martedì 10 febbraio 2015
447 - UN RUMORE NELL'OMBRA
"Stiamo facendo il più in fretta possibile, ma la Regina secerne poco icore" ribatte un sottoposto. "Se solo il capo non facesse tutta questa economia con le anime..."
"Zitto stupido! Vuoi che ti senta!?" l'aggredisce il primo. "Lui sa cosa fa. Punto e basta. E se devi fare più in fretta con quello che hai. Fallo e basta, se non vuoi essere il prossimo a finire sul tavolo!" minaccia indicando il povero schiavo che s'inarca per gli ultimi spasmi di dolore.
Il ritmico rombo proveniente dalla fossa invade le caverne, e Bovak fa cenno ai compagni di muoversi e percorrere la balconata. Passando tutti vedono l'orripilante spettacolo che si sta consumando di sotto prima di ripararsi dietro la roccia. Per Gimble tuttavia è qualcosa di devastante: il pensiero che quello potrebbe essere il destino toccato a Bleena lo dilania, ma a quanto pare l'orrore non è ancora giunto al suo apogeo. Sulla pelle degli schiavi ormai immobili si inizia a formare una scorza dura, una specie di carapace chitinoso. Non è la morte l'obiettivo del processo negromantico di cui sono spettatori, ma la mutazione.
Hearst afferra per un braccio lo gnomo, tirandolo al riparo nella caverna oltre le balconate.
"Zaran era nella stanza, è vicino, dovremmo approfittarne!" sussurra Bovak.
"Già, e il passaggio che porta alla prigione con gli umber hulk è bloccato da una porta di ferro da questo lato, non è aperto come sembrava dall'altra parte. Avere una porta chiusa tra noi e quegli esseri gioca sicuramente a nostro vantaggio" commenta Isabel.
"Ma avete visto cosa stanno facendo?!" si lascia scappare Gimble a voce forse troppo alta, sconvolto dalla visione. "Non possiamo permetterlo, forse anche Bleena..."
"Ssssht! Ci sentiranno!" lo zittisce Hearst. Isabel fa per tranquillizzare lo gnomo, la cui disperazione sta volgendo in rabbia, ma le voci sotto prefigurano guai.
"Ehi, ho sentito un rumore" afferma uno dei negromanti.
"L'abbiamo sentito tutti, idiota" lo schernisce un altro. "Sono mesi che lo sentiamo se non te n'eri ancora accorto..."
"No, no, delle voci intendevo! Venivano da di là" insiste indicando la balconata.
"Vado a vedere"
Juan sbircia vedendo il negromante non impegnato nelle mutazioni accendere una lanterna ed avviarsi verso un'apertura che si apre sul lato sinistro della sala. Il coloviano studia rapidamente la situazione: davanti a loro la caverna si divide a T; l'ovvia deduzione è che il passaggio di destra si ricolleghi con una svolta ed una scalinata all'ambiente sottostante. Juan fa cenno ai compagni di nascondersi in direzione opposta, appiattendosi nelle ombre appena dietro l'angolo.
I compagni eseguono, ma gli ulteriori rumori causati dallo spostamento senza la copertura del rombo insospettiscono ancor più il negromante. Juan sente i suoi passi fermarsi, probabilmente sulla sommità della scala.
"Horad!" chiama ad alta voce. "Horad! Dannazione piantala con questi scherzi imbecilli, ti ho già avvertito una volta."
Non ricevendo alcuna risposta, l'individuo in nero avanza deciso. Arriva all'angolo e svolta, ma quando irrompe nel corridoio che porta alle balconate un largo squarcio gli attraversa già da parte a parte la gola. Con occhi increduli cerca il suo assalitore, di cui non ha nemmeno visto baluginare la lama, mentre il sangue gli inonda i polmoni impedendogli di urlare. Juan lo sorregge accompagnandone la caduta, lo poggia a terra lasciando che si dissangui, e rovista tra i suoi averi mentre muore, sottraendogli un pugnale di ottima fattura ed un rotolo di pergamena.
Quindi fa per raggiungere i compagni ed andarsene, ma Gimble è già tornato sui suoi passi.
giovedì 29 gennaio 2015
446 - LA BALCONATA SULL'ORRORE
Ora è chiaro il collegamento tra Nezabal ed Ekelorn, e la ragione per cui Rabiaa pagato con la vita. La maga aveva probabilmente scoperto il terribile patto tra il signore dell'Arena e il malaugrym di Eblis, il quale imprigionava anime per i perversi scopi negromantici di Zaran ed Ekelorn ricevendo in cambio la libertà di divorare i corpi delle sue incaute vittime.
Ma non solo.
Ekelorn è anche la mano che ha armato gli Ashfar spianando la strada all'ascesa di Rakoud al trono di Kal-Mahda, finanziandoli con i proventi dell'Arena, attività a sua volta alimentata dagli oscuri esperimenti per far rivivere e controllare i mostri attraverso le anime rapite da Nezabal.
Il diario lascia tuttavia alcuni punti ancora oscuri. La regina. Una nuova era. Il destino degli schiavi.
"Dobbiamo capire dove siamo finiti" dice Bovak. "E a proposito di schiavi, nella fossa si muovevano centinaia di figure... che siano stati deportati qui? Ma per quale scopo?"
Rune rinforza quanto detto dal nano: "Hai ragione dobbiamo scoprirlo, anche se confesso che il solo pensiero di sapere l'origine di quel tetro rumore mi inquieta. Ha qualcosa di innaturale, sembra che ti strappi le viscere... eccolo che arriva."
Gli avventurieri tacciono e si rannicchiano aspettando che passi. Poi si rimettono in marcia.
La caverna scende con leggera pendenza rientrando bruscamente con una svolta a destra dopo aver percorso circa un ottavo di circonferenza a ridosso della voragine.
Gli avventurieri la imboccano allontanandosi dalla fossa, finché questa non si apre affacciandosi come una balconata sull'ambiente sottostante. La roccia è modellata in arcate che permettono di scrutare la stanza di sotto stando ben riparati, ma l'odore di sudore ed escrementi che sale anticipa quello che i nostri eroi stanno per vedere.
Nella profonda buca rettangolare sono stipate decine di schiavi. Uomini e donne, ammassati l'uno contro l'altro, seminudi o vestiti di stracci, sporchi e provati. Guardati a vista da due insettoidi bipedi dalla spessa corazza e dalle mandibole come tenaglie, che ricordano l'incrocio tra un gorilla e uno scarabeo: umber hulk.
Una pesante saracinesca di ferro chiude il lato destro della prigione, mentre un'apertura nella roccia la collega alla sala successiva lungo il lato sinistro. Nonostante quest'ultimo passaggio sia aperto, gli schiavi si guardano bene dall'attraversarlo. La balconata su cui si trovano gli avventurieri sembra estendendersi parallelamente sopra i due ambienti.
Gimble, affacciato ad un'arcata, cerca con lo sguardo indugiando troppo a lungo sui prigionieri nella speranza di scorgere Bleena. Hearst lo tira giù malamente, obbligandolo a ripararsi dietro il parapetto.
"Stai giù" gli bisbiglia in un orecchio. "Tutti sanno che basta il solo sguardo di un umber hulk per scombussolarti il cervello."
Gimble annuisce, ammettendo la sua leggerezza. Il guerriero ha ragione, gli enormi insettoidi sono ben noti, oltre che per le loro doti di scavatori, per la temibile capacità di confondere la mente dei loro avversari.
Lo gnomo recupera la sua consueta razionalità, provando vergogna per essersi lasciato trascinare dall'emotività. Realisticamente Bleena potrebbe essere qui come da qualunque altra parte nella fossa, o altrove, o... no, Gimble non ci vuole nemmeno pensare.
Gli avventurieri strisciano invisibili, sfruttando il periodico rombo che sale dal profondo per muoversi. Superata una diramazione fatta di una scala di roccia che scende chissà dove, come previsto la caverna si affaccia sul secondo ambiente con un'altra balconata.
Bovak si avvicina per primo, e un odore irritante gli pizzica le narici Ma non è nulla rispetto al fastidio di ciò che riesce a vedere. Quattro figure vestite di scuro trafficano attorno a due tavoloni di pietra, su cui sono ammanettati due poveri schiavi. Dalla parete di fronte della stanza fuoriescono dalla roccia dei raccapriccianti tubi carnosi semitrasparenti, ricchi di venature rossastre in cui scorre un icore verdognolo. Le terminazioni di questi budelli sono pungiglioni acuminati che i figuri non esitano a conficcare senza pietà nella bocca dei prigionieri, suscitando le loro soffocate urla di sofferenza mentre scalciano inutilmente.
"Fate presto" ordina perentorio uno dei quattro, che si volta e si allontana verso un'uscita invisibile sotto la balconata. Bovak lo vede in volto, lo sguardo spietato sotto il cappuccio che copre la testa liscia. Non l'ha mai incrociato personalmente, ma sa di avere davanti Zaran.
giovedì 15 gennaio 2015
445 - IL DIARIO DI EKELORN
8 giugno 1084 A.I.
Ha funzionato! Il procedimento studiato da Zaran ha funzionato! Quell’uomo è un genio!
Le anime del Malaugrym possono essere estratte e distillate, e la loro energia imprigionata in un lattice magico. E’ incredibile quanto potere sia racchiuso in esse!
Zaran sostiene che il segreto sia proprio nella mancata costrizione, nel far sì che donare l’anima sia una scelta. E’ questo il punto chiave. Le anime strappate con la forza si consumano, perdono energia, e rimuoverle dalla prigionia è una liberazione, l’annientamento è desiderato e porta all’annichilazione.
Invece per le anime vittime del Malaugrym non è così’: cosa le contraddistingue? Che sia la “speranza” di tornare alla vita nella fase di estrazione? Costoro non sanno che il loro corpo è stato divorato dal demone dopo che li ha sconfitti al gioco? Possibile che solo la speranza permetta di distillare così tanta energia, così tanto vigore?
(...)
19 novembre 1085 A.I.
Ho incontrato Tahrek nelle Valli degli Ashfar. Abbindolarlo facendogli credere che ho origini Ashfar non è stato difficile, la magia ha fatto il resto. E’ il primo di una lunga serie di incontri durante i quali potrò convincere diversi capi tribù a perorare la “loro” causa contro il Granduca.
(...)
31 dicembre 1085 A.I.
Stasera il primo dei miei mostri inoculati di energia umana combatterà. Risponde perfettamente al mio controllo. E’ bastato usare il pendaglio durante il rituale di passaggio dell’energia distillata. Sono bastate due anime per rianimare la più grossa manticora che abbia mai visto. Sarà la prova definitiva. Sarà ancora più facile per me avere mostri e far soldi per la nostra causa. Non servirà più catturarli vivi.
Mi fa sorridere il pensiero che il kaid e il Granduca ignorino il fatto che il denaro che tanto gradiscono grazie ai miei spettacoli servirà per armare la mano degli Ashfar.
Ma soprattutto, Zaran potrà dare nuova linfa alla regina.
Sono certo che prima del nuovo secolo riusciremo a dare inizio ad una nuova era, un’era migliore per tutti.
(...)
4 aprile 1086 A.I.
Ho pietà degli schiavi, come non ne ho mai avuta per quegli idioti vittime del Malaugrym. Ma è per un bene superiore.
lunedì 12 gennaio 2015
444 - PROFONDITA'
Ancora simmetricamente, una porta metallica a due ante è l'unica uscita.
