giovedì 30 giugno 2011

242 - CATENE ROSSE, CATENE NERE

Il Diavolo si contorce, mentre le catene scivolano per liberarlo sulla pelle divorata dal fuoco divino. Prima di subire altri attacchi che potrebbero risultargli fatali, il mostro si ritira nel buio sovrastante, lasciando i nostri eroi soli nel pozzo con la loro piccola vittoria.
Approfittando del momento di relativa tranquillità, Hearst scorge a poca distanza da lui una catena rossa. Osservandola, il guerriero nota che la catena non scende fino in fondo come tutte le altre ma risulta più corta di almeno un piano. La curiosità di capire a cosa serva è forte.
Senza pensarci su, Hearst vi si aggrappa.
Un rumore di carrucole e argani invade il pozzo, mentre il peso del guerriero trascina la catena verso il basso come se non fosse fissata al soffitto. Hearst bestemmia sonoramente, ormai convinto di precipitare nell'abisso.
Invece la catena rossa si blocca di botto una volta raggiunto il livello terminale di tutte le altre catene. Il contraccolpo strappa un grugnito ad Hearst, che tuttavia tira un sospiro di sollievo. Solamente, sconsolato, guarda verso l'alto: questa caduta lo costringerà a una nuova faticosa risalita per riguadagnare l'altezza originale...
"Hearst tutto bene?" domanda Juan, ricevendo in tutta risposta una scarica di imprecazioni irripetibili.
"Interessante..." commenta invece Gimble. "Avete notato? Quando Hearst è precipitato con la sua catena, altre due catene rosse si sono sollevate di conseguenza, come se fossero collegate con delle carrucole... come dei montacarichi... se qualcuno di noi si appendesse dall'altro lato, potremmo salire velocemente..."
La deduzione dello gnomo viene interrotta da un nuovo sferragliare. La catena che Hearst sta risalendo si muove lentamente, ritornando alla posizione originale, riportando il guerriero al punto di partenza, esattamente come le altre catene rosse ad essa collegate scendono alla loro posizione iniziale.
Hearst ride sguaiatamente soddisfatto per la sua scoperta.
Juan e Rune nel frattempo si muovono rapidi per raggiungere le arcate ancora inesplorate nella parte superiore del pozzo, dal lato opposto rispetto a quella in cui si sono rifugiati i compagni.
"Veloce! Veloce, prima che il Diavolo torni!" incita Rune. Ma le sue parole sono profetiche.
Le catene dondolano.
Nel pozzo riecheggia il rumore delle maglie metalliche, divenuto ormai il delicato suono della paura.

venerdì 24 giugno 2011

241 - LUCE INCANDESCENTE

Isabel si affretta a curare le ferite sanguinanti di Juan, ridando colore al suo volto.
"Non ce la faremo mai" afferma rassegnato Grolac, guardando l'immensità del pozzo fuori dall'arcata. Questa volta il pessimismo piagnone di Grolac non suscita reazioni rabbiose come nelle altre occasioni, ma solo silenzio. Questa volta tutti in cuor loro sanno che il nano ha dannatamente ragione.
Terminate le cure, Isabel mostra interesse per la bacchetta alla cintola del coloviano.
"L'ho trovata nell'alcova là sopra, era su una sorta di altarino. Non so a cosa serva, non ci capisco nulla..."
La chierica esamina con attenzione l'oggetto, scavando nelle nozioni apprese durante i suoi studi: "Interessante. Questa bacchetta racchiude l'incantesimo della Luce Incandescente, che incanala il potere divino in un raggio di sole!" Gli occhi di Isabel brillano di speranza. "So come attivarla! Se riuscissi a colpire il Diavolo con questa, potremmo averne ragione!"
"Allora forse non tutto è perduto. Tuttavia, finché siamo qui dentro il nemico non attacca..." constata riflessivo Gimble. "E' ovvio che non ha interesse a darci alcun vantaggio. Siamo noi quelli obbligati a muoverci..."
Rune si fa avanti: "Lo attirerò io. Vado."
"Ehi... non sei l'unico bravo a saltare tra le catene!" dice Juan, rialzandosi e mostrando un inaspettato spirito di sacrificio. "Vengo anch'io, voglio trovare un uscita da questo inferno... L'importante è che non stiamo troppo vicini, o il Diavolo ci falcerà entrambi con le sue giravolte."
Hearst affianca i compagni sul bordo del pozzo: "Io qui non ci sto. C'è troppa puzza."

