lunedì 12 gennaio 2015

444 - PROFONDITA'

Il passaggio attraverso lo specchio lascia un leggero senso di nausea, reso più duraturo dall'aria pesante del nuovo ambiente: una luogo simmetrico alla sala nel sotterraneo di Ekelorn, ma estremamente più spoglio. Non ci sono gli azulejos che caratterizzavano la dimora del mago, né la balconata, né il lampadario. La sala circolare è ricavata nella roccia grezza e solo il pavimento è stato lastricato con grandi pietre color mattone. L’illuminazione è garantita dalle tremolanti fiamme di alcune lanterne attaccate alle pareti.
Ancora simmetricamente, una porta metallica a due ante è l'unica uscita.
"Che strano luogo..." afferma Bovak, con i sensi tesi a percepire ogni dettaglio. Nonostante abbia passato tutta la sua vita in superficie, il suo sangue nanico bisbiglia con la lingua dell'istinto. Non sa perché ma capisce di trovarsi sottoterra, parecchio sottoterra. L'aria odora di pietra e zolfo.
Bovak fa per aprir bocca, ma un rombo profondo e lontano lo impietrisce. Un suono basso che trasmette alla roccia una cupa vibrazione. Un lamento dalle viscere della terra.
Anche i suoi compagni lo sentono, vede lo spavento nei loro occhi mentre il suono si spegne. Senza dire nulla il nano spalanca le porte metalliche, scrutando con la sua scurovisione la grotta buia che si apre oltre di esse.
Il rumore lo coglie ancora una volta impreparato. Con le porte aperte nessuna barriera lo attutisce, ed esso sale dal profondo, cupo e ritmico, fa vibrare la roccia e le intime corde di una paura ancestrale. Bovak lo subisce come un pugno in pieno volto, trovandosi senza fiato in preda ad un terrore irrazionale che lo paralizza. Il suo sangue nanico gli mostra il rovescio della medaglia, instillando nella sua mente incubi provenienti da un passato ignoto.
Quando il tremore scema, gli avventurieri si guardano pallidi in viso. Nessuno vuole confessare le proprie angosce, tanto sono evidenti. Farsi domande ora può solo portarli a tentennare, a fermarsi. Senza indugiare quindi i nostri eroi impegnano il budello che, scendendo dolcemente, s'infila nelle profondità della terra.
Bovak fa strada grazie alla sua capacità di vedere al buio, mentre Hearst chiude la retroguardia illuminando quel che basta per non inciampare con una delle lanterne rimediate nella sala precedente.
Il cunicolo compie due curve a formare una "S" ed oltre la seconda svolta, alcuni metri più avanti sul lato sinistro del passaggio, una sorta di arcata naturale sembra aprirsi su una caverna più grande, come fosse una balconata. Attraverso di essa filtra un timido chiarore di torce distanti, segno che la grotta su cui si affaccia è in qualche modo illuminata.
"Vado io..." bisbiglia Bovak. Gimble gli fa cenno di avanzare, lo seguirà a breve distanza.
Quando il nano getta il suo sguardo oltre l'arcata non crede ai suoi occhi. Vorrebbe tornare indietro, ma si sporge per vedere meglio reprimendo un senso di vertigine.
Una fossa enorme come solo quella dell'inferno può essere si estende sotto e sopra di loro. Blandamente illuminata da torce e lanterne sparse qua e là, viene ogni tanto rischiarata da fiammate che illuminano l'abisso fuoriuscendo da grotte ed aperture che si aprono a varie altezze lungo il perimetro. In questa enorme voragine si muovono una moltitudine di figure indistinguibili nella penombra, in un di complesso di caverne e impalcature che ricordano un immenso formicaio, di cui il cunicolo che stanno ora percorrendo è solo una delle innumerevoli vie che si diramano affacciate sul vuoto.
Gimble affianca Bovak nell'istante in cui la terra rigetta ancora quel lamento sordo, rendendo se possibile la visione ancor più sconvolgente. Mille pensieri di follia s'affollano nella mente dello gnomo mentre il tremore gli vibra nelle viscere. Sono all'inferno? Oltre i cancelli della morte, nell'Abisso creato dalle lacrime di Dio?
Con il placarsi del baritonale rumore, mentre Gimble riprende fiato, Bovak fa cenno ai compagni di affiancarli. Quando tutti hanno visto si spostano tremanti dall'arcata, in un punto più riparato.
Gimble non può crederci, non può pensare che questo sia l'Abisso. Deve sforzarsi, mantenere la lucidità, aggrapparsi al raziocinio. I compagni si stanno già scambiando ipotesi preoccupate. Deve capire cos'è questo posto, prima che il terrore si prenda gioco di loro.
"Ascoltatemi, dobbiamo restare tutti saldi alla realtà. Qui forse potremo già trovare qualche risposta" dice estraendo il diario di Ekelorn dal suo zaino. "Isabel, pensi di poter eliminare la trappola magica dei serpenti?"
"Posso fare un tentativo" risponde la chierica "ma non sarà facile dissolvere la magia di Ekelorn."
Gimble le porge il piccolo tomo rilegato. Isabel lo tocca col palmo della mano sinistra, mentre con l'altra mano stringe il simbolo di Erevos ed invoca il suo potere. Un alone blu circonda l'oggetto per alcuni secondi, prima di evaporare come fumo.
Lo gnomo fissa speranzoso la sacerdotessa, che annuisce.
Senza perdere altro tempo Gimble avvicina la lanterna di Hearst alle pagine elegantemente vergate, divorando avidamente ogni parola scritta dall'ormai defunto signore dell'Arena.

3 commenti:

Mr. Mist ha detto...

Beh come inizio è decisamente promettente! :)

Sommo Kuduk ha detto...

hai comprato il manuale dei piani? ;-)

Ale ha detto...

No, niente piani anche se l'impressione poteva esser quella! :)