giovedì 16 maggio 2013

360 - BOVAK GIMRON

I genitori di Bovak appartenevano ad una stimata famiglia di gioiellieri del Regno dei Nani, i Gimron. Vivevano nel complesso di Khalad-Dûl, un importante agglomerato nella parte occidentale della catena dell’Ulgoland.
La famiglia di Bovak era famosa per essere particolarmente aperta e intraprendente rispetto alla tipica chiusura della propria razza, tanto da aver sviluppato una fitta rete commerciale anche al di fuori dei confini di Khalad-Dûl e dell’Ulgoland.
L’intraprendenza dei Gimron aveva loro permesso di cogliere certe opportunità di guadagno impossibili per altri commercianti nanici, garantendo alla famiglia una discreto patrimonio, un buon tenore di vita e una certa distinzione sociale. La stima che i Gimron si erano guadagnati tra i nani di Khalad-Dûl aveva fatto in modo che il loro stemma fosse riconosciuto come simbolo di qualità.
Purtroppo fu la loro stessa intraprendenza a cacciarli in grossi guai. Settant'anni or sono, quando Bovak era solo un ragazzino, la sua famiglia venne a sapere della recente colonizzazione da parte dell’Impero di un nuovo arcipelago di isole nelle lontani mari del sud. Nuove terre che dovevano ancora essere esplorate, che promettevano immense ricchezze, con giacimenti ancora intatti di metalli e pietre preziose. La storica avversità dei nani per gli ambienti marittimi e tropicali offriva loro l’opportunità di guadagni senza precedenti e senza concorrenza.
I Gimron decisero quindi di imbarcarsi nel viaggio verso quelle terre lontane, navigando lungo le coste occidentali del continente, dal Middlecoast, ad Aardelven, ad Astaril.
Il viaggio fu tutt’altro che breve, e men che meno semplice, e la famiglia di nani dovette cambiare diverse volte la nave per cercare di arrivare a destinazione. Purtroppo l'epilogo fu il peggiore possibile. Il mercantile su cui viaggiava la famiglia Gimron venne assaltato nel Mar delle Colovie dai feroci pirati de la Tortue. Oltre a saccheggiare ciò che di valore veniva trasportato, i pirati fecero prigionieri quelli che non massacrarono per farli lavorare come schiavi. Bovak era ancora molto giovane, e non era nemmeno robusto per essere un nano, ma i pirati non gli fecero sconti: o lavorava, o veniva passato a fil di lama.
Tutti i prigionieri furono portati su un’isola sconosciuta e tenuti per mesi in gabbia, nutriti quel tanto che bastava per non farli morire di fame, sopportando turni di lavoro massacranti. Poi una parte di loro venne portata via, e Bovak era tra quelli. Condotto su un'isola diversa e identica allo stesso tempo, si ritrovò all'improvviso e per la prima volta solo, senza la sua famiglia.
Il nuovo covo era vicino alla costa, poco distante dall’estuario di un fiume dalle acque torbide e da un’estesa e lussureggiante foresta, che s’arrampicava in lontananza lungo le pendici di una montagna che svettava la centro dell’isola.
Bovak viveva rinchiuso in una sorta di prigione naturale senza finestre ricavata in una grotta, le cui uniche aperture erano la robusta porta in legno rinforzato con un piccolo sportello - utilizzato per passargli il rancio giornaliero, una pagnotta rinsecchita e una brocca d’acqua - e una piccola apertura posta al centro del soffitto a circa quattro metri di altezza, che forniva un minimo ricambio d’aria a quella cella angusta. Quando veniva costretto a uscire dalla sua prigione, doveva lavorare duro, controllato a vista e frustato ad ogni esitazione. Passarono cosi le settimane, i mesi, gli anni.

