan indicando Hassa ancora dolorante. Il ladro ripete ossessivamente con un filo di voce: "La carta... datemi la carta... bastardi..."
Il coloviano attiva mentalmente il potere di charme dell'anello donatogli da suo padre. "Innanzitutto però è il caso di diventare amici..."

martedì 5 marzo 2013

347 - INSEGUIMENTO SUI TETTI

Gimble, Isabel e Rune entrano nell'edificio fatiscente, un vecchio magazzino abbandonato; Hearst e Juan sono appostati nei vicoli circostanti, pronti ad intervenire in caso di necessità.
Il sole filtra dal soffitto parzialmente crollato, illuminando il pulviscolo che aleggia nell'ambiente. Le macerie che ricoprono il pavimento sono coperte da grandi chiazze di guano di gabbiani e piccioni.
Ad un cenno di Gimble, Isabel si concentra invocando con una breve preghiera il potere divinatorio di Erevos. La sacerdotessa chiude gli occhi, visualizza nella sua mente una tessera di ceramica, e subito si materializza in lei la consapevolezza della presenza dell'oggetto nelle vicinanze.
"E' di là, in una di quelle stanze sul retro" afferma.
Gli avventurieri avanzano sul pavimento sconnesso, Gimble è il primo ad affacciarsi su uno dei locali indicati da Isabel. Lo gnomo intravede una sagoma in un angolo, ma prima che possa rendersene conto, la figura scatta come un gatto impaurito, catapultandosi fuori dalla finestra oscurata da un telo di iuta.
"No! Fermo!" urla Gimble. "Juan! Juan! E' tuo!"
Il coloviano vede l'individuo ammantato balzare nel vicolo pochi metri davanti a lui. Sente le urla dello gnomo e si getta all'inseguimento, mentre i compagni sbucano a loro volta alle sue spalle dalla finestra del magazzino.
Il fuggitivo balza su delle casse accatastate all'angolo della via, e da lì su una tettoia da cui si accede ad uno dei tetti degli edifici limitrofi attraverso una trave: una via di fuga sicuramente predisposta in anticipo. La sua agilità è notevole, ma quella di Juan e Rune non è da meno, tanto che con balzi ben calibrati si gettano all'inseguimento sui tetti, mentre i compagni cercano di tenere il passo nelle vie sottostanti.
Il ladro scavalca i cornicioni dei tetti piatti di Bakaresh saltando dall'uno all'altro laddove i vicoli sono più stretti, sfruttando travi e appigli. La sua conoscenza della città lo pone in una condizione di vantaggio mentre si muove verso aree via via più trafficate, rendendo difficile l'inseguimento degli altri avventurieri dalle strade. Tuttavia Rune e Juan non mollano il passo.
Il fuggiasco si guarda indietro preoccupato. Arrivato a ridosso di una via larga e trafficata, un colpo di fortuna sembra assisterlo: un carro stracolmo di casse in legno sta passando proprio in quel momento. Senza pensarci su salta verso il centro della via atterrando sul carro, quindi usa la posizione mobile soprelevata per aggrapparsi ad un cornicione dal lato opposto della strada e continuare la sua corsa sui tetti.
Juan e Rune capiscono di essere stati fregati, il carro si sarà già spostato quando arriveranno al limitare della via. Devono tentare il tutto per tutto. Presa la massima rincorsa, si lanciano nel vuoto.

Rune rotola a terra tra i gridolini scandalizzati della gente di passaggio. Per fortuna grazie alla sua capacità di attutire le cadute ha solo qualche graffio. Solleva lo sguardo, cerca Juan. Il coloviano si sta tirando su dal cornicione opposto, ce l'ha fatta! Quel mantello del salto s'è rivelato provvidenziale.

Il ladro non molla, Juan neppure. Il suo nervosismo è palpabile dalle volte in cui si gira per controllare la posizione dell'inseguitore. Nelle vie sottostanti un viavai di persone tra le numerose bancarelle al riparo di grandi teloni parasole è indice della vicinanza del suk.
Con uno scarto improvviso il fuggitivo si tuffa sui teli di una bancarella, scombinandone le mercanzie ma atterrando morbido, e senza badare alle proteste del mercante e della gente attorno si perde tra la folla.
Juan lo segue a ruota, atterrando a sua volta sulla stessa bancarella. Il mercante infuriato lo afferra e lo spintona, il coloviano fatica mantenere l'equilibrio, urta una donna che porta sulla testa una giara di spezie, la quale cade fracassando il prezioso carico. Diversi uomini cercano di acciuffarlo, ma Juan sguscia via come un anguilla, inseguendo la sua preda nel suk. Dietro di lui, distanziati di misura, scorge i compagni, che a loro volta si fanno largo tra la folla che invade le strade.
Il ladro devia inoltrandosi nei luridi vicoli secondari del mercato di Bakaresh, schiantando a terra le giare d'acqua accantonate vicino ai muri per ostacolare il suo inseguitore, ma per Juan evitarle è un gioco da ragazzi. Il suo passato sulle navi, le acrobazie tra il sartiame, le gare sui barili rotolanti per il beccheggio l'hanno reso pronto a sfruttare ogni sporgenza, ogni appiglio per non fermare la sua corsa. Ormai la sua preda è stanca, presto cadrà in errore, è solo questione di tempo.
Ed infatti il farabutto si infila in un vicolo lungo, troppo lungo, che lo obbliga a una corsa rettilinea. Juan non esita un secondo, sfila un coltello e lo scaglia senza fermarsi. La lama trafigge il fuggiasco alla coscia facendolo rovinare a terra. Un attimo dopo il coloviano è su di lui.