Rune ferma di colpo la sua avanzata, focalizzando l'attenzione su una delle catene vicino a lui. Dondola, ma nessuno l'ha toccata. Ci siamo...
Juan e Hearst proseguono distanti, ignari di ciò che sta per accadere.
Tenendosi con la forza di un solo braccio, Rune afferra la catena e la solleva in modo da avere un certo gioco, quindi la attorciglia attorno ad una gamba assicurandosi ad essa. Le catene attorno a lui ondeggiano, preannunciando l'arrivo del mostro.
Ora devo solo aspettare...
Il Diavolo non si fa attendere, e accompagnato dal frastuono metallico di catene che si svolgono precipita ruotando e falciando l'aria con le sue lame.
Rune aspetta il momento adatto mantenendo la massima concentrazione, è questione di frazioni di secondo. Quando il mostro è sufficientemente vicino, con un'immane sforzo di braccia e addominali il monaco si eleva in acrobazia, sollevando le gambe per sferrare un calcio in rovesciata.
Il Diavolo torce la schiena all'indietro in maniera innaturale per evitare il colpo, ma non aveva previsto il vero piano di Rune. Lo slancio del calcio scaglia la catena avvolta alla gamba del monaco verso il mostro in rotazione, attorcigliandola, avvinghiandola, incastrandola con quelle delle lame e degli uncini che ricoprono il corpo del nemico.
Il Diavolo ruggisce di rabbia, intrappolato nelle sue stesse armi, mentre Rune, coinvolto nella girandola poco più in su grazie al gioco lasciato alla propria catena, si divincola rapidamente. Il mostro comanda le maglie con il pensiero, ordinando loro di svolgersi e liberarlo, ma pochi istanti di immobilità lo rendono vulnerabile.
Isabel non si fa trovare impreparata: già sulla soglia dell'arcata, recita le parole di attivazione della bacchetta puntandola verso il nemico. Un raggio di sole scaturisce dall'estremità dell'oggetto, rischiarando il pozzo. Il fuoco divino investe il Diavolo incendiandone la pelle e divorandone le carni, mentre nel baratro rieccheggiano le sue urla folli di dolore.

mercoledì 22 giugno 2011

240 - ALTALENA DI SANGUE

Juan afferra la bacchetta, la rigira tra le mani, poi la infila nella cintura. Quindi, mentre Gilead batte sconsolato i pugni contro il muro che chiude il passaggio, si affaccia sul pozzo.
"Basta elfo, qui non c'è nulla. Raggiungiamo gli altri."

Gimble e Grolac raggiungono l'alcova poco prima di Rune e Hearst. Lo gnomo e il monaco danno una mano ad Isabel quando giunge al limitare dell'apertura, il Diavolo potrebbe tornare da un momento all'altro. La sua anomala assenza sembra preludere a qualcosa di ancor più tremendo.
Il puzzo di morte oltre l'arcata è ancora più intenso rispetto al pozzo. Grolac s'inoltra nel buio del corridoio sotto lo sguardo vigile di Hearst. Il nano si china su qualcosa.
"Ehi, nano!" intima Hearst, muovendo alcuni passi nella sua direzione. "Cos'hai trovato? Non fare il furbo... bleah! Che schifo!"
Hearst si tappa il naso. Il fetore viene da un cadavere divorato dai vermi, a cui Grolac sta cercando di staccare dalle mani una piccola sacca.
"Depredare i morti ammazzati è sempre stata una delle tue specialità..." commenta Gimble avvicinandosi a sua volta. "Fammi vedere."
Grolac, dopo aver constatato che anche questo passaggio non porta da nessuna parte, torna al bordo del pozzo, vuotando il contenuto della sacca, quattro fiale con liquidi colorati.
Pozioni, due delle quali immediatamente riconosciute da Isabel: una di cura ferite leggere, l'altra di armatura magica. Le altre due invece restano un'incognita.
Ad un tratto Rune richiama i compagni: Gilead e Juan si sono mossi dal loro rifugio, e il metallo ha ricominciato a tintinnare, coprendo il ronzio delle mosche.

