giovedì 29 novembre 2012

328 - TROCLA

"Sei impazzito!? Cosa stai facendo?" protesta Fazil furibondo, afferrando Hearst per il braccio nel tentativo di fermarlo. Ma per lui è come smuovere una montagna. Il guerriero non gli risparmia un'occhiataccia, continuando nella sua opera di raccolta tanto da riempire mezzo sacco.
"Se continui così la distruggerai! Le foglie non riusciranno a rigenerarsi e la macchia di Spinarossa sarà destinata a sparire!"
Isabel e Rune fanno per intervenire, ma qualcosa ferma tutti, paralizzandoli come statue. Un tremore leggero, nel terreno. La sabbia scivola dai costoni del canyon, smossa dalla vibrazione.
"Cosa è stato? L'avete sentito?" chiede Gimble. Tutti annuiscono. Un altro paio di tremori.
Lo gnomo si guarda attorno nel tentativo di capire cosa sta succedendo, poi il suo sguardo si ferma su un filo di fumo appena visibile in contrasto col cielo plumbeo, alcune decine di metri più avanti nella gola oltre lo scalino. Ma prima che possa dire alcunché sente Juan urlare: "Cazzo!!! Via! Via! Via!"
Il terreno comincia a vibrare pesantemente, e dalla stretta curva della gola compare ruggendo una gigantessa alta almeno dodici piedi che avanza a grandi passi verso gli avventurieri. Con la mano sinistra percuote un grosso ramo rinsecchito contro la parete del canyon.
"VIA! ANDATE VIA! TROCLA VI SPACCA! VI SCHIACCIA! UUAAAAGGHHH!!!"
D'istinto Isabel e Gimble si rendono invisibili, mentre compagni e cammello corrono a perdifiato, battendo in ritirata nella gola da cui sono venuti.
"Cazzo cazzo cazzo! Lo sapevo che era un'idea del cazzo venire fin qua!" esclama Juan gettandosi al riparo di alcune rocce sporgenti, imitato da Rune e Fazil. Il coloviano si rende conto solo ora che Hearst ha fermato la sua corsa diversi metri prima: "Hearst vieni via di lì!!!"
"Ehi! Non siamo venuti qui per combatterti" urla il guerriero a braccia larghe in mezzo alla gola. "Signora gigantessa Trocla, possiamo ragion---"
In tutta risposta la gigantessa afferra un grosso masso e lo scaglia con violenza verso Hearst. Fortunatamente la sua mira non è pari alla sua forza, e il macigno s'infrange sulla parete rocciosa alla destra del guerriero, frantumandosi in mille pezzi.
"Porc...! Vaffanculo cicciona di merda!"
"TROCLA SCHIACCIA PICCOLO UOMO!!!"
Un secondo masso a vuoto convince Hearst ad abbandonare definitivamente la trattativa.

Il guerriero si ripara dietro le rocce dove i compagni stanno rannicchiati. Del cammello non c'è più traccia, probabilmente è già tornato a Gahar. La gigantessa attende guardinga sul bordo dello scalino naturale.
"Aspettiamo che si calmi e filiamocela!" dice Juan, raccogliendo l'immediato assenso di Hearst.
Fazil annuisce mestamente: di sicuro non ci sono speranze per suo fratello, il triste destino a cui è andato incontro è evidente.
Tuttavia Rune smorza la fretta di fuggire dei compagni: non possono andarsene senza Isabel e Gimble.
"Io ci sono" afferma una voce femminile da un punto imprecisato. La sacerdotessa se ne guarda bene dall'interrompere la sua invisibilità.
"Bene, Isabel è con noi! Manca solo Gimble... Gimble... Gimble, dove sei?"

