giovedì 29 gennaio 2015

446 - LA BALCONATA SULL'ORRORE

Gimble solleva lo sguardo richiudendo il diario. Le tessere del complesso mosaico s'incastrano sempre più nella sua mente, e ragionando a voce alta spiega ai compagni ciò che ha letto.
Ora è chiaro il collegamento tra Nezabal ed Ekelorn, e la ragione per cui Rabiaa pagato con la vita. La maga aveva probabilmente scoperto il terribile patto tra il signore dell'Arena e il malaugrym di Eblis, il quale imprigionava anime per i perversi scopi negromantici di Zaran ed Ekelorn ricevendo in cambio la libertà di divorare i corpi delle sue incaute vittime.
Ma non solo.
Ekelorn è anche la mano che ha armato gli Ashfar spianando la strada all'ascesa di Rakoud al trono di Kal-Mahda, finanziandoli con i proventi dell'Arena, attività a sua volta alimentata dagli oscuri esperimenti per far rivivere e controllare i mostri attraverso le anime rapite da Nezabal.
Il diario lascia tuttavia alcuni punti ancora oscuri. La regina. Una nuova era. Il destino degli schiavi.
"Dobbiamo capire dove siamo finiti" dice Bovak. "E a proposito di schiavi, nella fossa si muovevano centinaia di figure... che siano stati deportati qui? Ma per quale scopo?"
Rune rinforza quanto detto dal nano: "Hai ragione dobbiamo scoprirlo, anche se confesso che il solo pensiero di sapere l'origine di quel tetro rumore mi inquieta. Ha qualcosa di innaturale, sembra che ti strappi le viscere... eccolo che arriva."
Gli avventurieri tacciono e si rannicchiano aspettando che passi. Poi si rimettono in marcia.
La caverna scende con leggera pendenza rientrando bruscamente con una svolta a destra dopo aver percorso circa un ottavo di circonferenza a ridosso della voragine.
Gli avventurieri la imboccano allontanandosi dalla fossa, finché questa non si apre affacciandosi come una balconata sull'ambiente sottostante. La roccia è modellata in arcate che permettono di scrutare la stanza di sotto stando ben riparati, ma l'odore di sudore ed escrementi che sale anticipa quello che i nostri eroi stanno per vedere.
Nella profonda buca rettangolare sono stipate decine di schiavi. Uomini e donne, ammassati l'uno contro l'altro, seminudi o vestiti di stracci, sporchi e provati. Guardati a vista da due insettoidi bipedi dalla spessa corazza e dalle mandibole come tenaglie, che ricordano l'incrocio tra un gorilla e uno scarabeo: umber hulk.
Una pesante saracinesca di ferro chiude il lato destro della prigione, mentre un'apertura nella roccia la collega alla sala successiva lungo il lato sinistro. Nonostante quest'ultimo passaggio sia aperto, gli schiavi si guardano bene dall'attraversarlo. La balconata su cui si trovano gli avventurieri sembra estendendersi parallelamente sopra i due ambienti.
Gimble, affacciato ad un'arcata, cerca con lo sguardo indugiando troppo a lungo sui prigionieri nella speranza di scorgere Bleena. Hearst lo tira giù malamente, obbligandolo a ripararsi dietro il parapetto.
"Stai giù" gli bisbiglia in un orecchio. "Tutti sanno che basta il solo sguardo di un umber hulk per scombussolarti il cervello."
Gimble annuisce, ammettendo la sua leggerezza. Il guerriero ha ragione, gli enormi insettoidi sono ben noti, oltre che per le loro doti di scavatori, per la temibile capacità di confondere la mente dei loro avversari.
Lo gnomo recupera la sua consueta razionalità, provando vergogna per essersi lasciato trascinare dall'emotività. Realisticamente Bleena potrebbe essere qui come da qualunque altra parte nella fossa, o altrove, o... no, Gimble non ci vuole nemmeno pensare.
Gli avventurieri strisciano invisibili, sfruttando il periodico rombo che sale dal profondo per muoversi. Superata una diramazione fatta di una scala di roccia che scende chissà dove, come previsto la caverna si affaccia sul secondo ambiente con un'altra balconata.
Bovak si avvicina per primo, e un odore irritante gli pizzica le narici Ma non è nulla rispetto al fastidio di ciò che riesce a vedere. Quattro figure vestite di scuro trafficano attorno a due tavoloni di pietra, su cui sono ammanettati due poveri schiavi. Dalla parete di fronte della stanza fuoriescono dalla roccia dei raccapriccianti tubi carnosi semitrasparenti, ricchi di venature rossastre in cui scorre un icore verdognolo. Le terminazioni di questi budelli sono pungiglioni acuminati che i figuri non esitano a conficcare senza pietà nella bocca dei prigionieri, suscitando le loro soffocate urla di sofferenza mentre scalciano inutilmente.
"Fate presto" ordina perentorio uno dei quattro, che si volta e si allontana verso un'uscita invisibile sotto la balconata. Bovak lo vede in volto, lo sguardo spietato sotto il cappuccio che copre la testa liscia. Non l'ha mai incrociato personalmente, ma sa di avere davanti Zaran.

giovedì 15 gennaio 2015

445 - IL DIARIO DI EKELORN

(...)

