giovedì 12 aprile 2012

285 - IL VIZIETTO DELL'AMBASCIATORE

Il rumore del chiavistello della porta d'ingresso al pianterreno mette immediatamente in allarme Juan e Gimble. Nello stesso istante, qualcuno in attesa nel salotto si alza, il rumore dei suoi stivali risuona mentre si avvicina all'uscio. La porta si apre.
"Bentornato signore" dice una voce che è poco più che un bisbiglio.
Chi gli risponde lo fa sussurrando col tono sprezzante di chi è abituato a dar ordini ed esigere rispetto senza darne in cambio: "Mia moglie dorme?"
Quello che gli avventurieri presumono essere l'ambasciatore raccoglie la risposta affermativa del guardiano.
"Bene, io vado a dormire" afferma il diplomatico. "Tu torna fuori, al tuo posto."
La porta d'ingresso si apre e si richiude, mentre un rumore di passi si avvicina. Un lume di candela rischiara la scala.
Gimble vorrebbe imprecare, ma non c'è un istante da perdere. Aperta con delicatezza estrema la porta della camera, il bardo e Juan s'infilano nella stanza, illuminata solo dal chiarore delle stelle attraverso le finestre. La sagoma nel letto si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro. Gimble chiude la porta, e insieme a Juan trattiene il fiato appiattendosi alla parete dell'ingresso, nell'oscurità.
La porta si apre ancora, solo uno spiraglio. La luce della candela dell'ambasciatore filtra illuminando debolmente il volto della donna nel letto. Poi la porta si richiude, e l'uomo si allontana in punta di piedi, verso la camera dietro l'angolo del corridoio.
Quando tutto tace, Gimble e Juan abbandonano la stanza. Dal corridoio silenzioso, gli avventurieri accedono all'ultima porta nel corridoio, quella della camera per gli ospiti. La stanza è di scarso interesse, se non per il fatto che dalla finestra si può vedere la porta d'ingresso ora piantonata all'esterno dalla guardia che attendeva l'ambasciatore in salotto; la stessa a cui il mattino Gimble aveva raccontato un sacco di baggianate architettoniche.
Juan non riesce a trattenersi dal commentare sottovoce: "Marito e moglie dormono in stanze separate..."
"E' abbastanza frequente tra i nobili" spiega Gimble "e a quanto pare è molto utile al nostro uomo per coprire le sue scappatelle notturne, con la complicità del suo guardiano..."
"Questo suo vizietto per poco non ci è costato caro..."
Gimble annuisce: "Ad ogni modo ora che anche l'ambasciatore è rientrato, non dovremmo avere altre sorprese. Adesso meglio stare zitti e continuare a cercare ciò che ci serve. Scendiamo di sotto."