giovedì 22 novembre 2012

327 - MONTAGNE ARIDE

La partenza per le Montagne Aride avviene sotto un cielo insolitamente plumbeo. Hearst sistema le giare sul cammello, legando alla bardatura anche due sacchi grandi comprati di buon ora al suk. Nessuno tuttavia si prende la briga di chiedere al guerriero cosa intenda farsene.
Il tragitto all'inizio non è faticoso, la stagione e il cielo nuvoloso rendono la marcia più agevole. Sentieri sabbiosi si inerpicano con pendenza modesta attraverso la pietra rossastra tipica della catena montuosa che corre lungo tutta la costa orientale di Kal-Mahda, piccoli arbusti spuntano con fatica al riparo delle rocce, veri monumenti alla vita in un ambiente quantomai ostile.
Isabel si ferma ammirata ad osservare una di queste piante, le cui foglie carnose hanno attirato la sua attenzione risvegliando lontani ricordi dei suoi studi di erboristeria. Fazil la raggiunge, spezza una foglia. Ne fuoriesce una linfa bianca e appiccicosa, che applica su un taglietto sulla sua mano.
"E' citunna, ed ha un forte potere cicatrizzante."
Isabel annuisce, ora ricorda. La sacerdotessa ne raccoglie alcune dosi, sia applicate direttamente che lavorate in un unguento potranno certamente tornare utili.
"Per quanto possa sembrare impossibile, il deserto è nostro amico" afferma Fazil con devozione "e ci dona tutto ciò che serve."
"Eh sì, è proprio il posto migliore dove vivere!" commenta sarcastico Juan, scambiando un'occhiata di derisione con Hearst.
"E' meglio che andare al mercato Juan! Guarda, guarda quanto ben di Dio!"
I due ridono di gusto alle spalle di Fazil che finge di non cogliere, Rune e Isabel si scambiano uno sguardo di rassegnata amarezza.
Il sentiero sale tra le rocce aride aumentando di pendenza e dopo mezza giornata di cammino il gruppo arriva ad una sorta di canyon che devia dal percorso principale, con le pareti alte una ventina di piedi. Il fondo del canyon è composto da una fine sabbia rossiccia, prodotta dall'erosione causata dal vento costante che percorre la gola. Fazil guarda il cielo grigio preoccupato: se dovesse piovere come piove nel deserto, il canyon diventerebbe un fiume in piena, tramutandosi in una trappola mortale. Tuttavia rinunciare ora significherebbe perdere un'altra preziosa giornata senza aver trovato Larbi. Chiedendo perdono a Dio, Fazil tiene per sé i suoi timori e imbocca la gola.
Alcune centinaia di metri più avanti, il canyon s'interrompe con una sorta di scalino di roccia naturale alto circa due metri, per poi continuare oltre il dislivello per una decina di metri fino a una curva verso destra a stretto raggio sempre rinchiusa tra alte pareti di roccia.
"Ecco, è qui" dice Fazil.
Ai piedi dello scalino crescono numerosi arbusti spinosi, le cui foglie allungate hanno il colore rosso degli autunni del nord, ma emanano un profumo intenso che porta alla mente le sensazioni ancestrali di queste terre desertiche.
Gli avventurieri non perdono tempo, Rune, Gimble e Isabel cercano indizi. La chierica nota quasi subito uno strano solco scavato nel dislivello di pietra all'altezza della cintola, profondo un piede e largo altrettanto. Rune e Gimble constatano invece che qualcuno ha raccolto delle erbe recentemente, ci sono gambi spezzati tra gli arbusti di Spinarossa.
Tuttavia non c'è traccia di Larbi.
"Un buco nell'acqua, me l'aspettavo" borbotta Hearst. "Ma almeno non tornerò a mani vuote!"
Il guerriero sfila i sacchi dalla bardatura del cammello e inizia riempirli del prezioso tè.

domenica 18 novembre 2012

326 - UN POSTO TRANQUILLO

Gahar è un villaggio minuscolo di pescatori, contadini e allevatori di capre, con un piccolo suk e una locanda chiamata "la Fenice". Davanti ad essa un vecchio è indaffarato a preparare del pesce su braci rosse che risplendono nell'oscurità della prima sera, spandendo nell'aria fumo e profumo.
Il vecchio, di nome Kuzan, si rivela essere il proprietario della locanda, nonché il capovillaggio. I suoi modi e le sue parole hanno il ritmo del lento incedere del tempo, dei gesti sempre uguali di un luogo in cui la vita scorre semplice e tranquilla. Per sole tre monete d'argento gli avventurieri prendono la cena e un pagliericcio nella stanza comune. Un'inezia considerato che si tratta dell'unico punto di ristoro tra Bakaresh e Naama Sul.
Kuzan li invita ad accomodarsi ad un tavolo all'aperto, e a godersi il rumore del mare nell'oscurità mentre termina di preparare la cena. Non sembrano esserci altri clienti. Dopo un quarto d'ora circa il pesce è pronto, servito con salse profumate per esaltarne il sapore delicato.
I nostri eroi si avventano affamati sul vassoio fumante. Kuzan si allontana per cenare da solo, ma Gimble lo chiama invitandolo ad unirsi a loro.
Il capovillaggio accetta di buon grado, non gli dispiace scambiare qualche parola, specialmente con degli stranieri. Kuzan racconta quel poco che c'è da sapere di Gahar, ovvero che la sua fama è dovuta al fatto di aver dato i natali a Maestro Ashanti. Il vecchio la ricorda bene, cocciuta fin da bambina: è la sua forza di volontà ad averla portata dove è adesso.
Quando Kuzan chiede invece qual è il motivo che spinge gli avventurieri a Gahar, Gimble spiega che devono incontrare Fazil per conto della Corporazione dei Mercanti di Bakaresh. Intuendo immediatamente l'importanza della cosa, il capovillaggio ordina a un ragazzino impegnato a giocare con gli amichetti vicino ad una casa limitrofa di correre a chiamarlo.

