lunedì 13 luglio 2015

463 - Il SUONO DELLA PERSEVERANZA

Zaran gesticola nell'aria salmodiando sillabe incomprensibili. La sua pelle diventa grigia come la pietra un istante prima dell'impatto di una freccia scagliata con estrema precisione da Bovak. Il dardo si frantuma sull'incantesimo di protezione non arrecando alcun danno al negromante, il quale continua a vocalizzare evocando una mano spettrale accanto a sé.
Juan e Rune iniziano a risalire i ponti di carne che collegano gli spuntoni rocciosi, percorrendo veloci gli stretti tendini organici con grandi doti di equilibrio.
Hearst incocca a sua volta le sue frecce, con Isabel che richiama su di esse la benedizione di Erevos instillando la sua magia divina.
Sia il guerriero che il nano bersagliano e trafiggono ripetutamente Valus.
"Zaran... fa in fretta..." ringhia il Principe infastidito. Le frecce lo fanno sanguinare, ma la sua carne pulsa rigettandole fuori dal corpo, rigenerandosi in fretta e rimarginando le ferite.
Il negromante, ancora fermo nella sua posizione, continua a tessere incantesimi. Allunga un braccio e dal palmo della sua mano una bocca vomita cinque sfere viola urlanti che saettano con traiettorie irregolari verso Hearst e Bovak. Ogni tentativo dei due di evitarle o di pararsi è vano. I proiettili di energia squarciano la pelle sotto le armature aprendo dolorose lacerazioni. Per gli avventurieri già provati ogni minima ferita rende la situazione immediatamente critica.
Isabel si prodiga nella cura con la magia, quando all'improvviso il Respiro di Mog soffia dalle viscere della terra. La chierica sente il rombo sconquassarle la mente, disgregando il legame divino attraverso cui fluisce in lei il potere di Erevos. La sua preghiera s'interrompe mentre porta le mani alle tempie e urla il suo dolore muto, sovrastato dal baritonale frastuono.
I tendini e la roccia tremano costringendo Rune e Juan a fermare la loro risalita ed aggrapparsi alla carne vibrante per non precipitare nell'orrido sottostante.
Quando tutto cessa una scarica di sfere viola si abbatte anche su di loro strappando lamenti di dolore. Zaran ride soddisfatto, unico a riuscire a sopportare gli effetti del Respiro senza perdere la concentrazione.
Tuttavia, improvvisamente alla sua risata si sovrappone un canto. Un canto malinconico ma risoluto, di cadute e risalite, di perseveranza e sacrificio. Risuona dalla voce e dal flauto di Gimble, ma più che mai risuona dal suo cuore; è una melodia magica che sprona a non mollare. Zaran perde il suo sorriso constatando come i suoi avversari si risollevano dai suoi affondi, ostinandosi nella loro missione disperata.
Per lunghi istanti non riesce a far altro che osservare stupito, mentre quelli risalgono i tendini e gli spuntoni di roccia con l'intento di arrivare a lui o Valus.
Zaran si scuote quando Rune raggiunge lo sperone di pietra e carne da cui si protende il principe. Quindi traccia nell'aria segni occulti che alle sue parole sprigionano un fumo scuro, e neri tentacoli crescono viscidi sotto i piedi del monaco. Le terribili propaggini l'avvinghiano bloccandogli gli arti, avvolgendosi al petto e al collo. La loro forza è formidabile, la loro presa stritola da togliere il fiato.
"Non raggiungerai il Principe!" si compiace il negromante, che tuttavia non s'avvede, se non all'ultimo istante, dell'avvicinarsi di Juan. Il coloviano percorre come un fulmine l'ultimo tendine che lo separa dal pianerottolo su cui si trova Zaran, e la sua lama affonda sul negromante con precisione. Un colpo che sarebbe stato letale se non fosse stato per la pelle di pietra; l'incantesimo protettivo consuma la sua efficacia salvando il negromante e sbriciolandosi come argilla.
Zaran risponde prontamente evocando uno dei suoi malefici: un spago spesso sbuca dalle palpebre del coloviano cucendole tra loro e rendendolo cieco mentre egli impazzisce di dolore. Juan cerca di strisciare lontano, a carponi, consapevole del rischio di precipitare.
"Morirai insignificante bastardo..." sibila Zaran avvicinandosi a lui. Gli basterà spingerlo giù con una pedata.
Intanto Rune è allo stremo, ma scorge i compagni ormai vicini allo spuntone di Zaran. Con un sforzo estremo usa tutta la sua abilità per divincolarsi. Stringe i denti - sa che sarà dolore, ma è la sua scuola - e disarticola le braccia in modo innaturale, sgusciando via dalla presa infernale. Strattona, si libera, e tenta la sua mossa disperata. Afferra dallo zaino la pietra di Jaluar e la fa scivolare tra la roccia e la carne, prima di fuggire lungo un tendine laterale.
"Ras! Khal! Adin! Ylem!"

5 commenti:

Ale ha detto...

Questa volta c'è voluto davvero un po'...
La notizia buona però è che ho trovato il tempo di scrivere TUTTI i post fino alla fine in un'unica botta, per cui l'opera è praticamente conclusa (mi manca solo un degno epilogo). Pertanto pubblicherò i post a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro, giusto il tempo della revisione e del reperimento immagini di accompagnamento.
Per cui, se qualcuno avesse dubitato che sarei arrivato alla fine vista la latitanza degli ultimi tempi, sappia che il pericolo è scongiurato! :D

Mr. Mist ha detto...

Non credo che ci fossero dei dubbi sul fatto che avresti terminato la tu opera, quanto forse sui tempi, in fondo, siamo alla fine di un lavor che hai portato avanti per anni senza mai mollare, nonostante i molti impegni della vita quotidiana.
Leggendo questo post devo ammettere che comunque l'attesa è stata ripagata.
Il titolo poi lo trovo azzeccato: il potere bardico di instillare coraggio nei compagni o dubbio e paura nei nemici o contrastare alcuni incantesimi, è un'abilità che spesso viene dimenticata o al massimo usata nei primi livelli quando le magie del bardo sono poche o poco efficaci, ma meirta sempre.
Sulla pietra di Jaluar invece ammetto mi hai colto impreparato sorry!
In ogni caso complimenti Ale.

Ale ha detto...

Grazie Mr.Mist, sempre troppo magnanimo.
La pietra di Jaluar è andata un po' in sordina nella narrazione, ma i Pg avevano ben presente di averla a loro disposizione. In gioco erano anche stati tentati di usarla in precedenza, rischiando di "sprecarla" in altra occasione (per liberare il passaggio dove in seguito hanno trovato il Behir prima, per seppellirlo mentre fuggivano dopo). Chissà come sarebbe andata se l'avessero fatto...

Ale ha detto...

Curiosità: anche qui il titolo è un piccolo tributo, stavolta musicale, ad un album della mia gggiovinezza - Death, The Sound of Perseverance. Genere magari poco digeribile ai più, ma dei mostri sacri nel loro ambito.
Quando ho scritto del canto di Gimble, ho ripensato a questa canzone: Voice of the Soul

Sto invecchiando...

Mr. Mist ha detto...

Ho ascoltato la canzone dal link che hai messo, beh mi è piaciuta.
Sai a proposito, nei giorni scorsi ho riletto un vecchio almanacco della bonelli sull'horror, che tra l'altro trattava della musica metal un po' black, negli articoli si parlava dell'allora nuovo singolo dei Pantera: "Cowboys from hell", beh mi sono sentito vecchio anch'io!