Bovak non sapeva quanto tempo era passato da che era lì quando arrivò la stagione delle piogge, la più piovosa che egli ricordasse. Dopo settimane di pioggia intensa, una mattina il fiume esondò, allagando tutto il covo, inclusa la sua cella. La furia delle acque distrusse le palafitte in legno, le baracche, portando con sé uomini e animali, ma non la piccola prigione del nano, scavata nella roccia, inamovibile per il fiume.
L’acqua che saliva avrebbe significato morte certa per un nano qualsiasi, ma non per lui; per lui era la salvezza. Dopo anni sulle navi e tra le isole, Bovak era diventato un abile nuotatore, e il livello dell’acqua gli permise di raggiungere il condotto di aereazione sul soffitto. Grazie alla sua corporatura esile – di costituzione e per gli stenti - riuscì a sfruttarlo come via di fuga. Bovak scappò via, verso l’interno dell’isola, attraversando sotto la pioggia battente l’area dell’estuario ormai ridotta a palude. Era libero, ma non aveva la più pallida idea di dove fosse. L'istinto lo spinse a seguire il corso del fiume verso monte, lontano dai suoi carcerieri. Camminò per giorni nella foresta, esausto e affamato.

I suoi movimenti lungo il grande fiume non passarono inosservati al popolo nativo che viveva lungo le sue rive, e una notte Bovak si ritrovò accerchiato da numerosi indigeni dalla pelle scura e dall’aspetto minaccioso. Il giovane nano era terrorizzato, in balia di quei selvaggi che parlavano una lingua sconosciuta. Tuttavia, non era destino che Bovak diventasse la loro cena. Anzi, una volta certi che il nano non costituiva un pericolo, lo soccorsero e lo portarono al loro villaggio.
"Fu un vero colpo di fortuna, ancora una volta l'acqua mi aveva salvato. I nativi mi curarono e feci presto amicizia con il figlio del capotribù che mi aveva preso in simpatia. Nessuno di noi capiva un accidente della lingua dell'altro, ma fu un modo per imparare vicendevolmente. Diventammo inseparabili, anche quando alla morte del padre divenne capotribù, io e Wakaru..."
La compagnia si ferma di colpo, sbigottita. Gimble scuote la testa: "Non ci posso credere... il mondo è veramente piccolo! A quanto pare Octalius e Saabi Abbar non sono gli unici amici comuni che abbiamo!"
Bovak è altrettanto sorpreso di come gli avventurieri siano entrati in contatto con il Popolo del Fiume. Gimble riassume brevemente le loro imprese sull'isola di Alznar, senza tuttavia entrare nei particolari più del dovuto.
"Sorprendente" ammette Bovak. "Davvero sorprendente! Sono parecchi anni che non vedo Wakaru, sono felice di sapere che gode ancora di buona salute nonostante l'età. Per gli umani il tempo passa così veloce..."
Il crepuscolo porta con sé un vento freddo, la roccia rossa perde presto il suo calore all'imbrunire.
Bovak resta in silenzio, mentre la mente si riempie di ricordi e un briciolo di nostalgia: "Devo molto a Wakaru. Mi ha insegnato a capire e rispettare la natura, ha condiviso con me i suoi segreti."
Il passo di Sarir è ormai a poche decine di metri. E' tempo di pensare alla notte, e mettere da parte il passato.

4 commenti:

Mr. Mist ha detto...

Complimenti per il background di Bovak, semplice ma coerente e ben integrato con il resto della storia grazie ai collegamenti che son stati fatti con alcuni png della campagna!

Anonimo ha detto...

ottimo, un pg perfettamente calato, m'è piaciuto. tra l'altro il periodo con Wakaru è uno dei miei preferiti nella campagna.

Llukas

Anonimo ha detto...

Ok sono scemo io, ho creduto che Bovak fosse un png e invece vedo che è un player ufficiale!
Avete fatto acquisti :)

Bel background!

Nicholas non loggato

Ale ha detto...

uno se n'è andato (Gilead) ed uno è arrivato!