La scala conduce ad una grande stanza riccamente arredata che occupa buona parte del pianoterra e funge sia da salotto che da sala da pranzo, con i suoi divanetti rivestiti di velluto granata e il grande tavolo signorile dei banchetti. Nella fredda luce del cristallo gli avventurieri possono scorgere la porta che conduce alle cucine nella parte sinistra della stanza, oltre il tavolo, e quella dello studio di fronte a loro. A fianco di quest'ultima, un'apertura ad arco si affaccia sull'atrio dell'ingresso.
Improvvisamente il chiavistello dell'ingresso scatta - ancora! - e le voci di due uomini si accavallano. Juan nasconde il cristallo maledicendo l'inefficenza di Hearst come palo. La luce di una lanterna illumina l'atrio, mentre le voci si scambiano poche informazioni per il cambio della guardia.
"Sì, il padrone è già andato a dormire, entra pure" afferma il custode del mattino.
"Allora posso farmi il mio solito goccetto in tranquillità, eh eh eh..." risponde l'altro.
"Sì, ma vedi di fare in fretta, io me ne vado adesso. Oggi non ne posso più, tra rompiscatole al mattino e coperture la sera..."
La porta si richiude, la luce avanza. Il guardiano notturno sta per entrare nella sala. Gimble cerca una via di fuga alle spalle, sulla scala, ma è troppo tardi, il cono di luce della lanterna li investirebbe in pieno.
Juan si fionda sulla porta dello studio, l'ultima visibile a chi entra, piega la maniglia... chiusa! Imprecando mentalmente sfila il grimaldello dalla cintola, mentre un sudore freddo gli corre lungo la tempia.
I passi degli stivali nell'atrio, un primo... un secondo...
Questione di attimi, manca l'ultimo cavicchio da far saltare ruotando l'asticella dell'attrezzo da scasso. Un terzo passo...
La fretta è cattiva consigliera, Juan perde la presa, sbaglia, la serratura torna alla posizione originale, tutto da rifare. Un quarto passo, lo stivale spunta oltre l'arco. Un altro passo e verranno scoperti.
Ormai non c'è più tempo. Gimble decide di giocare d'anticipo e un istante prima che la guardia si accorga di loro, bisbiglia la formula del sonno.
Senza successo.
La guardia avverte un giramento di testa, capisce che qualcosa non va, si volta d'istinto verso gli avventurieri illuminandoli con la lanterna; trovandosi faccia a faccia con loro lancia un'esclamazione di sorpresa, per un istante esita, impacciato dal fatto di reggere il lume con la mano dell'arma. Un'esitazione di cui Gimble approfitta rapidamente, recitando parole arcane che paralizzano i movimenti dell'avversario, bloccandolo nell'atto di prendere la spada con un'espressione incredula dipinta sul volto. Juan si sposta fulmineo e lo colpisce violentemente alla nuca con l'elsa della spada, facendogli perdere i sensi.
Senza dire nulla il coloviano torna alla serratura dello studio, e una volta scassinata si fa aiutare da Gimble a trascinare il guardiano esanime nella stanza.
Sulla scrivania, vicino a lettere ufficiali e documenti, c'è il sigillo.
"Juan, fa che sembri una rapina" sussurra il bardo. Il giovane coloviano non si fa pregare, e comincia a rovistare dappertutto arraffando tutto ciò che trova di prezioso. Gimble scoperchia la lanterna del custode e scalda un po' di ceralacca, quindi imprime con precisione e dovizia il simbolo di Granada, in modo da ottenerne un calco preciso.
Non devono sospettare che eravamo qui per il sigillo, pensa riponendolo nello stesso punto della scrivania.
Ristabilita la completa oscurità, Gimble e Juan tornano al piano superiore per riaprire la botola che conduce nel solaio; giunti nel corridoio lo gnomo nota, grazie alla visione crepuscolare, che la porta della camera dell'ambascatore è socchiusa.
I due si paralizzano, e nel silenzio assoluto della notte, sentono solo rumore di battere di denti. Gimble sogghigna: il diplomatico li ha sentiti malmenare il guardiano e se la sta facendo sotto, curando che nessuno arrivi nel corridoio.
A tastoni indica a Juan di scendere in silenzio. A questo punto meglio non farsi notare e uscire dall'ingresso principale, con la guardia fuori combattimento nessuno li potrà vedere.

8 commenti:

Mr. Mist ha detto...

Ufff... pericolo scampato e missione compiuta ma ci sono andati proprio vicino!
Certo il piano era buono ma nella mancanza del segnale da utilizzare per il palo ci sei entrato come un caterpiller Ale!
Alla fine forse è un bene che Hearst non sia intervenuto: magari visto che l'ambasciatore ha il vizio delle scappatelle notturne magari finiva ancora che i due si erano già incrociati nella "Casa che non c'è" con conseguenze inimmaginabili!

Ale ha detto...

Se Hearst fosse intervenuto, probabilmente a quest'ora lo saprebbe tutta Salamanca...

steve ha detto...

una cosa è certa!se Hearst fosse entrato in casa la padrona se ne sarebbe subito accrta.....

Mr. Mist ha detto...

Se Hearst fosse entrato in casa tutte le donne tra i 18 ed i 50 se ne sarebbero accorte! X-D

Ferdi ha detto...

Se ne sarebbero accorte loro, le guardie e tutti i cittadini che in quel momento stavano a letto.

Hearst nella notte è paragonabile ad un treno merci pieno di ferraglia che transita su un ponte in ferro XDXDXDXDXD

steve ha detto...

...carico carico di....

Mr. Mist ha detto...

...Ammore e tenerezza!

Ale ha detto...

...santo cielo...