lunedì 17 giugno 2013

365 - NOMADI DEL DESERTO

Sono passati due giorni dacché i nostri eroi hanno lasciato il Passo, guadagnandosi l'eterna gratitudine di Zer'i Koztan e Padre Tarek per il salvataggio dei pellegrini; anche perché i monaci avevano ben poco da offrire oltre all'eterna gratitudine.
Isabel chiede una pausa per bere. La marcia lungo la via per Ouarzazade è faticosa nonostante sia inverno, l'unico a non patirla sembra essere il cammello, che biascica indifferente con sguardo di sufficienza.
Il deserto si estende in tutte le direzioni, arido e silenzioso. Silenzioso quanto Hearst, sempre più cupo nell'umore.
Bovak ne approfitta per orientarsi: "Pare che ci siamo. Da qui possiamo abbandonare la via tracciata ed addentrarci nel deserto verso Ma'Habb. Se tutto va per il verso giusto, dovremmo raggiungerla nella mattinata di domani."
Dopo essersi rinfrancati, gli avventurieri ripartono in direzione nord-est, duna dopo duna, lasciandosi alle spalle una lunga e desolata scia di orme sulla sabbia.
Come di consueto, con l'arrivo del crepuscolo il vento sale d'intensità, spazza la dune sollevando miliardi di minuscoli granelli di sabbia, cancellando i segni del cammino compiuto, nell'eterno e costante mutare del deserto che pare immutabile.
"Dovremmo accamparci, questa sabbia sta diventando fastidiosa!" dice Gimble coprendosi gli occhi irritati. Bovak concorda, quindi sale in cima alla duna più vicina per cercare un posto più riparato. Dall'alto della sua posizione il nano scruta l'orizzonte, notando con sua sorpresa a poche centinaia di metri, vicino a due piccole montagnole, tende e fuochi di un accampamento.
Forse questa notte non dormiranno all'addiaccio, ma dovranno accettare il rischio di avvicinare la carovana.

Bovak e Rune sono i primi a farsi avanti allo scoperto, subito intercettati da due uomini vestiti di drappi blu e azzurri che lasciano intravedere solo gli occhi. Uno dei due li illumina con una fiaccola, mentre l'altro sposta la mano sulla sciabola portata alla cintura.
"Fermi!" chiedono con un'inequivocabile accento Mazar'i.
Il nano e il monaco mostrano le mani alzate: "Siamo viandanti, cerchiamo riparo!" urlano per superare il vento. "Siamo noi e altri quattro, e vi chiediamo ospitalità per la notte al riparo dalle sabbie!"
Nessuna risposta, solo un cenno. L'uomo della sciabola si volta e sparisce dietro le tende dell'accampamento.
Fa ritorno dopo alcuni minuti: "Il nostro capo vi invita ad unirvi a noi. Andate a prendere i vostri compagni."

Al ritorno degli avventurieri all'accampamento, un drappello di guerrieri in blu li attende. Hanno la pelle scura e gli occhi profondi. Uno di loro avanza sicuro, e si inchina in segno di saluto: "Salute a voi, viandanti!" dice in un perfetto idioma imperiale, mentre gli uomini dietro di lui si muovono per raggiungerlo. "Io sono Aghmar della tribù dei Kinnin. Siete i benvenuti nella mia casa, dove l'ospitalità per i viaggiatori è sacra."
Per un attimo i suoi occhi si posano sospettosi su Batuffolo.
"La pantera è innocua" si affretta a precisare Bovak.
"Lo spero per te, mio signore" ribatte Aghmar. "Ma vi prego, venite alla mia tavola. Non restiamo oltre alla mercé del vento e della sabbia."
Aghmar conduce gli ospiti all'interno del campo, invitandoli ad accomodarsi ad un tavolo basso contornato da comodi cuscini. Le tende erette alle loro spalle sbattono riparandoli dal vento.
Una donna velata si affretta a portare il tè, che versa da una magnifica ed imponente teiera d'argento, e pane azzimo e carne di montone per gli ospiti, e poi ancora datteri deliziosi.
Gli avventurieri ringraziano garbatamente, imbarazzati da tanta cordialità e dal silenzio di Aghmar, che siede con loro senza dire nulla, limitandosi a sorseggiare l'infuso. Imbarazzo che genera allo stesso tempo diffidenza, e spinge i nostri a non saper dove posare lo sguardo, facendo sì che i loro occhi guizzino tutt'attorno, raccogliendo fugaci dettagli sul campo: una quarantina di guerrieri dai drappi blu, una decina di donne indaffarate nelle faccende domestiche, gli uomini in piccoli gruppi al riparo delle tende, le collinette, il balenare delle fiaccole, il fumo delle shisha, qualche battito sui tamburi.
Le unghie blu di Aghmar mentre solleva il bicchiere.
"Spero sia tutto di vostro gradimento" chiede finalmente il capo Kinnin, raccogliendo dai suoi ospiti cenni di assenso. "Chi di voi è il capo?"
La domanda spiazza tutti per un attimo. Juan precede tutti indicando Bovak: "E' il nano!" poi aggiunge sussurrando. "Del resto sei tu a pagare questa missione..."
Bovak fa buon viso a cattivo gioco e annuisce sorridendo.
"Bene mio signore, e cosa vi porta nel deserto di Kal Mahda?"
"Beh..." attacca Bovak impacciato "come avrete notato non siamo proprio proprio viandanti, ma avventurieri... ecco e stiamo cercando delle rovine antiche, un posto un tempo chiamato Ma'Habb, per uno studioso e--"
"Cazzo!" Hearst scatta in piedi allarmato. "Si è mossa! La collina si è mossa!"
"Hearst, sta tranquillo!" dice Gimble, temendo che questo suo scatto del guerriero possa causare problemi coi Kinnin. "Ti sarai sbagliato, il vento, le tende, i riflessi delle fiaccole..."
Aghmar ride divertito.
"Non sono pazzo! Si è mossa ti dico! E tu che cazzo hai da ridere!"
"Hearst!" lo rimprovera Gimble, vistosamente preoccupato.
Aghmar non smette di ridere, finché con un cenno chiama uno dei suoi: "Nebruk! Nebruk! Illumina le *colline*!"
Il kinnin annuisce e lo fa con un incantesimo di luce. La sorpresa lascia gli avventurieri a bocca aperta.
Le colline sono in realtà due sauri colossali, grandi più di elefanti.

2 commenti:

Mr. Mist ha detto...

Altro che "navi del deserto" questi sauri sono degli autentici transatlantici! Fenomenali come sempre i dialoghi Juan ed Hearst da oscar!

Ale ha detto...

Eh eh, la luce del crepuscolo inganna... altro che collinette!