Gilead si affretta balzando agile di catena in catena, col sudore che cola copioso e il fiato grosso. Juan è dietro di lui.
All'improvviso il Diavolo precipita in caduta libera verso il coloviano, senza la rotazione che aveva contraddistinto le sue comparse precedenti. L'urlo dei compagni non gli dà nemmeno il tempo di reagire. Mentre il mostro cade con tutto il suo peso alle sue spalle, sente solo dei grossi ganci piantarsi nelle sue clavicole. Sono uncini all'estremità delle maglie di anelli che avvolgono le braccia del Diavolo, catene che si tendono rendendo Juan il fulcro di una mostruosa altalena.
Le catene che sostenevano il Diavolo al soffitto lo liberano magicamente, lasciandolo libero di cadere nel vuoto: le spalle di Juan diventano il suo unico appiglio.
Il coloviano sente la carne squartarsi, si aggrappa con tutte le sue forze alla sua catena gridando di dolore. Se molla la presa il mostro lo trascinerà con sé nel vuoto, se tiene duro il suo corpo verrà dilaniato dal peso e dal dondolio del nemico.
Juan resiste, anche se sa che non servirà a nulla, la camicia logora si riempie del suo sangue. L'altalena del mostro rallenta, e dopo alcuni passaggi il Diavolo si aggrappa ad una nuova catena con l'agilità di un ragno, comandandole di avvolgere il suo corpo come se fosse un serpente. Allo stesso tempo richiama a sé gli uncini che trafiggono il coloviano, sparendo poi nell'oscurità del soffitto.
Juan cerca di riprendersi un poco prima di continuare la sua fuga verso l'alcova dove si trovano i compagni, il dolore è ancora acceso. Ormai era certo che sarebbe morto, ma non è stato così.
E' evidente che il padrone di casa non ha nemmeno fretta di uccidere, anzi preferisce torturare, seviziare lentamente, godersi lo spettacolo.
Un eccesso di sicurezza potrebbe rivelarsi la loro salvezza.

venerdì 17 giugno 2011

239 - FALSE SPERANZE

"Fate in fretta! Mettetevi al sicuro nelle aperture!" urla Isabel ai compagni.
Senza esitare ognuno cerca di passare di catena in catena il più rapidamente possibile, sperando di non essere il successivo bersaglio del Diavolo.
A Gimble non manca molto, ma la stanchezza si fa sentire. Lo gnomo decide di far ricorso alla magia bardica per aiutarsi. Reggendosi ben saldo con le gambe, recita una filastrocca di evocazione puntando il dito verso l'apertura ad alcuni metri da lui. In una voluta di vapori arcani, un grosso ragno si materializza sulla soglia dell'arcata.
Grolac, poco dietro lo gnomo, s'interroga sul suo piano. Il ragno sputa un lungo filo di bava, fino alla catena a cui è appeso Gimble, fissando l'altro capo alla bordo dell'apertura e tessendo rapido la sua tela. Quando lo spessore è sufficiente - cosa che richiede non più di mezzo minuto - Gimble vi si aggrappa con gambe e braccia, usandola come un ponte di corda per giungere prima alla salvezza.
"Bella idea, gnomo!" esclama il nano. "Ma reggerà anche il mio peso?"
Prima che Gimble possa dare risposta un rumore di ferraglia scuote le catene. Il Diavolo cade verso il bardo come un fulmine, orientando verso di lui le sue lame.
Gimble si affretta disperato, è questione di centimetri, di frazioni di secondo. Il mostro precipita ridendo come un ossesso, sventagliando le estremità taglienti.
Le catene sfiorano Gimble aprendo lunghi tagli sulla sua pelle, graffiandolo, provocando fortunatamente solo ferite superficiali, ma la ragnatela viene recisa di netto tra lo gnomo e la catena nera da cui era partito.
Gimble sente il vuoto prendergli lo stomaco, si tiene stretto mentre il suo appiglio descrive un arco verso la parete del pozzo. L'istinto reagisce al posto del pensiero razionale. Usa la tela come una liana, si lascia andare, afferra una catena, gli uncini lo trafiggono, ma la presa è salda.
Lo gnomo non sa nemmeno cosa ha fatto. La catena dista qualche piede dalla parete, se si fosse schiantato...
Solleva lo sguardo, l'apertura è pochi metri sopra.

