domenica 1 luglio 2012

301 - L'ISTINTO

"Mi... mi dispiace, ma non ce la faccio ad accompagnarvi" dice Najib, pallido in viso. "Ho troppa paura. Vi aspetterò qui, al ponte che collega il Tempio con la città alta. Proseguite oltre l'Arco degli Appesi e vedrete la torre di vedetta. Non potete sbagliare. L'entrata è aperta, quando sono scappato l'ho lasciata così e non ho più avuto il coraggio di tornare."
Gli avventurieri non perdono altro tempo a compiangere Najib, e superato l'arco di roccia che porta all'estremità sud occidentale della scogliera si avvicinano alla torre di vedetta, ben in vista sulla sommità del costone scosceso fatto di aridi terrazzamenti artificiali. Il sole rosso infuocato si staglia alla sue spalle gigantesco, avviandosi verso il mare per il tramonto. Le ore di luce sono poche in questa stagione.
Il bastione è un edificio a base circolare largo trenta piedi, alto altrettanto. L'interno è scuro, illuminato a malapena dalla luce scarlatta che filtra da strette feritoie disseminate su ognuno dei tre piani, costituiti da semplici passerelle di legno che corrono lungo la circonferenza interna della torre, collegate tra loro da scale a pioli.
Al pian terreno c'è una vasca profonda che funge da cisterna dell'acqua. Rune si avvicina alla parete, afferrando e accendendo una fiaccola per migliorare l'illuminazione.
"Shhht!" dice Gilead chiedendo il massimo silenzio. "Ascoltate!"
Nell'assenza di rumori è come se un velo tetro calasse sulla torre. Il suono di gocce che cadono rieccheggia nella cisterna, trasformandosi poi in passi intrisi d'acqua, quindi nel vagito lontano di un neonato, forse proveniente da fuori, forse no.
Un brivido corre lungo la schiena dei nostri eroi, spalla a spalla al centro della torre, che con i sensi all'erta cercano di percepire ogni minimo rumore, ogni piccolo movimento.
Un riflesso della fiaccola, di fianco alla vasca c'è dell'acqua tracimata.
"Non l'ho notata quando siamo entrati" afferma Isabel, avvicinandosi cautamente. Il suo cuore accelera. Non può essere un caso, non può essere uscita da sola. Il livello della cisterna è un metro e mezzo sotto il bordo.
Alcune gocce d'acqua cadono dalle assi malconce delle passerelle superiori sul volto della sacerdotessa. Isabel si ritrae di scatto; la paura di una presenza sopra la propria testa è il primo pensiero istintivo, più rapido rispetto alla spiegazione razionale, ovvero la condensa.
Razionalizzare, spiegare, capire sono sempre stati una luce nelle tenebre per Isabel, un guscio per imprigionare l'istinto con le sue decisioni affrettate e l'impulsività. Essere colta di sorpresa da quel comportamento atavico la infastidisce, perché le mostra che non è ancora in grado di capire pienamente sé stessa.
Ma a volte l'istinto ha ragione.
Un'ombra sfuggente corre su una passerella, ai bordi della campo visivo.
"L'avete vista?" chiede Gilead, raccogliendo il cenno affermativo dei compagni. "Rune, andiamo."
L'elfo e il monaco salgono al primo piano. Dalla posizione sopraelevata non lontana dalla cisterna, scorgono chiaramente al suo interno un drappo rosso che galleggia. Strano che Isabel non se ne sia accorta.
Poi accade tutto in pochi istanti.
Nella semioscurità, sulle assi a pochi metri da lui, Gilead la scorge: una donna dalle vesti fradice, coi lunghi capelli neri bagnati che le coprono il volto.
Ed è ancora l'istinto. Niente domande, niente pensieri, solo la sensazione di pericolo e il sangue che batte nelle orecchie. Gilead incocca fulmineo una freccia, scagliandola dritta nel petto della donna.
La figura lancia un urlo straziato, allargando le braccia e volgendo in alto il capo, rivelandosi agli occhi appena prima di balzare nel vuoto da una parte all'altra della passerella con l'intenzione di farla pagare all'elfo. Le vesti bagnate rosse e arancioni s'incollano alla grossa prominenza sul ventre, da cui provengono i lamenti soffocati di un neonato, mentre la testa sotto i capelli scuri è spaccata dal lato sinistro.
Gilead cerca di sfuggire all'attacco in salto, ma prima che possa reagire gli artigli di quelle mani pallide e fredde sono su di lui. Ed il loro tocco è gelido, ma non del gelo che brucia la pelle. Del gelo che ti divora dentro. Nell'istinto.

11 commenti:

steve ha detto...

Istinto=hearst

Ale ha detto...

decisamente vero

Mr. Mist ha detto...

Io direi arrapamento = Hearst;
in ogni caso bella la descrizione di cosa è avvenuto nella torre! Mi ha un po' lasciato interdetto il discorso del gelo che ti divora nell'istinto, intendevi descrivere un dolore che rievoca sensazioni ancestrali di freddo ed angoscia?

Ale ha detto...

con "gelo che ti divora nell'istinto" intendevo dare una connotazione legata a un freddo, ad un vuoto, a una paura che ti colpisce nel profondo dell'animo. L'intenzione in primis è quella di specificare che non si tratta di freddo in senso materiale.

steve ha detto...

@Mist: tutte le scelte fatte e quelle che farà,in particolare, in questa parte dell'avventura sono dettate dal puro istinto!

Mr. Mist ha detto...

Grazie Ale allora avevo inteso abbastanza correttamente!

@ Steve: ok effetivamente il bisogno d'accoppiarsi spesso fa parte dell'istinto! ;-)

steve ha detto...

Non intendevo quello!tant'e' che quell'argomento x hearst diventera' una cosa marginale...

MetalDave ha detto...

Bello. E' forse la prima volta che vedo il tuo party reagire senza riflettere. E' una cosa che mi ha colpito parecchio, perchè lascia capire la tensione del momento!

Ferdi ha detto...

Ma QUANDO ARRIVIAMO !!!!!!!
XDXDXD
questa burograza delle Isole mi sta angosciando ^_^

Ale ha detto...

@Dave: ogni tanto un po' di scelleratezza non guasta!

@Ferdi: scusa...cos'è la burograza?!?

Ferdi ha detto...

MIIIIIIII

----burocrazia-----

la "I" non funziona bene sulla tastiera ^_^