martedì 30 settembre 2014

431 - IN CERCA DI UN RIFUGIO

Il cielo comincia a schiarire quando la lunga processione raggiunge il Passo di Sarir. La luce del mattino fatica a superare la bruma alta e plumbea, quasi che la notte voglia vender cara la pelle al giorno.
Nell'ampio spiazzo tra le montagne su cui si affacciano il Santuario, il monastero di Felm e la locanda "Confine del Deserto" tutto è immobile. Non c'è traccia del viavai di mercanti e carovane che normalmente lo caratterizzava. Solo una dozzina di figuri intenti a sellare dei cavalli nei pressi delle stalle della taverna. Mercenari, inequivocabilmente.
"Forse dovremmo occuparci di loro, preventivamente" suggerisce sospettoso Gimble. "Non possiamo rischiare..."
Ashanti riflette, poi scuote la testa: "No, niente sangue. Sono mercenari, cercano oro. Li pagheremo per unirsi a noi, o nella peggiore delle ipotesi per tacere e andarsene a nord. Tieni Gimble" dice porgendo un borsello allo gnomo, "occupatene tu, sono certa che sai come convincerli."
Gimble accenna un mezzo sorriso e annuisce: "D'accordo, ci penso io, vi raggiungerò più tardi al Santuario."

"Mai avrei creduto di vedere una simile barbarie" commenta Zer'i Koztan dopo aver abbracciato Ashanti.
"E' successo tutto così in fretta..." sospira il Maestro.
Padre Tarek entra nel piccolo refettorio del monastero, dove il sacerdote di Mujon ha fatto accomodare Ashanti e gli avventurieri. Su di un vassoio porta tè caldo, pane secco e qualche uovo.
"E' il massimo che posso offrire" si scusa. "I sacerdoti di Mujon e Felm hanno già accompagnato i rifugiati nei sotterranei del Santuario come hai suggerito Koztan. Li stanno rifocillando con pane e acqua. Però sai meglio di me che non è una soluzione, vero?"
Zer'i Koztan annuisce. E' perfettamente consapevole che così tante persone non possono nascondersi indefinitamente nelle antiche stanze sotterranee del Santuario, un luogo tanto sacro quanto angusto. Tuttavia si rende necessario tenerle al sicuro, lontane dalla feroce pulizia etnica messa in atto da Rakoud. Serve un luogo non solo sacro, ma anche lontano ed inarrivabile.
"A cosa stai pensando?" chiede Ashanti.
"Ai monaci dervisci del Santo Drago" risponde pensieroso Koztan.
Notando le occhiate interrogative degli avventurieri il sacerdote continua: "I monaci di quest'ordine consacrato a Mujon vivono isolati sulle inaccessibili vette delle montagne aride. Il loro monastero è tutt'altro che semplice da raggiungere, il percorso è impervio e non scevro da pericoli, ma è l'unico posto dove questa gente sarà al sicuro fino a quando le cose non saranno tornate alla normalità, se mai ci torneranno."
"Alcune di quelle persone potrebbero non farcela" sottolinea Rune.
"Lo so, purtroppo. Tuttavia non vedo altre possibilità nell'immediato, è comunque la soluzione meno rischiosa. Tutta quella gente non può certo affrontare il deserto, e poi, per andar dove? Le valli degli Ashfar sono lontane, e non so cosa stia accadendo a Ouarzazade..."
Lo sguardo di tutti si posa su Ashanti, ancora una volta gravata dell'onere di decidere cosa fare. Alla fine il Maestro concorda con Koztan.
"Partiremo il prima possibile. Resteremo quanto basta perché i profughi recuperino le forze. Ora andiamo da loro, nei sotterranei. Voglio capire di persona qual è la situazione."
"Certo Maestro andiamo." Koztan fa strada indicando con un cenno della mano anche agli avventurieri di seguirlo. Nel tragitto tra il monastero ed il Santuario il sacerdote chiede ad Ashanti lumi sugli ultimi avvenimenti di cui ha avuto notizia, ed in particolare della sequela di omicidi tra gli affiliati alla Confraternita Arcana - prima Nezabal, poi Rabiaa, infine Ekelorn. Koztan rimane non poco sorpreso quando, dopo aver appreso la verità sulla figura del mago elfo, scopre di avere davanti anche coloro che han fatto giustizia per l'assassinio di Rabiaa.
Il problema è che il precipitare degli eventi non ha permesso loro di raccogliere ulteriori indizi per arrivare ad incastrare tutti i pezzi del mosaico, pertanto si trovano ora ad un vicolo cieco.
"Beh, non proprio cieco..." la interrompe Juan.
Ashanti lo guarda perplessa: "Cosa vuoi dire?"
"Che ho ripulito il cadavere di Ekelorn all'Arena... aveva con sé qualche gioiellino e tra le sue cose potrebbe esserci qualcosa di utile"
Ashanti digrigna i denti faticando a trattenere la rabbia che sente montargli dentro. Juan, in una situazione simile, ha tenuto nascosto questo fatto per *giorni* sia a lei che ai compagni.
"Che diavolo aspettavi a dircelo!" sbraita sollevando un pugno minacciosa. "Hai atteso di esser certo di non poter rivendere i preziosi a qualche ricettatore dei tuoi?! Solo ora salta fuori! Certo! Perché ormai la situazione è quella che è e qui ci sono solo preti e rifugiati!"
"Tsk..." minimizza Juan senza scomporsi nonostante gli sguardi altrettanto allibiti dei compagni. "Non scaldarti tanto... è andata così, non ho avuto modo di parlarne prima, con tutti questo correre di qua e di là. Semmai, prete, io non riesco a capire se questa roba è magica e serve a qualcosa, o se è solo vile oro..."
"Vile oro, ma sentitelo!" Ashanti allarga le braccia, su tutte le furie.
"Ascoltami bene, ti ho già spiegato come è andata" ribatte seccato Juan. Rispondendo ad Ashanti rivolge però le sue parole a tutti i compagni per prevenire qualunque critica al suo comportamento. "Io non ho obblighi verso di te o questa gente, quindi ringrazia che questa roba non sia già finita sul mercato nero di Zurrieq..."
"Di cosa si tratta?" chiede Koztan, che sebbene non approvi l'atteggiamento del coloviano cerca di smorzare i toni.
"Un diadema, un paio di anelli, un ciondolo e una cintura di seta."
"Posso identificarne le proprietà magiche, ma mi servirà qualche ora"
"Che cosa sta succedendo?" chiede Gimble che sopraggiunge seguito dal drappello di mercenari. "Loro stanno dalla nostra parte ora" afferma indicandoli.
"Non si può dire lo stesso di Juan. Aveva la roba di Ekelorn e non ne ha mai fatto menzione finora" commenta tagliente Ashanti.
Il mezzo sorrisetto sul volto di Gimble scompare completamente. Solo allora Juan perde tutta la sua spavalderia, capendo di averla combinata grossa.
"Andate avanti" dice lo gnomo sottintendendo che il coloviano sia l'unico a fermarsi. Koztan raccoglie da Juan la sacca con gli oggetti, poi si allontana a sua volta.
I due restano in silenzio a lungo. Juan abbassa di continuo lo sguardo, muove nervoso le dita. Gimble lo osserva serio come non mai. Lo gnomo parla solo dopo alcuni minuti che sembrano giorni.
"Quella roba poteva essere utile per trovare mia sorella. Spero lo sia ancora. Spero inoltre che una cosa simile non si ripeta mai più."
Gimble gira i tacchi per riunirsi al gruppo. Fa qualche metro e si ferma: "Mai più Juan. Ricordalo. Mai più" ribadisce senza voltarsi.