8 giugno 1084 A.I.
Ha funzionato! Il procedimento studiato da Zaran ha funzionato! Quell’uomo è un genio!
Le anime del Malaugrym possono essere estratte e distillate, e la loro energia imprigionata in un lattice magico. E’ incredibile quanto potere sia racchiuso in esse!
Zaran sostiene che il segreto sia proprio nella mancata costrizione, nel far sì che donare l’anima sia una scelta. E’ questo il punto chiave. Le anime strappate con la forza si consumano, perdono energia, e rimuoverle dalla prigionia è una liberazione, l’annientamento è desiderato e porta all’annichilazione.
Invece per le anime vittime del Malaugrym non è così’: cosa le contraddistingue? Che sia la “speranza” di tornare alla vita nella fase di estrazione? Costoro non sanno che il loro corpo è stato divorato dal demone dopo che li ha sconfitti al gioco? Possibile che solo la speranza permetta di distillare così tanta energia, così tanto vigore?

(...)

19 novembre 1085 A.I.
Ho incontrato Tahrek nelle Valli degli Ashfar. Abbindolarlo facendogli credere che ho origini Ashfar non è stato difficile, la magia ha fatto il resto. E’ il primo di una lunga serie di incontri durante i quali potrò convincere diversi capi tribù a perorare la “loro” causa contro il Granduca.

(...)

31 dicembre 1085 A.I.
Stasera il primo dei miei mostri inoculati di energia umana combatterà. Risponde perfettamente al mio controllo. E’ bastato usare il pendaglio durante il rituale di passaggio dell’energia distillata. Sono bastate due anime per rianimare la più grossa manticora che abbia mai visto. Sarà la prova definitiva. Sarà ancora più facile per me avere mostri e far soldi per la nostra causa. Non servirà più catturarli vivi.
Mi fa sorridere il pensiero che il kaid e il Granduca ignorino il fatto che il denaro che tanto gradiscono grazie ai miei spettacoli servirà per armare la mano degli Ashfar.
Ma soprattutto, Zaran potrà dare nuova linfa alla regina.
Sono certo che prima del nuovo secolo riusciremo a dare inizio ad una nuova era, un’era migliore per tutti.

(...)

4 aprile 1086 A.I.
Ho pietà degli schiavi, come non ne ho mai avuta per quegli idioti vittime del Malaugrym. Ma è per un bene superiore.

lunedì 12 gennaio 2015

444 - PROFONDITA'

