sabato 28 aprile 2012

288 - IL SEME DI UNA GUERRA

Gimble e Juan si fanno strada attraverso la folla radunata nella grande stanza al pianterreno del palazzo del Governatore. E' insolito che un processo venga tenuto qui, ma la necessità di contenere il gran numero di persone accorse ha reso necessario l'allestimento di una delle grandi sale della rocca. Bifolchi, paesani, curiosi si accalcano per accaparrarsi i posti migliori, mentre le guardie cittadine si prodigano per mantenere l'ordine oltre le transenne che separano il popolino dal palco delle autorità e dai banchi di giudice, imputato e testimoni.
Correia siede sulla piccola tribuna assieme alle personalità più influenti di Salamanca. Non manca nessuno: il monsignore, la piccola nobiltà, i ricchi mercanti.
I due avventurieri riescono a farsi largo a sufficienza da riuscire a vedere, proprio mentre il capitano Garzes accompagna Black Bart alla sua postazione. Il pirata è dimagrito, e sul suo volto aleggia un'aria stanca. Il suo ingresso è accompagnato da urla, insulti, sputi. Alcune teste calde vorrebbero scavalcare le transenne per regolare i propri conti personalmente, ma vengono prontamente ricacciate indietro dalle guardie.
Placare la folla e ottenere una parvenza di silenzio si rivela un compito ben più arduo del previsto e solo dopo quasi mezz'ora dall'ingresso del giudice il processo può avere inizio. Dopo le letture di rito dei poteri conferiti e dei capi d'accusa, inizia la lunga processione dei testimoni.
Mercanti derubati, navigatori che hanno perso tutto, donne violentate, parenti di vittime delle scorrerie dei pirati. Per tutta la giornata nel palazzo del Governatore vengono portate le truci testimonianze delle atrocità commesse dall'equipaggio della Sable Drake, un campionario dei peggiori crimini possibili.
La folla ascolta come ipnotizzata, quasi incredula, maledicendo il nome del pirata ad ogni cambio di testimone.
Black Bart invece, quando interpellato, tace. Lo sguardo del pirata è spento, rassegnato, senza alcuna voglia di lottare, di controbattere. Il suo destino era già segnato prima ancora che iniziasse il processo.

Il sole filtra rosso dalle finestre sul finire del terzo giorno di udienza quando Juan viene chiamato a portare la sua testimonianza. La sorpresa di suo padre, come anche quella del Governatore e di Garzes è evidente; nessuno di loro probabilmente si era premurato di scorrere tutta la lista dei testimoni.
"Juan Siqueira Roberts" legge il giudice. Poi con un cenno stanco della mano lo invita a esporre.
Juan non dice nulla, limitandosi a consegnare alla guardia al suo fianco una custodia per pergamene. Il soldato porta il documento al giudice che lo apre e lo osserva sbalordito.
"Signore... vogliate darmi delle spiegazioni! Questa lettera reca il sigillo di Granada..."
"Potete spezzarlo, e leggerne il contenuto."
Il giudice srotola la missiva e ne scorre il contenuto incredulo. Juan prende la parola nel silenzio generale.
"Sono riuscito a recuperare questo prezioso documento dalla cabina di Black Bart, mio padre, prima dell'attacco da parte della milizia di Salamanca. L'ho fatto per ragioni personali, perché io stesso avevo bisogno di capire..."
Il giovane coloviano si rivolge a Garzes, sapendo di trovare in lui conferma degli avvenimenti: "Era questa che mio padre cercava sottocoperta, quando avete incrociato le lame."
"E' una lettera di corsa!"
Le parole rieccheggiano nella sala. Black Bart resta impassibile nascondendo la sorpresa. A questo punto qualsiasi parola da parte sua coinvolgerebbe anche suo figlio nel proprio destino. Correia scatta in piedi, il suo sguardo è pieno di preoccupazione, di ira, di odio.
Poi il boato della folla sommerge tutto. Insulti, sputi, maledizioni riempiono la sala, costringendo le guardie ad intervenire per mantenere la calma. Il giudice si affretta a sospendere la seduta, riservandosi di far esaminare l'autenticità del documento, rimandando il verdetto alla mattina seguente.
Correia scende dal palco e si avvicina a grandi passi al giovane coloviano, affrontandolo di petto mentre un manipolo di guardie li circonda per proteggerli da eventuali disordini: "Sei impazzito? Ti rendi conto di ciò che hai fatto, di quello che stai per scatenare, di tutte le vite che avrai sulla coscienza per questa follia? Questo è il seme di una guerra Juan, il seme di una guerra..."
Juan si limita a tacere, mentre viene portato al sicuro dagli armigeri. Nell'andarsene incrocia lo sguardo di Juanito, seduto sulla tribuna delle autorità. L'ex sindaco di Puerto del Principe è l'unico a osservarlo in silenzio. In quegli occhi Juan legge le sue parole: non condivido ciò che fai, ma ti capisco.

