lunedì 30 luglio 2012

306 - UN FAVORE PER TUTTI

"Ecco i vostri soldi"
Gli avventurieri tardano un attimo a rivolgere l'attenzione al sergente Xandru, rapiti dalla magnificenza del palazzo ducale. Sebbene abbiano avuto accesso solo alla zona militare dell'Alhambra, la più antica e austera della grande fortezza rossa, l'armonia delle architetture rapisce lo sguardo. Dalla torre di difesa della caserma, la più grande del complesso, si può vedere tutta la città, sovrastata dal Tempio del Drago con le sue splendenti maioliche turchesi.
Hearst, più sensibile a panorami mozzafiato di altro genere, afferra il gruzzolo dalle mani del sergente. Inoltre decide di togliersi qualche curiosità, chiedendo informazioni sull'arena nella città bassa.
Xandru si dimostra un valido cicerone, e spiega che l'arena viene utilizzata per celebrazioni, rappresentazioni, ma soprattutto combattimenti, normalmente al primo sangue.
Tuttavia gli eventi più attesi sono ben altri. Dopo l'estate, in previsione delle festività autunnali e del capodanno, giunge da Ouarzazade la carovana di gabbie magiche di un ricchissimo fattucchiere elfo. Costui organizza combattimenti all'ultimo sangue contro i mostri che porta a Bakaresh. L'uccisione nell'arena di queste creature è una ricorrenza molto sentita, da cui sicuramente il Granduca ricava grandi introiti, così come del resto anche la folta schiera di allibratori che imbastiscono scommesse di ogni sorta.
"Mi sembra che l'argomento ti interessi parecchio" commenta il sergente notando l'espressione attenta di Hearst. "Ma ti metto in guardia: capita anche che qualche avventuriero faccia il passo più lungo della gamba, col risultato che poi non si riescono più nemmeno a trovare tutti i pezzi da ficcare sottoterra!"
"Non sarà il mio caso!" ribatte spavaldo Hearst, immaginandosi già trionfatore al centro dell'arena da un mese a quella parte.
"In effetti, da come hai sistemato quella... cosa... nella torre..."
Xandru si fa pensieroso per un istante. Nella sua mente balena l'idea di una proposta.
"Sareste disposti a fare un piccolo favore alla guardia cittadina?"
L'espressione di Xandru sembra non promettere nulla di buono.
"Se la cosa ci ficcherà nei guai come con Najib, no." risponde secco Gilead.
Il sergente scuote la testa e agita le mani davanti a sé: "No, no. Nessun guaio. Si tratta di dare una lezione a un gruppo di teste calde che infestano la Perla, giù al porto."
"La locanda nominata dalla wight..." precisa Isabel.
"Esatto. So che ci andrete..."
Xandru sorride a mezza bocca.
"Si tratta di mercenari. Si fanno chiamare Compagnia degli Urlanti - non a caso, visto il baccano che fanno. Sono capitanati da un tipo pelato chiamato Zero."
"Perché non ci pensa la guardia cittadina?" chiede Rune.
Il sergente allarga le braccia: "Ci abbiamo provato. La cosa è incredibile, ma non appena combinano qualcosa e proviamo ad intervenire, questi ricevono una soffiata e spariscono dalla circolazione. Purtroppo di questi tempi, con le celebrazioni in vista, non ho uomini da piazzare al porto costantemente!"
"Quindi? Cosa dovremmo fare?" chiede Hearst.
"Date loro una lezione. Suonategliele. Fate che cambino aria, che capiscano che non comandano loro. Ci siamo intesi, no? Senza spargere troppo sangue, possibilmente..."

sabato 21 luglio 2012

305 - SILLABE DALL'ALDILA'

Quando la mattina seguente gli avventurieri arrivano alla torre sono tutti già sul posto. Sahla accompagnato dal sergente Saver Xandru, Maestro Ashanti vestita con l'armatura dell'Ordine e scortata da due Cavalieri del Drago, e un Najib visibilmente agitato; impossibile dire se per la paura di rivelazioni compromettenti o semplicemente per il pasticcio in cui si è ficcato.
Il Capitano taglia sui convenevoli impaziente di chiudere la vicenda e precede tutti nella torre. Solo Najib chiede di poter restare fuori, piantonato dai cavalieri.
Una volta all'interno Sahla non riesce a reprimere un'esclamazione di stupore e disgusto davanti al macello lasciato da Hearst. Xandru si porta la mano alla bocca, ricacciando un conato di vomito alla vista di quello scempio del cadavere.
Isabel e Ashanti affiancano il Capitano, che le invita a procedere.
La sacerdotessa si china sul corpo martoriato, e mentre con una mano tiene il simbolo di Erevos con l'altra preme sulle labbra della defunta, cantilenando una nenia ripetitiva. Un debole bagliore blu avvolge il simbolo sacro. Isabel è pronta a porre la prima domanda.
"Chi ti ha ucciso?"

Nessuna risposta.
Ashanti scuote la testa: "Le impressioni residue nel corpo sono andate perse, specie se legate al fatto violento che la tramutata in non-morto..."
Isabel decide di non demordere, passando a domande meno dirette. Afferrato da Rune il drappo rosso che galleggiava nella cisterna lo solleva davanti al viso senza vita.
"Da dove viene questo scialle?"

Le labbra si muovono emettendo un bisbiglio talmente impercettibile che il senso sfugge. Ad Isabel pare di aver capito "Ber-nard", ma il nome, oltre a non essere tipico di Kal-Mahda, non dice niente a nessuno.
Il simbolo perde il suo bagliore.
"Non siamo giunti a nulla" sentenzia Sahla spazientito.
"No!" protesta con veemenza Isabel. "Siamo sulla strada giusta. Inoltre posso ripetere l'incantesimo ancora una volta e porre altre due domande. Quindi vi prego di pazientare e non interrompere."
Sahla reagisce con una smorfia alla presa di posizione della chierica, ma prima che possa ribattere Ashanti lo affronta con lo sguardo. Il Capitano decide di desistere, purché questa farsa finisca alla svelta.
Isabel si concentra ripetendo l'incantesimo, e ripetendo poi la stessa domanda di prima. Questa volta l'attenzione permette di cogliere le sillabe appena percettibili: "Per-la"
"E' il nome di quella fogna di locanda giù al porto" commenta Xandru.
Ecco una pista pensa Isabel, prima di porre l'ultima domanda, usando l'accorgimento della terza persona per evitare di sprecarla: "Qual è il nome del proprietario di questo scialle?"
"...mi-na"
Le sillabe escono come un rantolo.
Ashanti fa congetture sul significato, probabilmente il nome "Amina", molto comune tra gli Yar'i, ma viene bruscamente interrotta da Sahla.
"Ora basta con questa farsa!" taglia corto il Capitano. "E' evidente che non c'è nulla da sapere. Questa poveretta non ha risposto alla domanda sulla sua uccisione, e il fatto che abbia associato un pezzo di stoffa alla Perla o che questo appartenga a una fantomatica Amina non chiarisce nulla! Per quanto ne so, questa donna potrebbe essere essere diventata una wight per qualunque motivo."
Ashanti accenna a protestare, ma un gesto di Sahla la stronca.
"Ne ho abbastanza di congetture e sospetti. Najib verrà immediatamente reintegrato in servizio, e i cavalieri torneranno alla loro giurisdizione" chiude il Capitano, senza risparmiare una stoccata per le ingerenze dell'Ordine.
"Ma... Capitano..." accenna timidamente Isabel.
Sahla la zittisce con un'occhiata, ripagandola dell'umiliazione subita poc'anzi. Poi, con aria di scherno continua: "Se volete insistere e continuare a fare indagini su qualcosa che non esiste siete liberi di farlo. Vi assicuro che se emergerà qualcosa sarò ben felice di ascoltarvi... anche se dubito capiterà."
Maestro Ashanti prende in disparte Isabel, pregandola se possibile di approfondire alla Perla. L'Ordine non gode della libertà di movimento degli avventurieri e la Chiesa sarà grata di un aiuto che eviti ulteriore imbarazzo con la milizia cittadina. Quindi richiama i suoi uomini e si congeda.
Quando Ashanti se ne va, Sahla sembra scaricarsi di un peso. Il suo volto si fa rilassato e i suoi modi più cortesi.
Il Capitano riconosce agli avventurieri il merito di aver aiutato un membro della Guardia, sebbene il loro servizio sia stato offerto senza che i superiori ne sapessero nulla. A tal proposito, per regolarizzare il tutto, verranno pagati come si conviene. Il sergente Xandru salderà alla caserma nell'Alhambra con ottanta monete d'oro.
Mentre le guardie nella torre iniziano a ripulire, il Capitano si allontana, augurandosi di non dover mai più tornare ad occuparsi della faccenda.

