martedì 29 maggio 2012

295 - TE' DA UN VECCHIO AMICO

All'interno della Corporazione dei Mercanti, nell'atrio centrale, un funzionario riceve con cordialità i nuovi arrivati. Capannelli di persone discutono di affari con compostezza anomala per lo stile della città, creando un brusio di fondo che rimbomba nella grande sala. Lungo le pareti si aprono porte e archi che danno su uffici secondari, e una grande balconata accessibile da scale laterali porta ad altre stanze al primo piano.
Alla richiesta dei nostri eroi di incontrare Declan, al momento non presente alla Corporazione, il funzionario fornisce loro la posizione della sua casa, indicandola sulla mappa, invitandoli a ripresentarsi quando possibile con il loro amico: la Corporazione ha sempre qualche lavoretto ben pagato per degli avventurieri.
All'uscita, mentre Isabel e Gilead valutano di servirsi di nuovo del ragazzino, fermo a rimirare la sua moneta una ventina di metri più in là all'ombra di un'arcata, Hearst decide di imbarcarsi nella ricerca personalmente, per una questione di principio. Vista la vicinanza dell'abitazione, il tentativo va a buon segno nonostante i pronostici sfavorevoli dei compagni, riempiendo il guerriero di boriosa soddisfazione.


"Benvenuti! Che piacevole sorpresa!"
Declan abbraccia calorosamente uno ad uno gli avventurieri, ordinando al maggiordomo che ha aperto loro la porta di affrettarsi a preparare tè e bevande fresche.
Il mercante li invita ad entrare nella sua bella casa e ad accomodarsi, attraversato l'atrio, sui sofà colorati che arredano l'ampio soggiorno. Il maggiordomo torna con succhi profumati, una teiera e piccoli bicchieri d'argento. Quindi versa la bevanda ambrata con abilità, con un movimento a sollevare la teiera fino a un metro sopra il piano del tavolino tra i divani, lasciando che il liquido cada come un filo sottile, senza rovesciarne nemmeno una goccia.
Declan sorride osservando lo sguardo divertito dei suoi ospiti, e prima di tornare alle conversazioni, li invita a trattenersi per la cena essendo ormai pomeriggio inoltrato.
I vecchi amici parlano amabilmente, ricordando con velata tristezza le circostanze che li hanno portati a conoscersi alle Colline dello Zucchero. Nonostante la fiducia nel mercante, gli avventurieri tendono a non rivelare molto sulle loro avventure dopo i fatti delle Colline, né confessano il reale motivo che li conduce a Bakaresh. La cena si limita principalmente ad una chiacchierata cordiale.
Mentre la serata volge al termine, Declan si offre di presentarli in città, in particolare alla Corporazione, dove potranno facilmente essere assoldati per alcuni lavori adatti a loro.
"Purtroppo mi rammarico di non potervi ospitare nella mia dimora, non ho abbastanza camere" afferma Declan sinceramente dispiaciuto, "ma posso indirizzarvi alla locanda Spinarossa di Khalid e Fatima, dove vi troverete benissimo..."
Il mercante rimane deluso apprendendo che la locanda è già al completo, ma subito Hearst passa all'argomento che più gli interessa in merito alla taverna in questione. Purtroppo per il guerriero però, Declan non conosce la giovane cameriera, e tantomeno sa se è fidanzata. La sua familiarità con Khalid è la comune appartenenza alla Corporazione, più che l'effettiva frequentazione dei suoi tavoli.
Gilead scuote la testa alle domande di Hearst: il lupo perde il pelo...
Eppure quella futile conversazione gli riporta alla mente le lontane serate di Tavistock... Melira...
L'elfo si sorprende a chiedere di lei a Declan, mentre stringe il monile di dente di drago che porta ancora al collo.
"Melira, Melira..." ripete concentrato il mercante, cercando di ricordare. "Purtroppo il suo nome non mi porta alla mente nulla, ma mi informerò. Se si trova a Bakaresh, o se è passata di qua, sicuramente riuscirò a scoprire qualcosa attraverso la Corporazione."
Declan fa una lunga pausa, terminando il tè che resta nel suo bicchiere. Il gesto permette a Rune di riportare il discorso sulla strada originale: "A proposito di tè e di Spinarossa, sfortunatamente non abbiamo avuto modo di assaggiare il famoso infuso di Khalid durante il nostro pranzo alla locanda. Pare fosse finito..."
"Ahimé, è così" sospira Declan. "In effetti le foglie di Spinarossa non arrivano a Bakaresh da un un po'. Dovete sapere che esiste solo una persona in grado di fornire la preziosa pianta, tale Larbi di Gahar. Costui è l'unico a sapere come e dove trovare la Spinarossa e custodisce gelosamente il segreto. Il fatto è che sono almeno un paio di settimane che Larbi non si presenta in città. Non che questo sia necessariamente strano, può anche darsi che qualche questione che l'abbia trattenuto a Gahar. La cosa certa l'amico Khalid sta subendo non poche perdite da questa mancanza."
Isabel si prende l'onere di interrompere la conversazione: "Ti siamo molto grati per l'ospitalità Declan, ma si sta facendo tardi e dobbiamo ancora trovare un posto dove alloggiare. Possiamo continuare la nostra piacevole conversazione domani."
"Ne sarei felice, ma purtoppo domani sarò impegnato per affari. Vi prego di tornare da me giovedì, e sarò onorato di dedicarvi tutto il mio tempo. Nel frattempo, godetevi le meraviglie di Bakaresh!"