La mattina seguente, in un clima teso e denso di interrogativi, viene letto il verdetto. Gimble, tra il pubblico, sorride all'ironia del destino quando il giudice comunica che il notaio Miguel de Osuna certifica l'autenticità della lettera di corsa.
Black Bart viene condannato alla detenzione come prigioniero di guerra al servizio di Granada. Correia si alza e se ne va scuotendo la testa.
Il pubblico esplode nuovamente, contenuto a fatica dalla milizia: "verme di Granada", "cane di Pinilla" sono gli epiteti più gentili rivolti a Juan, qualcuno chiede a gran voce di appendere tutta la famiglia.
I soldati portano via il pirata, portano via il giovane, mentre la folla scavalca le transenne e invoca la guerra contro Granada.
Gimble riesce a sgattaiolare vicino al compagno. Ormai Salamanca è troppo pericolosa per loro. Partenza per Tavistock e imbarco per Bakaresh il prima possibile. Con qualunque mezzo.

6 commenti:

ursha ha detto...

Ma valeva veramente la pena di fare tutta questa fatica per creare un incidente diplomatico?

Ale ha detto...

In realtà non c'è una risposta alla tua domanda. Alcuni personaggi ti risponderebbero di no altri di sì. Il nocciolo della questione è che per Juan e Gimble le relazioni "familiari" (o personali) sono più importanti delle conseguenze che le loro azioni possono avere su larga scala. Da qui sono scaturiti fior fiore di momenti identità, nonchè forti contrasti con il resto del gruppo, e l'esigenza di andarsene per sempre dalle isole coloviane (con questo post si chiude il 3° capitolo).
Juan e Gimble sono fatti così e la loro interpretazione è stata magistrale: non sono malvagi, ma nella loro scala di valori la collettività viene dopo la sfera personale. I giocatori sapevano bene ciò a cui stavano andando incontro, ma non hanno rinunciato a perseguire l'obiettivo nonostante il rischio che questo comportava.

MetalDave ha detto...

Immagino che questa sia la sorte migliore che possa toccare al Capitano... posso rompere quindi il mio sciopero del silenzio, anche se spero vivamente che il vecchio filibustiere riesca ad evadere in un mondo o nell'altro!

Ale ha detto...

In effetti per il vecchio Bart non si poteva pretendere di più. Per quel che concerne una futura possibile evasione... beh, questa è un'altra storia (e chissà che prossimamente non diventi un'avventura spin-off)!

Mr. Mist ha detto...

Innanzitutto bentornato Dave!
Successivamente pur condividendo i dubbi di Ursha, sul peso delle conseguenze che la consegna di una lettera di corsa avrebbe prodotto viste le tesissime relazioni diplomatiche tra i due paesi, non posso mettere in croce del tutto i due personaggi, allineamento, valori e motivazioni personali sono importanti nella vita come nel gioco di ruolo. L'unica cosa che credo sia importante è capire fin da subito molto bene il peso delle conseguenze che tutto il gruppo dovrà portare su di sè: una guerra probabile, un po' di nemici potenti sparpagliati nelle isole Coloviane e pochissimi porti sicuri in cui rifugiarsi, senza contare la spaccatura profonda creatasi nel gruppo.
Se si è consci di cosa si dovrà affrontare allora ci sono delle possibilità di uscirne ancora limitando alcuni danni.
Per quel che mi riguarda buona fortuna!

Ale ha detto...

In genere limitare i danni non è il loro forte... :)