martedì 23 settembre 2014

430 - L'ESODO

"Non c'è più tempo, partiremo questa stessa notte" afferma Ashanti con decisione.
"Cosa sanno Sahla o Balthazar Sannat della rete sotterranea che da qui porta fuori città?" chiede dubbioso Gimble.
"Fortunatamente niente. A quanto pare l'Ordine del Drago nasconde alcuni segreti anche alla Chiesa stessa. Io stesso non sapevo nulla di questo passaggio fino ad alcuni giorni fa" replica Zer'i Aldaren senza risparmiare una benevola frecciata all'indirizzo di Ashanti.
Il Maestro sorride beffardo, intuendo quanto in realtà il sacerdote Ashfar le sia riconoscente.
"Chiudete le porte! Radunate i rifugiati!" ordina quindi a gran voce. "Non perdiamo altro tempo Zer'i, dobbiamo prepararci."
"No Ashanti, non verrò con voi."
"Che cosa stai dicendo Zer'i?"
"Il mio posto è qui, con i miei sacerdoti. Difenderemo il tempio. Faremo credere di essere barricati all'interno con i rifugiati. Prenderemo tempo. Siete in molti, con donne e bambini, non vi muoverete rapidamente. Ogni minuto guadagnato sarà vitale per farvi giungere sani e salvi al Passo di Sarir!"
"Zer'i..."
Aldaren appoggia una mano sulla spalla di Ashanti. Lei stringe le labbra. Passano parecchi istanti prima che ritrovi le parole.
"Porterò con me solo cinque Cavalieri del Drago, i più esperti. Gli altri combatteranno al tuo fianco alla difesa del tempio."
Aldaren annuisce in silenzio.
"Che il Drago sia con te Zer'i..."
"...fino all'Estremo Sacrificio."