sabato 26 maggio 2012

294 - MERAVIGLIE DI BAKARESH

Il ragazzino bussa con forza ad una porta bassa e robusta sul lato sinistro di un cunicolo arcuato, continuazione del vicolo sotto le case che lo sovrastano. Una piccola targa di legno conferma la corretta destinazione.
Quando Isabel gli consegna tre monete di rame il bimbo sorride estasiato, e scappa via a gran velocità, probabilmente per farne sfoggio con amici e parenti.
L'uomo che apre la porta, calvo e con una barba curata, si sistema gli occhiali, aguzzando lo sguardo vispo sui curiosi ospiti che si trova di fronte.
L'iniziale diffidenza è prontamente sciolta dal nome di Saadi Abbar. Octalius fa entrare gli avventurieri, invitandoli ad accomodarsi sui cuscini al centro della peculiare bottega, dove la luce filtra insufficente da piccole finestre. L'illuminazione è favorita da svariate lanterne, il cui fumo si mischia all'odore della pergamena trattata e degli inchiostri. Le fiamme tremolanti si posano sulle carte disegnate con dovizia e messe ad asciugare, e le ombre giocano a spostare i confini sulle mappe, come in una spasmodica battaglia di minuscoli eserciti invisibili.
Octalius si sistema di nuovo gli occhiali, mentre versa il tè ai suoi ospiti. Vista l'esperienza di orientamento appena attraversata dai nostri eroi, al cartografo non è difficile vender loro una delle sue mappe migliori della città, per la ragguardevole somma di dieci monete d'oro.
Pronti a rimettersi in marcia con la loro nuova "arma" e impazienti di incontrare il loro vecchio amico Declan, gli avventurieri salutano Octalius e si reimmergono nelle caotiche vie di Bakaresh.