venerdì 1 marzo 2013

346 - FREGATURE

I tre giocatori di dadi sono ancora lì quando Gimble, Juan e Rune tornano a mani vuote. Il bardo cerca di far capire a suon di quattrini che ha bisogno di trovare un ricettatore di roba magica, non di cianfrusaglie comuni.
"Carissimo" gli risponde uno dei due halfling con il suo accento marcato, mentre guarda ingolosito il denaro "nun è facile accattarsi merce maggica! Rubare dinta casa dei maghi è peggio ca' rubare a casa dei mariuoli! Comunque, ramm nu' paio d'ore e dimmi dunne te posso trovare, ca' te faccio sapé!"
Concordato di ritrovarsi dopo pranzo alla Perla, gli avventurieri si dirigono alla taverna, dove si riuniscono al resto del gruppo scambiandosi le informazioni raccolte.
Mentre aspetta il suo pranzo, Gimble decide di sedersi fuori e godersi il mare. Ha voglia di suonare un po', con la mano cerca il flauto legato in vita alla cintura, senza trovarlo.
"Figli di putt...! Me l'hanno fregato!"

"Ueeee! Cumpa'!" saluta teatrale l'halfling entrando nella taverna. Nonostante con i tre di prima ci siano due facce nuove, l'atteggiamento è quello di chi conosce gli avventurieri da una vita.
"Compari un cazzo! Che fine ha fatto il mio flauto?!?"
L'halfling sembra non sentire la domanda dello gnomo: "Senti a mmè, nisciùno dei miei amici s'è fatto la casa de nu mago..."
"Dannazione, non ti credo! E poi dov'è finito il mio flauto???"
"Ueee! Nun te scaldà! Nun te dico bugie! Nun me conviene! Se vuoi ca' t'aiuto meglio, devi essere chiù preciso!"
"Lascia perdere, dov'è il FLAUTO?"
"O piffero? Mmmm... nun saprei, non l'aggiu preso io, magari il mio sogiu... sai, la professione... ma per qualche moneta torna 'cca, te lo garantisco!"
Gimble accetta spazientito di pagare, ma solo dopo che l'halfling sarà tornato col mal tolto.
Gli avventurieri discutono tra loro sul da farsi in attesa del ritorno del piccolo furfante. Quando questi ritorna, il flauto è con lui. Gimble è costretto a sborsare la bellezza di una moneta d'oro per "il disturbo", ma incassa le scuse del piccoletto: è stato un malinteso, il suo socio non voleva rubare ma solo dare un'occhiata e gli è scivolato nella borsa, e via così.
Gimble dentro di sé è furente. Si è trattenuto solo perché sa, come sanno i compagni, che questo ladruncolo li può portare sulla strada giusta per la loro missione.
Il bardo riprova a sondare la pista del furto di roba magica, ma non scuce nulla all'halfling, che risponde con fare indisponente. Seccato per il misero risultato, Gimble esce sbattendo la porta.
Quando anche il piccoletto fa per andarsene tronfio, Hearst, che ha sua volta perso la pazienza, gli chiude la porta frapponendosi tra di lui e l'uscita.
"Adesso basta tappo. Tagliamo corto. Sto cercando questo tizio" dice mostrando l'immagine del ricercato. L'halfling riflette per un secondo, quindi ammette immediatamente di conoscerlo.
"Cumpà! Dovevi dirlo subito ca' ccercavi isso! E' nu giocatore accanito che sta 'nna dimmura sgarrupata giù al porto!" esclama, completando l'informazione con i dettagli per arrivare al luogo.
"Ora finalmente ragioniamo" afferma soddisfatto Hearst, allungando dieci monete d'oro. L'halfling le arraffa, non crede ai suoi occhi: questi sì che sono polli da spennare!
Sorridente il piccoletto si avvicina alla porta per uscire, ma il guerriero non si sposta. L'halfling lo fissa con aria interrogativa.
"C'è un pedaggio per uscire, tappo, ed io lo riscuoto. Fanno undici monete d'oro."
Hearst fa schioccare le dita per risultare più convincente.
L'halfling solleva le mani in segno di resa, ridendo: "Vabbuò, vabbuò, m'agg fregato!"