lunedì 16 luglio 2012

304 - QUESTIONE DI COMPETENZE

La torre è esattamente come i nostri eroi l'avevano lasciata, a conferma di quanto riferito dalle due comari. Najib non è più tornato qui. Non resta altro da fare che tornare al Ristoro del Pellegrino.
Il loro arrivo alla Locanda tuttavia pare fosse atteso. Fuori dall'uscio, sulla grande scalinata della Torre del Drago ora illuminata da decine di fiaccole, la proprietaria Zer'a Nahita li indica al gruppetto eterogeneo di armigeri che la circondano, composto sia da guardie cittadine che da Cavalieri del Drago. Questi ultimi fanno per andare incontro agli avventurieri, ma un gesto della mezzelfa li blocca: sarà lei a parlare con i suoi clienti.
Nahita si rivolge preferenzialmente a Isabel: "Perdonate il trambusto, viaggiatori, ma le insistenti domande della vedetta Najib qua fuori hanno attirato l'attenzione di diversi ospiti della locanda, che hanno segnalato la questione sia ai suoi superiori, sia ai Cavalieri del Drago, dal momento che costui cercava aiuto clericale."
Una delle guardie cittadine, spazientita dai modi della sacerdotessa, prende la parola: "Sappiamo che vi siete allontanati con lui e che avete accettato di aiutarlo. Najib è dentro la locanda e ci ha raccontato tutto. Il Capitano Emmanwel Sahla vuole vedervi" dice sbrigativo, indicando la porta alle sue spalle.
"E non solo il Capitano!" aggiunge un cavaliere piccato, senza risparmiare un'occhiataccia al collega della guardia cittadina. "Anche il Maestro dell'Ordine è qui e ascolterà ciò che avete da dire!"
Gli avventurieri vengono accompagnati all'interno. Najib siede con lo sguardo basso su uno scranno, gomiti appoggiati alle ginocchia e mani conserte. Ad Isabel non sfugge che la sua arma d'ordinanza, che gli pende dalla cintola, è una mazza leggera. Forse solo una coincidenza, tuttavia...
Ai fianchi di Najib si trovano due uomini e una donna dalla pelle scura, di chiare origini Mazar'i. Uno dei due uomini, dall'atteggiamento nervoso vestito con le insegne nere della guardia cittadina, si fa avanti appena si accorge dell'ingresso dei nuovi arrivati.
Dopo averli squadrati per bene, si rivolge a Najib: "Sono loro?"
La guardia della torre di vedetta annuisce.
Lo sguardo dell'uomo torna sugli avventurieri: "Per vostra informazione, io sono il Capitano della Guardia di Bakaresh, Emmanwel Sahla. Voglio essere chiaro fin da subito perché ne ho già fin sopra i capelli di tutta questa faccenda. Mi aspetto che ora mi raccontiate tutto quello che è successo, se non volete passare dei guai nelle ore a venire."
I nostri eroi, colti alla sprovvista dall'atteggiamento ostile del Capitano e ben poco desiderosi di passare delle grane, non si fanno pregare e raccontano per filo e per segno tutti gli avvenimenti, dall'ingaggio di Najib al wight nella torre.
Sahla ascolta con attenzione, senza mai tradire alcuna emozione attraverso l'espressione costantemente imbronciata del suo volto.
Terminato il racconto, riprende la parola: "Sebbene io consideri Najib un idiota per non essersi rivolto alla guardia per risolvere la faccenda, da quel che dite mi pare di capire che la torre non è più infestata e che la questione può essere chiusa. Tanto di guadagnato. Ora finiamola con questa perdita di tempo e torniamo ognuno al proprio posto..."
"Non così presto Emmanwel..." lo interrompe la donna Mazar'i.
La sua voce pare innervosirlo ancora di più. I suoi occhi diventano due fessure: "Non è affar tuo, Maestro..."
Gli avventurieri si scambiano un'occhiata di sorpresa. Quella donna scura, vestita con una semplice tunica bianca...
"Perdonate la maleducazione del Capitano per non avermi ancora dato occasione di presentarmi. Io sono Ashanti, Maestro dell'Ordine dei Cavalieri del Drago."
Il Maestro è una donna!
Ashanti continua: "Capitano, non puoi chiudere la questione come se si trattasse di un furto di capre. Un'infestazione non può essere sottovalutata, ne vanno ricercate le cause. Potrebbe esserci in atto un'attività demoniaca, o un crimine impunito, visto che si trattava di una donna incinta. Concorderai che il modo di affrontare il problema del tuo sottoposto sia stato quantomeno inusuale, e che ci sono ancora parecchi lati oscuri. L'infestazione potrebbe propagarsi e minacciare Bakaresh, e ritengo che sia dovere della guardia cittadina considerare anche questa eventualità."
Punto sul vivo, Sahla reagisce con una smorfia, prima di cercare inutilmente di smontare quanto affermato da Ashanti. Il Capitano è visibilmente irritato dalle "interferenze" dei Cavalieri nella gestione della sicurezza cittadina, ancor più per il fatto che c'è di mezzo uno dei suoi uomini, ma Ashanti non sembra una che si fa intimorire. Pur non essendo sua giurisdizione, chiude la discussione avvertendo Sahla che se la faccenda non dovesse finire qua, sarà poi lui a risponderne al Gran Dragone Rikmalit e al Granduca.
Sahla, esasperato, cede: "Bene dunque, indaghiamo. Cosa intenderesti fare, Maestro?"
Ashanti sorride: "Abbiamo qui una Contemplatrice. Presumo che il potere di Erevos vi conceda di parlare con i morti."
Isabel risponde affermativamente, puntualizzando tuttavia che le servirà una notte di riposo per farlo.
"Bene. Lasceremo allora che siano coloro che si sono occupati della questione finora a portarla a termine, così eviteremo ogni sovrapposizione di competenze. Sarà la stessa wight a spiegarci il motivo del suo ritorno tra i vivi. Capitano, porta via il tuo uomo e tienilo in fermo fino a quando tutto sarà chiarito domattina alla torre."
Sahla borbotta qualcosa infastidito, poi ordina all'altra guardia, il sergente Xandru, di prendere Najib in custodia. Infine precedendo i suoi uomini se ne va.
Quando tutti sono usciti, Ashanti ringrazia gli avventurieri, ma allo stesso tempo li redarguisce: "Avreste potuto rivolgervi al Tempio comunque, anziché rischiare il risucchio di energia di cui i wight sono capaci."
"Purtroppo solo una volta sul posto ci siamo resi conto di cosa stavamo affrontando" si giustifica Isabel. "Ad ogni modo domani tutto sarà più chiaro."
"Spero tu abbia ragione Contemplatrice" conclude Ashanti. "Le impressioni dai corpi dei non-morti sono molto più difficili da rievocare. L'unica nostra speranza è che sia morta da poco."

venerdì 13 luglio 2012

303 - PETTEGOLEZZI

Raggiunto il ponte che collega l'Alhambra alla torre del Tempio, non ci vuole molto ai nostri eroi per notare che non c'è traccia di Najib. I due Cavalieri del Drago di guardia hanno appena montato il turno del vespro, e interrogati non sanno fornire alcuna indicazione.
"Sentivo che c'era qualcosa di strano" dice Rune.
"Non mi sorprenderei se a questo punto Najib c'entrasse qualcosa con la morte di quella poveretta, e non escluderei che abbia aspettato che ci allontanassimo dalla torre per far sparire ogni prova!" realizza Gilead.
Hearst impreca sottovoce, e precedendo i compagni s'incammina a grandi passi verso l'Arco degli Appesi. Attraversato il ponte naturale, si ferma davanti a due comari velate intente a chiacchierare sedute su una panca in pietra a ridosso di una delle prime abitazione.
"Avete visto Najib, la guardia della torre di vedetta?" chiede a bruciapelo.
Le due scuotono la testa silenziose, intimidite dalla stazza del guerriero e dal suo tono concitato.
Rendendosi conto dello spavento suscitato nelle due, Hearst rilassa l'atmosfera elargendo loro un sorriso. E' strano come il guerriero risulti simpatico alle vecchiette, alle pettegole, alle comari. Era già accaduto alle Colline dello Zucchero, una volta che si rivolge loro con la sua goffa cortesia, lo vedono come un ragazzone bonario, da cui non hanno nulla da temere. Così accade anche questa volta, e prima ancora che i compagni lo raggiungano Hearst ha due nuove zie.
Appurato che Najib non è mai passato di qua, il guerriero apprende che l'uomo vive con la moglie in prossimità della Piazza dell'Obelisco.
Ormai certo che le due signore conoscono vita, morte e miracoli di ogni individuo che passa per l'Arco degli Appesi, Hearst chiede loro informazioni su una donna incinta, vestita di arancione e rosso. Le comari annuiscono.
"L'abbiamo vista passare spesso" attacca una.
"Ma non conosciamo il suo nome" continua l'altra.
"Una bella ragazza."
"Davvero."
"Dovrebbe abita sul promontorio della torre di vedetta."
"Ma non siamo sicure, forse in città bassa, o forse è là che lavora."
"Comunque è da tre o quattro giorni che non si vede."
"Avrà avuto il bambino, anche se mi sembrava un po' presto..."
"Grazie signore" le interrompe Hearst gentilmente, ricambiato da un largo sorriso delle due. Il guerriero legge nei loro occhi la voglia di pizzicargli le guance, e un brivido gli corre lungo la schiena. Sfidare un orsogufo a mani nude gli farebbe meno paura.
"Siete state molto utili e molto cortesi" dice accomiatandosi. Poi però si ferma di colpo. Un ghigno furbesco gli compare sul volto mentre si gira verso le due comari.
"Per caso conoscete Saloua, la cameriera della Spinarossa?" chiede con estrema gentilezza.
Le due cominciano a snocciolare parentele della ragazza per arrivare all'univoca identificazione. E' allora che Hearst gioca il suo asso nella manica.
"So che è fidanzata, conoscete anche il suo pretendente?"
Un attimo di silenzio, le comari si guardano, sgranano gli occhi. Hearst sorride. Non lo sanno, e se non lo sanno non è vero. Poi la morbosa curiosità delle donne si scatena subissando il guerriero di domande.
Hearst cerca di resistere al loro fiume di parole rispondendo sempre in modo garbato, ma ben preso la situazione precipita, ed una delle due signore, che man mano dipinge sempre più Saloua come una sgualdrina elevando invece sul piedistallo la propria primogenita, arriva ad invitare il guerriero a conoscere sua figlia la sera seguente, e a fermarsi a pregare il Drago con loro.
Solo l'intervento di Rune che millanta un impegno urgente lo salva. Almeno per ora.

domenica 8 luglio 2012

302 - LA WIGHT

Una luce blu abbagliante.
La creatura emette un gemito di dolore, e con un balzo si tuffa nella cisterna, scomparendo sotto la superficie scura dell'acqua.
Gilead si inginocchia, privo di forze. Se non fosse stato per il potere di Erevos evocato da Isabel sarebbe morto in balia degli artigli di quella mostruosità. Rune gli corre accanto per dargli sostegno.
"Che diavolo era? Un fantasma?" chiede rabbioso Hearst.
Isabel scuote la testa: "No, credo si tratti di una wight, un riflesso perverso della forma che quella povera donna possedeva in vita. Il potere del simbolo di Erevos la terrà lontana per un po', ma non per molto..."
"Aveva la testa spaccata, ed un figlio in grembo" dice Gilead a fatica. "Ha subito una morte violenta, per questo non trova pace. Hearst... nella cisterna... galleggia un drappo..."
Il guerriero si avvicina al bordo della vasca. Non dovrebbe essere difficile recuperare lo scialle con lo spadone.
"Fai attenzione..." dice Isabel.
"E' fatta di carne, è lei che deve fare attenzione a me..."
Hearst cala la lama nella cisterna, solleva il drappo, lo appoggia sul bordo.
Poi artigli come acciaio graffiano le pareti, un grido carico d'odio scuote l'oscurità. Mille gocce d'acqua investono il volto del guerriero mentre il non-morto balza fuori dalla vasca. E' più veloce di quanto Hearst si aspettasse, cerca di spingerla via, ma non riesce ad allontanarla prima che le sue unghie affondino nella carne. Per un istante è come se la vita gli scivolasse via, poi la spinge lontano con tutte le sue forze.
Combattendo contro la sensazione di vuoto, Hearst riporta la mano sinistra sull'elsa della spada, menando istintivamente un colpo orizzontale di taglio. La lama incontra il balzo di ritorno della wight, affonda nel ventre pallido, lacerando le vesti e scoprendo il feto in un esplosione di sangue nero, fino allo schioccare della spina dorsale che si spezza.
Nessun urlo mentre il corpo martoriato scivola a terra, solo il vagito del neonato che si spegne lentamente.
Hearst tira il fiato.
Isabel si accerta delle condizioni sia del guerriero che dell'elfo: "Avete rischiato molto" afferma, "i colpi del wight oltre a risucchiare l'energia vitale, possono privare dei ricordi, del sapere, dell'esperienza. Siete stati fortunati."
"Non si può dire altrettanto di lei" ribatte Rune, indicando il cadavere della donna.
Il monaco afferra lo scialle rosso, abbandonato sul bordo della cisterna. Il suo sguardo si sofferma su una "A" arancione ricamata sulla stoffa scarlatta.
"C'è qualcosa di strano in questa faccenda, e ho la sensazione che Najib non ci abbia raccontato tutto quanto. Andiamo, credo che ci debba delle spiegazioni..."