"Eccoci di nuovo al suq!" esclama Rune.
Isabel borbotta girando la mappa confusa: "Già, uff... se non fosse che mi aspettavo di trovarmi all'Arena! Questa città è impossibile da girare anche con una mappa!"
Hearst sbuffa. Quindi si avvicina ad un ragazzino seduto in attesa di chissà che vicino all'ingresso del mercato, dagli abiti cenciosi forse un piccolo mendicante senza fortuna. "Ehi marmocchio! Conosci bene la città?"
Il bambino annuisce sorridendo, mostrando una voragine scura al posto degli incisivi superiori.
"Portaci alla Corporazione dei Mercanti, ti pagheremo una bella mancia!"
Appena pronunciata la parola magica il ragazzino s'illumina, poi scatta nel suq invitando gli avventurieri a seguirlo con la sua voce squillante.
Star dietro al fanciullo nel marasma del mercato è un'impresa, ma il piccolo è attento e rallenta sempre in modo da non perdere i suoi clienti.
Improvvisamente, all'uscita dal suq, gli avventurieri si ritrovano ai piedi della maestosa torre del Tempio del Drago d'Oro, imponente a ridosso delle scogliere rossicce, con il contrasto della sua pietra color del deserto e le sue maioliche verde mare che ornano le balconate e la sommità.
Il piccoletto imbocca senza esitare l'apertura principale della torre, impegnando i larghi gradini della gigantesca scala a spirale che, percorrendone il perimetro, sale verso la città alta.
Gli avventurieri non possono far a meno di ammirare la magnificenza di questo luogo  dove sacralità e normalità s'intrecciano. Già perché lungo le scalinate in pietra ampie ben venti piedi, se sul lato esterno si alternano bancarelle di arte sacra e venditori ambulanti di ogni genere di merce, da quello interno, come intrappolate tra le spire di un serpente, si susseguono attività commerciali fisse di vario tipo, botteghe rinomate, mercanti d'arte, di armi, di vasellame pregiato, di tappeti, di stoffe, di gioielli, fino alla grande locanda il "Ristoro del Pellegrino".
Alcune spire sopra, prima che le scale arrivino all'ingresso del tempio vero e proprio collocato in cima alla torre, una grande apertura si apre sul lato esterno verso il ponte ad arco sospeso nel vuoto che collega la città alta. Soldati in armatura, le cui casacche bianche con l'effigie del drago sbattacchiano gonfiate dal vento in quota, lo sorvegliano, con lo sguardo rivolto dalla torre verso la splendida fortezza del Granduca Altair Naxxar, l'Alhambra.
Attraversato il ponte e dopo aver percorso un breve tratto di scogliera in discesa tra ricche ville nobiliari, il ragazzino si ferma davanti ad un edificio il cui ingresso è piantonato da due armigeri della guardia cittadina, esibendo di nuovo il suo sorriso sdentato prima di pronunciare la sua parcella: "Cinque d'argento!" esclama porgendo il palmo della mano.
Hearst lo guarda torvo: "Sei impazzito?!? Non ti darò tutti quei soldi!"
Il ragazzino non perde il sorriso, abbassando la sua richiesta: "Tre d'argento!"
"Non se ne parla!" ribatte Hearst.
"Una d'argento!" continua il piccolo.
"Piantala Hearst! Dagli la moneta!" protesta Rune.
Il ragazzino ringrazia e schizza via, felice come non mai.
Le due guardie si scambiano un'occhiata divertita. Probabilmente anche quella richiesta di una sola moneta era da considerarsi un furto; ma si sa, nulla a Bakaresh ha un prezzo, tranne quello che si è disposti a pagare.

martedì 22 maggio 2012

293 - PERDERSI IN CITTA'

Districarsi a Bakaresh è complesso.
Le vie sono un dedalo incredibile e caotico per chi non le conosce, ma soprattutto non hanno un nome e si assomigliano tutte, stracolme di mercanti, venditori di strada e gente impegnata in un infinito andirivieni da chissà dove.
Non ci vuole molto perché i nostri eroi si perdano nel marasma cittadino, vagando a caso nella speranza di ritrovare qualche punto di riferimento. Ad un tratto, il loro cammino li porta nei pressi di una sorta di grande arena.