"Che strano luogo..." afferma Bovak, con i sensi tesi a percepire ogni dettaglio. Nonostante abbia passato tutta la sua vita in superficie, il suo sangue nanico bisbiglia con la lingua dell'istinto. Non sa perché ma capisce di trovarsi sottoterra, parecchio sottoterra. L'aria odora di pietra e zolfo.
Bovak fa per aprir bocca, ma un rombo profondo e lontano lo impietrisce. Un suono basso che trasmette alla roccia una cupa vibrazione. Un lamento dalle viscere della terra.
Anche i suoi compagni lo sentono, vede lo spavento nei loro occhi mentre il suono si spegne. Senza dire nulla il nano spalanca le porte metalliche, scrutando con la sua scurovisione la grotta buia che si apre oltre di esse.
Il rumore lo coglie ancora una volta impreparato. Con le porte aperte nessuna barriera lo attutisce, ed esso sale dal profondo, cupo e ritmico, fa vibrare la roccia e le intime corde di una paura ancestrale. Bovak lo subisce come un pugno in pieno volto, trovandosi senza fiato in preda ad un terrore irrazionale che lo paralizza. Il suo sangue nanico gli mostra il rovescio della medaglia, instillando nella sua mente incubi provenienti da un passato ignoto.
Quando il tremore scema, gli avventurieri si guardano pallidi in viso. Nessuno vuole confessare le proprie angosce, tanto sono evidenti. Farsi domande ora può solo portarli a tentennare, a fermarsi. Senza indugiare quindi i nostri eroi impegnano il budello che, scendendo dolcemente, s'infila nelle profondità della terra.
Bovak fa strada grazie alla sua capacità di vedere al buio, mentre Hearst chiude la retroguardia illuminando quel che basta per non inciampare con una delle lanterne rimediate nella sala precedente.
Il cunicolo compie due curve a formare una "S" ed oltre la seconda svolta, alcuni metri più avanti sul lato sinistro del passaggio, una sorta di arcata naturale sembra aprirsi su una caverna più grande, come fosse una balconata. Attraverso di essa filtra un timido chiarore di torce distanti, segno che la grotta su cui si affaccia è in qualche modo illuminata.
"Vado io..." bisbiglia Bovak. Gimble gli fa cenno di avanzare, lo seguirà a breve distanza.
Quando il nano getta il suo sguardo oltre l'arcata non crede ai suoi occhi. Vorrebbe tornare indietro, ma si sporge per vedere meglio reprimendo un senso di vertigine.
Una fossa enorme come solo quella dell'inferno può essere si estende sotto e sopra di loro. Blandamente illuminata da torce e lanterne sparse qua e là, viene ogni tanto rischiarata da fiammate che illuminano l'abisso fuoriuscendo da grotte ed aperture che si aprono a varie altezze lungo il perimetro. In questa enorme voragine si muovono una moltitudine di figure indistinguibili nella penombra, in un di complesso di caverne e impalcature che ricordano un immenso formicaio, di cui il cunicolo che stanno ora percorrendo è solo una delle innumerevoli vie che si diramano affacciate sul vuoto.
Gimble affianca Bovak nell'istante in cui la terra rigetta ancora quel lamento sordo, rendendo se possibile la visione ancor più sconvolgente. Mille pensieri di follia s'affollano nella mente dello gnomo mentre il tremore gli vibra nelle viscere. Sono all'inferno? Oltre i cancelli della morte, nell'Abisso creato dalle lacrime di Dio?
Con il placarsi del baritonale rumore, mentre Gimble riprende fiato, Bovak fa cenno ai compagni di affiancarli. Quando tutti hanno visto si spostano tremanti dall'arcata, in un punto più riparato.
Gimble non può crederci, non può pensare che questo sia l'Abisso. Deve sforzarsi, mantenere la lucidità, aggrapparsi al raziocinio. I compagni si stanno già scambiando ipotesi preoccupate. Deve capire cos'è questo posto, prima che il terrore si prenda gioco di loro.
"Ascoltatemi, dobbiamo restare tutti saldi alla realtà. Qui forse potremo già trovare qualche risposta" dice estraendo il diario di Ekelorn dal suo zaino. "Isabel, pensi di poter eliminare la trappola magica dei serpenti?"
"Posso fare un tentativo" risponde la chierica "ma non sarà facile dissolvere la magia di Ekelorn."
Gimble le porge il piccolo tomo rilegato. Isabel lo tocca col palmo della mano sinistra, mentre con l'altra mano stringe il simbolo di Erevos ed invoca il suo potere. Un alone blu circonda l'oggetto per alcuni secondi, prima di evaporare come fumo.
Lo gnomo fissa speranzoso la sacerdotessa, che annuisce.
Senza perdere altro tempo Gimble avvicina la lanterna di Hearst alle pagine elegantemente vergate, divorando avidamente ogni parola scritta dall'ormai defunto signore dell'Arena.
mercoledì 7 gennaio 2015
443 - OTTAVO INTERLUDIO
"Zaran..."
Al sussurro roco e affaticato del suo nome, il negromante accenna un inchino con la testa.
"Mio Principe..."
Alcuni attimi di silenzio precedono un rombo cupo proveniente dalle profondità della terra. Trattiene il respiro, un brivido di reverenziale timore gli gela la schiena. Non si abituerà mai a quel suono, ormai così vicino...
La breve impossibilità di dialogare gli concede il tempo di interpretare da sé le richieste del suo Signore, nell'attesa che il baritonale tremore si spenga.
"La morte di Nezabal ed Ekelorn non pregiudicherà nulla, mio Principe."
"E la regina...?"
"Abbiamo anime a sufficienza. Il malaugrym le ha raccolte per anni. Potremo alimentare la regina formian per mesi, forse anni se necessario. Non morirà e rimarrà sotto il nostro controllo. Grazie ad essa inoculeremo tutta la forza lavoro che ci serve per raggiungere il nostro obiettivo. Manca poco, mio Signore, lo sento. Manca davvero poco."
"Fai in fretta Zaran. Il mio corpo soffre, la mortalità è una teca fragile."
Zaran annuisce. Sa già cosa fare, questa è la *sua* arte. Per vivere la carne necessita di sangue.
martedì 30 dicembre 2014
442 - SPECCHIO NERO
Il ciondolo di Ekelorn, che già emetteva una debole luminescenza alla sola vicinanza, sprigiona un chiarore smeraldino.
La superficie si fa liquida, increspandosi al contatto della mano dello gnomo.
Gimble si gira verso i compagni. Non servono parole, è tutto già evidente: quello specchio è il passaggio usato da Ekelorn per una destinazione ignota, probabilmente il luogo dove si trovano le risposte a molti perché. Ma è allo stesso tempo un salto nel buio, la via del non ritorno, la tana del nemico.
Per un istante la paura fa breccia, offre la tentazione di scappare fuori, di tornare in un secondo tempo, meglio preparati.
Ma esiste davvero quel secondo tempo? Esiste il modo di essere più preparati?
La realtà dei fatti ha presto il sopravvento, assieme alla consapevolezza che solo rischiare il tutto per tutto ora ha veramente senso. Da un momento all'altro potrebbero arrivare gli uomini di Rakoud, allertati dalla chimera. Anche ammesso di riuscire a fuggire in tempo dall'abitazione del mago, rientrarci successivamente potrebbe diventare impossibile se Rakoud dovesse rinforzare pesantemente la sorveglianza. Rimandare significherebbe ammettere la sconfitta, rinunciare, arrendersi.
Gimble non può accettarlo, per sua sorella Bleena.
Nemmeno Hearst può accettarlo, per l'assassinio Rabiaa.
Non può accettarlo Rune per ciò che hanno fatto a Zer'i Aldaren.
Non può accettarlo Isabel per l'apologia del Peccato e gli orrori a cui ha assistito.
Non può accettarlo Juan per ciò che costoro hanno fatto a Puerto e alle Isole Coloviane.
Non può accettarlo Bovak per la strage di semiumani a Bakaresh.
La decisione è presa, non si torna indietro. Paura e coraggio si contrastano e si mescolano negli animi dei nostri eroi, mentre scivolano decisi nel passaggio verso l'ignoto.
martedì 23 dicembre 2014
441 - LIBRI PERICOLOSI
"Accidenti, questo posto è stracolmo di trappole.." commenta Juan ricongiungendosi ai compagni.
Isabel cura con la magia divina le ferite più gravi, mentre per le meno importanti gli avventurieri impiegano alcune pozioni di guaritrici.
Nel frattempo Gimble e Rune si avvicinano agli scaffali per un primo esame. Sui ripiani mezzi vuoti sono riposti principalmente tomi religiosi impolverati, alcuni comuni, altri rari e proibiti. Tra di essi un cofanetto di legno con una piccola ma elaborata serratura.
"Juan, questo è lavoro per te" dice Gimble, che nell'estrarre il contenitore fa cadere inavvertitamente a terra un taccuino rilegato in cuoio, stretto da un laccetto del medesimo materiale.
E questo? pensa chinandosi per raccoglierlo.
Gimble fa per aprirlo, ma viene interrotto da Rune che gli mostra invece alcune pergamene contenenti incantesimi arcani di identificazione ed individuazione.
"Interessante, ci torneranno sicuramente utili"
"Ho trovato anche questo" continua il monaco, mostrando un libro sopra il quale è legata con lo spago una pergamena arrotolata. "Sembra un normale tomo ma è cavo. E' una scatola."
Rune la apre: all'interno c'è semplicemente una pietra, scura ed estremamente liscia.
Gimble aggrotta le sopracciglia incuriosito mentre il monaco srotola lo scritto ed inizia a leggere ad alta voce. S'interrompe tuttavia quasi subito quando capisce quanto possa essere pericoloso.
"Di cosa si tratta?" chiedono i compagni avvicinatisi nel frattempo.
"Di qualcosa che Ekelorn ha creato e mai recapitato al legittimo destinatario, a quanto pare" risponde Rune mostrando loro il testo della pergamena ed avvertendoli di leggere mentalmente.
Mio Principe,
questa è la Pietra di Jalaur che mi avete ordinato.
Essa racchiude la potenza del tuono e del fuoco, pronta a sprigionarsi
al vostro comando. Un potere in grado di frantumare la roccia più dura e
di fondere l’acciaio più impenetrabile. Basterà evocarla pronunciando
le parole di potere Ras-Khal-Adin, aggiungendo anche Ylem per
ritardarne l’effetto di dieci minuti.
Che questo ci porti ancora più
vicini al nostro obiettivo, per un nuovo mondo.
In eterna fedeltà
Ekelorn
"Mio Principe?" s'interroga Gimble. "A chi mai si riferisce?"
Una nuova interruzione s'intromette tuttavia nelle riflessioni dello gnomo, questa volta ad opera di Juan.
Il coloviano ha appena fatto scattare la serratura del piccolo scrigno rivelando al suo interno svariate bottiglie dalle forme esotiche contenenti fluidi colorati.
L'occhio esperto di Isabel non lascia dubbi, almeno cinque fiale sono pozioni di cura, una permette di potenziare le proprie capacità in combattimento e l'ultima di annullare gli effetti debilitanti di particolari attacchi come il risucchio di energia dei non morti.