domenica 1 luglio 2012

301 - L'ISTINTO

"Mi... mi dispiace, ma non ce la faccio ad accompagnarvi" dice Najib, pallido in viso. "Ho troppa paura. Vi aspetterò qui, al ponte che collega il Tempio con la città alta. Proseguite oltre l'Arco degli Appesi e vedrete la torre di vedetta. Non potete sbagliare. L'entrata è aperta, quando sono scappato l'ho lasciata così e non ho più avuto il coraggio di tornare."
Gli avventurieri non perdono altro tempo a compiangere Najib, e superato l'arco di roccia che porta all'estremità sud occidentale della scogliera si avvicinano alla torre di vedetta, ben in vista sulla sommità del costone scosceso fatto di aridi terrazzamenti artificiali. Il sole rosso infuocato si staglia alla sue spalle gigantesco, avviandosi verso il mare per il tramonto. Le ore di luce sono poche in questa stagione.
Il bastione è un edificio a base circolare largo trenta piedi, alto altrettanto. L'interno è scuro, illuminato a malapena dalla luce scarlatta che filtra da strette feritoie disseminate su ognuno dei tre piani, costituiti da semplici passerelle di legno che corrono lungo la circonferenza interna della torre, collegate tra loro da scale a pioli.
Al pian terreno c'è una vasca profonda che funge da cisterna dell'acqua. Rune si avvicina alla parete, afferrando e accendendo una fiaccola per migliorare l'illuminazione.
"Shhht!" dice Gilead chiedendo il massimo silenzio. "Ascoltate!"
Nell'assenza di rumori è come se un velo tetro calasse sulla torre. Il suono di gocce che cadono rieccheggia nella cisterna, trasformandosi poi in passi intrisi d'acqua, quindi nel vagito lontano di un neonato, forse proveniente da fuori, forse no.
Un brivido corre lungo la schiena dei nostri eroi, spalla a spalla al centro della torre, che con i sensi all'erta cercano di percepire ogni minimo rumore, ogni piccolo movimento.
Un riflesso della fiaccola, di fianco alla vasca c'è dell'acqua tracimata.
"Non l'ho notata quando siamo entrati" afferma Isabel, avvicinandosi cautamente. Il suo cuore accelera. Non può essere un caso, non può essere uscita da sola. Il livello della cisterna è un metro e mezzo sotto il bordo.
Alcune gocce d'acqua cadono dalle assi malconce delle passerelle superiori sul volto della sacerdotessa. Isabel si ritrae di scatto; la paura di una presenza sopra la propria testa è il primo pensiero istintivo, più rapido rispetto alla spiegazione razionale, ovvero la condensa.
Razionalizzare, spiegare, capire sono sempre stati una luce nelle tenebre per Isabel, un guscio per imprigionare l'istinto con le sue decisioni affrettate e l'impulsività. Essere colta di sorpresa da quel comportamento atavico la infastidisce, perché le mostra che non è ancora in grado di capire pienamente sé stessa.
Ma a volte l'istinto ha ragione.
Un'ombra sfuggente corre su una passerella, ai bordi della campo visivo.
"L'avete vista?" chiede Gilead, raccogliendo il cenno affermativo dei compagni. "Rune, andiamo."
L'elfo e il monaco salgono al primo piano. Dalla posizione sopraelevata non lontana dalla cisterna, scorgono chiaramente al suo interno un drappo rosso che galleggia. Strano che Isabel non se ne sia accorta.
Poi accade tutto in pochi istanti.
Nella semioscurità, sulle assi a pochi metri da lui, Gilead la scorge: una donna dalle vesti fradice, coi lunghi capelli neri bagnati che le coprono il volto.
Ed è ancora l'istinto. Niente domande, niente pensieri, solo la sensazione di pericolo e il sangue che batte nelle orecchie. Gilead incocca fulmineo una freccia, scagliandola dritta nel petto della donna.
La figura lancia un urlo straziato, allargando le braccia e volgendo in alto il capo, rivelandosi agli occhi appena prima di balzare nel vuoto da una parte all'altra della passerella con l'intenzione di farla pagare all'elfo. Le vesti bagnate rosse e arancioni s'incollano alla grossa prominenza sul ventre, da cui provengono i lamenti soffocati di un neonato, mentre la testa sotto i capelli scuri è spaccata dal lato sinistro.
Gilead cerca di sfuggire all'attacco in salto, ma prima che possa reagire gli artigli di quelle mani pallide e fredde sono su di lui. Ed il loro tocco è gelido, ma non del gelo che brucia la pelle. Del gelo che ti divora dentro. Nell'istinto.

lunedì 25 giugno 2012

300 - IL GUARDIANO DELLA TORRE

Il ritorno al Ristoro del Pellegrino è una scelta obbligata, e percorrere gli innumerevoli scalini della torre durante l'ora più calda della giornata è faticoso nonostante sia inverno, tanto che i nostri eroi si chiedono come sia possibile risalirla nella stagione torrida.
Giunti in prossimità della locanda e incrociato un gruppo di pellegrini in uscita, Gilead non può non notare un individuo grassottello dai baffi scuri vestito con la casacca nera della guardia cittadina, che appoggiato ad una parete a poca distanza dall'uscio squadra tutti i pii avventori con sguardo nervoso. Gli occhietti vispi e scuri dell'ometto si soffermano poi sui compagni, bloccandosi su Isabel, per arrivare infine a lui.
Quando gli sguardi s'incrociano la guardia pare aver raggiunto il suo obiettivo, e con un gesto fugace fa cenno all'elfo di voler conferire. Gilead attira l'attenzione dei compagni sull'uomo, avvicinandosi quindi in testa al gruppo.
La guardia pare volersi fare invisibile, si guarda attorno con circospezione, e quando gli avventurieri sono sufficentemente vicini parla con un filo di voce.
"Perdonatemi signori, perdonatemi se vi disturbo! Ho notato che tra voi c'è una sacerdotessa ed io ho grande bisogno d'aiuto!"
Gli avventurieri si scambiano un'occhiata interrogativa.
"Chi siete?" chiede freddamente Gilead. "Presentatevi."
"Sì... scusate... certo. Il mio nome è Najib, e sono un guardiano della torre di vedetta della città. Beh, l'unico guardiano della torre a dire la verità, in questo periodo di relativa pace con Yar-Mazar..."
"E perché vi serve un sacerdote? Ma soprattutto, perché avete fermato proprio noi, visto che ci troviamo proprio nel Tempio del Drago d'Oro?" incalza l'elfo.
"Gilead, non essere irruento" dice Isabel, cercando di placare il nervosismo che da parecchi giorni contraddistingue il ranger. "Lascialo parlare. Cosa vi affligge?"
"Grazie sorella" replica Najib, con un inchino leggero. "Il mio problema è che sono terrorizzato, e non riesco più a lavorare come dovrei! C'è una presenza nella torre, qualcosa che mi fa gelare il sangue, qualcosa che aspetta solo di uccidermi! Per questo sto cercando un sacerdote!"
Gli avventurieri si scambiano occhiate di intesa.
"Prendiamo una stanza" suggerisce Rune "e continuiamo questa chiacchierata in privato. Ci spiegherete tutto con la dovuta calma."

"Dunque non sai cosa sia questa presenza e non si era mai manifestata prima" riassume Gilead, muovendosi avanti e indietro nella stanza. "Quello che ancora non mi è chiaro tuttavia è perché ti stia rivolgendo a noi, e non ai tuoi superiori, o al clero di Mujon, o ai Cavalieri del Drago..."
Najib stringe le labbra prima di parlare. Il manifesto timore dell'uomo è quello di perdere il suo lavoro, ed è per questo che non si rivolge ai suoi superiori. Nelle sue convinzioni, un guardiano dovrebbe fare la guardia, e la presenza di un'entità estranea nella torre lo mette nella condizione di non aver fatto bene il suo lavoro. Agli occhi di Najib, poco importa la natura dell'intruso. Isabel lo osserva mentre parla, sembra sincero.
Un timore simile giustifica la sua scelta di non rivolgersi nemmeno ai Cavalieri del Drago o alla Chiesa, a causa di una certa "rivalità di competenze" tra il capitano Sahla della guardia cittadina e Maestro Ashanti. A quanto pare la guardia ci tiene a lavare i panni sporchi in casa, e non farlo potrebbe attirare su Najib le ire del capitano,
Per questo ha pensato che la cosa migliore fosse trovare un sacerdote forestiero, per cercare aiuto di nascosto, e quale posto migliore della Locanda del Pellegrino.
Gli avventurieri si prendono qualche minuto per consultarsi.
"Dobbiamo aiutarlo" afferma senza esitazione Isabel.
"Questo è un poveraccio. Non ci pagherà" ribatte Hearst.
"E' vero, ma in questo momento abbiamo bisogno di farci degli amici" sostiene saggiamente Rune "soprattutto all'interno della guardia cittadina. Inoltre non dimentichiamo che se veramente si tratta di qualcosa di soprannaturale, potrebbe nascondere una pista, un indizio utile alla nostra missione."
Isabel e Gilead annuiscono. Hearst lascia perdere, mormorando tra sé e sé: "Mi piacerebbe sapere qual è ormai la nostra missione..."