Juan e Gilead si avvicinano all'arcata oltre la metà del pozzo. Il Diavolo sta risalendo dopo aver attaccato il povero Gimble e questo dà loro un indubbio vantaggio.
I due aguzzano la vista: dal corridoio oltre l'apertura sembra provenire un bagliore dorato.
"Il sole! Il sole!" esclama speranzoso Juan. "Dev'essere l'uscita..."
Tuttavia, le loro speranze vanno in frantumi quando, approdando al corridoio, realizzano che si inoltra per alcuni metri per poi chiudersi su sé stesso.
La luce dorata proviene da un piccolo piedistallo in fondo al passaggio, su cui è posata religiosamente una sorta di bacchetta magica. Una delle estremità dell'oggetto è costituita da una sfera di vetro, dal cui interno proviene la calda luminescenza.
Gilead la ignora, scagliandosi verso la parete sul fondo, esaminando ogni fuga tra i mattoni nella speranza di trovare una porta segreta: "E' impossibile! Maledizione! Deve esserci un'uscita!"
Juan lo lascia fare, quindi, vedendo che l'elfo non trova nulla, sospira rassegnato.

giovedì 16 giugno 2011

238 - IL DIAVOLO DELLE CATENE

La figura di Carnegie sparisce così com'era comparsa, lasciando nuda la parete di mattoni sanguigni.
"Non c'è tempo da perdere, meglio affrettarci verso le uscite!" afferma Gimble.
Juan si allunga per prendere una delle catene vicine, e tirandola a sé vi si aggrappa oscillando avanti e indietro. Poi ripete l'operazione un'altra volta passando di catena in catena, imitato da Gilead. Il coloviano e l'elfo si trovano ad un'altezza superiore rispetto ai compagni, poco sopra la metà del pozzo, e la distanza che li separa da una delle arcate non è molta.
Osservando i compagni più in alto anche Gimble inizia a muoversi orizzontalmente tra le catene in direzione di una delle arcate. Grolac lo segue a breve distanza. Lo gnomo esorta gli altri compagni in posizione più svantaggiata a radunarsi nell'apertura verso cui è diretto, soprattutto Isabel. La sacerdotessa, che si trova molti metri sotto, deve inizia una faticosa risalita lungo la catena a cui è aggrappata.
Passare da una catena all'altra è faticoso, ma la distanza ridotta - aiutandosi con un po' di oscillazione - non rende l'azione particolarmente complessa. Ci sono tuttavia ampie zone di vuoto nel pozzo, baratri in cui non pende alcun appiglio, aree in cui per passare da un lato all'altro è necessario fare percorsi larghi, o acrobazie ardite.
"C'è una catena... rossa!" la voce di Hearst rimbomba tra le pareti del pozzo, coprendo il tintinnare degli anelli che oscillano. Gli avventurieri si fermano, cercando di focalizzare l'attenzione su ciò che il guerriero ha indicato.
Le catene rallentano la pendolazione, il loro suono metallico s'affievolisce.
E' vero, ci sono delle catene rosse sparse nel pozzo. Sembrano collocate a caso senza uno schema logico.
Hearst è combattuto: potrebbe spostarsi e aggrapparsi, vedere cosa accade. Cosa significano? Che senso possono avere?
"Lascia perdere Hearst, andiamo all'arcata" consiglia Rune. Ma quando termina la frase in realtà la sua attenzione si è già spostata sulle catene davanti a sé, che hanno preso a dondolare e tintinnare senza essere state sollecitate.
Gli attimi successivi non gli permettono nemmeno di prendere consapevolezza di ciò che accade. Un rumore di catene che si srotolano, come dall'argano di una saracinesca, invade il pozzo. Rune alza gli occhi, e sopra di lui un orrore avvolto come una mummia in maglie, catene, lame e uncini precipita a velocità folle dall'oscurità del soffitto. Una mostruosità che cade a testa in giù appesa come un ragno, mentre la ferraglia che si svolge dal suo corpo la fa ruotare vorticosamente, rivelandone man mano il corpo glabro e grigio, proiettando le estremità libere delle catene in un mulinello tagliente.
Le estremità affilate falciano Rune, le punte lo infilzano, gli uncini lo strattonano. Il monaco stringe i denti per sopportare il dolore, per non cedere e non mollare la presa, per non essere trascinato come il sangue delle sue ferite nella folle rotazione del mostro, per non seguirlo nella sua caduta verso l'abisso.
La discesa della creatura continua ben oltre il monaco, fino in fondo, dove si arresta bruscamente.
Un solo istante per fissare gli occhi terrorizzati di Isabel, poi la catena che la sorregge lo riporta verso il soffitto buio, come se venisse tirata dalla forza di cento uomini, dove sparisce nel buio da cui era venuta.
Il debole tintinnare delle catene immerso in un silenzio carico di terrore si rimpadronisce della Sala degli Uncini.
Dopo alcuni istanti di choc, Isabel sente i compagni gridare per accertarsi del fatto che Rune stia bene. Lei no. Le parole sono gelate dalla paura.
Lo ha riconosciuto. E' un incubo materializzatosi dai libri polverosi delle biblioteche, inciso nella sua memoria da un passato di studi per diventare Contemplatrice. Dio solo sa quali diabolici poteri ha usato il Duca, quali forze oscure ha chiamato in gioco.
E' un Diavolo delle Catene.