Ancor prima che i compagni possano consultarsi, la curiosità spinge Hearst ad avvicinare tre vecchi seduti su una panchina. Gravissimo errore. In men che non si dica il guerriero e si ritrova invischiato nei logorroici racconti degli anziani, senza del resto cavar fuori alcuna informazione sul luogo. Solo un pronto intervento di Isabel che lo reclama ai tre, palesando la sua appartenenza alla chiesa, lo salva da un pomeriggio di terrore.
Senza perdersi d'animo e fiduciosi nell'orientamento elfico di Gilead, gli avventurieri riprendono la loro ricerca della bottega di Octalius.
Dopo un altro paio di strade trafficate, come per magia il suq si staglia di fronte a loro. Il mercato, con la sua struttura coperta, è quanto di più caotico i nostri eroi possano ricordare a loro memoria. una sola occhiata basta per scorgere mercanti ed acquirenti intenti in estenuanti trattative, al limite della farsa e della sceneggiata, con tanto di finte arrabbiature, finte complicità, finti pianti disperati e finte riappacificazioni con abbracci finali in occasione della conclusione dell'affare. E' risaputo che a Bakaresh nulla ha un prezzo esatto. Il giusto è determinato da quanto l'acquirente reputa di dover pagare la merce che compra, e da quanto chi la vende è disposto a ricevere. Un affare fatto a Bakaresh è un affare che rende felice chi compra e rende felice chi vende, altrimenti semplicemente non avviene.
Ad un tratto un rumore di zoccoli e un vociare intenso precede il passaggio di un drappello di guardie cittadine che costringe la gente a spostarsi a bordo strada. Gli armigeri sfilano fieri sui loro destrieri, sfoggiando sulle loro casacche nere il simbolo di Bakaresh, il drago dorato inscritto in un cerchio.
"Evitiamo il mercato, finiremmo per perderci ulteriormente" afferma Gilead. "Secondo le indicazioni di Khalid, la bottega del cartografo non dovrebbe essere distante..."
Le ultime parole famose.
Quando dopo venti minuti gli avventurieri sbucano poco sotto le pareti a picco della città alta, Gilead sospira sconsolato: "Ci rinuncio, è peggio di un labirinto! Una foresta ha più punti di riferimento di questa dannata città!"
Alle sue parole fa eco il gracchiare del corvo dal cornicione di una casa, sopra di loro.
"Il tuo uccellaccio non ci può far strada?" chiede ironico Hearst, riscuotendo uno sguardo sdegnato dall'elfo.
"Certo che se avessimo chiesto informazioni prima..." sbuffa Isabel. "Per voi uomini trovare la strada in maniera autonoma sembra una questione di virilità!"
Detto fatto, la chierica si avvicina alla bancarella di un acquaiolo. L'uomo esaudisce le richieste di indicazioni della sacerdotessa con ossequiosa cortesia, guadagnando in cambio l'acquisto di un paio di brocche per placare la sete dovuta al sole e alla polvere.
"Visto? Non ci voleva molto..." afferma sarcastica Isabel.
Con le nuove indicazioni gli avventurieri arrivano in una zona insolitamente ordinata e tranquilla, in forte contrasto con la Bakaresh conosciuta finora. Una faccia inattesa della città, fin troppo silenziosa, in cui la vita sembra scorrere lenta e sonnolenta. Giunti alla svolta che dovrebbe condurli alla bottega del cartografo, approdano invece ad un cortile privato, dove una signora velata ricama merletti seduta su una panca ombreggiata.
Isabel non si cura delle risatine dei compagni, mentre apprende dalla donna che hanno sbagliato di nuovo (e non di poco). Comprendendo le difficoltà degli stranieri, la signora chiama a gran voce un ragazzino in un dialetto rauco e incomprensibile.Sul suo volto compare un sorriso sdentato e sincero: "Non temete sorella, vi accompagnerà fino alla bottega del cartografo. Che il Drago vi protegga."