mercoledì 20 giugno 2012

299 - VENTI FAVOREVOLI

"Se tutto va bene, arriveremo a Bakaresh in meno di una giornata!" esclama baldanzoso Vasco Tenzio. L'affermazione provoca un'immediata e scaramantica toccata dei gioielli di famiglia da parte di Gimble, mentre Juan è costretto a reggere un cannocchiale malandato che gli viene passato dal capitano della Mandibuona. Il giovane coloviano prova a sbirciarvi dentro, vedendo all'orizzonte solo la linea del mare sdoppiata dal pessimo allineamento delle lenti.
"E come fai a dirlo?" chiede Juan rigirando il trabiccolo tra le mani.
Vasco fa spallucce, esibendo il suo sorriso furbastro: "Ma dai venti favorevoli, no?"
Dopo la tumultuosa fuga da Salamanca, il viaggio con la Mandibuona è stata una scelta obbligata, unica imbarcazione disposta ad affrontare - incoscientemente - il viaggio verso Bakaresh, complice un Vasco Tenzio ansioso di trovare nuove opportunità ed espandere l'attività di famiglia in lande sconosciute.
Come da tradizione, la Mandibuona non ha smentito le aspettative. Per buona parte della traversata Juan e Gimble hanno passato il loro tempo a svuotare acqua imbarcata sottocoperta, a cercare Spettro per farlo sgobbare, a tentare di estrarre Spugna dal barilotto di rum in cui si era incastrato, a tornare a bordo dopo essere stati gettati a mare a seguito di una cordiale discussione con un Mena geloso del suo timone, tanto da non volerlo nemmeno far toccare al giovane coloviano, ansioso di riprovare l'ebbrezza di condurre un'imbarcazione. Anche se imbarcazione è una parola grossa, considerando che almeno in tre occasioni solo il proverbiale fondoschiena di Tenzio ha impedito alla Mandibuona di colare a picco.
Juan ritorna il cannocchiale malandato a Vasco, che sorride.
Una delle vele sospinta dal forte vento strappa del sartiame, tra le bestemmie di Turbo.
Le cime impazzite colpiscono un barilotto che rotola verso il parapetto a cui era appoggiato sospirante Sponda, sfondandolo e catapultando il marinaio tra le onde.
Juan sospira: "Speriamo bene..."

domenica 17 giugno 2012

298 - SALOUA

"Purtroppo la locanda è al completo, e lo resterà per almeno una settimana" afferma Khalid con espressione dispiaciuta.
Hearst borbotta qualcosa tra sé e sé, prima di avviarsi ad uno dei tavoloni all'aperto e prendere posto. I compagni lo raggiungono.
"Almeno fermiamoci a mangiare qualcosa, sto morendo di fame" afferma il guerriero, seguendo con lo sguardo gli spostamenti della giovane cameriera della locanda. Quando la ragazza si avvicina Hearst anticipa i compagni ordinando per tutti un pranzo di più portate, accompagnato da della buona birra, non dal solito tè. Birra che non essendo bevanda di queste terre viene importata solo per i clienti più facoltosi, e costerà ad Hearst un extra non da poco.
Quando la giovane s'allontana, Gilead riprende il guerriero: "Dannazione Hearst, non mi sembra il caso di fare tanto il facoltoso con tutto quello che dovremo spendere per stare alla Locanda del Pellegrino!"
In effetti dopo gli ultimi avvenimenti i borselli degli avventurieri sono particolarmente vuoti.
"Forse è il caso di fare un paio di conti, prima di scialacquare denaro inutilmente. Voi quanto avete?" suggerisce Isabel.
Il risultato è sconsolante: solo Gilead e la chierica hanno qualche moneta, Rune viaggia senza denaro e Hearst è al verde. Fatto, quest'ultimo, che sembra irritare non poco l'elfo: "Bravo Hearst! Ordini alla grande e poi non hai un soldo bucato per pagare!"
"Non fare il taccagno Gilead! Pagherai tu per questa volta, sei quello con più oro! Te li ridarò al primo compenso per il prossimo lavoro!"
"E' il minimo! Scordati di avere credito da me!"
L'arrivo dei piatti, numerosi e abbondanti, interrompe la discussione. Kamal guarda con la bava alla bocca, finché Isabel non gli concede di favorire, piluccando qua e là.
Hearst approfitta del continuo andirivieni della cameriera per approcciarla. E così viene a sapere che si chiama Saloua, ha poco meno di diciassette anni e non è la figlia di Khalid e Fatima, come si sarebbe aspettato.
Saloua è lusingata ma imbarazzata dai complimenti e dalle attenzioni di Hearst e scappa via timidamente quando le parole del guerriero rischiano di portarla su temi bollenti. I modi diretti del guerriero, sicuramente efficaci nei bordelli, seppur smorzati risultano strani e impacciati in questa situazione.
Il siparietto continua tra il divertimento di compagni e vicini di tavolo fino al momento in cui, interpellata sull'argomento, Saloua afferma di essere fidanzata. Quando la ragazza di allontana, Hearst scuote la testa, lasciandosi scappare una battuta di cattivo gusto: "Adesso mi tocca far ammazzare anche questo..."
L'affermazione fa calare il gelo sul tavolo. Rivangare gli eventi di Salamanca, l'uccisione del fratello di Occhi Blu è una mossa che spazza via in un sol colpo quell'attimo di buonumore.
Isabel allontana il piatto: "Tu scherzi su un fatto di cui forse non hai ancora capito la gravità..."
"Era solo una battuta..."
"No, era una pessima affermazione. Certe cose non dovresti nemmeno pensarle."

lunedì 11 giugno 2012

297 - KAMAL

Le frittelle all'aroma di banana ricoperte di miele servite da Nestu a colazione sono la degna conclusione del pernottamento alla Locanda del Pellegrino. Solo Hearst borbotta qualcosa tra sé e sé; nel suo caso lo stomaco vince sul palato, e le striminzite porzioni da penitente non sono sufficienti a saziare il guerriero.
Saldato il conto, su suggerimento di Rune, i nostri eroi si recano al porto, con l'intento di verificare alla capitaneria se a Bakaresh ha mai attraccato la Verconnes. Perdendosi come al solito sbucano sulle banchine all'altezza di una bettola fatiscente chiamata "la Perla", dove avventori poco raccomandabili sono già impegnati a gozzovigliare di prima mattina.
L'impressione che la zona sia piuttosto malfamata viene confermata da un acquaiolo cui gli avventurieri chiedono indicazioni, il quale non perde l'occasione per lagnarsi un po' della scarsa presenza della guardia cittadina in quest'area. Il commerciante si lamenta in particolare del gran numero di mercenari che stazionano da alcune settimane alla Perla, protagonisti di spiacevoli episodi come schiamazzi e risse. Episodi che tuttavia la guardia cittadina non ha saputo contrastare, soprattutto per il fatto che i poco di buono sono sempre stati in grado di dileguarsi per tempo in occasione degli interventi, come se avessero ricevuto una soffiata.
Raggiunta la capitaneria e persa tutta la mattina tra gli archivi con un funzionario fortunatamente disponibile, i nostri eroi lasciano il porto con la certezza che la Verconnes non ha mai attraccato a Bakaresh, e tantomeno lo hanno fatto i pirati. La scoperta lascia più interrogativi di quanti ne risolva: dove vengono portati gli schiavi prelevati da Puerto del Principe e portati a Isla del Quitrin? Qual era la vera destinazione di Black Bart, o degli altri pirati di Madera, nelle loro tratte?
Domande a cui è difficile rispondere man mano che s'avvicina l'ora di pranzo ed Hearst diventa sempre più nervoso. Meglio incamminarsi verso la piazza dell'Obelisco, pranzare alla Spinarossa e ritentare di ottenere da Khalid una camera un po' meno costosa che al Ristoro del Pellegrino.

Gilead guarda sconsolato l'ingresso del suq. Hearst impreca sottovoce maledicendo l'elfo e il suo orientamento da quattro soldi. Il solito bambino si avvicina mostrando il suo sorriso sdentato e offrendosi di fare da guida.
Non dev'essere semplice per Gilead mettere da parte l'orgoglio.
"E va bene, piccolo. Come ti chiami?"
"Kamal!" risponde con voce squillante.
L'elfo si china verso il ragazzo, mostrando tra le dita una moneta d'oro: "Questa ti vale un contratto per farci da guida tutta la settimana, d'accordo?"
Kamal annuisce estasiato, accettando di buon grado, e con passo fiero si incammina in testa al gruppo, direzione piazza dell'Obelisco.

martedì 5 giugno 2012

296 - IL RISTORO DEL PELLEGRINO

La decisione di alloggiare alla Locanda "Ristoro del Pellegrino" vista l'ora tarda e l'impossibilità di mettersi alla ricerca di altro, si rivela tutt'altro che a buon mercato. Quattro monete d'oro per la stanza, incluso un pasto e l'utilizzo dei bagni. Persino Hearst, solito a scialacquare denari in facezie, rimane sorpreso. Tuttavia è presto chiaro il perché di quella somma così alta. La Locanda è ben diversa dalle bettole solitamente frequentate dagli avventurieri, in prima battuta per l'assenza di ubriaconi molesti, odori fastidiosi e la costante sensazione di appiccicaticcio dei tavoli. La pulizia è esemplare, e il luogo, pur mantenendo la sua austera aura di santità, garantisce tutte le comodità del caso al perfetto pellegrino.
Il pio oste che li accoglie, Nestu, è un uomo pacato e molto devoto, mentre la proprietaria è una sacerdotessa di mezz'età di etnia Ashfar, Zer’a Nahita. Isabel sorride ricordando il tipico appellativo dato ai sacerdoti in queste terre: zer'a al femminile, zer'i al maschile.
Gli avventurieri si accomodano nella loro stanza due piani sopra, ma in men che non si dica Hearst si è già tolto l'armatura ed è pronto a ridiscendere la scala a chiocciola interna che conduce alla sala da pranzo. Con quello che costano non ha nessuna intenzione di rinunciare a una seconda cena e a un bagno rilassante.

Gilead scuote la testa. Attraverso le volute di vapore della sezione maschile dei bagni Hearst non fa nulla per nascondere le sue doti, raccogliendo sguardi di disapprovazione dagli altri pellegrini immersi nelle vasche, ma anche qualche occhiata invidiosa.
Nella controparte femminile, invece, Isabel si diverte ad ascoltare quel che accomuna le donne di tutto il creato: i pettegolezzi. Le dicerie spaziano dal miglior sarto di Bakaresh, uno gnomo di Arx chiamato Metegé, alle imminenti nozze della figlia primogenita del Granduca, Malika Naxxar. Le signore presenti parlano del futuro sposo, chi con disprezzo, chi con ammirazione. La cosa che più sorprende la sacerdotessa è che non si tratta di un nobile, ma di un ricchissimo mercante dell'alta borghesia, simbolo della vocazione commerciale di questa città. Inoltre pare che ci sia anche un'importante differenza di età tra i due, lei solo diciassettenne, lui attorno alla quarantina.
Isabel lascia le matrone alle loro conversazioni, distesa come non si sentiva da tempo. Impaziente si riveste e torna in camera, dove sono già rientrati anche i compagni: un letto fresco e morbido non è cosa di tutti i giorni.

martedì 29 maggio 2012

295 - TE' DA UN VECCHIO AMICO

All'interno della Corporazione dei Mercanti, nell'atrio centrale, un funzionario riceve con cordialità i nuovi arrivati. Capannelli di persone discutono di affari con compostezza anomala per lo stile della città, creando un brusio di fondo che rimbomba nella grande sala. Lungo le pareti si aprono porte e archi che danno su uffici secondari, e una grande balconata accessibile da scale laterali porta ad altre stanze al primo piano.
Alla richiesta dei nostri eroi di incontrare Declan, al momento non presente alla Corporazione, il funzionario fornisce loro la posizione della sua casa, indicandola sulla mappa, invitandoli a ripresentarsi quando possibile con il loro amico: la Corporazione ha sempre qualche lavoretto ben pagato per degli avventurieri.
All'uscita, mentre Isabel e Gilead valutano di servirsi di nuovo del ragazzino, fermo a rimirare la sua moneta una ventina di metri più in là all'ombra di un'arcata, Hearst decide di imbarcarsi nella ricerca personalmente, per una questione di principio. Vista la vicinanza dell'abitazione, il tentativo va a buon segno nonostante i pronostici sfavorevoli dei compagni, riempiendo il guerriero di boriosa soddisfazione.