lunedì 13 giugno 2011

237 - LA SALA DEGLI UNCINI

La caduta è vertiginosa, spacca lo stomaco. L'oscurità è sostituita rapidamente da una luce sanguigna. Catene nere, tutt'attorno, piene di uncini. Non c'è tempo per pensare, per capire l'assurdità del luogo. I nostri eroi tentano di afferrare in volo quegli appigli penzolanti attaccati al nulla da cui arrivano.
Le mani si allungano afferrando il metallo in un tintinnare di anelli, cercando di frenare la caduta. Gli uncini scorticano le mani nei vari tentativi di fermarsi, agganciano le vesti, trafiggono le carni. Come ami arpionano gli avventurieri rallentandoli, incuneandosi sotto le pelle con dolorose punture solo per essere strappati con violenza un istante dopo dalla gravità, provocando dolorose lacerazioni.
In qualche modo Hearst e Juan sono i primi a riuscire ad arrestare la loro caduta, aggrappandosi con forza alle catene nere. Poco più in basso anche Grolac, Gilead, Rune e Gimble riescono nell'intento, mentre Isabel e il prigioniero continuano a precipitare verso un abisso senza fondo.
Le mani della sacerdotessa cercano invano la salvezza, finché un grosso gancio le infilza le vesti deviandone la traiettoria. Un secondo uncino trafigge Isabel all'anca penetrando in profondità. Il dolore è lancinante, la chierica sgrana gli occhi e urla, ma la disperazione è maggiore. Con una forza inaspettata Isabel si avvinghia alla catena saldando la presa, nonostante il movimento apra ancora di più la ferita al fianco.
Il prigioniero non è altrettanto fortunato: la sua presa non è abbastanza forte e precipita fino agli ultimi metri di catena, dove un grosso gancio terminale lo arpiona all'addome, sventrandolo fino alle costole. Le viscere del poveraccio continuano la caduta al posto suo, seguite da una rivolo di sangue.
Il tintinnare delle catene in movimento si spegne lentamente, lasciando che solo il ronzare delle mosche e i lamenti degli avventurieri interrompano un silenzio carico di morte.
A fatica ognuno dei nostri eroi cerca di capire cos'è questo nuovo orrore, questo luogo di follia senza pari, riprendendo posizione sulle catene, reggendosi con le gambe, estraendo gli uncini più dolorosi, pulendo dagli occhi il sangue che cola dalle ferite e dai graffi sulla fronte.
Un pozzo, un pozzo enorme del diametro di oltre cento piedi, in cui si diffonde un'innaturale luce cremisi, come se fosse il sangue ad illuminarlo. E catene, catene dappertutto, una vicina all'altra, a cinque o sei piedi di distanza. Piene di ganci e uncini, come quelle dei macellai, come in un mattatoio. Catene nere appese nel vuoto, nel buio da cui sono caduti, da cui pendono cadaveri consumati dalle mosche e dagli insetti, il cui tanfo di putrefazione impesta l'aria.