lunedì 21 maggio 2012

292 - ARRIVO A BAKARESH

Novembre volge al termine quando la Libeda attracca a Bakaresh dopo circa una settimana di navigazione. L'impatto di meraviglia iniziale alla vista della maestosa torre del Tempio del Drago d'Oro e della grande scogliera su cui sorge l'Alhambra, lascia presto il posto alla città vera, che pervade l'animo dei nostri eroi, invasiva e travolgente, accogliendoli in un abbraccio di colori, sapori, profumi, con le grida dei suoi mercanti e la sua gran confusione.
Il porto è un continuo andirivieni di persone, animali e merci, che confluiscono in un vociare caotico, nelle urla degli armatori, nel suono lontano di un oboe, nelle contrattazioni snervanti, negli inchini ossequiosi, nelle strette di mano.
Quando lo stordimento iniziale si affievolisce, gli avventurieri invitano a pranzo Saadi Abbar per ricambiarlo e ringraziarlo. Lo studioso dopo un primo rifiuto d'educazione accetta, sebbene la ripartenza della Libeda nella giornata stessa gli conceda ben poco tempo. Saadi consiglia e fa strada alla Locanda Spinarossa, per assaggiare il famoso tè da cui prende il nome e il gustoso pane del forno dei gestori, Khalid e Fatima. Lo studioso si muove con disinvoltura attraverso le chiassose vie stracolme di gente vestita alla tipica maniera Yar'i, ovvero in tunica e fascia avvolta alla vita, senza smettere di decantare le meraviglie della città.
La Locanda Spinarossa si trova sulla piazza più grande e famosa di Bakaresh, intitolata ad Arash Naxxar, ma chiamata anche Piazza dell'Obelisco per il grande monumento che svetta nel centro.
"Eccoci arrivati!" esclama orgoglioso Saadi, avviandosi verso le numerose tavolate allestite sulla piazza di fronte alla locanda, all'ombra di ampi tendoni. "Dovete sapere che la specialità di questo posto è il tè di Spinarossa con dolcetti, un’ottima miscela di tè e di questa spezia piuttosto rara che cresce solo sulla catena dei Monti Aridi. Inoltre devo dire che i gestori sono persone molto cortesi, e non da ultimo, si mangia molto bene. Inoltre alla sera la piazza si anima, considerato che per gli abitanti di Bakaresh è il luogo di ritrovo per definizione. Se passerete di qua la sera, vedrete che spesso la locanda sovvenziona spettacoli e danze, incantatori di serpenti, dervisci, cantastorie. In queste occasioni attorno all’obelisco si moltiplicano le bancarelle improvvisate di venditori di spiedini di agnello, pane caldo, verdure grigliate, pesce e frutta secchi, dolcetti, tè, e la piazza intitolata ad Arash Naxxar si anima di profumi e colori. Uno spettacolo da non perdere!"
Saadi viene interrotto dall'arrivo al tavolo di una giovane cameriera, prontamente squadrata da Hearst. Lo studioso ordina per tutti piatti dai nomi sconosciuti e il famoso tè, che tuttavia la ragazza, con rammarico, comunica non essere disponibile in questi giorni. Saadi se ne duole, ma confida che gli avventurieri avranno modo di assaggiarlo durante la loro permanenza.
Il pranzo servito è degno della sua fama: il gustoso pane poco lievitato viene accompagnato con un trito di pomodori, prezzemolo, menta e sommacco, con creme di ceci e melanzane, con fagottini di spinaci, con salsa di latte acido e cetrioli. Il gran finale sono poi gustosi spiedini di carne trita di montone, conditi con una salsa rossa e densa dal sapore aspro.
Tuttavia il tempo è tiranno e Saadi non può trattenersi oltre. Salutati gli avventurieri, lo studioso si avvia al porto per imbarcarsi di nuovo, invitandoli a passare a trovarlo se i loro viaggi li porteranno a Naama Sul.
"Credo sia meglio prendere una stanza qui alla locanda" suggerisce Rune.
"Ci penso io" afferma pronto Hearst, sicuro di aver trovato una buona scusa per scambiare due parole con la giovane cameriera lontano dal tavolo dei compagni.
Quando il guerriero la raggiunge, la ragazza reagisce con imbarazzo ai suoi complimenti, affrettandosi ad accompagnarlo nello stretto locale della locanda dove al pianterreno ci sono solo il forno e il bancone.
Prima che Hearst possa parlare con il padrone indaffarato nell'infornare pane, i compagni lo raggiungono.
Poco dopo, dalle scale che conducono al piano superiore, scende una bella donna di mezza età dai lunghi capelli neri.
"Benvenuti signori" dice cordialmente, mentre l'uomo si distoglie dal forno tergendosi la fronte con l'avambraccio ed elargendole un gran sorriso da sotto i baffi scuri. "Io sono Fatima, e questo è mio marito Khalid. Siamo onorati di avervi nella nostra locanda, ma se desiderate una stanza purtroppo non possiamo accontentarvi, in questi giorni siamo al completo."
Hearst mugugna qualcosa vedendo sfumare la possibilità di ulteriori approcci con la cameriera.
Rune approfitta della gentilezza di Fatima e Khalid per chieder loro indicazioni su altre taverne dove alloggiare, sulla bottega di Octalius ed infine del loro vecchio amico Declan Leuvardeen. A questo proposito Khalid suggerisce loro di rivolgersi alla Corporazione dei Mercanti nella città alta per sapere qualcosa di più.
Gli avventurieri decidono di non trattenersi oltre. Ci saranno altre occasioni per conoscere meglio i due locandieri, e sotto il caldo sole del primo pomeriggio si inoltrano nelle affollate vie della città.