"Benvenuti! Che piacevole sorpresa!"
Declan abbraccia calorosamente uno ad uno gli avventurieri, ordinando al maggiordomo che ha aperto loro la porta di affrettarsi a preparare tè e bevande fresche.
Il mercante li invita ad entrare nella sua bella casa e ad accomodarsi, attraversato l'atrio, sui sofà colorati che arredano l'ampio soggiorno. Il maggiordomo torna con succhi profumati, una teiera e piccoli bicchieri d'argento. Quindi versa la bevanda ambrata con abilità, con un movimento a sollevare la teiera fino a un metro sopra il piano del tavolino tra i divani, lasciando che il liquido cada come un filo sottile, senza rovesciarne nemmeno una goccia.
Declan sorride osservando lo sguardo divertito dei suoi ospiti, e prima di tornare alle conversazioni, li invita a trattenersi per la cena essendo ormai pomeriggio inoltrato.
I vecchi amici parlano amabilmente, ricordando con velata tristezza le circostanze che li hanno portati a conoscersi alle Colline dello Zucchero. Nonostante la fiducia nel mercante, gli avventurieri tendono a non rivelare molto sulle loro avventure dopo i fatti delle Colline, né confessano il reale motivo che li conduce a Bakaresh. La cena si limita principalmente ad una chiacchierata cordiale.
Mentre la serata volge al termine, Declan si offre di presentarli in città, in particolare alla Corporazione, dove potranno facilmente essere assoldati per alcuni lavori adatti a loro.
"Purtroppo mi rammarico di non potervi ospitare nella mia dimora, non ho abbastanza camere" afferma Declan sinceramente dispiaciuto, "ma posso indirizzarvi alla locanda Spinarossa di Khalid e Fatima, dove vi troverete benissimo..."
Il mercante rimane deluso apprendendo che la locanda è già al completo, ma subito Hearst passa all'argomento che più gli interessa in merito alla taverna in questione. Purtroppo per il guerriero però, Declan non conosce la giovane cameriera, e tantomeno sa se è fidanzata. La sua familiarità con Khalid è la comune appartenenza alla Corporazione, più che l'effettiva frequentazione dei suoi tavoli.
Gilead scuote la testa alle domande di Hearst: il lupo perde il pelo...
Eppure quella futile conversazione gli riporta alla mente le lontane serate di Tavistock... Melira...
L'elfo si sorprende a chiedere di lei a Declan, mentre stringe il monile di dente di drago che porta ancora al collo.
"Melira, Melira..." ripete concentrato il mercante, cercando di ricordare. "Purtroppo il suo nome non mi porta alla mente nulla, ma mi informerò. Se si trova a Bakaresh, o se è passata di qua, sicuramente riuscirò a scoprire qualcosa attraverso la Corporazione."
Declan fa una lunga pausa, terminando il tè che resta nel suo bicchiere. Il gesto permette a Rune di riportare il discorso sulla strada originale: "A proposito di tè e di Spinarossa, sfortunatamente non abbiamo avuto modo di assaggiare il famoso infuso di Khalid durante il nostro pranzo alla locanda. Pare fosse finito..."
"Ahimé, è così" sospira Declan. "In effetti le foglie di Spinarossa non arrivano a Bakaresh da un un po'. Dovete sapere che esiste solo una persona in grado di fornire la preziosa pianta, tale Larbi di Gahar. Costui è l'unico a sapere come e dove trovare la Spinarossa e custodisce gelosamente il segreto. Il fatto è che sono almeno un paio di settimane che Larbi non si presenta in città. Non che questo sia necessariamente strano, può anche darsi che qualche questione che l'abbia trattenuto a Gahar. La cosa certa l'amico Khalid sta subendo non poche perdite da questa mancanza."
Isabel si prende l'onere di interrompere la conversazione: "Ti siamo molto grati per l'ospitalità Declan, ma si sta facendo tardi e dobbiamo ancora trovare un posto dove alloggiare. Possiamo continuare la nostra piacevole conversazione domani."
"Ne sarei felice, ma purtoppo domani sarò impegnato per affari. Vi prego di tornare da me giovedì, e sarò onorato di dedicarvi tutto il mio tempo. Nel frattempo, godetevi le meraviglie di Bakaresh!"

sabato 26 maggio 2012

294 - MERAVIGLIE DI BAKARESH

Il ragazzino bussa con forza ad una porta bassa e robusta sul lato sinistro di un cunicolo arcuato, continuazione del vicolo sotto le case che lo sovrastano. Una piccola targa di legno conferma la corretta destinazione.
Quando Isabel gli consegna tre monete di rame il bimbo sorride estasiato, e scappa via a gran velocità, probabilmente per farne sfoggio con amici e parenti.
L'uomo che apre la porta, calvo e con una barba curata, si sistema gli occhiali, aguzzando lo sguardo vispo sui curiosi ospiti che si trova di fronte.
L'iniziale diffidenza è prontamente sciolta dal nome di Saadi Abbar. Octalius fa entrare gli avventurieri, invitandoli ad accomodarsi sui cuscini al centro della peculiare bottega, dove la luce filtra insufficente da piccole finestre. L'illuminazione è favorita da svariate lanterne, il cui fumo si mischia all'odore della pergamena trattata e degli inchiostri. Le fiamme tremolanti si posano sulle carte disegnate con dovizia e messe ad asciugare, e le ombre giocano a spostare i confini sulle mappe, come in una spasmodica battaglia di minuscoli eserciti invisibili.
Octalius si sistema di nuovo gli occhiali, mentre versa il tè ai suoi ospiti. Vista l'esperienza di orientamento appena attraversata dai nostri eroi, al cartografo non è difficile vender loro una delle sue mappe migliori della città, per la ragguardevole somma di dieci monete d'oro.
Pronti a rimettersi in marcia con la loro nuova "arma" e impazienti di incontrare il loro vecchio amico Declan, gli avventurieri salutano Octalius e si reimmergono nelle caotiche vie di Bakaresh.

"Eccoci di nuovo al suq!" esclama Rune.
Isabel borbotta girando la mappa confusa: "Già, uff... se non fosse che mi aspettavo di trovarmi all'Arena! Questa città è impossibile da girare anche con una mappa!"
Hearst sbuffa. Quindi si avvicina ad un ragazzino seduto in attesa di chissà che vicino all'ingresso del mercato, dagli abiti cenciosi forse un piccolo mendicante senza fortuna. "Ehi marmocchio! Conosci bene la città?"
Il bambino annuisce sorridendo, mostrando una voragine scura al posto degli incisivi superiori.
"Portaci alla Corporazione dei Mercanti, ti pagheremo una bella mancia!"
Appena pronunciata la parola magica il ragazzino s'illumina, poi scatta nel suq invitando gli avventurieri a seguirlo con la sua voce squillante.
Star dietro al fanciullo nel marasma del mercato è un'impresa, ma il piccolo è attento e rallenta sempre in modo da non perdere i suoi clienti.
Improvvisamente, all'uscita dal suq, gli avventurieri si ritrovano ai piedi della maestosa torre del Tempio del Drago d'Oro, imponente a ridosso delle scogliere rossicce, con il contrasto della sua pietra color del deserto e le sue maioliche verde mare che ornano le balconate e la sommità.
Il piccoletto imbocca senza esitare l'apertura principale della torre, impegnando i larghi gradini della gigantesca scala a spirale che, percorrendone il perimetro, sale verso la città alta.
Gli avventurieri non possono far a meno di ammirare la magnificenza di questo luogo  dove sacralità e normalità s'intrecciano. Già perché lungo le scalinate in pietra ampie ben venti piedi, se sul lato esterno si alternano bancarelle di arte sacra e venditori ambulanti di ogni genere di merce, da quello interno, come intrappolate tra le spire di un serpente, si susseguono attività commerciali fisse di vario tipo, botteghe rinomate, mercanti d'arte, di armi, di vasellame pregiato, di tappeti, di stoffe, di gioielli, fino alla grande locanda il "Ristoro del Pellegrino".
Alcune spire sopra, prima che le scale arrivino all'ingresso del tempio vero e proprio collocato in cima alla torre, una grande apertura si apre sul lato esterno verso il ponte ad arco sospeso nel vuoto che collega la città alta. Soldati in armatura, le cui casacche bianche con l'effigie del drago sbattacchiano gonfiate dal vento in quota, lo sorvegliano, con lo sguardo rivolto dalla torre verso la splendida fortezza del Granduca Altair Naxxar, l'Alhambra.
Attraversato il ponte e dopo aver percorso un breve tratto di scogliera in discesa tra ricche ville nobiliari, il ragazzino si ferma davanti ad un edificio il cui ingresso è piantonato da due armigeri della guardia cittadina, esibendo di nuovo il suo sorriso sdentato prima di pronunciare la sua parcella: "Cinque d'argento!" esclama porgendo il palmo della mano.
Hearst lo guarda torvo: "Sei impazzito?!? Non ti darò tutti quei soldi!"
Il ragazzino non perde il sorriso, abbassando la sua richiesta: "Tre d'argento!"
"Non se ne parla!" ribatte Hearst.
"Una d'argento!" continua il piccolo.
"Piantala Hearst! Dagli la moneta!" protesta Rune.
Il ragazzino ringrazia e schizza via, felice come non mai.
Le due guardie si scambiano un'occhiata divertita. Probabilmente anche quella richiesta di una sola moneta era da considerarsi un furto; ma si sa, nulla a Bakaresh ha un prezzo, tranne quello che si è disposti a pagare.

martedì 22 maggio 2012

293 - PERDERSI IN CITTA'

