lunedì 9 marzo 2009

77 - LA BATTAGLIA DI PINAR DEL RIO

I nativi sono agili come scimmie. I loro corpi neri ricoperti di tatuaggi rossi si arrampicano con facilità sulle palizzate, dove le rudimentali asce di pietra spaccano i crani degli arcieri di Pinàr del Rio. Altri, invece, concentrano le loro forze per entrare dalle porte. La strategia casuale e scoordinata dei selvaggi sembra godere di grande efficacia, supportata dalla sorpresa, dalla ferocia e dalla inusuale insensibilità alla paura della morte.
Hearst e un drappello di mercenari si gettano verso la porta est, facendo pressione con i loro corpi per contrastare la spinta dei nativi. Il pesante catenaccio di legno che chiude il passaggio orientale scricchiola pericolosamente. La spinta degli indigeni è quasi insostenibile. I corpi schiacciati della prima carica, immolatisi sulle barricate appuntite, fungono ora da cuscinetto per le cariche successive. La scena, vista dalle palizzate, è raccapricciante: ad ogni spinta, i corpi infilzati sanguinano copiosamente, sul terreno, creando una orribile fanghiglia rossastra e rivoli ematici che scorrono e filtrano oltre la porta di Pinàr. Nell'aria si diffonde un pestilenziale odore di ferro che si mischia quello del fumo. La miscela, irrespirabile per i difensori, sembra invece galvanizzare oltremodo i selvaggi assalitori.
Gimble prova un diversivo, scagliando un incantesimo di luci danzanti sopra le porte, per impaurire i nativi. La magia funziona giusto il tempo per far tentennare il nemico, e dare un attimo di respiro a Hearst e ai mercenari alle porte.
"Uomini!!! Alle porte!... Riorganizziamoci!... Date copertura agli arcieri!... Voi... alla difesa sulle passerelle!"
Gli ordini urlati da Garzes, affiancato da Isabel, sono una sferzata di coraggio negli animi dei difensori di Pinàr. Il Tenente, condottiero esperto, sta pian piano riprendendo in pugno le sorti della battaglia. La sua decisione e fermezza, gli ordini scanditi e precisi, sono come una luce nell'oscurità per i suoi uomini.

L'ennesima pioggia di pietre infuocate precipita sul villaggio. Gilead vede un nativo arrampicarsi rapido, poco lontano dalla sua posizione, nei pressi di un altro arciere, che inconsapevole del nemico vicino sta tirando sugli assalitori delle porte. L'elfo sta per allertare l'alleato, quando un proiettile lo colpisce violentemente di rimbalzo al volto.
Gilead intontito non capisce cosa accade attorno; sente un urlo straziante così vicino, eppure lontano, mischiato al fischio che lo tormenta nelle orecchie e nella sua testa. Quando riprende coscienza della situazione, vede alla sua sinistra il demonio nero tatuato di rosso correre verso di lui, ululando il suo grido di guerra con l'ascia di pietra pronta a colpire. L'adrenalina scuote Gilead che con un agile balzo all'indietro si getta dalle passerelle, attenuando la caduta grazie alle sue doti acrobatiche. Il suo passato nei Guardiani di Frontiera si risveglia nella sua memoria: rapidità e precisione. Anche il suo nemico, agile, salta dalla passerella verso la sua preda, con gli occhi bianchi spalancati bramosi di morte. Ma quel salto sarà la sua fine. La parabola di caduta è decisa, il nemico non si può difendere, né spostare: Gilead deve solo tirare... tende la corda, quasi con calma placida... e scocca. La sua freccia si conficca precisa nella gola del selvaggio che cade malamente, contorcendosi per il dolore negli attimi che precedono la morte.
"Non possono resistere all'infinito!" constata Rune, osservando il catenaccio della porta est sempre più malconcio. In tutta risposta Gimble estrae dal suo zaino una boccetta di Fuoco dell'Alchimista, acquistato a Salamanca prima di partire.
"Ottima idea!" esclama Rune, afferrando dalla sua sacca una fiala analoga.
I due si coordinano e scagliano le armi a spargimento al di là della porta, che spandono il loro contenuto sui nativi colpiti. Il liquido infiammabile si accende immediatamente al contatto con l'aria, bruciando con vigore i corpi dei nemici.
Tuttavia, le porte sono ormai allo stremo, il catenaccio sta per cedere.
Garzes, astutamente, ordina la ritirata, facendo sì che i nativi sfondino, ma permettendo in tal modo alle sue truppe di non venirne investiti, e anzi programmando un assalto a tenaglia.
E così accade. L'ingresso a Pinàr dei nativi è accompagnato da una pioggia di frecce laterale, seguita da un attacco frontale della fanteria.
I nostri eroi si gettano nella mischia. Lo spadone di Hearst si lorda ben presto del sangue di molti nemici, come anche lo stocco di Juan e la spada corta di Gimble. Il rumore delle ossa rotte dalla morning star di Isabel si mischia alle urla di coloro che cadono sotto le raffiche di pugni di Rune, mentre Gilead copre i compagni con le sue frecce letali.
E' un massacro. Il campo di battaglia si tramuta presto in un lago di sangue in cui galleggiano corpi mutilati di nemici e alleati.
La strategia di Garzes sembra funzionare. Inoltre, svanito l'effetto sorpresa, le truppe di Pinàr riprendono man mano la posizione dominante, grazie alla migliore organizzazione e al miglior equipaggiamento. Nonostante ciò, gli indigeni continuano ad attaccare, come fosse la loro ultima disperata battaglia.