mercoledì 16 maggio 2012

291 - INTENTI RIVELATI

Saadi Abbar dorme accoccolato sul suo giaciglio, così come buona parte del resto dei passeggeri, cullati dal rollio della Libeda.
Hearst giochicchia distrattamente con un coltello incidendo il legno del pavimento, seduto a gambe incrociate sulla sua stuoia. Ad un tratto nota, alla luce della candela, che i suoi compagni lo fissano.
Istintivamente cessa ogni movimento del coltello, quindi solleva parzialmente lo sguardo facendolo correre da Isabel a Gilead, da Gilead a Rune. Ormai sa cosa sottintendono quegli sguardi da inquisizione.
"Cosa c'é?" chiede con falsa ironia. "Ho del cibo impigliato tra la barba?"
Dopo un attimo di silenzio, è Rune a parlare: "No, Hearst. Sai già cosa vogliamo. Sono giorni che ci penso e non riesco a realizzare cosa sia passato per la testa di Juan e Gimble..."
"Non ne so niente, io questa volta non c'entro, lasciatemi in pace" taglia corto il guerriero.
"Come al solito contare su di lui è impossibile" dice sprezzante Gilead a Rune.
Hearst, che aveva accennato il gesto di coricarsi per sottrarsi all'interrogatorio, si rialza di scatto.
"Vaffanculo elfo! Mi sono rotto i coglioni delle vostre ramanzine! Tu vuoi fiducia, Juan e Gimble vogliono fiducia, io ci finisco sempre di mezzo anche quando non me ne importa un cazzo e penso agli affari miei! Vuoi sapere cosa avevano in testa quei due con la lettera di corsa? Chiedilo a loro! E ora lasciatemi dormire!"
Grugnendo infastidito il guerriero si corica sulla sua stuoia, usando lo zaino come cuscino.
Tuttavia Gilead lo incalza: "Lettera di corsa? Hearst non fare il bambino, ora raccontaci come sono andati i fatti. E abbassa la voce."
E' cosa nota che Hearst non sia una tomba quando si tratta di mantenere un segreto, e cinque minuti di insistenza dei compagni bastano a tirargli fuori, tra imprecazioni, scatti infastiditi e borbottii a mezza bocca, tutta la vicenda di Magroldes, della lettera di corsa, del falsario Osuna, del sigillo di Granada, e non da ultimo dell'intenzione di presentare il falso al processo per evitare l'impiccagione di Black Bart.
I compagni ascoltano sbalorditi. Rune scuote la testa in silenzio, Isabel sospira. Il più irrequieto sembra essere Gilead.
Tutti stanno pensando alla stessa cosa: Juan, con la complicità dello gnomo, non si è fatto scrupoli a rischiare un incidente diplomatico tra due Governatori nemici pur di salvare il suo interesse.
"Contenti ora? Vi ho detto tutto! E questa volta io non c'entro nul---"
Lo sguardo di fuoco di Rune zittisce il guerriero. Non l'ha mai visto così. Forse per ora è meglio chiudere la discussione.
Gilead sale sul ponte senza dire una parola. Nella sua mente si affollano un mare di dubbi e di pensieri. Nonostante le distinzioni e le divergenze di opinioni, considerava i suoi compagni - compresi Hearst, Juan e Gimble - degli amici. Respirava con loro quell'aria di cameratismo che aveva da lungo tempo dimenticato, da quando aveva abbandonato i Guardiani di Frontiera. Ora quella sensazione andava via via sgretolandosi, lasciando di nuovo posto alla solitudine, alla consapevolezza di non potersi mai fidare di nessuno.
Il corvo gracchia dalla cima dell'albero maestro. Poi con due volteggi scende verso l'elfo, approfittando dell'oscurità e della solitudine. Gilead sorride amaramente: solo gli animali sono degni di fiducia, sono schietti e diretti nelle loro scelte e nei loro sentimenti. Non tramano, non tradiscono, non mentono. O ti amano, o ti odiano. Non sono mai equivoci.
Il corvo gracchia ancora posandosi sull'avambraccio dell'elfo, che pesca dalla tasca un po' di carne secca: "Vieni, amico mio, prendi..."