Districarsi a Bakaresh è complesso.
Le vie sono un dedalo incredibile e caotico per chi non le conosce, ma soprattutto non hanno un nome e si assomigliano tutte, stracolme di mercanti, venditori di strada e gente impegnata in un infinito andirivieni da chissà dove.
Non ci vuole molto perché i nostri eroi si perdano nel marasma cittadino, vagando a caso nella speranza di ritrovare qualche punto di riferimento. Ad un tratto, il loro cammino li porta nei pressi di una sorta di grande arena.
Ancor prima che i compagni possano consultarsi, la curiosità spinge Hearst ad avvicinare tre vecchi seduti su una panchina. Gravissimo errore. In men che non si dica il guerriero e si ritrova invischiato nei logorroici racconti degli anziani, senza del resto cavar fuori alcuna informazione sul luogo. Solo un pronto intervento di Isabel che lo reclama ai tre, palesando la sua appartenenza alla chiesa, lo salva da un pomeriggio di terrore.
Senza perdersi d'animo e fiduciosi nell'orientamento elfico di Gilead, gli avventurieri riprendono la loro ricerca della bottega di Octalius.
Dopo un altro paio di strade trafficate, come per magia il suq si staglia di fronte a loro. Il mercato, con la sua struttura coperta, è quanto di più caotico i nostri eroi possano ricordare a loro memoria. una sola occhiata basta per scorgere mercanti ed acquirenti intenti in estenuanti trattative, al limite della farsa e della sceneggiata, con tanto di finte arrabbiature, finte complicità, finti pianti disperati e finte riappacificazioni con abbracci finali in occasione della conclusione dell'affare. E' risaputo che a Bakaresh nulla ha un prezzo esatto. Il giusto è determinato da quanto l'acquirente reputa di dover pagare la merce che compra, e da quanto chi la vende è disposto a ricevere. Un affare fatto a Bakaresh è un affare che rende felice chi compra e rende felice chi vende, altrimenti semplicemente non avviene.
Ad un tratto un rumore di zoccoli e un vociare intenso precede il passaggio di un drappello di guardie cittadine che costringe la gente a spostarsi a bordo strada. Gli armigeri sfilano fieri sui loro destrieri, sfoggiando sulle loro casacche nere il simbolo di Bakaresh, il drago dorato inscritto in un cerchio.
"Evitiamo il mercato, finiremmo per perderci ulteriormente" afferma Gilead. "Secondo le indicazioni di Khalid, la bottega del cartografo non dovrebbe essere distante..."
Le ultime parole famose.
Quando dopo venti minuti gli avventurieri sbucano poco sotto le pareti a picco della città alta, Gilead sospira sconsolato: "Ci rinuncio, è peggio di un labirinto! Una foresta ha più punti di riferimento di questa dannata città!"
Alle sue parole fa eco il gracchiare del corvo dal cornicione di una casa, sopra di loro.
"Il tuo uccellaccio non ci può far strada?" chiede ironico Hearst, riscuotendo uno sguardo sdegnato dall'elfo.
"Certo che se avessimo chiesto informazioni prima..." sbuffa Isabel. "Per voi uomini trovare la strada in maniera autonoma sembra una questione di virilità!"
Detto fatto, la chierica si avvicina alla bancarella di un acquaiolo. L'uomo esaudisce le richieste di indicazioni della sacerdotessa con ossequiosa cortesia, guadagnando in cambio l'acquisto di un paio di brocche per placare la sete dovuta al sole e alla polvere.
"Visto? Non ci voleva molto..." afferma sarcastica Isabel.
Con le nuove indicazioni gli avventurieri arrivano in una zona insolitamente ordinata e tranquilla, in forte contrasto con la Bakaresh conosciuta finora. Una faccia inattesa della città, fin troppo silenziosa, in cui la vita sembra scorrere lenta e sonnolenta. Giunti alla svolta che dovrebbe condurli alla bottega del cartografo, approdano invece ad un cortile privato, dove una signora velata ricama merletti seduta su una panca ombreggiata.
Isabel non si cura delle risatine dei compagni, mentre apprende dalla donna che hanno sbagliato di nuovo (e non di poco). Comprendendo le difficoltà degli stranieri, la signora chiama a gran voce un ragazzino in un dialetto rauco e incomprensibile.Sul suo volto compare un sorriso sdentato e sincero: "Non temete sorella, vi accompagnerà fino alla bottega del cartografo. Che il Drago vi protegga."

lunedì 21 maggio 2012

292 - ARRIVO A BAKARESH

Novembre volge al termine quando la Libeda attracca a Bakaresh dopo circa una settimana di navigazione. L'impatto di meraviglia iniziale alla vista della maestosa torre del Tempio del Drago d'Oro e della grande scogliera su cui sorge l'Alhambra, lascia presto il posto alla città vera, che pervade l'animo dei nostri eroi, invasiva e travolgente, accogliendoli in un abbraccio di colori, sapori, profumi, con le grida dei suoi mercanti e la sua gran confusione.
Il porto è un continuo andirivieni di persone, animali e merci, che confluiscono in un vociare caotico, nelle urla degli armatori, nel suono lontano di un oboe, nelle contrattazioni snervanti, negli inchini ossequiosi, nelle strette di mano.
Quando lo stordimento iniziale si affievolisce, gli avventurieri invitano a pranzo Saadi Abbar per ricambiarlo e ringraziarlo. Lo studioso dopo un primo rifiuto d'educazione accetta, sebbene la ripartenza della Libeda nella giornata stessa gli conceda ben poco tempo. Saadi consiglia e fa strada alla Locanda Spinarossa, per assaggiare il famoso tè da cui prende il nome e il gustoso pane del forno dei gestori, Khalid e Fatima. Lo studioso si muove con disinvoltura attraverso le chiassose vie stracolme di gente vestita alla tipica maniera Yar'i, ovvero in tunica e fascia avvolta alla vita, senza smettere di decantare le meraviglie della città.
La Locanda Spinarossa si trova sulla piazza più grande e famosa di Bakaresh, intitolata ad Arash Naxxar, ma chiamata anche Piazza dell'Obelisco per il grande monumento che svetta nel centro.
"Eccoci arrivati!" esclama orgoglioso Saadi, avviandosi verso le numerose tavolate allestite sulla piazza di fronte alla locanda, all'ombra di ampi tendoni. "Dovete sapere che la specialità di questo posto è il tè di Spinarossa con dolcetti, un’ottima miscela di tè e di questa spezia piuttosto rara che cresce solo sulla catena dei Monti Aridi. Inoltre devo dire che i gestori sono persone molto cortesi, e non da ultimo, si mangia molto bene. Inoltre alla sera la piazza si anima, considerato che per gli abitanti di Bakaresh è il luogo di ritrovo per definizione. Se passerete di qua la sera, vedrete che spesso la locanda sovvenziona spettacoli e danze, incantatori di serpenti, dervisci, cantastorie. In queste occasioni attorno all’obelisco si moltiplicano le bancarelle improvvisate di venditori di spiedini di agnello, pane caldo, verdure grigliate, pesce e frutta secchi, dolcetti, tè, e la piazza intitolata ad Arash Naxxar si anima di profumi e colori. Uno spettacolo da non perdere!"
Saadi viene interrotto dall'arrivo al tavolo di una giovane cameriera, prontamente squadrata da Hearst. Lo studioso ordina per tutti piatti dai nomi sconosciuti e il famoso tè, che tuttavia la ragazza, con rammarico, comunica non essere disponibile in questi giorni. Saadi se ne duole, ma confida che gli avventurieri avranno modo di assaggiarlo durante la loro permanenza.
Il pranzo servito è degno della sua fama: il gustoso pane poco lievitato viene accompagnato con un trito di pomodori, prezzemolo, menta e sommacco, con creme di ceci e melanzane, con fagottini di spinaci, con salsa di latte acido e cetrioli. Il gran finale sono poi gustosi spiedini di carne trita di montone, conditi con una salsa rossa e densa dal sapore aspro.
Tuttavia il tempo è tiranno e Saadi non può trattenersi oltre. Salutati gli avventurieri, lo studioso si avvia al porto per imbarcarsi di nuovo, invitandoli a passare a trovarlo se i loro viaggi li porteranno a Naama Sul.
"Credo sia meglio prendere una stanza qui alla locanda" suggerisce Rune.
"Ci penso io" afferma pronto Hearst, sicuro di aver trovato una buona scusa per scambiare due parole con la giovane cameriera lontano dal tavolo dei compagni.
Quando il guerriero la raggiunge, la ragazza reagisce con imbarazzo ai suoi complimenti, affrettandosi ad accompagnarlo nello stretto locale della locanda dove al pianterreno ci sono solo il forno e il bancone.
Prima che Hearst possa parlare con il padrone indaffarato nell'infornare pane, i compagni lo raggiungono.
Poco dopo, dalle scale che conducono al piano superiore, scende una bella donna di mezza età dai lunghi capelli neri.
"Benvenuti signori" dice cordialmente, mentre l'uomo si distoglie dal forno tergendosi la fronte con l'avambraccio ed elargendole un gran sorriso da sotto i baffi scuri. "Io sono Fatima, e questo è mio marito Khalid. Siamo onorati di avervi nella nostra locanda, ma se desiderate una stanza purtroppo non possiamo accontentarvi, in questi giorni siamo al completo."
Hearst mugugna qualcosa vedendo sfumare la possibilità di ulteriori approcci con la cameriera.
Rune approfitta della gentilezza di Fatima e Khalid per chieder loro indicazioni su altre taverne dove alloggiare, sulla bottega di Octalius ed infine del loro vecchio amico Declan Leuvardeen. A questo proposito Khalid suggerisce loro di rivolgersi alla Corporazione dei Mercanti nella città alta per sapere qualcosa di più.
Gli avventurieri decidono di non trattenersi oltre. Ci saranno altre occasioni per conoscere meglio i due locandieri, e sotto il caldo sole del primo pomeriggio si inoltrano nelle affollate vie della città.