La traversata dei sotterranei è carica di tensione. Budelli bui e puzzolenti, infestati di insetti, invasi dall'acre odore delle torce. Le madri cercano di tenere calmi i bambini per far sì che l'incedere sia il più silenzioso possibile, i padri li tengono stretti per mano per evitare che s'infilino in qualche passaggio secondario perdendosi per sempre nel dedalo di cunicoli.
Quando finalmente gli avventurieri riemergono attraverso la porta nascosta al termine del percorso, l'aria frizzante e fredda della notte li accoglie portando con sé una sensazione di sollievo, sebbene la parte più difficile della fuga inizi proprio ora, allo scoperto.
Lasciata alle spalle la città, il serpentone di profughi si inerpica lungo la strada che porta al Passo. I passi lenti e strisciati, i sandali tra la polvere e le rocce, qualche piccolo che piange per la stanchezza.
Rune fa da avanguardia, fortunatamente la via sembra libera. Gli sciacalli sono troppo impegnati a depredare Bakaresh per occuparsi della strada che porta al deserto.

venerdì 12 settembre 2014

429 - L'ULTIMATUM

Presi sotto la loro protezione padre e figlia, gli avventurieri decidono di dirigersi verso il tempio di Xurah, dove potranno trovar riparo per i rifugiati.
Le strade di Bakaresh sono costellate di cadaveri abbandonati, e quando non si odono dalla distanza gli strepiti delle violenze, il ronzio delle mosche è onnipresente. La paura impedisce la pietà della sepoltura per quei poveri corpi. Straziati, impiccati, torturati, impalati. Ognuna di quelle morti è la sintesi della follia che ha preso il sopravvento, la vittoria del Peccato che strisciante ha corrotto le menti e conquistato la città. Difficile pensare che tutto ciò possa essere solo opera degli uomini. Come non essere portati a credere che i Demoni abbiano architettato tutto ciò? Che ci sia il loro zampino dietro le ritorsioni tra genti che fino a pochi giorni prima vivevano in pace?
L'arrivo al tempio, una costruzione circolare sovrastata da una cupola turchese, spezza queste riflessioni. Il luogo di culto dedicato a Mujon è difeso da svariati Cavalieri del Drago e da alcuni disertori della guardia cittadina. All'interno trovano rifugio ammassate un gran numero di persone, visibili attraverso le porte semiaperte, ed altre ne continuano ad arrivare di quando in quando.
I nostri eroi vengono scortati al cospetto di Zer'i Aldaren degli Ashfar. L'alto sacerdote di Mujon mostra inequivocabili i solchi della stanchezza sul suo volto, ma nei suoi occhi si leggono una determinazione ed una fede incrollabili.
"Sono felice che siate qua. Non ci conosciamo ancora ma Ashanti mi ha molto parlato di voi, e se godete della sua fiducia godrete anche della mia" esordisce l'alto sacerdote scorrendo le facce dei suoi interlocutori. Il suo sguardo si ferma su Rune.
"Zer'i, noi ci conosciamo già. La tua parola mi è stata di grande consiglio in un momento di smarrimento"
"Mi ricordo di te, giungesti al Tempio di notte. Sono felice che l'esempio del Santo Drago ti abbia guidato. Cercavi motivazione come ora ne cerco io. E me ne hai appena restituita..."
La conversazione è bruscamente interrotta dalle grida di allarme delle sentinelle. Maestro Ashanti raggiunge l'entrata del tempio affiancandosi ad Aldaren. La situazione impone solo un rapido cenno di saluto agli avventurieri.
Dopo pochi istanti un drappello di guardie a cavallo fa capolino. Reggono gli stendardi neri e d'oro di Bakaresh, e tra loro cavalca il Capitano Sahla, affiancato da un vecchio dal volto allungato e dalla barba bianca che veste i paramenti della Chiesa di Mujon.
"Zer'i Balthazar Sannat, il primo sacerdote di Mujon..." mormora Aldaren.
Il gruppetto si ferma a debita distanza, ma sufficiente a far sì che la voce del Capitano sia ben udibile a tutti.
"In nome di Sua Eccellenza il Granduca di Kal-Mahda Rakoud ibn Mouktadir Naxxar, attraverso la mia persona vi è fatto ordine di cessare di dar rifugio al popolo traditore degli Ashfar e di consegnare coloro che già avete in custodia. Sarà la giustizia del Granducato a decidere chi di essi è un criminale o una vittima, come lo siamo stati tutti noi, della congiura ordita nella notte di Capodanno."
