giovedì 24 marzo 2011

223 - SIAMO AMICI

"Eccoti..."
Gimble si avvicina a Hearst, seduto al buio, appena fuori dal rifugio di Taleryn. Lo gnomo era certo di trovarlo lì, non poteva andare lontano solo con una candela.
"Lascia perdere, Gimble. Non ho voglia di sentirmi un'altra paternale" borbotta il guerriero.
"Non sono qui per questo" Gimble si siede di fianco a Hearst. "Abbiamo discusso a lungo là dentro. Abbiamo pensato a un piano per prendere il Cubo, per essere più veloci degli altri, ma ci servi anche tu."
"Ah... vi servo..."
"Hearst, siamo tutti sulla stessa barca..."
"Ma se mi avete cacciato! Ora vi servo?" Hearst tira un pugno violento alla parete. "Ho visto come mi guardavano la chierica e i suoi due angeli custodi, sempre pronti a criticare! Sempre perfettini! Non solo in questa occasione, ma in ogni circostanza! Loro, loro non sbagliano mai!"
Gimble si rialza, passeggiando avanti e indietro, con le mani dietro la schiena: "Hearst, sai bene che non è mia abitudine lasciarmi andare a bigotterie e moralismi. Anch'io spesso vorrei che chiudessero un occhio e fossero meno rigidi, ma questa volta hanno tutte le ragioni per criticarti, e lo sai bene anche tu. Ragazzo, tu non sei stupido, sai bene di avere esagerato, ma ora ti sei arroccato nella tua posizione di orgoglio. Eppure basterebbero delle scuse, tanto per cominciare..."
"E per cosa? Per risolvere questa e trovarmi ancora il dito puntato contro alla prossima occasione?" ringhia Hearst. "E' una perdita di tempo!"
Il guerriero abbassa lo sguardo: "So benissimo di aver sbagliato, ma... non è solo questo! Sono stanco, stufo di essere accusato ogni volta che faccio qualcosa di *scorretto* per loro!"
Gimble ascolta in silenzio lo sfogo.
"No Gimble, non tornerò..."
"Forse dovrei ricordarti che lavori ancora per me?" dice freddamente lo gnomo, giocando un'altra delle sue carte.
Una risatina sarcastica fa sussultare le spalle del guerriero mentre si alza: "Me ne infischio, Gimble. Se fosse per la misera paga che ci hai dato, me ne sarei già andato da un pezzo..."
Lo gnomo sorride, sapendo di aver colto nel segno, di aver portato il discorso alle parole che voleva pronunciare: "Lo so, infatti non mi riferivo alla paga. Mi riferivo al fatto che condividiamo gli stessi obiettivi; al fatto che nonostante le incomprensioni, siamo amici..."
Hearst lo fissa per alcuni istanti, poi scuote la testa: "Me ne vado."
Gimble senza scomporsi gli lancia ai piedi una torcia: "Ti servirà. Pensa a ciò che ti ho detto..."

mercoledì 16 marzo 2011

222 - LA PUNIZIONE DEVE ATTENDERE

Hearst se n'è andato, ormai da alcune ore. Non aveva nulla con sé, solo una candela.
Isabel si sfoga con Rune e Gilead, ancora incredula per l'inqualificabile gesto del guerriero. Persino Grolac ascolta, assentendo di quando in quando, con fare ruffiano, mentre Juan si limita ad assistere distrattamente.
In una condizione normale, fuori da questo incubo, Hearst avrebbe come minimo dovuto affrontare le rigorose punizioni inflitte dal clero per simili onte nei confronti di un'ecclesiastica. Il fatto di essere rinchiusi qua dentro non può essere una giustificazione, ripete Isabel allo sfinimento.
"Perdonami se mi permetto, Isabel" interviene Gimble. "Il gesto di Hearst lo avvicina alle bestie, e questo è fuor di dubbio. Lo dimostra il fatto che anche io, come voi, ho preferito allontanarlo per il momento. Tuttavia non posso ignorare il fatto che Hearst è una pedina importante per la riuscita dei nostri tentativi di fuga. Nessuno di noi sa combattere come lui..."
"Gimble, sei impazzito?!?" esclama sorpresa la sacerdotessa. "Come puoi tollerare ciò che ha fatto..."
"Non essere frettolosa Isabel, permettimi di finire. Non sto dicendo che Hearst la deve passare liscia. Sto solo dicendo che spezzare il gruppo ora non ci porterà alcun vantaggio. Per questo ti chiedo di pensarci: la punizione di Hearst può attendere. Quando saremo usciti, sarai libera di portarlo davanti al papa in persona per giudicarlo, se lo desideri."
Gilead fa un passo verso lo gnomo, prendendo la parola: "Gimble, stai chiedendo molto non solo a lei, ma anche a noi."
"Lo so. Ma voglio anche ricordarti che il motivo per cui viaggiamo insieme è che vi ho ingaggiati per ritrovare mia sorella. Hearst compreso" risponde lo gnomo; quindi si volta verso la chierica, con fare paterno. "Pensaci Isabel, non essere irruenta. Prendi me per esempio: ho accettato di portare fuori di qui Grolac, nonostante il primo istinto fosse quello di ucciderlo, perché ci è utile per il fine della nostra missione. Lo stesso vale per Hearst... Pensaci Isabel, hai tutto il tempo. Ma fidati... ascolta un piccoletto che ha qualche anno più di te e ha suo malgrado imparato come gira il mondo..."
"Per una volta devo dare ragione al mio caro figliolo Gimble!" esclama Grolac, intervenendo a sproposito.
"Io non sono figlio tuo, bastardo!" sibila Gimble. "E una volta fuori di qui, vedi di darmi le informazioni che mi servono, o te le caverò fuori assieme alle budella..."