Mentre i compagni si dividono il bottino, l'attenzione di Gimble può finalmente tornare sul taccuino. Slega il laccetto con una certa trepidazione. Sente che si tratta del diario di Ekelorn, e forse lì dentro sono anche informazioni che lo condurranno a ritrovare Bleena.
Lo schiude, e dalle pagine prende improvvisamente forma una serpe violacea e traslucida che gli punta la gola. Gimble caccia un urlo, e non sa nemmeno dove trova la prontezza di gettare il taccuino al centro della sala. Il libercolo ricade aperto eruttando viscidi serpenti d'ectoplasma che strisciano in direzione degli intrusi.
Juan viene colto impreparato e avvolto tra le spire di una delle creature, mentre altre continuano ad emergere dalle pagine. Hearst, Isabel e Rune reagiscono prontamente falciando i rettili eterei, ma la velocità con cui essi si generano è ben superiore alla loro capacità di eliminarli.
Bovak accorre in aiuto al coloviano e lo libera a sciabolate dal serpente che lo stritola, prendendosi - forse volutamente - qualche rischio di troppo nei confronti di Juan, il quale pur non apprezzando non può far altro che ringraziare a denti stretti.
Isabel sprona il bardo ancora scosso a riprendersi dalla sorpresa: "Gimble! Il diario! Devi richiuderlo!"
Lo gnomo non se lo fa ripetere. Utilizzando la sua arte arcana evoca una mano spettrale, comandandole di fluttuare fino al libro e richiuderlo. La mano esegue ed afferra la rilegatura in cuoio, ma incontra la resistenza di una massa di ectoplasma nascente. Gimble fa ricorso a tutta la sua volontà per imprimere forza nel suo incantesimo, e finalmente con un colpo deciso la mano spettrale sigilla il diario fermando la fuoriuscita di serpenti eterei. Il bardo si fionda sul taccuino legandolo nuovamente con il suo laccetto di cuoio.
Le armi dei compagni fanno il resto uccidendo i rimanenti rettili evocati, ma non senza aver rimediato dolorose ferite da morso e stritolamento.
A pericolo scampato Gimble ripone momentaneamente nello zaino il taccuino.
Meglio trovare una via d'uscita prima di prendersi altri rischi.
martedì 16 dicembre 2014
440 - LA SALA DEGLI AZULEJOS
Il passaggio segreto conduce dopo un breve corridoio ad una grande porta metallica a due ante, lavorata con delicati motivi. Hearst la sospinge e gli avventurieri muovono passi cauti nella grande sala circolare che si apre loro davanti. L'ingresso dà su una balconata che percorre tutto il perimetro del vasto ambiente a cupola, illuminato dalla chiara luce purpurea emessa da un lampadario di cristalli viola sospeso nel punto apicale. Quattro rampe di scale scendono dalla balconata verso il pianterreno della sala, la prima esattamente di fronte al portone d'accesso e le altre disposte lungo diametri perpendicolari.
Dal lato opposto rispetto all'ingresso spicca un enorme specchio di colore nero - o meglio una superficie talmente lucida da risultare riflettente.
L'aspetto della grande sala è fortemente arricchito dall'impressionante mosaico di azulejos che riveste tutti i pavimenti. Gli azulejos, o az-zulaiŷ in lingua Mazar'i, sono piastrelle di ceramica non più larghe di una spanna, che riportano in un colore dominante le trame tipiche delle terre meridionali.
"Che strano posto..." mormora Isabel. "Mi trasmette allo stesso tempo un senso di bellezza e mistero."
Gimble muove alcuni passi lungo la scalinata, poi si ferma, si affaccia dal corrimano: "Ci sono delle librerie sotto le balconate. Non un granché a dire il vero, sono mezze vuote. Mi sarei aspettato una biblioteca più ricca da parte di un mago come Ekelorn."
Gli avventurieri seguono lo gnomo scendendo al livello sottostante. Il bardo fa per dirigersi verso gli scaffali quando Juan balza all'indietro allarmando i compagni. Una piastrella ai suoi piedi si è capovolta all'improvviso rivelando un occhio carnoso incastonato nel mezzo.
"Che diavoleria è mai questa!" esclama, mentre la pupilla dell'occhio scruta i presenti a destra e a manca. Con un suono picchiettante, altre piastrelle si capovolgono tutt'attorno a loro, ognuna con il suo occhio al centro.
Le porte si chiudono con uno schianto.
"Via! Via! Separiamoci!" grida Rune.
Di qualunque trappola si tratti, farsi trovare raggruppati non è certo un bene.
Gli avventurieri scattano in direzioni diverse, mentre le piastrelle occhiute si sollevano da terra sorrette da lunghe appendici carnose simili ad esili tentacoli, alte fino a dieci piedi.
Pochi secondi dopo la sala diventa un inferno di raggi magici. Fuoco, gelo, elettricità, acido, e ancora energia cinetica, suono, luce e tenebre.
I nostri eroi si disperdono cercando riparo dietro le scalinate, con le prime superficiali ferite degli elementi che bruciano sulla pelle.
Dopo i primi istanti di smarrimento, Hearst si lancia all'attacco, determinato a recidere il più vicino dei maledetti peduncoli. Carica il colpo ancora in corsa resistendo al raggio infuocato che l'investe, ma quando arriva a portata per sventagliare il suo spadone il tentacolo si ritrae rapidamente tornando ad essere una comune piastrella colorata. Il guerriero impreca schiantando un colpo violento che spacca in due l'azulejo, sotto il quale non c'è tuttavia alcuna traccia dell'occhio, quasi fosse stata tutta un'illusione. Uno ad uno anche gli altri tentacoli si ritraggono nel pavimento, rispuntando solo alcuni istanti dopo in posizioni del tutto diverse, vanificando i nascondigli.
Hearst corre ruggendo verso l'occhio blu emerso ad alcuni metri da lui, ma questi lo stordisce con una scarica elettrica. Il guerriero barcolla confuso mentre altri occhi riversano su di lui fiamme e acido. Infine una lancia di energia cinetica lo scaraventa a terra.
Gli altri avventurieri abbandonano le loro posizioni correndo per evitare gli attacchi magici, trovando altri ripari. I peduncoli oculari si ritirano, pronti a rispuntare chissà dove.
Rune si rivolge ai compagni, mentre osserva con la coda dell'occhio il guerriero che fatica a rialzarsi: "Attaccare frontalmente come ha fatto Hearst non serve, dobbiamo coglierli di sorpresa!"
Una piastrella bianca si gira a poca distanza ed il monaco non ha esitazione. Veloce come il vento si getta all'attacco schivando i lampi di luce scagliati dall'occhio, poi anziché affondare cambia direzione. Il peduncolo ne segue la corsa continuando a lanciare su di lui raggi luminosi. Rune viene centrato più volte, la luce lo ustiona e lo abbaglia, ma Juan ha così tutto il tempo per avvicinare la base del mostruoso costrutto. Il coloviano afferra con forza il tentacolo e lo passa a fil di lama. Dalla carne slabbrata sgorga un liquido nero e denso dall'odore pestilenziale. La protuberanza carnosa si dimena con forza, e Juan sa di non poter resistere a lungo. Fortunatamente l'intervento di Batuffolo è provvidenziale. La pantera balza sul peduncolo stritolandone la parte terminale con artigli e morso, permettendo a Juan di recidere completamente la base.
Gimble evoca dei ragni, creando un diversivo che permette ad Isabel di colpire con lo scettro di Carnegie l'occhio nero in grado di emettere raggi di oscurità. La chierica usa il potere dell'elettrocuzione per assicurarsi di distruggere l'avversario, cosa di cui ha certezza quando la piastrella sulla sommità del peduncolo percorso dalla scossa elettrica esplode.
Bovak attende invece il momento buono per uscire allo scoperto, uno dei peduncoli lo tiene sotto tiro. Il druido sa di avere poco tempo prima che quello cambi posizione vanificando il suo riparo sotto le scale. Si concentra e lancia su di sè un incantesimo, quindi scatta sciabola alla mano. L'immediata risposta dell'occhio azzurrino è un raggio di gelo magico, che s'infrange tuttavia sulla resistenza al freddo appena evocata dal nano. L'occhio insiste nel tentativo di congelarlo in un blocco di ghiaccio e fermare la sua corsa, ma Bovak non rallenta nemmeno per un istante, e prima che il tentacolo possa ritirarsi la Mezzaluna del Deserto lo falcia di netto.
"Tre sono andati!" esulta Gimble spostandosi di riparo in riparo. "Isabel! Hearst è in pericolo!"
Il guerriero frastornato al centro della sala è in balia degli attacchi attacchi elementali dei restanti cinque occhi. La chierica si fionda verso di lui, mentre i compagni attaccano obbligando i peduncoli a ritirarsi nel pavimento, non senza incorrere tuttavia in dolorose ustioni elementali.
Isabel si frappone appena in tempo tra il guerriero ed il bulbo rosso usando il suo scudo per bloccare un getto di fuoco, mentre con l'altra mano invoca la grazia di Erevos per guarire le ferite del compagno.
Il tocco della chierica permette ad Hearst di scrollarsi di dosso il dolore. Afferra lo spadone e spingendo al massimo sui muscoli si proietta in avanti oltre la chierica. Il tentacolo è vicino e se agisce velocemente non riuscirà a ritirarsi. Usando il suo stesso slancio allunga l'arma come fosse una lancia infilzandola nella protuberanza carnosa. La lama la trapassa, Hearst spinge finché la punta della spada tocca terra dall'altro lato, offrendogli una leva per riprendere l'equilibrio dopo l'affondo. L'occhio si dibatte mentre sulla lama sgorga l'icore nero, il tentacolo si ritrae d'istinto verso il basso, ma il guerriero tiene ben salda l'arma facendo sì che lo stesso movimento del nemico apra un ampio squarcio per parte della sua lunghezza. Infine con uno strappo laterale Hearst estrae la spada recidendo per metà la base, lasciando che il tentacolo si pieghi e si laceri sotto il suo stesso peso.
Nel frattempo Rune si offre come diversivo grazie alla sua velocità schivando i raggi di cinetici e sonori con acrobazie e capriole, permettendo a Juan di scivolare furtivamente sulle balconate e colpire ed eliminare con precisione i bulbi oculari a suon di frecce.
Allo stesso modo Bovak usa Batuffolo per avere il tempo di evocare con la magia druidica una sfera infuocata con cui incenerisce l'occhio intento a bersagliare la pantera con scariche elettriche.
L'ultimo peduncolo si ritira tornando ad essere una comune piastrella verde, scomparendo per alcuni lunghi istanti. Gli avventurieri stanno in guardia, nulla sembra muoversi.
"State attenti, non credo che abbia desistito" dice Gimble.
La sua affermazione trova presto conferma quando l'occhio si manifesta proprio di fronte alla balaustra dove è riparato Juan, estendendosi per tutta la sua altezza. Il coloviano prova un colpo a bruciapelo, ma si sbilancia e manca malamente il bersaglio finendo schiena a terra. Un raggio acido lo investe di striscio mentre si rotola lateralmente, ma l'occhio lo segue e presto il liquido al vetriolo lo colpirà corrodendo le sue carni.