Ad un tratto, davanti alle porte fa capolino un indigeno spaventoso. Sul capo porta un teschio di capro o qualcosa di simile. Lo circondano diversi nativi, con i tamburi, che gli danzano attorno ritualmente. Nella confusione dei combattimenti la terribile figura sciamanica si erge imponente, isolata dagli scontri, ma la sua presenza pesa come una nuova minaccia.
In una mano regge un corno da battaglia, nell’altra le teste di tre esploratori. Le solleva, mentre il suo sguardo incontra e sfida quello di Garzes, che in piedi su una passerella sta facendo strage di selvaggi.
Poi, improvvisamente, il corpo dello sciamano prende fuoco e comincia ad adere. Le urla degli indigeni si alzano a sottolineare il rituale magico: le fiamme che lambiscono il corpo muscoloso del terribile capo tribù non lo feriscono, ed anzi sembrano donargli grande piacere.
Con un gesto pieno di disprezzo, lo sciamano getta le teste mozzate oltre le palizzate, come a voler dare un avvertimento, come a voler dimostrare la forza dei nativi.
Quindi, mentre le fiamme lo avvolgono sempre di più, prende il corno e lo suona... e con il suono del corno, i nativi iniziano la ritirata.
(1a ill. Bard of Lake Town, by Raymond E Gaustadnes)

7 commenti:

Sommo Kuduk ha detto...

Una sola parola ale: "spettacolare"
hai fatto una descrizione eccezionale, bravo!!!

steve ha detto...

proprio bravo il nostro master preferito......

Ale ha detto...

grazie, grazie, ma se fate così poi mi gaso!! :)

Anonimo ha detto...

Una spettacolare carneficina.

Ale ha detto...

proprio così, sangue aggratis!

Dedowar ha detto...

mi è piaciuto un sacco come hai descritto il pezzo sulla passerella. In effetti ho fatto dei tiri talmente buoni che il mio elfo sembrava figo come legolas durante la battaglia della fossa di helm... solo per un momento, però... ^_^

Ale ha detto...

uff... ancora con queste similitudini di bassa lega con i personaggi classici... suvvia, stacchiamoci dai clichè! Legolas non è un figo... è semplicemente che non deve tirare 1d20 ogni volta che attacca!!! ;p