Isabel, aggrappata agli ultimi metri di catena estrae dolorosamente il gancio che la trafigge, lasciandosi scappare un grido di dolore che rimbomba tra le pareti di mattoni del pozzo. Deve fare attenzione, sotto di lei si estende solo un baratro di oscurità senza fine. Dal basso solleva lo sguardo per cercare i compagni sopra di lei. Sono precipitati Dio solo sa quanto. Le catene pendono dal buio del soffitto per almeno cinquanta metri. Appesi nel vuoto. Un senso di vertigine le manda in subbuglio lo stomaco.
Il suo sguardo si sposta sul prigioniero poco distante da lei, agganciato come un maiale sventrato, con la bocca aperta da cui cola bava rossa e gli occhi ribaltati all'indietro, la pancia aperta e le budella penzolanti.
Isabel vomita.
"State... state bene?"
La voce di Gimble rimbomba tra le pareti. Prima di rispondere sembra che ognuno debba vincere un proprio trauma personale. Anche Isabel si riprende lentamente dal suo orrore.
"Sì... sì!" grida con tutto il fiato che ha, mentre le lacrime le rigano le guance, cadendo incontrollate come sfogo istintivo. "Ma... il prigioniero è morto! E morto!"
"A quanto pare anche il negro che ha ammazzato Pequeño ha fatto la stessa fine!" urla Juan. A poche catene di distanza da lui, il corpo straziato dagli uncini dell'energumeno pende consumato dai parassiti. Un grosso gancio, quello che l'ha ucciso, entra sotto la mandibola per rispuntare da una cavità orbitale.
"Questa è opera di un folle! Di un folle!" urla Rune perdendo la sua proverbiale calma. Isabel piange al limite dell'isteria, Hearst impreca maledicendo il Duca. Grolac si dispera: sono condannati a morte in questo folle gioco dove l'unico vincitore è il loro carnefice.
"Forse... forse no..." esclama Gilead, ridando speranza ai compagni grazie alla sua vista elfica. "Guardate bene là, lungo le pareti... ci sono... ci sono delle aperture."
Ad un'osservazione più attenta in effetti sembra che il pozzo sia strutturato su dieci livelli e a diverse altezze si aprono alcune arcate.
"Quel figlio di puttana di Carnegie ha una mente troppo perversa per non darci una via d'uscita" interviene Gimble. "E' il suo divertimento: se non avessimo alcuna possibilità..."
Una risata a denti stretti risuona nel pozzo interrompendo la frase del bardo.
"Mio piccolo gnomo, non è così che ci si rivolge a un Duca..."
Una gigantesca raffigurazione del signore di Isla del Quitrin, alta almeno quindici metri, compare lungo la parete ricurva del pozzo, raccogliendo l'ira di Gilead: "Sei solo un bastardo e un codardo! Non c'è alcuna nobiltà in te!"
Carnegie ignora gli insulti, ghignando soddisfatto: "Questa è una delle mie sfide preferite, la Sala degli Uncini..."
"Sei dannatamente pazzo, anche solo ad immaginare un posto del genere!" sbraita Juan, fuori di sé. La disperazione lo rende spavaldo. "E comunque, come vedi, la tua trappola ad acqua, i tuoi ganci da macellaio e il tuo abisso, non sono bastati a farci fuori!"
"Oh, mio caro, ma non era questa la sfida. Sarei rimasto profondamente deluso se non foste sopravvissuti..." ribatte subdolo il Duca, con un tono da gelare il sangue nelle vene. "Presto avrete il piacere di conoscere il padrone di casa..."