Poi, all'improvviso, un lampo accecante esplode sul nemico, obbligando Juan a proteggersi la vista. Quando riesce a vedere di nuovo, il peduncolo si agita consumato da fiamme bianche. Giù nella sala, Isabel tiene alto il simbolo di Erevos, ancora avvolto in una luce incandescente.
mercoledì 3 dicembre 2014
439 - LOGICA
"Maledizione!"
Hearst grugnisce di rabbia facendo volare la piastra di Mog al centro della sala della genesi per il nervosismo.
"Ho già provato tutte le combinazioni e nessuna apre questa dannata porta! Forse hai sbagliato monaco, forse non sono queste le quattro piastre da prendere..."
"Non credo Hearst" lo interrompe Gimble con un ghigno preoccupato che gli storge la bocca. "Non hai provato tutte le combinazioni."
Hearst sta per contraddirlo, ma lo gnomo compie un esplicativo gesto di rotazione con la mano.
"Gimble ha ragione" conferma Bovak. "Ogni piastra può essere inserita diritta, ma anche ruotata di un ottavo di giro, di un quarto di giro e così via. Questo rende però le combinazioni possibili un'infinità, non ce la faremo mai a provarle tutte!"
Juan si avvicina ai fori e alle piastre ancora inserite. Le sfila e le rinfila esaminadole con attenzione.
"Cosa suggerisci?" chiede Rune rivolgendosi al nano.
"Potrei evocare un thoqqua, un verme elementale in grado di scavare la pietra" risponde il druido. "Tuttavia devo riposare e ricongiungermi alle forze elementali della natura prima di poter avere accesso a questo incantesimo."
Isabel scuote la testa: "Ci vuole troppo tempo, e noi non ce l'abbiamo. Rischiamo di trovarci Rakoud addosso prima del tuo risveglio, Bovak. Dobbiamo trovare un'altro modo..."
"Qualcuno ha ancora un po' di Richiamo della Notte?" chiede Juan di soprassalto.
Isabel lo guarda stupita: "Ti sembra il momento?"
"Fidati" si limita a dire il coloviano.
"Io ne ho ancora un po'..."
Hearst porge le foglie bluastre a Juan che le mastica. In pochi minuti la luce delle torce si fa splendente, quasi accecante ed ogni fruscio diventa un boato.
"Ma certo! Geniale Juan!" esclama Gimble. "Il Richiamo della Notte amplifica i sensi! Se la porta è attivata da un meccanismo ora sarai in grado di udire o notare ogni impercettibile differenza quando s'inserisce la piastra in maniera giusta o sbagliata!"
Il coloviano annuisce invitando Rune a infilare la prima piastra a portata di mano, quella di Eblis, cominciando dalla serie di fori in alto a sinistra e ruotando via via di un ottavo di giro l'ottagono metallico.
Juan ascolta ad occhi stretti mentre i compagni mantengono il più completo silenzio. Dopo cinque ottavi di giro, un *clic* talmente lieve da essere quasi impercettibile persino con l'aiuto della droga dei kinnin lo fa esultare.
"Ecco fermo! Fermo così! Prendi un'altra piastra e continuiamo!"
Rune esegue, tre quarti di giro per Valmar, e la posizione dritta tal quale per Yamantia. Uno scatto appena udibile conferma a Juan che sono sulla strada giusta.
"Manca solo Mog ora" dice Gimble, consegnando la piastra fatta volare da Hearst nelle mani del monaco. "Tre ottavi di giro."
Rune aggrotta le ciglia, ma senza chiedere va a colpo sicuro secondo l'indicazione dello gnomo. Appena la piastra è in posizione un rumore di meccanismi conferma che la porta segreta è stata sbloccata.
"Come lo sapevi?" chiede Isabel curiosa.
"Col senno di poi è semplice. Ogni piastra è ruotata di un ottavo di giro per ogni lettera che compone il nome del Demone inciso su di essa."
"C'era una logica dunque..."
Il pensiero di Gimble si sofferma sull'assurda estensione e complessità del disegno che stanno lentamente rivelando man mano che i pezzi vanno al loro posto. Il frutto di una metodica pianificazione di tante trame che corrono in parallelo. Poteva essere Ekelorn la mente di tutto ciò? O può esserlo Rakoud, o Zaran?
"Già. Tutto qui sembra avere la sua strana, perversa logica..."
lunedì 24 novembre 2014
438 - SEI STATUE
"Già, quella mostruosità abbandonata qui sotto da Ekelorn era decisamente arrabbiata" gli fa eco Isabel. "Per il momento siamo al sicuro, ma di certo la chimera non si fermerà a quelle povere guardie. Non passerà molto prima che Rakoud deduca che ci siamo intrufolati qua sotto."
"Hai ragione, non perdiamo altro tempo" concorda Gimble. "Juan, dai un'occhiata là avanti, non vorrei rimanere bloccato nuovamente dalla grata..."
L'attento esame del coloviano permette di individuare il meccanismo a pressione sul pavimento ed evitarlo. Gli avventurieri si addentrano nella seconda sezione del sotterraneo a forma di clessidra. Scorgono la gabbia in cui era rinchiusa la chimera, con le sbarre alzate per il loro precedente maldestro ingresso. Gli occhi lacrimano per i vapori acidi residui lasciati dal soffio della testa di drago, attaccano in gola provocando dolorosi accessi di tosse.
"Muoviamoci!" dice Hearst rinunciando ad esplorare quella che era la prigione del mostro. "Qui l'aria è irrespirabile!"
Arrivati in fondo alla sala, una pesante porta metallica con la superficie intaccata dall'atmosfera corrosiva rappresenta l'unica altra uscita. Juan non fatica, dopo un attento esame in cerca di trappole, a scassinarne la serratura grossolana. E' evidente che Ekelorn riteneva più che sufficiente la protezione offerta dalla chimera, tanto da non investire in altri sforzi sulla porta.
Scivolati oltre l'uscio e richiusi i vapori irritanti alle spalle, i nostri eroi percorrono un anonimo corridoio che dopo alcune decine di passi svolta verso sinistra. Girato l'angolo, il cunicolo prosegue per alcuni metri, costellato di alcove da entrambi i lati, per poi interrompersi bruscamente.
"Un vicolo cieco" commenta Hearst.
"Forse" ribatte Gimble sovrappensiero.
Lo gnomo avanza tra le alcove osservandole attentamente. Sei in tutto, ognuna delle quali contiene una scultura di uno dei Demoni del Peccato, opere marmoree alte quasi quanto un uomo che poggiano su spessi piedistalli di mezzo metro.
"Mog... Eblis... Aphazel... Valmar... Jube... Yamantia..."
Isabel pronuncia uno ad uno i nomi dell'Angelo Caduto e dei suoi fratelli, scorrendo le incisioni dorate sui piedistalli che identificano ognuna delle statue.
La sua attenzione però, come quella dei compagni, è catalizzata dalla piastra d'acciaio ottagonale posizionata sotto ogni scritta, lavorata per raffigurare il simbolo stilizzato del Demone che rappresenta.
Juan esamina quella di Mog, la più vicina. La afferra ai lati e tira, facendola scorrere leggermente verso l'interno.
"Come pensavo, è amovibile. Guardate è incastonata con otto perni ai vertici. Scommetto che queste piastre s'incastrano perfettamente in quei cerchi di fori - guarda caso otto per ogni cerchio - in fondo alla sala della genesi."
I compagni concordano con Juan, è sicuramente così ed è per questo che Ekelorn custodiva questo corridoio così attentamente. Queste piastre sono quasi certamente la chiave per accedere alle sue stanze più segrete. Tuttavia, fa notare Hearst, le serie di fori nella stanza della genesi sono solo quattro, mentre le piastre sono sei.
"Evidentemente due sono inutili" spiega Rune. Il monaco, forte di una sua intuizione, osserva ogni piastra da vicino con estrema attenzione, quindi passa un dito sul bordo superiore.
"Guardate" dice mostrando l'indice impolverato. "Questa piastra, quella di Jube, come anche quella di Aphazel, hanno il lato superiore pieno di sporcizia, segno che non vengono rimosse da molto tempo. Tutte le altre invece non hanno un filo di polvere!"
"Ottimo ragionamento Rune" si complimenta Gimble. "Forza prendiamo le piastre corrette e scopriamo una volta per tutte cosa nasconde il mago!"
mercoledì 19 novembre 2014
437 - CHIMERA
Gli avventurieri tornano sui loro passi fino alla grande sala delle gabbie che si estende nell'oscurità. Isabel centra un incantesimo di luce sullo Scettro di Carnegie prima di procedere all'esplorazione, quindi il gruppo avanza cautamente. Poco più avanti le pareti del sotterraneo si restringono ad imbuto fino a convergere in un corridoio largo pressappoco una decina di piedi e lungo altrettanto. Oltre il passaggio un altro salone si allarga specularmente, con un disegno che ricorda una clessidra.
Hearst e Rune avanzano in testa al gruppo, pronti ad ogni evenienza, ed imboccano il corridoio.
"Hearst, Rune, fermi forse è meglio che Juan contr--"
Il suggerimento di Gimble s'interrompe a metà quando, ad un ulteriore passo del guerriero, una grata cala rumorosamente alle spalle dell'avanguardia, sigillando i due oltre il corridoio e dividendoli dai compagni.
"No!" esclama Gimble. "Una trappola!"
Tutti si gettano d'istinto sulla saracinesca afferrando i correnti metallici per sollevarla, da un lato e dall'altro, ma è troppo pesante. Dopo qualche istante un rumore di catene ed ingranaggi tintinna nel sotterraneo, metallo che scivola nella pietra nel buio inesplorato.
"Cazzo! Sì è aperto qualcosa! Le gabbie!" esclama Hearst perdendo la sua consueta freddezza. "Rune muoviti dammi una mano a sollevare 'sta cosa... mmmmhh!!!"
Ma il monaco ha già mollato la presa. Muovendo lentamente alcuni passi di lato scruta l'oscurità, e si mette in guardia.
Notando il comportamento del compagno anche Hearst si ferma e impugna lo spadone.
Una grossa zampa leonina emerge nella penombra, e l'incedere della seconda rivela un mostruoso cerbero dalle teste di capra, leone e drago. Grande come un cavallo, la creatura si muove distante studiando le sue prede.
Gimble sente gocce di sudore freddo scendergli lungo la schiena: "Una... chimera!"
La testa di capra emette un lungo ed inquietante belato, mentre il leone digrigna le fauci e la testa di drago verde emette volute di gas giallognolo. Un odore cloridrico pungente ed irritante si diffonde facendo lacrimare gli occhi.
Hearst e Rune sono pervasi dal panico.
"Tirateci fuori di qui! Fate qualcosa!" sbraita il guerriero facendo di nuovo di tutto per sollevare l'inamovibile grata.
L'immonda creatura si lancia all'attacco ma la provvidenziale evocazione di un ippogrifo da parte di Bovak ne ferma la carica. Il povero animale viene subito azzannato al collo con ferocia, e sebbene faccia di tutto per contrastare la furia della chimera, può ben poco contro la sua terribile capacità di uccidere.
Approfittando del diversivo Isabel usa la magia divina per conferire ad Hearst una forza taurina, Gimble incanta il suo spadone con la sua arte arcana e Bovak protegge Rune rendendo la sua pelle coriacea. Aiuti sì, ma che non basteranno a fronteggiare un avversario così ostico.