mercoledì 9 maggio 2012

290 - KAL-MAHDA

Lo straniero avvicina Gilead e Isabel, presentandosi con un inchino.
"Perdonate la mia sfacciataggine signori, ma non ho potuto fare a meno di notare che non siete passeggeri qualunque, e ciò che è appena accaduto lo dimostra" esordisce con estrema cortesia e tono affabile. "Il mio nome è Saadi Abbar di Naama-Sul e sarebbe per me un onore il poter godere della vostra compagnia durante questo viaggio. Ma vi prego, torniamo sottocoperta; a breve serviranno il pasto e sarete miei ospiti assieme ai vostri amici."
Nonostante la scadente qualità del rancio, Saadi si offre gentilmente di pagare per tutti mentre si presenta meglio.
"Naama-Sul..." cerca di ricordare Isabel. "Una grande città sulla costa di Kal-Mahda, affacciata sul Mar dei Coralli."
Lo straniero annuisce. Deglutito il suo boccone spiega di essere uno studioso di ritorno da un primo viaggio per conoscere le Isole Coloviane, queste nuove terre così diverse da ogni altra regione dell'Impero, ricche di meraviglie naturalistiche e culturali in attesa di essere scoperte.
L'interesse degli avventurieri si sposta però subito su Kal-Mahda. Saadi confessa di non essere originario del Granducato, ma di Yar-Mazar. Trasferitosi da giovane, ha vissuto da entrambe le parti del confine, e non vede così tante differenze tra gli infedeli e l'Impero come i guerrafondai vogliono far credere.
Saadi affronta con raziocinio e saggezza anche argomenti delicati come la politica e la religione, risultando un interlocutore estremamente gradevole. Isabel si intrattiene a lungo ad argomentare con lui: Erevos insegna ad ascoltare e imparare piuttosto che trovare facili eresie.
Lo studioso parla con passione di Kal Mahda, rispondendo a tutte le curiosità degli avventurieri. Racconta del suo territorio desertico, delle montagne aride su cui si dice vivano ancora i draghi, delle città vibranti di vitalità.
Le più importanti - Naama-Sul, Zurrieq e Bakaresh, la capitale - si affacciano sulla costa del Mar dei Coralli, ma tra le sabbie dorate risplende Ouarzazade, detta la Perla del Deserto per la sua bellezza.
Le etnie principali di Kal-Mahda sono quella Yar'i, originaria delle coste e di Yar-Mazar, e quella derivante dall'antico popolo degli elfi Ashfar, il cui sangue elfico è quasi del tutto perduto, e solo pochi mostrano ancora tratti mezzelfi. Nonostante molti Ashfar vivano ormai nelle città, resistono parecchie comunità seminomadi dedite alla pastorizia, che vivono nel nord di Kal-Mahda, nelle omonime valli che si estendono tra le catene dei Monti Aridi e i Denti del Deserto. Saadi ne parla come gente orgogliosa, cocciuta e molto legata alle tradizioni della propria terra. Esiste infine una terza minoranza, quella dei Mazar'i, uomini dalla pelle molto scura originari delle zone più remote del deserto di Yar-Mazar.
A Kal-Mahda è particolarmente radicata la Chiesa di Mujon, il Drago Martire, di cui Saadi disserta a lungo con Isabel. A Bakaresh ha sede il Tempio del Drago d'Oro, una gigantesca torre che collega la città bassa e la città alta, percorsa da un'enorme scala a spirale e costellata di balconate abbellite dalle tipiche maioliche verde mare.
Nel Tempio risiede la più alta autorità della Fede di Mujon, il Gran Dragone Aaron Rikmalit, che oltre ad essere a capo del clero guida anche - con l'aiuto del Maestro Ashanti - l'Ordine dei Cavalieri del Drago.
Il governo di Kal-Mahda (che nonostante la lontananza dal fulcro dell'Impero è un Granducato, proprio perché ultimo baluardo prima del confine con Yar-Mazar) è affidato al Granduca Altair Naxxar.
La famiglia dei Naxxar è diretta discendente di Arash Naxxar, il più importante eroe e beato di Kal-Mahda, che attorno al 350 A.I. guidò la cacciata di Yar-Mazar e fece sì che le terre di Kal-Mahda venissero assoggettate all'Impero di Mallorea. Arash apparteneva alle popolazioni seminomadi degli Ashfar, per cui si presume che nella linea di sangue dei Naxxar sopravviva ancora una goccia del sangue elfico di quelle popolazioni.
Non da ultimo, Bakaresh è famosa per l'Alhambra, una magnifica fortezza che si erge nella città alta e ospita sia la famiglia del Granduca che il Kaìd (ovvero il "sindaco") Gori Ruhab, ma anche per gli innumerevoli bagni, per il labirintico suq e per le ville dei ricchi mercanti che si affacciano sul "dirupo".
"Quando arriveremo a Bakaresh" spiega Saadi, "io continuerò la mia navigazione alla volta di Naama-Sul. Mi rammarica di non potervi mostrare personalmente le meraviglie della città, ma vi prego di cercare il mio caro amico Octalius. Nonostante sia originario della Marca di Telenia, è un rinomato cartografo, e sono certo che vi saprà accogliere meglio di chiunque altro."