Ashanti muove decisa alcuni passi in avanti facendo risuonare i calzari metallici dell'armatura, con un pugno sollevato in alto a rafforzare la sua sfida. Incredula per quanto udito, la sua risposta è schietta e spontanea: "Sahla, accidenti! Hai imparato la lezioncina  a memoria!? Che cosa vai blaterando? Per quanto ti consideri uno stupido egocentrista so che sai distinguere il bene dal male! Ti rendi conto che ciò che chiedi è una condanna a morte? Ti sei accorto di ciò che accade in città? Come puoi tollerarlo? Dannazione, sei il Capitano della Guardia! E' tuo compito limitare gli eccessi del Granduca! Perché, spiegami! Perché siamo arrivati a questo?!?"
Sahla tace, sfuggendo allo sguardo di Ashanti, mantenendo un'espressione dura e risoluta. Il vecchio sacerdote al suo fianco, forse involontariamente, subentra nella discussione salvandolo dall'imbarazzante incapacità di giustificare le sue azioni.
"Zer'i Aldaren! Ascolta le parole del Capitano! La nostra Fede è sempre stata al fianco dei Naxxar. Questa tua opposizione non fa il bene della nostra Chiesa. Il tuo, il vostro perseverare nella difesa di criminali che si sono macchiati di un grave tradimento, rischiano di spazzare via il culto di Mujon! Non possiamo permettere che il nostro credo diventi nemico della sovranità di Kal Mahda!"
"Le tue parole sono il vero tradimento Zer'i Balthazar!" ribatte senza indugio Aldaren. "Dietro di esse si nasconde la codardia, la tua paura di perdere ciò che hai, di rinunciare a ciò che potrai diventare! Hai paura che ci spazzino via... e allora? Non è forse il Martirio il nostro Credo? La tua visione è tanto offuscata dalla paura o dall'opportunismo da averlo dimenticato, Zer'i? Il Drago Santo non ci insegna il compromesso, non ci chiede di preservarci! Il nostro messaggio si porta con le azioni, non  con gli accordi al ribasso! Sai meglio di me che molte di queste persone sono innocenti, che la loro - e mia - unica colpa è di avere sangue elfico nelle vene. Non posso accettare di lasciare che il loro sangue venga versato per salvare il nostro!"
"Tu non vedi oltre la punta del tuo naso, Zer'i Aldaren" gracchia il primo sacerdote. "La tua ostinazione condurrà alla rovina te e coloro che difendi!"
"Ora basta!" ringhia Sahla. "Non siamo qui a discutere. Avete un giorno di tempo per eseguire l'ordine del Granduca. Non c'è altro da dire. Andiamocene."
Il Capitano gira il cavallo imitato dalla sua scorta. Solo Balthazar Sannat rimane indietro per un attimo, come se dovesse aggiungere qualcosa, ma poi gira il suo destriero e segue le guardie.

lunedì 1 settembre 2014

428 - VIOLENZA CHIAMA VIOLENZA

Il tempo sembra non passare mai in quella spoglia casa nella parte bassa di Bakaresh. Gli avventurieri ruotano nervosamente nelle loro posizioni - prima l'uno seduto su una sedia, poi per terra, poi appoggiato alla parete, e così via - sempre perlopiù nel silenzio di chi ha ormai esaurito ogni argomento di conversazione, coi pensieri monopolizzati dalle preoccupazioni.
Per tutto il pomeriggio gli unici rumori vengono da fuori, echi distanti dei soprusi che non smettono di piagare la città. Ognuno di essi è per Rune insopportabile, e più volte Gimble deve far leva l'autocontrollo del monaco per evitare che si getti fuori dalla porta.
Tuttavia nelle ore tarde del pomeriggio delle urla disperate non troppo distanti sono la goccia che fa traboccare il vaso. Rune, ignorando le raccomandazioni di Ashanti e i consigli di Gimble si precipita di fuori.
Hearst non si fa pregare, e impugnato lo spadone segue il monaco fuori dalla porta: "Tanto ci saremmo dovuti muovere tra poco, sono stufo di aspettare..."
Gimble ed Isabel si scambiano un rapido sguardo d'intesa.
"Sopportare questa situazione è stato doloroso per tutti. Ora basta" afferma la chierica.
Lo gnomo accenna un mezzo sorriso mentre annuisce. Poi rivolge il suo sguardo su Juan, placidamente appoggiato alla parete.
"Andate avanti" dice il coloviano invitandoli ad uscire con un gesto della mano. "Vi seguirò a modo mio, senza farmi vedere."