Juan invece si prodiga in una disperata ricerca sulle pareti lì attorno. Non può credere che non esista un meccanismo per riaprire la saracinesca, ogni trappola ha un sistema di disattivazione, Ekelorn deve averlo previsto. E se esiste è da questa parte del sotterraneo.
La ricerca del coloviano dà i suoi frutti proprio mentre il collo dell'ippogrifo viene straziato dal morso leonino della chimera: un movimento secco aiutato dagli artigli e la trachea della creatura evocata da Bovak viene scoperchiata, le arterie sprizzano sangue, la testa d'aquila si dibatte disperata nel dolore degli ultimi istanti di vita.
Juan preme senza indugi una mattonella nascosta sulla parete e la grata si solleva veloce, liberando Hearst e Rune dalla loro prigione. Il coloviano la preme di nuovo sperando che faccia ricadere la saracinesca separandoli dalla chimera, ma la sua è una vana speranza. Ora la minaccia del mostro riguarda *tutti* gli avventurieri.
Con la chimera che avanza ruggendo a grandi balzi, Gimble esorta i compagni alla fuga: "Via! Via! Dobbiamo uscire di qua! Bovak, aiutami, dobbiamo rallentarla!"
Lo gnomo evoca con un incantesimo un millepiedi giganti proprio davanti al mostro. Un istante dopo, la magia druidica di Bovak crea un cerchio di energia marrone splendente. Attraverso questa sorta di portale si genera materia, roccia che si aggrega andando a costituire le fattezze umanoidi di un elementale della terra.
"Presto, all'uscita!" urla Gimble preparandosi ad attivare il ciondolo di Ekelorn. Il cristallo brilla di un verde splendente mentre il terreno si apre a riformare la discesa che li aveva portati qui sotto, ma è un processo lento.
Gli avventurieri gettano occhiate preoccupate alle loro spalle. E' questione di attimi, la loro salvezza dipende solo da quanto durerà la lotta impari tra le creature evocate e la chimera.
"Più veloce, più veloce" bisbiglia Gimble stringendo il monile, come se potesse accelerare il processo.
Il soffio di vapori acidi della testa di drago consuma le carni del millepiedi; le incornate, i morsi e le artigliate fanno a pezzi l'elementale della terra prima che questi riesca a ferire seriamente l'abominio con i suoi pugni possenti.
"Ecco si è aperto! Fuori!" urla Gimble appena la terra mostra uno scorcio di cielo notturno. La bestia ruggisce alle loro spalle riprendendo la sua carica.
Quando si fiondano all'esterno, la chimera li insegue con un lungo balzo, spiegando le ali membranose e sovrastandoli. Gimble pensa veloce e lascia cadere il ciondolo smeraldino sul terreno.
Gli avventurieri si dividono a raggiera per sfuggire alla sua picchiata letale. Le tre teste urlano in tutte le direzioni la loro furia, riecheggiando nel silenzio della notte.
Presto le guardie saranno qui.
Bovak, il più lento a nascondersi tra la vegetazione, diventa la preda prescelta. Il nano si rotola a terra istintivamente con un tempismo perfetto. Sente la massa della creatura sfiorarlo per un soffio e gli artigli lacerargli il mantello. La vede atterrare poco più avanti, solo qualche metro li separa. Nonostante la stazza è una bestia veloce e la testa di drago si è già voltata in maniera innaturale sbuffando fumi acidi dalle narici.
"Veniva da di qua!"
Il vociare nel buio, accompagnato dallo sferragliare di armature, preannuncia l'arrivo degli armigeri, ignari del destino che li aspetta, inconsapevole distrazione che regala a Bovak secondi preziosi. Con la coda dell'occhio vede i compagni rifugiarsi di nuovo nel sotterraneo - ecco perché Gimble ha lasciato cadere il gioiello, per tenere aperto il passaggio! pensa mentre lo gnomo recupera il cristallo.
Bovak si concentra, dev'essere veloce come non lo è mai stato, Gimble sta già richiudendo il terreno. Il druido fa appello alle forze della natura e mentre si rialza e corre il suo corpo muta. I suoi abiti si fondono in un manto maculato, gli arti si slanciano, la postura diventa quella di un felide sinuoso. In pochi attimi una maestoso ghepardo sfreccia attraverso il giardino e s'infila nel sotterraneo proprio mentre la terra si richiude sopra le teste degli avventurieri.
Poi si odono solo le grida di spavento e morte delle malcapitate guardie.
martedì 11 novembre 2014
436 - CONGETTURE
"Pensaci Isabel. Quante volte opponendoci ai piani di costoro abbiamo incrociato i servitori del Maligno? Quante altre volte li abbiamo probabilmente incontrati senza saperlo?"
La chierica ripensa a tutte le vicende che li hanno condotti fin qua: dal loro primo incontro con Zaran ed i suoi esperimenti deviati nella tana di Kade, a Puerto del Principe, dove i monatti si rivelarono essere adoratori di Valmar, fino a Bakaresh, all'incontro faccia a faccia con un demone di Eblis.
Senza parlare del massacro in corso, quale più lampante manifestazione del Peccato dell'Ira...
Forse Gimble ha ragione.
Goccia a goccia, senza che si rendessero pienamente conto della portata degli eventi, l'influenza dei fratelli di Mog si è manifestata sempre più.
Isabel si morde il labbro inferiore: si sente impotente. Il Peccato è un nemico troppo forte da sconfiggere. Ha strisciato subdolo, insinuandosi nelle vite della gente, esplodendo in fatti terribili dovo aver corrotto alla base la società, attraverso le azioni dei suoi silenziosi servitori o dei suoi ignari sostenitori. Persino loro, forse.
L'avidità di Black Bart, ad esempio, o la guerra scatenata da Juan pur di salvare suo padre.
Isabel ha la sensazione che il Peccato sia ormai una marea incontenibile che sta sommergendo tutto. Ogni piccolo episodio che tenta di ricordare ne contiene traccia. Come ha potuto sottovalutarlo, non rendersi veramente conto che esso era il filo conduttore dei loro nemici?
Si sente sconfitta: a cosa sono serviti secoli di insegnamenti della Chiesa per mettere in guardia dall'avanzata del male? Mai come ora la promessa di Dio di tornare una volta cancellato il Peccato dal mondo sembra lontana e irraggiungibile...
"Va tutto bene?" si accerta Rune avvicinandola.
Isabel cerca di riprendersi dallo stordimento dei suoi pensieri, annuisce con la testa, sibilando un sì con un filo di voce.
"Cosa credi che vogliano fare, Gimble? Cosa significa *attraverso* Mog?" chiede il monaco con l'obiettivo di capire ciò che lo gnomo e la sacerdotessa temono.
"Non lo so Rune, non lo so. Tuttavia la genesi racconta che il corpo di Mog fu dilaniato da Dio ed i suoi pezzi caddero sulla terra. L'idea più folle che costoro potrebbero perseguire è quella di risorgere l'Angelo Caduto, riportarlo nel mondo per elevare tutte le creature come in questa delirante raffigurazione. Ma sono tutte congetture, solo congetture per ora..."
"A che diavolo serviranno quei fori?" chiede Hearst, spezzando il lungo momento di riflessione.
"Non saprei" gli risponde Bovak mentre accarezza Batuffolo "ma fossi in te mi leverei da lì davanti... non si sa mai."
Juan scuote la testa: "Non credo si tratti di una trappola, non c'è il minimo tentativo di celarla, e la disposizione dei fori non ha senso, come non ha senso il fatto che non sia ancora scattata dopo che siamo entrati. Credo sia invece una sorta di meccanismo."
"Hai un'idea di come funzioni?" chiede Hearst.
Dopo una rapida ispezione, il coloviano risponde: "No, sembra che manchi qualcosa. Guarda però questo profilo, appena percettibile... credo che qui dietro si nasconda una porta segreta!"
"Buono a sapersi!" esclama Gimble "ma per adesso è un vicolo cieco. Forse nell'altra sezione del sotterraneo troveremo qualcosa per aprire il passaggio. Non perdiamo altro tempo, andiamo!"
martedì 4 novembre 2014
435 - RELATIVISMO RELIGIOSO
Scivolati sul retro della villa, gli avventurieri si avvicinano ai carri indicati da Bovak. Avvolti nell'oscurità, nessun rumore proviene da essi.
"Sono tutti vuoti" commenta Hearst dopo un rapido esame spada alla mano.
"Eppure... dev'esserci qualcosa" dice Gimble stringendo tra le dita il ciondolo di Ekelorn. Lo gnomo gira in cerchio attorno ai carri, poi si allontana un poco. Una leggera luminescenza sembra pervadere il monile del mago.
"Ecco! Sta accadendo qualcosa!"
Gimble si muove, avvicinando il gioiello al terreno, finché la luce non aumenta di intensità. Il bardo individua il punto in cui la luminosità emessa è massima.
"E' qui! Qui sotto! Ma come...?"
Bovak afferra il ciondolo dalle mani di Gimble e lo affonda nell'erba. Magicamente il terreno si ritira degradando in un'ampia discesa verso un antro sotterraneo.
"Finalmente..." sussurra lo gnomo rimettendo il ciondolo al collo. Una strana adrenalina lo pervade, assieme alla sensazione di essere vicino alla soluzione di tanti misteri. Un luogo nascosto in questo modo, accessibile solo al mago, deve certamente custodire i suoi più importanti segreti.
Gli avventurieri scendono, ed al loro passaggio la terra si richiude magicamente alle loro spalle, obbligando Isabel e Gimble a far ricorso ad incantesimi di luce.
L'antro, una grande stanza sotterranea che si perde nell'oscurità, è costellata di gabbie lungo il perimetro visibile. Esse circondano un enorme tavolone di marmo liscio al centro, la cui superficie odora di paura, di sofferenza. Una delle prigioni contiene una creatura che per un istante fa sussultare i nostri eroi salvo poi rivelarsi morta.
"Un basilisco" fa notare Bovak. "Se fosse stato vivo il suo sguardo ci avrebbe già tramutato in statue."
"Questo posto non mi piace" commenta Rune. Le gabbie che si perdono nel buio, il fatto di non vedere cosa c'è più in là, rendono il sotterraneo ancor più inquietante.
Gimble indica una porta metallica oltre il grande tavolo centrale, quasi di fronte al passaggio da cui sono entrati. Con un cenno indica a Juan di dare un'occhiata. Il coloviano esegue, ansioso di levarsi da quello spazio ampio, troppo scoperto.
Alla sua conferma dell'assenza di trappole, gli avventurieri l'attraversano rapidamente, ritrovandosi in uno stretto corridoio lungo solo pochi metri. All'altra estremità una seconda porta metallica, a due ante, il cui bassorilievo lavorato raffigura in maniera stilizzata il ciondolo di Ekelorn.
Juan precede i compagni, esaminando accuratamente ogni centimetro.
"E' tutto a posto" dichiara alla fine.
Gimble si avvicina alla porta. Il gioiello appartenuto al mago s'illumina di nuovo, e la stessa luce smeraldina si libera dalla linea scura tra le ante. Quando la fosforescenza scema, Hearst si prende l'onere di spalancarle.
La stanza che si rivela agli avventurieri oltre la soglia è tanto inattesa quanto affascinante nella sua bellezza blasfema. Una luce magica ambientale rischiara le pareti magnificamente affrescate, sulle quali è scorrono due visioni opposte della Genesi, in cui il punto di svolta è la distruzione di Mog da parte di Dio Padre.