mercoledì 16 maggio 2012

291 - INTENTI RIVELATI

Saadi Abbar dorme accoccolato sul suo giaciglio, così come buona parte del resto dei passeggeri, cullati dal rollio della Libeda.
Hearst giochicchia distrattamente con un coltello incidendo il legno del pavimento, seduto a gambe incrociate sulla sua stuoia. Ad un tratto nota, alla luce della candela, che i suoi compagni lo fissano.
Istintivamente cessa ogni movimento del coltello, quindi solleva parzialmente lo sguardo facendolo correre da Isabel a Gilead, da Gilead a Rune. Ormai sa cosa sottintendono quegli sguardi da inquisizione.
"Cosa c'é?" chiede con falsa ironia. "Ho del cibo impigliato tra la barba?"
Dopo un attimo di silenzio, è Rune a parlare: "No, Hearst. Sai già cosa vogliamo. Sono giorni che ci penso e non riesco a realizzare cosa sia passato per la testa di Juan e Gimble..."
"Non ne so niente, io questa volta non c'entro, lasciatemi in pace" taglia corto il guerriero.
"Come al solito contare su di lui è impossibile" dice sprezzante Gilead a Rune.
Hearst, che aveva accennato il gesto di coricarsi per sottrarsi all'interrogatorio, si rialza di scatto.
"Vaffanculo elfo! Mi sono rotto i coglioni delle vostre ramanzine! Tu vuoi fiducia, Juan e Gimble vogliono fiducia, io ci finisco sempre di mezzo anche quando non me ne importa un cazzo e penso agli affari miei! Vuoi sapere cosa avevano in testa quei due con la lettera di corsa? Chiedilo a loro! E ora lasciatemi dormire!"
Grugnendo infastidito il guerriero si corica sulla sua stuoia, usando lo zaino come cuscino.
Tuttavia Gilead lo incalza: "Lettera di corsa? Hearst non fare il bambino, ora raccontaci come sono andati i fatti. E abbassa la voce."
E' cosa nota che Hearst non sia una tomba quando si tratta di mantenere un segreto, e cinque minuti di insistenza dei compagni bastano a tirargli fuori, tra imprecazioni, scatti infastiditi e borbottii a mezza bocca, tutta la vicenda di Magroldes, della lettera di corsa, del falsario Osuna, del sigillo di Granada, e non da ultimo dell'intenzione di presentare il falso al processo per evitare l'impiccagione di Black Bart.
I compagni ascoltano sbalorditi. Rune scuote la testa in silenzio, Isabel sospira. Il più irrequieto sembra essere Gilead.
Tutti stanno pensando alla stessa cosa: Juan, con la complicità dello gnomo, non si è fatto scrupoli a rischiare un incidente diplomatico tra due Governatori nemici pur di salvare il suo interesse.
"Contenti ora? Vi ho detto tutto! E questa volta io non c'entro nul---"
Lo sguardo di fuoco di Rune zittisce il guerriero. Non l'ha mai visto così. Forse per ora è meglio chiudere la discussione.
Gilead sale sul ponte senza dire una parola. Nella sua mente si affollano un mare di dubbi e di pensieri. Nonostante le distinzioni e le divergenze di opinioni, considerava i suoi compagni - compresi Hearst, Juan e Gimble - degli amici. Respirava con loro quell'aria di cameratismo che aveva da lungo tempo dimenticato, da quando aveva abbandonato i Guardiani di Frontiera. Ora quella sensazione andava via via sgretolandosi, lasciando di nuovo posto alla solitudine, alla consapevolezza di non potersi mai fidare di nessuno.
Il corvo gracchia dalla cima dell'albero maestro. Poi con due volteggi scende verso l'elfo, approfittando dell'oscurità e della solitudine. Gilead sorride amaramente: solo gli animali sono degni di fiducia, sono schietti e diretti nelle loro scelte e nei loro sentimenti. Non tramano, non tradiscono, non mentono. O ti amano, o ti odiano. Non sono mai equivoci.
Il corvo gracchia ancora posandosi sull'avambraccio dell'elfo, che pesca dalla tasca un po' di carne secca: "Vieni, amico mio, prendi..."

mercoledì 9 maggio 2012

290 - KAL-MAHDA

Lo straniero avvicina Gilead e Isabel, presentandosi con un inchino.
"Perdonate la mia sfacciataggine signori, ma non ho potuto fare a meno di notare che non siete passeggeri qualunque, e ciò che è appena accaduto lo dimostra" esordisce con estrema cortesia e tono affabile. "Il mio nome è Saadi Abbar di Naama-Sul e sarebbe per me un onore il poter godere della vostra compagnia durante questo viaggio. Ma vi prego, torniamo sottocoperta; a breve serviranno il pasto e sarete miei ospiti assieme ai vostri amici."
Nonostante la scadente qualità del rancio, Saadi si offre gentilmente di pagare per tutti mentre si presenta meglio.
"Naama-Sul..." cerca di ricordare Isabel. "Una grande città sulla costa di Kal-Mahda, affacciata sul Mar dei Coralli."
Lo straniero annuisce. Deglutito il suo boccone spiega di essere uno studioso di ritorno da un primo viaggio per conoscere le Isole Coloviane, queste nuove terre così diverse da ogni altra regione dell'Impero, ricche di meraviglie naturalistiche e culturali in attesa di essere scoperte.
L'interesse degli avventurieri si sposta però subito su Kal-Mahda. Saadi confessa di non essere originario del Granducato, ma di Yar-Mazar. Trasferitosi da giovane, ha vissuto da entrambe le parti del confine, e non vede così tante differenze tra gli infedeli e l'Impero come i guerrafondai vogliono far credere.
Saadi affronta con raziocinio e saggezza anche argomenti delicati come la politica e la religione, risultando un interlocutore estremamente gradevole. Isabel si intrattiene a lungo ad argomentare con lui: Erevos insegna ad ascoltare e imparare piuttosto che trovare facili eresie.
Lo studioso parla con passione di Kal Mahda, rispondendo a tutte le curiosità degli avventurieri. Racconta del suo territorio desertico, delle montagne aride su cui si dice vivano ancora i draghi, delle città vibranti di vitalità.
Le più importanti - Naama-Sul, Zurrieq e Bakaresh, la capitale - si affacciano sulla costa del Mar dei Coralli, ma tra le sabbie dorate risplende Ouarzazade, detta la Perla del Deserto per la sua bellezza.
Le etnie principali di Kal-Mahda sono quella Yar'i, originaria delle coste e di Yar-Mazar, e quella derivante dall'antico popolo degli elfi Ashfar, il cui sangue elfico è quasi del tutto perduto, e solo pochi mostrano ancora tratti mezzelfi. Nonostante molti Ashfar vivano ormai nelle città, resistono parecchie comunità seminomadi dedite alla pastorizia, che vivono nel nord di Kal-Mahda, nelle omonime valli che si estendono tra le catene dei Monti Aridi e i Denti del Deserto. Saadi ne parla come gente orgogliosa, cocciuta e molto legata alle tradizioni della propria terra. Esiste infine una terza minoranza, quella dei Mazar'i, uomini dalla pelle molto scura originari delle zone più remote del deserto di Yar-Mazar.
A Kal-Mahda è particolarmente radicata la Chiesa di Mujon, il Drago Martire, di cui Saadi disserta a lungo con Isabel. A Bakaresh ha sede il Tempio del Drago d'Oro, una gigantesca torre che collega la città bassa e la città alta, percorsa da un'enorme scala a spirale e costellata di balconate abbellite dalle tipiche maioliche verde mare.
Nel Tempio risiede la più alta autorità della Fede di Mujon, il Gran Dragone Aaron Rikmalit, che oltre ad essere a capo del clero guida anche - con l'aiuto del Maestro Ashanti - l'Ordine dei Cavalieri del Drago.
Il governo di Kal-Mahda (che nonostante la lontananza dal fulcro dell'Impero è un Granducato, proprio perché ultimo baluardo prima del confine con Yar-Mazar) è affidato al Granduca Altair Naxxar.
La famiglia dei Naxxar è diretta discendente di Arash Naxxar, il più importante eroe e beato di Kal-Mahda, che attorno al 350 A.I. guidò la cacciata di Yar-Mazar e fece sì che le terre di Kal-Mahda venissero assoggettate all'Impero di Mallorea. Arash apparteneva alle popolazioni seminomadi degli Ashfar, per cui si presume che nella linea di sangue dei Naxxar sopravviva ancora una goccia del sangue elfico di quelle popolazioni.
Non da ultimo, Bakaresh è famosa per l'Alhambra, una magnifica fortezza che si erge nella città alta e ospita sia la famiglia del Granduca che il Kaìd (ovvero il "sindaco") Gori Ruhab, ma anche per gli innumerevoli bagni, per il labirintico suq e per le ville dei ricchi mercanti che si affacciano sul "dirupo".
"Quando arriveremo a Bakaresh" spiega Saadi, "io continuerò la mia navigazione alla volta di Naama-Sul. Mi rammarica di non potervi mostrare personalmente le meraviglie della città, ma vi prego di cercare il mio caro amico Octalius. Nonostante sia originario della Marca di Telenia, è un rinomato cartografo, e sono certo che vi saprà accogliere meglio di chiunque altro."