"Vieni qui!" sbraita il capobanda sollevando per i capelli la poveretta che aveva appena trascinato in mezzo alla strada. La giovane, una ragazza di chiare origini Ashfar, piange e si dimena ma a poco serve di fronte alla brutalità del suo aguzzino.
Il capobanda la scaraventa senza troppi complimenti su una bancarella intimandole di star ferma. Da un'abitazione alle sue spalle escono ridendo alcuni scagnozzi, poi un uomo - il padre della ragazza - che cerca di raggiungere la figlia, ma viene prontamente bloccato con la minaccia di un coltello.
"Su ragazzi! Piantatela di ridere e tenetemi ferma questa cagna! Lo sapete che abbiamo un compito importante!"
Due di quegli individui affiancano il capo e bloccano la fanciulla, mentre questi si slaccia le braghe.
"Ah ah ah! Hai ragione capo! Regalale un po' di seme umano, così che con gli anni venga cancellata quella sozzura di sangue elfico che ha nelle vene!"
Alla prima seguono una serie di volgari esortazioni, condite da risate sguaiate: "Falle vedere! Ah ah ah!" "Aprila in due! Ah ah ah!" ed altre ben peggiori.
"Lasciatela in pace!" urla il padre.
"Fai silenzio!" lo minaccia uno degli altri due che lo bloccano. "Non vorrai che succeda qualcosa di brutto a tua figlia, vero? Ora stai buono e goditi lo spettacolo."
"Ehi capo! C'è un tizio che in fondo alla via che ci guarda..." nota uno dei bruti che tengono la ragazza.
"Uh!?... e che cazzo vuol... uuumpfh!"
Come un fulmine Rune scatta e centra con un diretto la bocca del capo facendo volare sangue e denti dappertutto, gettandolo a terra stordito.
I balordi colti di sorpresa reagiscono disordinatamente e d'istinto. Mentre Rune rifila una gomitata e un colpo alla tempia ad un altro degli avversari, quello che minacciava il padre della ragazza non sapendo che fare affonda due coltellate nell'addome del pover'uomo che si accascia sanguinante.
A stretto giro sopraggiungono i compagni. Bastano pochi secondi e mentre i due che tenevano la giovane giacciono a terra con le ossa rotte dalle raffiche di colpi del monaco, gli altri due sgherri si ritrovano uno sgozzato alle spalle da Juan e l'altro con la testa fracassata da Isabel.
La chierica si china sul padre della ragazza per portargli cure magiche, fortunatamente è ancora cosciente e ce la farà.
Il capo si scuote dolorante, l'ombra di Hearst incombe su di lui. Prova ad alzarsi, ma i pantaloni calati - oltre a metterlo in una condizione imbarazzante - sono d'impaccio, tanto che gli riesce solo di strisciare all'indietro.
"Ehi amico, aspetta! Ce n'è anche per te se vuoi!" balbetta maldestramente indicando la ragazza paralizzata dalla paura.
Hearst si blocca e la fissa. E' giovane e carina, dalle forme esili. Lo sguardo del guerriero si sofferma su di lei per dei lunghi attimi, mentre sul volto del capo compare il ghigno malefico di chi l'ha scampata ancora una volta.
Poi senza preavviso Hearst conficca lo spadone nel basso ventre del farabutto, inchiodandolo alla strada polverosa. L'uomo grugnisce incredulo per il dolore, agita le mani verso la lama tenuta saldamente dal guerriero, ma ogni suo movimento non fa altro che amplificare la sofferenza.
"Volevi aprirla in due, vero? Non nel modo giusto. Ora ti faccio vedere come si fa."
Hearst recupera da terra il coltellaccio di uno degli scagnozzi, poi blocca con le ginocchia le braccia del capo e gli pianta la lama appena sopra lo sterno. L'uomo grida gorgogliando sangue, ed Hearst, afferrate le costole con una mano, fa leva con il coltello e tutta la sua forza per aprirgli in due la cassa toracica.
Nonostante l'efferatezza del gesto del guerriero nessuno si premura di fermarlo. A volte certi individui si meritano la fine atroce che si sono cercati.