Su pareti opposte, in un contrasto voluto, le raffigurazioni mostrano ciò che è stato e una libera interpretazione di ciò che sarebbe potuto essere. Da un lato la misera condizione mortale delle moltitudini, dall'altro la loro stessa elevazione, senza distinzioni, all’immortalità: Angeli di fatto, in un'utopia senza differenze. Le scene di guerra, i massacri, la povertà e le sofferenza della condizione attuale si contrappongono al panorama celeste armonia in cui gli Vivec, Erevos
e Mog sono i primi di un esercito di Angeli, l'umanità elevata a rango divino.
Le due versioni parallele si ricongiungono all'estremità opposta della sala, dove spiccano al centro della parete quattro peculiari serie di fori. Ognuna delle serie, posta ai vertici di un quadrato, conta otto buchi disposti a cerchio.
Mentre osserva le immagini alle pareti, Isabel si sente invadere da un senso di irrequietudine che le dà la nausea: "Tutto questo è pura eresia! Un relativismo religioso che mina le fondamenta stesse della Fede riabilitando il Peccato di Mog..."
"Eppure, Isabel, osserva per un secondo con altri occhi..." sussurra Gimble senza nascondere un fremito d'emozione. Nello sguardo dello gnomo s'intravede il lavorio della sua mente, che pezzo dopo pezzo incastra le tessere del mosaico per intravederne il grande disegno.
"Cosa intendi Gimble? Non vorrai giustificare..."
"No, no, non fraintendermi. Ma pensa, perché *qui*? Nella tana di Ekelorn?" Gimble fa una pausa prima di rispondere alla sua stessa domanda. "Forse sto fantasticando, ma se l'obiettivo del mago, di Rakoud, di tutta la folle organizzazione che ruota attorno a Zaran fosse questo, di ottenere un 'mondo migliore'?"
Isabel guarda preoccupata lo gnomo, cercando di seguire le sue elucubrazioni: "Un 'mondo migliore', dici, attraverso..."
Gimble punta l'indice verso l'Angelo più bello: "...Mog."
venerdì 17 ottobre 2014
434 - UNO SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE
"Allora?" chiede impaziente Rune.
"In fondo alla via c'è una tettoia, possiamo legare lì i cavalli. Non se ne accorgeranno prima di domattina..." risponde vago Juan
"Mi riferivo alla casa del mago!" precisa il monaco, sapendo che il coloviano lo sta volutamente tenendo sulle spine. Rune prova un profondo fastidio per questo tipo di comportamento: a prescindere da quanto possa essere tesa una situazione, Juan non rinuncia al suo atteggiamento in qualche modo provocatorio. Evidentemente l'educazione da pirata ha lasciato comunque il segno.
"Ah, certo... ci stavo arrivando. E' una bella casa, con un grande giardino!" dice il coloviano, inserendo volutamente una lunga pausa prima di continuare. "Certo davanti all'ingresso c'è pieno zeppo di guardie, e una doppia ronda che percorre il muro di cinta. Due e due, che ripassano nello stesso punto ogni trenta, quaranta secondi. Un tempo sufficiente per scavalcare, magari dalla strada sul retro che dà su una zona piuttosto isolata."
Gli avventurieri seguono Juan che ha già studiato il percorso. Il coloviano attende in una via laterale il passaggio della ronda, poi fa cenno di muoversi veloci. La colonna di ombre scure imbocca veloce e silenziosa la strada sul retro, quindi Hearst s'appiattisce al muro di cinta per fare da scaletta. Prima Juan e poi gli altri poggiano un piede tra le mani del guerriero che li solleva facilitando il loro passaggio all'interno - ad eccezione di Batuffolo a cui basta semplicemente un balzo per passare dall'altro lato. Solo Rune attende per ultimo, aiutando a sua volta il guerriero prima di sfruttare la sua agilità per scavalcare. Quando il monaco infine si lascia scivolare nel giardino, la ronda svolta l'angolo. Appena in tempo.
Per Juan non è complicato far saltare la chiusura delle imposte di una finestra, una volta accertatosi dell'assenza di trappole. Con cautela e circospezione gli avventurieri s'infiltrano nella villa di Ekelorn, buia e deserta.
Entrati tutti, si azzardano ad accendere un paio di candele. Juan fa cenno di attendere nel piccolo salottino in cui sono strisciati, stracolmo di animali impagliati come suppellettili, mentre si avventura in una rapida ispezione. Torna poco dopo: tutto a posto, non c'è nessuno. Sembra che Rakoud abbia fatto piazzare solo guardie al di fuori. Forse nemmeno lui si fida a ficcare il naso nella proprietà di un mago.
La casa straborda di elementi d'arredamento esotici, ma di scarso interesse per gli avventurieri. Juan si muove con estrema cautela stanza per stanza, esaminando ogni dettaglio per individuare possibili trappole, ma il luogo sembra sicuro. Infine, identificata la porta dello studio del mago e assicuratosi dell'assenza di pericoli, ne scassina la serratura.
All'interno scrigni, cassetti, cassapanche. Mensole e scaffali pieni di libri impolverati, pozioni, pergamene e alcuni soprammobili impreziositi. Tutto ciò che ci si potrebbe aspettare nello studio di un incantatore.
Juan continua a cercare possibili insidie, mentre i compagni rovistano in ogni dove. Isabel e Gimble fanno affidamento ai loro incantesimi per individuare il magico. Pian piano le cautele iniziali lasciano il posto ad una ricerca sempre più frenetica e nervosa, fino allo sbigottimento finale. Nulla di ciò che c'è qui sembra avere valore o importanza.
Tra i libri abbondano i testi di storia, politica, religione, geografia, ma niente sulle scienze arcane o sui mostri come ci si poteva aspettare. Le pozioni sono solo liquidi dai colori stravaganti, e le pergamene appunti disordinati, ricette di cucina, missive commerciali. Nulla di compromettente, nulla che leghi la figura di Ekelorn a Rakoud o Zaran, nulla di magico addirittura!
"Tutta questa roba è ciarpame, non c'è nemmeno l'ombra della magia qui! Sorge quasi il dubbio che Ekelorn non fosse un mago, ma un vile impostore!" commenta Juan.
"Sul fatto che fosse un mago posso garantire io" lo contraddice Hearst, ricordando il fulmine che per poco non l'ammazzava nell'Arena.
"No, semplicemente quello che cerchiamo non è qui" interviene Gimble. "Queste stanze sono solo uno specchietto per le allodole."
Rune allarga le braccia sconfitto: "Ma abbiamo fatto passare da cima a fondo tutta la casa e non c'è altro..."
"I carri!" esclama Bovak schioccando le dita. "Restano solo quelli, li avete visti parcheggiati nel retro del giardino, no? Ah, giusto... la mia scurovisione... non li avete notati. Beh, credo siano quelli che utilizza per il trasporto dei mostri da Ouarzazade a qui."
"E perché secondo te un mago dovrebbe nascondere qualcosa su dei carri da circo?" lo punzecchia Juan.
Bovak fa spallucce: "Non saprei. La gente fa un sacco di cose illogiche, vero?" gli risponde tagliente.
Juan storce la bocca, quella risposta sottintendeva di certo una critica nei suoi confronti. Fa per ribattere, ma Gimble taglia corto d'accordo con il nano: "Non possiamo escludere nulla. Forza, andiamo."
lunedì 13 ottobre 2014
433 - IL CIONDOLO DI EKELORN
Gli avventurieri pendono dalle sue labbra, dopo che si sono già spartiti l'equipaggiamento magico recuperato da Juan sul cadavere di Ekelorn - un anello per contrastare gli incantesimi preso da Isabel assieme al giaco in mithral di Thusnah, ottimo per alleggerirsi un po'; una fascia in grado di migliorare le doti di persuasione, scelta da Bovak; un diadema per potenziare l'intelletto, arraffato da Hearst; ed infine un anello di scudo mentale, unica fetta del bottino rimanente a Juan.
"E quello cosa sarebbe Koztan?" chiede Gimble.
"Questo è l'oggetto più misterioso tra tutti" spiega il sacerdote, "tanto che la mia magia non è riuscita a decifrarne l'uso. Posso solo dire che è carico di un'aura mista di invocazione e ammaliamento. Chissà, forse è ciò che Ekelorn usava per controllare i suoi mostri, forse è una chiave d'accesso ai suoi segreti..."
"Ekelorn..." sussurra pensieroso lo gnomo lisciandosi la barba. "Sono sempre più convinto che sia un pezzo fondamentale del mosaico, anche se non so come..."
"Rakoud, Zaran, Ekelorn, Nezabal e probabilmente anche Sharuk" gli fa eco Isabel "sembrano tutti percorrere strade di malvagità parallele che tuttavia s'intrecciano qui a Kal-Mahda. Anche se non abbiamo un quadro completo, il sospetto che tutti operino su piani diversi per un comune obiettivo è forte."
"Dovremmo tornare a Bakaresh ed infiltrarci nell'abitazione del mago. Forse con il suo ciondolo riusciremo a scoprire cosa c'è sotto" commenta deciso Hearst.
I compagni annuiscono, e facendolo sanno di porsi di fronte ad una scelta che è anche una scelta di priorità.
Una scelta tra l'assicurare la salvezza ai fuggiaschi portandoli al tempio dei monaci dervisci oppure tornare a Bakaresh alla ricerca dei segreti di Ekelorn.
Privilegiare la prima significa scegliere di rifugiarsi, riorganizzarsi e infine combattere al fianco di Ashanti per la salvezza di Kal-Mahda e la riconquista del trono spodestando Rakoud, ma allo stesso tempo rischiare di non scoprire mai il destino degli schiavi e con loro di Bleena.
Privilegiare la seconda significa invece cercare la salvezza degli schiavi rapiti nelle Isole Coloviane, scoprire i piani della misteriosa organizzazione responsabile della tratta, correndo tuttavia il rischio di esporre gli Ashfar in fuga e Bakaresh al pericolo rappresentato da Rakoud.
La decisione giunge sofferta, ma praticamente all'unanimità.
"Andremo a Bakaresh" decreta Gimble, affidando di fatto il gravoso compito di condurre i profughi ad Ashanti e Sahla. "Partiremo nel tardo pomeriggio, col favore delle tenebre."
Il Maestro annuisce. Approva e comprende la loro scelta, ma non nasconde le sue preoccupazioni, né la tristezza di un arrivederci che in realtà suona come un addio. Stringe le loro mani, una ad una, imitata da Sahla, che ringrazia a sua volta: è anche merito loro se ha capito da che parte era giusto stare.
Sei ombre scure galoppano veloci nel crepuscolo scendendo la strada che dal Passo porta in città.
"Ehi chi va là!" intimano i soldati di guardia al posto di blocco quando costoro si avvicinano. Barricate fatte di barili e un paio di carri.
Gimble li squadra rapidamente. Mercenari, senza dubbio, saliti al volo su carro del vincitore. Indossano casacche lacere della guardia di Bakaresh, recuperate chissà dove.
Come loro, del resto. Agli uomini di Thusnah non servivano più.
Buona parte di quegli uomini sono stravaccati a terra con lo sguardo assonnato, circondati di boccali vuoti, segno che i barili della barricata provengono dalla razzia di una qualche cantina in città e sono stati prontamente svuotati.