sabato 5 maggio 2012

289 - IL CORVO

Gilead, Rune, Hearst e Isabel si sistemano sottocoperta. La Libeda, la nave che li porterà fino a Bakaresh, ospita una gran quantità di passeggeri e non è facile ritagliarsi un angolo tranquillo. La maggior parte degli altri viaggiatori sono mercanti o abitanti di Kal Mahda, facilmente riconoscibili dai tipici lineamenti e abbigliamenti Yar'i.
Vicino a loro si sistema una famiglia con bambini, i quali nel tempo in cui la Libeda prende il largo hanno già decretato Hearst loro compagno di giochi nonostante la scarsa propensione del guerriero. Poco più in là un uomo di mezza età vestito di una tunica azzurrina con una fascia rossa in vita, dall'aspetto garbato, stende il suo giaciglio e sistema le sue cose, dopodiché sale sul ponte.
Isabel e Gilead decidono di seguirlo per prendere una boccata d'aria. L'elfo inspira a pieni polmoni: "Aaaahh... meno male. Non ce la facevo a star chiuso la sotto con tutte quelle persone, è soffocante!"
La sua espressione per un attimo rilassata si fa subito seria quando nota un capannello di gente vicino all'albero maestro. Fa un cenno a Isabel, a sua volta incuriosita, quindi si avvicinano.
Tre marinai, circondati da diversi passeggeri di Salamanca, si apprestano ad impalare un corvo per propiziarsi fortuna nella traversata.
Gilead inorridisce al pensiero. Isabel lo afferra per un braccio: "So cosa stai pensando, ma lascia perdere..."
"Non posso permettere che compiano questa barbarie!" protesta Gilead, liberandosi con uno strattone. Senza dire altro l'elfo si fa strada attraverso i coloviani.
"Lasciate in pace quel povero corvo!"
I tre marinai, sorpresi per l'interruzione, si voltano a fronteggiare colui che ha parlato.
"E tu chi saresti orecchie a punta!" dice sputazzando quello a sinistra, un tipo senza denti e a torso nudo la cui pancia da alcolizzato precede di poco l'alito nel fornire informazioni sulle sue abitudini.
"Non importa chi sono, vi sto solo dicendo di lasciare in pace quel corvo. Sono disposto a comprarvelo per una moneta d'oro."
I tre marinai si scambiano uno sguardo, l'offerta dell'oro sicuramente li tenta. Tuttavia con il suo intervento Gilead si è attirato le antipatie dei passeggeri superstiziosi, che mai rinuncerebbero alla sicurezza in mare per risparmiare un corvaccio. Le proteste nei suoi confronti si fanno accese, influenzando le decisioni dei marinai.
"Niente da fare orecchie a punta, il corvo si impala. E' la tradizione" sentenzia il marinaio a destra, un tipo dagli occhi piccoli e l'espressione da scimmia.
"Se è per questo nella tradizione degli elfi nordici il corvo riveste invece un ruolo ben più importante e degno di grande rispetto" spiega Gilead. "Secondo le antiche leggende aiuta le anime a raggiungere l'aldilà ed è anche il simbolo di un importante eroe e beato del mio popolo!"
"Elfo" urla qualcuno dei passeggeri "ci puliamo il culo con le tue leggende!"
"Se vuoi impaliamo te e lasciamo che il corvo porti via la tua anima!" sbraita qualcun altro, suscitando l'ilarità dei coloviani. Nel frattempo altri viaggiatori incuriositi si avvicinano.
Gilead mantiene la calma, ignorando i passeggeri e rivolgendosi esclusivamente ai marinai: "Una moneta d'oro. A testa."
Dopo un attimo di esitazione, l'avidità ha la meglio. Il marinaio al centro, un tipo con una vistosa cicatrice che gli allarga il sorriso, consegna il corvo tra le mani dell'elfo nonostante le feroci proteste dei passeggeri isolani.
Il trambusto attira l'intervento del capitano della nave, che incalzato dalla furia dei coloviani intima ai suoi di restituire il denaro all'elfo per riavere il corvo.
"Non lo farò capitano. Il corvo ora è mio e costa ben più di tre monete d'oro"
"Che Dio ti fulmini elfo! Ti faccio buttare a mare se non fai ciò che dico!"
"L'elfo ha ragione!" protesta a sorpresa qualcuno tra i passeggeri. "Il corvo ora è suo e ne farà ciò che desidera. Inoltre questa vostra usanza è una stupida superstizione!"
Altre voci si uniscono alla prima prendendo coraggio, e tra di loro c'è anche l'uomo di mezza età con la tunica azzurra e la fascia rossa in vita. Pian piano i passeggeri originari di Kal Mahda fanno sentire la loro disapprovazione e sul ponte si innesca un'accesa discussione.
Il capitano sputa a terra. Non può permettersi di inimicarsi mezza nave, soprattutto la metà originaria delle terre verso cui sono diretti: "Per questa volta hai vinto tu elfo. Tieniti il tuo corvaccio."
I coloviani fermano il capitano, protestano, si fanno in quattro per farlo tornare sui suoi passi, ma la loro furia è destinata a scemare.
Gilead si avvicina al parapetto, sorridente. "Vai, sei libero!" sussurra dolce, mentre lo lascia allargando le braccia per aiutarlo a volare. Il corvo sbatte le ali e prende quota.
L'elfo lo guarda volteggiare sopra la nave, mentre gracchia la libertà ritrovata. E per un istante lo invidia.