Il passaggio attraverso lo specchio lascia un leggero senso di nausea, reso più duraturo dall'aria pesante del nuovo ambiente: una luogo simmetrico alla sala nel sotterraneo di Ekelorn, ma estremamente più spoglio. Non ci sono gli azulejos che caratterizzavano la dimora del mago, né la balconata, né il lampadario. La sala circolare è ricavata nella roccia grezza e solo il pavimento è stato lastricato con grandi pietre color mattone. L’illuminazione è garantita dalle tremolanti fiamme di alcune lanterne attaccate alle pareti.
Ancora simmetricamente, una porta metallica a due ante è l'unica uscita.
"Che strano luogo..." afferma Bovak, con i sensi tesi a percepire ogni dettaglio. Nonostante abbia passato tutta la sua vita in superficie, il suo sangue nanico bisbiglia con la lingua dell'istinto. Non sa perché ma capisce di trovarsi sottoterra, parecchio sottoterra. L'aria odora di pietra e zolfo.
Bovak fa per aprir bocca, ma un rombo profondo e lontano lo impietrisce. Un suono basso che trasmette alla roccia una cupa vibrazione. Un lamento dalle viscere della terra.
Anche i suoi compagni lo sentono, vede lo spavento nei loro occhi mentre il suono si spegne. Senza dire nulla il nano spalanca le porte metalliche, scrutando con la sua scurovisione la grotta buia che si apre oltre di esse.
Il rumore lo coglie ancora una volta impreparato. Con le porte aperte nessuna barriera lo attutisce, ed esso sale dal profondo, cupo e ritmico, fa vibrare la roccia e le intime corde di una paura ancestrale. Bovak lo subisce come un pugno in pieno volto, trovandosi senza fiato in preda ad un terrore irrazionale che lo paralizza. Il suo sangue nanico gli mostra il rovescio della medaglia, instillando nella sua mente incubi provenienti da un passato ignoto.
Quando il tremore scema, gli avventurieri si guardano pallidi in viso. Nessuno vuole confessare le proprie angosce, tanto sono evidenti. Farsi domande ora può solo portarli a tentennare, a fermarsi. Senza indugiare quindi i nostri eroi impegnano il budello che, scendendo dolcemente, s'infila nelle profondità della terra.
Bovak fa strada grazie alla sua capacità di vedere al buio, mentre Hearst chiude la retroguardia illuminando quel che basta per non inciampare con una delle lanterne rimediate nella sala precedente.
Il cunicolo compie due curve a formare una "S" ed oltre la seconda svolta, alcuni metri più avanti sul lato sinistro del passaggio, una sorta di arcata naturale sembra aprirsi su una caverna più grande, come fosse una balconata. Attraverso di essa filtra un timido chiarore di torce distanti, segno che la grotta su cui si affaccia è in qualche modo illuminata.
"Vado io..." bisbiglia Bovak. Gimble gli fa cenno di avanzare, lo seguirà a breve distanza.
Quando il nano getta il suo sguardo oltre l'arcata non crede ai suoi occhi. Vorrebbe tornare indietro, ma si sporge per vedere meglio reprimendo un senso di vertigine.
Una fossa enorme come solo quella dell'inferno può essere si estende sotto e sopra di loro. Blandamente illuminata da torce e lanterne sparse qua e là, viene ogni tanto rischiarata da fiammate che illuminano l'abisso fuoriuscendo da grotte ed aperture che si aprono a varie altezze lungo il perimetro. In questa enorme voragine si muovono una moltitudine di figure indistinguibili nella penombra, in un di complesso di caverne e impalcature che ricordano un immenso formicaio, di cui il cunicolo che stanno ora percorrendo è solo una delle innumerevoli vie che si diramano affacciate sul vuoto.
Gimble affianca Bovak nell'istante in cui la terra rigetta ancora quel lamento sordo, rendendo se possibile la visione ancor più sconvolgente. Mille pensieri di follia s'affollano nella mente dello gnomo mentre il tremore gli vibra nelle viscere. Sono all'inferno? Oltre i cancelli della morte, nell'Abisso creato dalle lacrime di Dio?
Con il placarsi del baritonale rumore, mentre Gimble riprende fiato, Bovak fa cenno ai compagni di affiancarli. Quando tutti hanno visto si spostano tremanti dall'arcata, in un punto più riparato.
Gimble non può crederci, non può pensare che questo sia l'Abisso. Deve sforzarsi, mantenere la lucidità, aggrapparsi al raziocinio. I compagni si stanno già scambiando ipotesi preoccupate. Deve capire cos'è questo posto, prima che il terrore si prenda gioco di loro.
"Ascoltatemi, dobbiamo restare tutti saldi alla realtà. Qui forse potremo già trovare qualche risposta" dice estraendo il diario di Ekelorn dal suo zaino. "Isabel, pensi di poter eliminare la trappola magica dei serpenti?"
"Posso fare un tentativo" risponde la chierica "ma non sarà facile dissolvere la magia di Ekelorn."
Gimble le porge il piccolo tomo rilegato. Isabel lo tocca col palmo della mano sinistra, mentre con l'altra mano stringe il simbolo di Erevos ed invoca il suo potere. Un alone blu circonda l'oggetto per alcuni secondi, prima di evaporare come fumo.
Lo gnomo fissa speranzoso la sacerdotessa, che annuisce.
Senza perdere altro tempo Gimble avvicina la lanterna di Hearst alle pagine elegantemente vergate, divorando avidamente ogni parola scritta dall'ormai defunto signore dell'Arena.

mercoledì 7 gennaio 2015

443 - OTTAVO INTERLUDIO

"Zaran..."
Al sussurro roco e affaticato del suo nome, il negromante accenna un inchino con la testa.
"Mio Principe..."
Alcuni attimi di silenzio precedono un rombo cupo proveniente dalle profondità della terra. Trattiene il respiro, un brivido di reverenziale timore gli gela la schiena. Non si abituerà mai a quel suono, ormai così vicino...
La breve impossibilità di dialogare gli concede il tempo di interpretare da sé le richieste del suo Signore, nell'attesa che il baritonale tremore si spenga.
"La morte di Nezabal ed Ekelorn non pregiudicherà nulla, mio Principe."
"E la regina...?"
"Abbiamo anime a sufficienza. Il malaugrym le ha raccolte per anni. Potremo alimentare la regina formian per mesi, forse anni se necessario. Non morirà e rimarrà sotto il nostro controllo. Grazie ad essa inoculeremo tutta la forza lavoro che ci serve per raggiungere il nostro obiettivo. Manca poco, mio Signore, lo sento. Manca davvero poco."
"Fai in fretta Zaran. Il mio corpo soffre, la mortalità è una teca fragile."
Zaran annuisce. Sa già cosa fare, questa è la *sua* arte. Per vivere la carne necessita di sangue.