Gimble dubita che il posto di blocco sia lì da molto. Probabilmente è solo un'iniziativa personale di quel gruppo di sbandati.
Lo gnomo fa leva sulle sue abilità di persuasione e un po' di suggestione magica per facilitarsi il compito, sapendo che i fumi dell'alcol giocano già a suo favore. Ed infatti non ci vuole molto per convincerli a farli passare senza troppe questioni. Fortunatamente la banda non sembra sapere né essere particolarmente interessata a fuggitivi, ex-capitani e inseguitori.
martedì 7 ottobre 2014
432 - DISERTORE!
"Sahla!" esclama incredula Ashanti quando la figura del Capitano a cavallo sbuca dalle rocce.
Ma non è il solito Sahla.
Accasciato sul collo del suo destriero il Capitano fatica a tenere le redini mentre con l'altra mano si tampona una orrenda ferita al fianco, da cui cola il sangue che macchia il manto della cavalcatura.
Il cavallo rallenta appena la sua corsa avvicinandosi ai nostri eroi, e quando è in prossimità il Capitano si lascia praticamente cadere tra di loro. Sorretto prontamente viene depositato a terra.
"Cosa significa?! Cosa sta succedendo?!" chiede Ashanti inginocchiata su di lui, incapace di nascondere la preoccupazione che l'attanaglia.
"Li stanno... massacrando... al Tempio" si sforza di dire Sahla. Gimble gli porge un po' d'acqua, mentre Ashanti pone le mani sulla brutta ferita, bisbigliando una preghiera. Una luce dorata si sprigiona dai palmi del Maestro, e il sangue smette di sgorgare. Sul volto del Capitano il dolore lascia il posto ad un'espressione di sollievo.
"Grazie..."
"Cos'è accaduto?"
"Hanno dato ordine di attaccare prima dello scadere dell'ultimatum. Non potevo accettarlo e sono andato al Tempio. Dovevo avvertirvi, sarebbe stato un massacro! Sono riuscito a parlare con Aldaren poco prima dell'assalto. Quando ho visto quanti pochi erano ho capito tutto, il suo diversivo... mi ha detto dov'eravate, mi ha detto di raggiungervi, di aiutarvi a fuggire!"
"Ma ti hanno inseguito..." deduce Hearst indicando la ferita.
Non c'è bisogno che Sahla risponda, il rumore di zoccoli proveniente dal sentiero lo fa per lui.
Il Capitano tenta di alzarsi, ma è ancora troppo debole.
"Resta qua" gli ordina Ashanti. "Ci pensiamo noi."
Un nutrito gruppo di mercenari e guardie a cavallo si ferma ad una decina di metri dai nostri eroi. Gli uomini di Rakoud sono capitanati da una vecchia conoscenza di Ashanti, uno stregone-guerriero dalla morale discutibile famoso per il suo opportunismo, che forte della sua posizione, splendente nel suo giaco di maglia tirato a lucido, guarda dall'alto al basso il Maestro e il suo bizzarro seguito.
"C'era da immaginarselo che seguendo il disertore avremmo trovato anche te. Due piccioni con una fava..."
"Thusnah, non starò a sentirti blaterare. Porta via i tuoi uomini e torna da dove sei venuto!"
"Non ci penso nemmeno!" risponde sprezzante lo stregone. "Mi aspetta un bel gruzzolo per le teste dei tuoi Cavalieri al Tempio, gruzzolo che raddoppierà, anzi triplicherà!, se riporto indietro anche la tua e quella del disertore!"
Ashanti sguaina la spada ed è il segnale che basta agli avventurieri.
Senza lasciare il tempo agli avversari di muoversi Isabel evoca il più devastante dei poteri dello Scettro di Carnegie, ed un fulmine seguito da una poderosa onda sonora si abbatte sui nemici.
Gli odori di ozono e carne bruciata si diffondono rapidamente nella brezza mattutina mentre i nostri eroi caricano gli avversari storditi. Bovak lancia Batuffolo all'assalto, bersagliando nel contempo con delle sfere di fuoco i soldati ancora in sella, mentre quelli feriti a terra vengono aggrediti dai mostruosi ragni evocati da Gimble. Nel frattempo Juan sfreccia tra i cavalli imbizzarriti assestando stoccate ai fianchi di coloro che stanno tentando di riprendersi.
Il resto della battaglia è una carneficina: i mercenari e i Cavalieri del Drago, forti dello stordimento provocato dallo Scettro investono i nemici come un'onda inarrestabile, sopraffacendoli senza difficoltà.
Thusnah, lasciato senza fiato dalla scarica elettrica, ha appena il tempo di realizzare quella che si sta trasformando in una rapida disfatta prima che Ashanti, Hearst e Rune gli siano addosso.
Il guerriero sventola lo spadone all'altezza delle ginocchia della cavalcatura dello stregone, tranciandone una di netto e spezzando l'altra. L'animale capitombola a terra nitrendo impazzito, trascinando il suo cavaliere con sé, vanificando il suo tentativo di proteggersi con la magia e consegnandolo tra le braccia dei suoi assalitori.
In pochi istanti Rune lo sovrasta infierendo con una scarica di calci, quindi la spada di Ashanti gli infligge il colpo di grazia trapassandogli la gola.
I pochi armigeri scampati al furioso attacco elettrico e alla carica girano i cavalli e li spronano verso una rapida ritirata verso la città. Juan e Hearst riescono ad inchiodarne uno tirando con l'arco, ma altri due riescono a fuggire.
"Maledizione" impreca Juan sputando a terra.
Ma Hearst non lo ascolta già più: affondando con gli stivali nel terriccio intriso di sangue, il guerriero comincia a saccheggiare i cadaveri dei nemici, in primis quello dello stregone.
"Cazzo! Quello è mithral!" esclama Juan osservando da vicino il giaco del defunto Thusnah.
"...e vedremo chi di noi ne ha veramente bisogno" interviene Gimble fulminando il coloviano con lo sguardo. "Raccogliete l'equipaggiamento utile e raggiungiamo Sahla e Ashanti" continua lo gnomo. "Bovak cercherà di calmare qualcuno di quei cavalli imbizzarriti, di sicuro ci faranno comodo. Non abbiamo molto tempo per decidere sul da farsi prima che gli uomini di Rakoud tornino con i rinforzi."
martedì 30 settembre 2014
431 - IN CERCA DI UN RIFUGIO
Il cielo comincia a schiarire quando la lunga processione raggiunge il Passo di Sarir. La luce del mattino fatica a superare la bruma alta e plumbea, quasi che la notte voglia vender cara la pelle al giorno.
Nell'ampio spiazzo tra le montagne su cui si affacciano il Santuario, il monastero di Felm e la locanda "Confine del Deserto" tutto è immobile. Non c'è traccia del viavai di mercanti e carovane che normalmente lo caratterizzava. Solo una dozzina di figuri intenti a sellare dei cavalli nei pressi delle stalle della taverna. Mercenari, inequivocabilmente.
"Forse dovremmo occuparci di loro, preventivamente" suggerisce sospettoso Gimble. "Non possiamo rischiare..."
Ashanti riflette, poi scuote la testa: "No, niente sangue. Sono mercenari, cercano oro. Li pagheremo per unirsi a noi, o nella peggiore delle ipotesi per tacere e andarsene a nord. Tieni Gimble" dice porgendo un borsello allo gnomo, "occupatene tu, sono certa che sai come convincerli."
Gimble accenna un mezzo sorriso e annuisce: "D'accordo, ci penso io, vi raggiungerò più tardi al Santuario."
"E' successo tutto così in fretta..." sospira il Maestro.
Padre Tarek entra nel piccolo refettorio del monastero, dove il sacerdote di Mujon ha fatto accomodare Ashanti e gli avventurieri. Su di un vassoio porta tè caldo, pane secco e qualche uovo.
"E' il massimo che posso offrire" si scusa. "I sacerdoti di Mujon e Felm hanno già accompagnato i rifugiati nei sotterranei del Santuario come hai suggerito Koztan. Li stanno rifocillando con pane e acqua. Però sai meglio di me che non è una soluzione, vero?"
Zer'i Koztan annuisce. E' perfettamente consapevole che così tante persone non possono nascondersi indefinitamente nelle antiche stanze sotterranee del Santuario, un luogo tanto sacro quanto angusto. Tuttavia si rende necessario tenerle al sicuro, lontane dalla feroce pulizia etnica messa in atto da Rakoud. Serve un luogo non solo sacro, ma anche lontano ed inarrivabile.
"A cosa stai pensando?" chiede Ashanti.
"Ai monaci dervisci del Santo Drago" risponde pensieroso Koztan.
Notando le occhiate interrogative degli avventurieri il sacerdote continua: "I monaci di quest'ordine consacrato a Mujon vivono isolati sulle inaccessibili vette delle montagne aride. Il loro monastero è tutt'altro che semplice da raggiungere, il percorso è impervio e non scevro da pericoli, ma è l'unico posto dove questa gente sarà al sicuro fino a quando le cose non saranno tornate alla normalità, se mai ci torneranno."
"Alcune di quelle persone potrebbero non farcela" sottolinea Rune.
"Lo so, purtroppo. Tuttavia non vedo altre possibilità nell'immediato, è comunque la soluzione meno rischiosa. Tutta quella gente non può certo affrontare il deserto, e poi, per andar dove? Le valli degli Ashfar sono lontane, e non so cosa stia accadendo a Ouarzazade..."
Lo sguardo di tutti si posa su Ashanti, ancora una volta gravata dell'onere di decidere cosa fare. Alla fine il Maestro concorda con Koztan.
"Partiremo il prima possibile. Resteremo quanto basta perché i profughi recuperino le forze. Ora andiamo da loro, nei sotterranei. Voglio capire di persona qual è la situazione."
"Certo Maestro andiamo." Koztan fa strada indicando con un cenno della mano anche agli avventurieri di seguirlo. Nel tragitto tra il monastero ed il Santuario il sacerdote chiede ad Ashanti lumi sugli ultimi avvenimenti di cui ha avuto notizia, ed in particolare della sequela di omicidi tra gli affiliati alla Confraternita Arcana - prima Nezabal, poi Rabiaa, infine Ekelorn. Koztan rimane non poco sorpreso quando, dopo aver appreso la verità sulla figura del mago elfo, scopre di avere davanti anche coloro che han fatto giustizia per l'assassinio di Rabiaa.
Il problema è che il precipitare degli eventi non ha permesso loro di raccogliere ulteriori indizi per arrivare ad incastrare tutti i pezzi del mosaico, pertanto si trovano ora ad un vicolo cieco.
"Beh, non proprio cieco..." la interrompe Juan.
Ashanti lo guarda perplessa: "Cosa vuoi dire?"
"Che ho ripulito il cadavere di Ekelorn all'Arena... aveva con sé qualche gioiellino e tra le sue cose potrebbe esserci qualcosa di utile"
Ashanti digrigna i denti faticando a trattenere la rabbia che sente montargli dentro. Juan, in una situazione simile, ha tenuto nascosto questo fatto per *giorni* sia a lei che ai compagni.
"Che diavolo aspettavi a dircelo!" sbraita sollevando un pugno minacciosa. "Hai atteso di esser certo di non poter rivendere i preziosi a qualche ricettatore dei tuoi?! Solo ora salta fuori! Certo! Perché ormai la situazione è quella che è e qui ci sono solo preti e rifugiati!"