sabato 5 maggio 2012

289 - IL CORVO

Gilead, Rune, Hearst e Isabel si sistemano sottocoperta. La Libeda, la nave che li porterà fino a Bakaresh, ospita una gran quantità di passeggeri e non è facile ritagliarsi un angolo tranquillo. La maggior parte degli altri viaggiatori sono mercanti o abitanti di Kal Mahda, facilmente riconoscibili dai tipici lineamenti e abbigliamenti Yar'i.
Vicino a loro si sistema una famiglia con bambini, i quali nel tempo in cui la Libeda prende il largo hanno già decretato Hearst loro compagno di giochi nonostante la scarsa propensione del guerriero. Poco più in là un uomo di mezza età vestito di una tunica azzurrina con una fascia rossa in vita, dall'aspetto garbato, stende il suo giaciglio e sistema le sue cose, dopodiché sale sul ponte.
Isabel e Gilead decidono di seguirlo per prendere una boccata d'aria. L'elfo inspira a pieni polmoni: "Aaaahh... meno male. Non ce la facevo a star chiuso la sotto con tutte quelle persone, è soffocante!"
La sua espressione per un attimo rilassata si fa subito seria quando nota un capannello di gente vicino all'albero maestro. Fa un cenno a Isabel, a sua volta incuriosita, quindi si avvicinano.
Tre marinai, circondati da diversi passeggeri di Salamanca, si apprestano ad impalare un corvo per propiziarsi fortuna nella traversata.
Gilead inorridisce al pensiero. Isabel lo afferra per un braccio: "So cosa stai pensando, ma lascia perdere..."
"Non posso permettere che compiano questa barbarie!" protesta Gilead, liberandosi con uno strattone. Senza dire altro l'elfo si fa strada attraverso i coloviani.
"Lasciate in pace quel povero corvo!"
I tre marinai, sorpresi per l'interruzione, si voltano a fronteggiare colui che ha parlato.
"E tu chi saresti orecchie a punta!" dice sputazzando quello a sinistra, un tipo senza denti e a torso nudo la cui pancia da alcolizzato precede di poco l'alito nel fornire informazioni sulle sue abitudini.
"Non importa chi sono, vi sto solo dicendo di lasciare in pace quel corvo. Sono disposto a comprarvelo per una moneta d'oro."
I tre marinai si scambiano uno sguardo, l'offerta dell'oro sicuramente li tenta. Tuttavia con il suo intervento Gilead si è attirato le antipatie dei passeggeri superstiziosi, che mai rinuncerebbero alla sicurezza in mare per risparmiare un corvaccio. Le proteste nei suoi confronti si fanno accese, influenzando le decisioni dei marinai.
"Niente da fare orecchie a punta, il corvo si impala. E' la tradizione" sentenzia il marinaio a destra, un tipo dagli occhi piccoli e l'espressione da scimmia.
"Se è per questo nella tradizione degli elfi nordici il corvo riveste invece un ruolo ben più importante e degno di grande rispetto" spiega Gilead. "Secondo le antiche leggende aiuta le anime a raggiungere l'aldilà ed è anche il simbolo di un importante eroe e beato del mio popolo!"
"Elfo" urla qualcuno dei passeggeri "ci puliamo il culo con le tue leggende!"
"Se vuoi impaliamo te e lasciamo che il corvo porti via la tua anima!" sbraita qualcun altro, suscitando l'ilarità dei coloviani. Nel frattempo altri viaggiatori incuriositi si avvicinano.
Gilead mantiene la calma, ignorando i passeggeri e rivolgendosi esclusivamente ai marinai: "Una moneta d'oro. A testa."
Dopo un attimo di esitazione, l'avidità ha la meglio. Il marinaio al centro, un tipo con una vistosa cicatrice che gli allarga il sorriso, consegna il corvo tra le mani dell'elfo nonostante le feroci proteste dei passeggeri isolani.
Il trambusto attira l'intervento del capitano della nave, che incalzato dalla furia dei coloviani intima ai suoi di restituire il denaro all'elfo per riavere il corvo.
"Non lo farò capitano. Il corvo ora è mio e costa ben più di tre monete d'oro"
"Che Dio ti fulmini elfo! Ti faccio buttare a mare se non fai ciò che dico!"
"L'elfo ha ragione!" protesta a sorpresa qualcuno tra i passeggeri. "Il corvo ora è suo e ne farà ciò che desidera. Inoltre questa vostra usanza è una stupida superstizione!"
Altre voci si uniscono alla prima prendendo coraggio, e tra di loro c'è anche l'uomo di mezza età con la tunica azzurra e la fascia rossa in vita. Pian piano i passeggeri originari di Kal Mahda fanno sentire la loro disapprovazione e sul ponte si innesca un'accesa discussione.
Il capitano sputa a terra. Non può permettersi di inimicarsi mezza nave, soprattutto la metà originaria delle terre verso cui sono diretti: "Per questa volta hai vinto tu elfo. Tieniti il tuo corvaccio."
I coloviani fermano il capitano, protestano, si fanno in quattro per farlo tornare sui suoi passi, ma la loro furia è destinata a scemare.
Gilead si avvicina al parapetto, sorridente. "Vai, sei libero!" sussurra dolce, mentre lo lascia allargando le braccia per aiutarlo a volare. Il corvo sbatte le ali e prende quota.
L'elfo lo guarda volteggiare sopra la nave, mentre gracchia la libertà ritrovata. E per un istante lo invidia.

sabato 28 aprile 2012

288 - IL SEME DI UNA GUERRA

Gimble e Juan si fanno strada attraverso la folla radunata nella grande stanza al pianterreno del palazzo del Governatore. E' insolito che un processo venga tenuto qui, ma la necessità di contenere il gran numero di persone accorse ha reso necessario l'allestimento di una delle grandi sale della rocca. Bifolchi, paesani, curiosi si accalcano per accaparrarsi i posti migliori, mentre le guardie cittadine si prodigano per mantenere l'ordine oltre le transenne che separano il popolino dal palco delle autorità e dai banchi di giudice, imputato e testimoni.
Correia siede sulla piccola tribuna assieme alle personalità più influenti di Salamanca. Non manca nessuno: il monsignore, la piccola nobiltà, i ricchi mercanti.
I due avventurieri riescono a farsi largo a sufficienza da riuscire a vedere, proprio mentre il capitano Garzes accompagna Black Bart alla sua postazione. Il pirata è dimagrito, e sul suo volto aleggia un'aria stanca. Il suo ingresso è accompagnato da urla, insulti, sputi. Alcune teste calde vorrebbero scavalcare le transenne per regolare i propri conti personalmente, ma vengono prontamente ricacciate indietro dalle guardie.
Placare la folla e ottenere una parvenza di silenzio si rivela un compito ben più arduo del previsto e solo dopo quasi mezz'ora dall'ingresso del giudice il processo può avere inizio. Dopo le letture di rito dei poteri conferiti e dei capi d'accusa, inizia la lunga processione dei testimoni.
Mercanti derubati, navigatori che hanno perso tutto, donne violentate, parenti di vittime delle scorrerie dei pirati. Per tutta la giornata nel palazzo del Governatore vengono portate le truci testimonianze delle atrocità commesse dall'equipaggio della Sable Drake, un campionario dei peggiori crimini possibili.
La folla ascolta come ipnotizzata, quasi incredula, maledicendo il nome del pirata ad ogni cambio di testimone.
Black Bart invece, quando interpellato, tace. Lo sguardo del pirata è spento, rassegnato, senza alcuna voglia di lottare, di controbattere. Il suo destino era già segnato prima ancora che iniziasse il processo.

Il sole filtra rosso dalle finestre sul finire del terzo giorno di udienza quando Juan viene chiamato a portare la sua testimonianza. La sorpresa di suo padre, come anche quella del Governatore e di Garzes è evidente; nessuno di loro probabilmente si era premurato di scorrere tutta la lista dei testimoni.
"Juan Siqueira Roberts" legge il giudice. Poi con un cenno stanco della mano lo invita a esporre.
Juan non dice nulla, limitandosi a consegnare alla guardia al suo fianco una custodia per pergamene. Il soldato porta il documento al giudice che lo apre e lo osserva sbalordito.
"Signore... vogliate darmi delle spiegazioni! Questa lettera reca il sigillo di Granada..."
"Potete spezzarlo, e leggerne il contenuto."
Il giudice srotola la missiva e ne scorre il contenuto incredulo. Juan prende la parola nel silenzio generale.
"Sono riuscito a recuperare questo prezioso documento dalla cabina di Black Bart, mio padre, prima dell'attacco da parte della milizia di Salamanca. L'ho fatto per ragioni personali, perché io stesso avevo bisogno di capire..."
Il giovane coloviano si rivolge a Garzes, sapendo di trovare in lui conferma degli avvenimenti: "Era questa che mio padre cercava sottocoperta, quando avete incrociato le lame."
"E' una lettera di corsa!"
Le parole rieccheggiano nella sala. Black Bart resta impassibile nascondendo la sorpresa. A questo punto qualsiasi parola da parte sua coinvolgerebbe anche suo figlio nel proprio destino. Correia scatta in piedi, il suo sguardo è pieno di preoccupazione, di ira, di odio.
Poi il boato della folla sommerge tutto. Insulti, sputi, maledizioni riempiono la sala, costringendo le guardie ad intervenire per mantenere la calma. Il giudice si affretta a sospendere la seduta, riservandosi di far esaminare l'autenticità del documento, rimandando il verdetto alla mattina seguente.
Correia scende dal palco e si avvicina a grandi passi al giovane coloviano, affrontandolo di petto mentre un manipolo di guardie li circonda per proteggerli da eventuali disordini: "Sei impazzito? Ti rendi conto di ciò che hai fatto, di quello che stai per scatenare, di tutte le vite che avrai sulla coscienza per questa follia? Questo è il seme di una guerra Juan, il seme di una guerra..."
Juan si limita a tacere, mentre viene portato al sicuro dagli armigeri. Nell'andarsene incrocia lo sguardo di Juanito, seduto sulla tribuna delle autorità. L'ex sindaco di Puerto del Principe è l'unico a osservarlo in silenzio. In quegli occhi Juan legge le sue parole: non condivido ciò che fai, ma ti capisco.

La mattina seguente, in un clima teso e denso di interrogativi, viene letto il verdetto. Gimble, tra il pubblico, sorride all'ironia del destino quando il giudice comunica che il notaio Miguel de Osuna certifica l'autenticità della lettera di corsa.
Black Bart viene condannato alla detenzione come prigioniero di guerra al servizio di Granada. Correia si alza e se ne va scuotendo la testa.
Il pubblico esplode nuovamente, contenuto a fatica dalla milizia: "verme di Granada", "cane di Pinilla" sono gli epiteti più gentili rivolti a Juan, qualcuno chiede a gran voce di appendere tutta la famiglia.
I soldati portano via il pirata, portano via il giovane, mentre la folla scavalca le transenne e invoca la guerra contro Granada.
Gimble riesce a sgattaiolare vicino al compagno. Ormai Salamanca è troppo pericolosa per loro. Partenza per Tavistock e imbarco per Bakaresh il prima possibile. Con qualunque mezzo.

giovedì 19 aprile 2012

287 - SPACCATURA PROFONDA

Gimble e Juan cenano in silenzio. La locanda è insolitamente vuota, la grande attesa alla vigilia del processo a Black Bart pare farsi sentire anche nei costumi.
Tuttavia nemmeno Gimble ha molta voglia di parlare. Continua a chiedersi se quello che sta facendo per aiutare Juan non stia rischiando di compromettere tutto quanto.
Il bardo continua a ripensare all'accesa discussione di tre giorni fa con Rune, Gilead e Isabel a seguito dell'intrusione nella casa dell'ambasciatore, giustificata con un semplice "bisogno di denaro".
Una scusa palesemente falsa, tanto da scatenare l'irritazione dei compagni sentitisi presi in giro, tanto da portare Rune ad andarsene infuriato mentre affermava di non voler sapere più nulla di quello che stavano tramando lui e Juan, con la complicità omertosa di Hearst.
Poi la decisione dei compagni di partire per Bakaresh con la prima nave, prima del processo. Non era sua intenzione creare un spaccatura così profonda nel gruppo, ma non poteva rivelare il piano per aiutare Black Bart.  Non l'avrebbero mai accettato, perché non sono come lui, o come Juan. Loro non sarebbero disposti a tutto per salvare una persona cara.
I suoi pensieri sono interrotti da Juan: "Oggi sono andato ad iscrivermi nelle liste dei testimoni. Il funzionario era piuttosto sorpreso, sono l'unico a favore di mio padre. La comparizione avviene in ordine di iscrizione, perciò sarò tra gli ultimi a esporre la mia verità..."
Gimble annuisce distrattamente. Questa sera non riesce a essere lucido. Pensa a Bakaresh, pensa a Bleena.