martedì 15 marzo 2011

221 - UMILIAZIONE

"Figlio di puttana!" Rune scatta su Hearst non appena realizza quanto sta accadendo, afferrandolo per la collottola e attaccandolo alla parete.
Isabel urla, tra lo sconcerto e la rabbia. Si avvicina alla sorgente d'acqua, lavando nervosamente via lo scempio del guerriero, come se così facendo potesse lavare via l'onta, l'umiliazione subita.
Il disgusto l'assale. Come ha potuto farlo? Come ha potuto non avere rispetto per una sacerdotessa?
Lo stomaco di Isabel si stringe, le viene da vomitare al solo pensiero, si sente mancare.
Hearst si libera della presa di Rune, ma gli occhi accusatori dei compagni si posano su di lui.
"Sei fortunato che non ho un arco, bastardo, o t'avrei già fatto schizzare quel poco di cervello che hai sul muro dietro di te!" tuona Gilead.
Taleryn lo fissa con sdegno, persino Grolac sembra sorpreso da un'azione così vile.
"Che diavolo ti è saltato in mente Hearst! E' una sacerdotessa!" lo incalza Gimble, stupefatto quanto i compagni.
Hearst tace accigliato, chiuso in un silenzio infantile.
"Ti rendi conto di quello che hai fatto?" gli urla in faccia Gilead. "Ti rendi conto che ancora una volta dobbiamo tollerare la superficialità e la stupidità di un tuo gesto?"
Rune rincara la dose: "Questo si aggiunge all'assassinio del fratello della tua puttana, a tutto quello che ne è seguito e a tutti gli altri episodi di futile idiozia che ti contraddistinguono, vero? Spiegami quanto dobbiamo sopportare i tuoi istinti barbari! Spiegami quanta fiducia dobbiamo continuare a darti sperando che tu diventi non dico maturo, ma almeno affidabile! No, mi dispiace, Hearst. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso!"
"Sono d'accordo" continua Gilead. "Non sono più disposto a tollerare le tue nefandezze! Non ho la minima intenzione di sopportarti un minuto di più! Vattene Hearst."
Rune annuisce, sostenendo l'affermazione dell'elfo. Juan osserva Gimble alzando le spalle, senza dire nulla: il verdetto sarà suo.
Hearst se ne sta impalato in silenzio, con sguardo di sfida nei confronti del monaco e del ranger. Gimble si frappone tra loro: "Hearst, credo sia meglio per tutti che tu te ne vada da questo rifugio. E' bene che tu abbandoni il gruppo..."

giovedì 10 marzo 2011

220 - LIBIDO

Hearst si mette a sedere sollevandosi dal suo giaciglio, insonne. Con i gomiti appoggiati alle ginocchia, si prende la testa tra le mani.
I compagni dormono. Come diavolo fanno? A Hearst sembra di impazzire. Le ore sono eterne qua sotto. Ore eterne senza far nulla, ad aspettare, sempre rinchiusi in questo buco di tana, sempre loro e Taleryn. E poi c'è anche la questione che... dannazione, quanto è che non...?
Il solo pensiero di una donna solletica reazioni nel basso ventre di Hearst, togliendogli ulteriormente il sonno. Non ce la faccio più...
Lo sguardo del guerriero si sofferma su Isabel. Le sue forme generose ondeggiano dolcemente al ritmo del respiro, senza che la tunica logora possa nasconderne le fattezze.
Hearst non si era mai soffermato sulla sacerdotessa: del resto è una sacerdotessa, appunto. E pure un po' bacchettona. Tuttavia i suoi lineamenti, i suoi seni, le cosce tornite... svestita dell'armatura e dei suoi simboli religiosi, è solo una donna. E anzi, cosa ci si potrebbe fare con una così...
Hearst cerca di scuotersi dai pensieri, incapace di reprimere la libido. Ma ogni tentativo non fa altro che renderlo ancora più nervoso e teso. C'è solo una soluzione: fare da sé.
Lo sguardo del guerriero si posa più volte bramoso sul corpo della chierica, perso in assurde fantasticherie, mentre si dà piacere. E' solo una donna, urla la sua coscienza ribelle, come tutte le altre, come tutte le notti...
Il calore sale battendogli nelle tempie, pulsandogli nel ventre. Hearst si corica, appoggiandosi a lei... è solo una donna... toccandola.
Isabel si desta di colpo, nel momento in cui Hearst raggiunge l'apice del suo piacere incontrollato.

martedì 8 marzo 2011

219 - LIMBO SONNOLENTO

Taleryn non parla da giorni, chiuso in un silenzio catatonico. E' come se avesse perso ogni ragione per continuare a lottare. I cristalli e il corno giacciono abbandonati sul suo banco di legno, assieme ad una scodella d'acqua intatta e alcuni funghi lasciati premurosamente lì da Isabel.
Gli avventurieri stazionano in un angolo della grotta, spesso irrequieti. Quanto tempo è passato? Giorno e notte sono ormai una sensazione indistinta, e l'inattività contribuisce ulteriormente a confondere e appiattire lo scorrere delle ore. Hearst in particolar modo sembra non riuscire a stare con le mani in mano, risultando nervoso e irascibile.
Quante altre volte potrebbe accadere quello che è successo pochi giorni fa? Quanti altri fallimenti prima di riuscire anche solo a raggiungere il Cubo? Basta un niente, un errore, e la condanna ad un altro lunghissimo mese qui sotto sarebbe realtà. Basta l'idea per impazzire.
"Vi aiuterò."
La voce di Taleryn spezza lo scorrere lento e indefinito dei minuti e delle ore. Quanto tempo è passato? Per gli avventurieri è come svegliarsi da un limbo sonnolento.
"Vi aiuterò. Lo devo a Pequeño."