"Tsk..." minimizza Juan senza scomporsi nonostante gli sguardi altrettanto allibiti dei compagni. "Non scaldarti tanto... è andata così, non ho avuto modo di parlarne prima, con tutti questo correre di qua e di là. Semmai, prete, io non riesco a capire se questa roba è magica e serve a qualcosa, o se è solo vile oro..."
"Vile oro, ma sentitelo!" Ashanti allarga le braccia, su tutte le furie.
"Ascoltami bene, ti ho già spiegato come è andata" ribatte seccato Juan. Rispondendo ad Ashanti rivolge però le sue parole a tutti i compagni per prevenire qualunque critica al suo comportamento. "Io non ho obblighi verso di te o questa gente, quindi ringrazia che questa roba non sia già finita sul mercato nero di Zurrieq..."
"Di cosa si tratta?" chiede Koztan, che sebbene non approvi l'atteggiamento del coloviano cerca di smorzare i toni.
"Un diadema, un paio di anelli, un ciondolo e una cintura di seta."
"Posso identificarne le proprietà magiche, ma mi servirà qualche ora"
"Che cosa sta succedendo?" chiede Gimble che sopraggiunge seguito dal drappello di mercenari. "Loro stanno dalla nostra parte ora" afferma indicandoli.
"Non si può dire lo stesso di Juan. Aveva la roba di Ekelorn e non ne ha mai fatto menzione finora" commenta tagliente Ashanti.
Il mezzo sorrisetto sul volto di Gimble scompare completamente. Solo allora Juan perde tutta la sua spavalderia, capendo di averla combinata grossa.
"Andate avanti" dice lo gnomo sottintendendo che il coloviano sia l'unico a fermarsi. Koztan raccoglie da Juan la sacca con gli oggetti, poi si allontana a sua volta.
I due restano in silenzio a lungo. Juan abbassa di continuo lo sguardo, muove nervoso le dita. Gimble lo osserva serio come non mai. Lo gnomo parla solo dopo alcuni minuti che sembrano giorni.
"Quella roba poteva essere utile per trovare mia sorella. Spero lo sia ancora. Spero inoltre che una cosa simile non si ripeta mai più."
Gimble gira i tacchi per riunirsi al gruppo. Fa qualche metro e si ferma: "Mai più Juan. Ricordalo. Mai più" ribadisce senza voltarsi.
martedì 23 settembre 2014
430 - L'ESODO
"Cosa sanno Sahla o Balthazar Sannat della rete sotterranea che da qui porta fuori città?" chiede dubbioso Gimble.
"Fortunatamente niente. A quanto pare l'Ordine del Drago nasconde alcuni segreti anche alla Chiesa stessa. Io stesso non sapevo nulla di questo passaggio fino ad alcuni giorni fa" replica Zer'i Aldaren senza risparmiare una benevola frecciata all'indirizzo di Ashanti.
Il Maestro sorride beffardo, intuendo quanto in realtà il sacerdote Ashfar le sia riconoscente.
"Chiudete le porte! Radunate i rifugiati!" ordina quindi a gran voce. "Non perdiamo altro tempo Zer'i, dobbiamo prepararci."
"No Ashanti, non verrò con voi."
"Che cosa stai dicendo Zer'i?"
"Il mio posto è qui, con i miei sacerdoti. Difenderemo il tempio. Faremo credere di essere barricati all'interno con i rifugiati. Prenderemo tempo. Siete in molti, con donne e bambini, non vi muoverete rapidamente. Ogni minuto guadagnato sarà vitale per farvi giungere sani e salvi al Passo di Sarir!"
"Zer'i..."
Aldaren appoggia una mano sulla spalla di Ashanti. Lei stringe le labbra. Passano parecchi istanti prima che ritrovi le parole.
"Porterò con me solo cinque Cavalieri del Drago, i più esperti. Gli altri combatteranno al tuo fianco alla difesa del tempio."
Aldaren annuisce in silenzio.
"Che il Drago sia con te Zer'i..."
"...fino all'Estremo Sacrificio."
La traversata dei sotterranei è carica di tensione. Budelli bui e puzzolenti, infestati di insetti, invasi dall'acre odore delle torce. Le madri cercano di tenere calmi i bambini per far sì che l'incedere sia il più silenzioso possibile, i padri li tengono stretti per mano per evitare che s'infilino in qualche passaggio secondario perdendosi per sempre nel dedalo di cunicoli.
Quando finalmente gli avventurieri riemergono attraverso la porta nascosta al termine del percorso, l'aria frizzante e fredda della notte li accoglie portando con sé una sensazione di sollievo, sebbene la parte più difficile della fuga inizi proprio ora, allo scoperto.
Lasciata alle spalle la città, il serpentone di profughi si inerpica lungo la strada che porta al Passo. I passi lenti e strisciati, i sandali tra la polvere e le rocce, qualche piccolo che piange per la stanchezza.
Rune fa da avanguardia, fortunatamente la via sembra libera. Gli sciacalli sono troppo impegnati a depredare Bakaresh per occuparsi della strada che porta al deserto.
venerdì 12 settembre 2014
429 - L'ULTIMATUM
Presi sotto la loro protezione padre e figlia, gli avventurieri decidono di dirigersi verso il tempio di Xurah, dove potranno trovar riparo per i rifugiati.
Le strade di Bakaresh sono costellate di cadaveri abbandonati, e quando non si odono dalla distanza gli strepiti delle violenze, il ronzio delle mosche è onnipresente. La paura impedisce la pietà della sepoltura per quei poveri corpi. Straziati, impiccati, torturati, impalati. Ognuna di quelle morti è la sintesi della follia che ha preso il sopravvento, la vittoria del Peccato che strisciante ha corrotto le menti e conquistato la città. Difficile pensare che tutto ciò possa essere solo opera degli uomini. Come non essere portati a credere che i Demoni abbiano architettato tutto ciò? Che ci sia il loro zampino dietro le ritorsioni tra genti che fino a pochi giorni prima vivevano in pace?
L'arrivo al tempio, una costruzione circolare sovrastata da una cupola turchese, spezza queste riflessioni. Il luogo di culto dedicato a Mujon è difeso da svariati Cavalieri del Drago e da alcuni disertori della guardia cittadina. All'interno trovano rifugio ammassate un gran numero di persone, visibili attraverso le porte semiaperte, ed altre ne continuano ad arrivare di quando in quando.
I nostri eroi vengono scortati al cospetto di Zer'i Aldaren degli Ashfar. L'alto sacerdote di Mujon mostra inequivocabili i solchi della stanchezza sul suo volto, ma nei suoi occhi si leggono una determinazione ed una fede incrollabili.
"Sono felice che siate qua. Non ci conosciamo ancora ma Ashanti mi ha molto parlato di voi, e se godete della sua fiducia godrete anche della mia" esordisce l'alto sacerdote scorrendo le facce dei suoi interlocutori. Il suo sguardo si ferma su Rune.
"Zer'i, noi ci conosciamo già. La tua parola mi è stata di grande consiglio in un momento di smarrimento"
"Mi ricordo di te, giungesti al Tempio di notte. Sono felice che l'esempio del Santo Drago ti abbia guidato. Cercavi motivazione come ora ne cerco io. E me ne hai appena restituita..."
La conversazione è bruscamente interrotta dalle grida di allarme delle sentinelle. Maestro Ashanti raggiunge l'entrata del tempio affiancandosi ad Aldaren. La situazione impone solo un rapido cenno di saluto agli avventurieri.
Dopo pochi istanti un drappello di guardie a cavallo fa capolino. Reggono gli stendardi neri e d'oro di Bakaresh, e tra loro cavalca il Capitano Sahla, affiancato da un vecchio dal volto allungato e dalla barba bianca che veste i paramenti della Chiesa di Mujon.
"Zer'i Balthazar Sannat, il primo sacerdote di Mujon..." mormora Aldaren.
Il gruppetto si ferma a debita distanza, ma sufficiente a far sì che la voce del Capitano sia ben udibile a tutti.
"In nome di Sua Eccellenza il Granduca di Kal-Mahda Rakoud ibn Mouktadir Naxxar, attraverso la mia persona vi è fatto ordine di cessare di dar rifugio al popolo traditore degli Ashfar e di consegnare coloro che già avete in custodia. Sarà la giustizia del Granducato a decidere chi di essi è un criminale o una vittima, come lo siamo stati tutti noi, della congiura ordita nella notte di Capodanno."
Ashanti muove decisa alcuni passi in avanti facendo risuonare i calzari metallici dell'armatura, con un pugno sollevato in alto a rafforzare la sua sfida. Incredula per quanto udito, la sua risposta è schietta e spontanea: "Sahla, accidenti! Hai imparato la lezioncina a memoria!? Che cosa vai blaterando? Per quanto ti consideri uno stupido egocentrista so che sai distinguere il bene dal male! Ti rendi conto che ciò che chiedi è una condanna a morte? Ti sei accorto di ciò che accade in città? Come puoi tollerarlo? Dannazione, sei il Capitano della Guardia! E' tuo compito limitare gli eccessi del Granduca! Perché, spiegami! Perché siamo arrivati a questo?!?"
Sahla tace, sfuggendo allo sguardo di Ashanti, mantenendo un'espressione dura e risoluta. Il vecchio sacerdote al suo fianco, forse involontariamente, subentra nella discussione salvandolo dall'imbarazzante incapacità di giustificare le sue azioni.
"Zer'i Aldaren! Ascolta le parole del Capitano! La nostra Fede è sempre stata al fianco dei Naxxar. Questa tua opposizione non fa il bene della nostra Chiesa. Il tuo, il vostro perseverare nella difesa di criminali che si sono macchiati di un grave tradimento, rischiano di spazzare via il culto di Mujon! Non possiamo permettere che il nostro credo diventi nemico della sovranità di Kal Mahda!"
"Le tue parole sono il vero tradimento Zer'i Balthazar!" ribatte senza indugio Aldaren. "Dietro di esse si nasconde la codardia, la tua paura di perdere ciò che hai, di rinunciare a ciò che potrai diventare! Hai paura che ci spazzino via... e allora? Non è forse il Martirio il nostro Credo? La tua visione è tanto offuscata dalla paura o dall'opportunismo da averlo dimenticato, Zer'i? Il Drago Santo non ci insegna il compromesso, non ci chiede di preservarci! Il nostro messaggio si porta con le azioni, non con gli accordi al ribasso! Sai meglio di me che molte di queste persone sono innocenti, che la loro - e mia - unica colpa è di avere sangue elfico nelle vene. Non posso accettare di lasciare che il loro sangue venga versato per salvare il nostro!"
"Tu non vedi oltre la punta del tuo naso, Zer'i Aldaren" gracchia il primo sacerdote. "La tua ostinazione condurrà alla rovina te e coloro che difendi!"
"Ora basta!" ringhia Sahla. "Non siamo qui a discutere. Avete un giorno di tempo per eseguire l'ordine del Granduca. Non c'è altro da dire. Andiamocene."
Il Capitano gira il cavallo imitato dalla sua scorta. Solo Balthazar Sannat rimane indietro per un attimo, come se dovesse aggiungere qualcosa, ma poi gira il suo destriero e segue le guardie.