Fazil non ci mette molto ad arrivare.
"Grazie a Dio siete arrivati! Sono molto in pensiero per mio fratello, temo che gli sia successo qualcosa!"
I nostri eroi concordano con Fazil di non perdere tempo, e di partire con le ricerche sulle Montagne Aride l'indomani stesso. Fazil li accompagnerà nel luogo "segreto" dove Larbi raccoglieva la Spinarossa, dove non si è più recato da che manca il fratello per paura. Fazil ha famiglia a differenza di Larbi, e non può mettersi in pericolo.
Concordata la partenza, Fazil s'intrattiene fumando e sorseggiando del tè, mentre Kuzan serve alcuni uomini del villaggio che nel frattempo si sono seduti ad un tavolo vicino. Hearst li osserva, quindi si rivolge a Fazil: "Ma ci sono solo uomini in questo villaggio?"
La domanda strappa un sorriso a Fazil. Non ci sono solo uomini, ma le donne non escono alla sera. Parlando di mogli e matrimonio la conversazione devia portando Fazil a raccontare del capovillaggio Kuzan e della sua locanda. La taverna ha questo nome perché più di 20 anni or sono la struttura originaria andò a fuoco. In quel frangente la moglie di Kuzan perì nell'incendio. L’episodio scosse molto il giovane figlio del capovillaggio, Hassa, che cadde in depressione per un lungo periodo, giocandosi di fatto l'opportunità di ammogliarsi. Tuttavia, grazie alla sua perseveranza Kuzan ricostruì una nuova locanda, e tirò fuori il figlio dalla depressione con il lavoro. Sfortunatamente però, nonostante gli sforzi del padre, ancor oggi Hassa ha delle brutte ricadute, durante le quali se ne va a Bakaresh a sperperare denaro per "tirarsi su di morale". Al villaggio tutti pensano che quando Kuzan morirà, la Locanda andrà in morirà con lui.

lunedì 12 novembre 2012

325 - PARTENZA PER GAHAR

Juan si stropiccia gli occhi, Gimble sbadiglia. Nessuno dei due è stato in grado di dormire. Ma se per lo gnomo le motivazioni sono principalmente legate agli avvenimenti della giornata precedente, per il coloviano le ragioni vanno ricercate nel "luogo" di riposo, in grado di procurargli i peggiori incubi.
Usciti dalla festa di Declan e non avendo disponibilità di una stanza alla Locanda del Pellegrino, i due avevano approfittato della vicinanza della locanda Gran Dirupo per trovare alloggio. Data l'ora tarda, solo dopo un insistente bussare da uno spioncino ad altezza Gimble un halfling (presumibilmente il proprietario Girolamo Saccocciadoro) aveva fatto capolino, chiedendo con spiccato accento dell'isola di Gupi cosa desideravano. La tentazione da teatrante di imitare l'accento era un'occasione troppo ghiotta per Gimble, che istintivamente rispondeva scimiottando la parlata dell'halfling, irritando non poco il mezzo uomo scaraventato giù dal letto nel cuore della notte. Nonostante ciò, la cortesia del locandiere aveva permesso a Gimble approfondire il costo di una stanza, ma alla esorbitante richiesta di quindici monete d'oro lo gnomo credeva che si trattasse di uno scherzo. Ma l'halfling non era mai stato più serio: la qualità si paga.
Decisi a trovare un'altra soluzione, ma consapevoli che il Ristoro del Pellegrino e la Spinarossa erano al completo e la Perla sotto sequestro, restava solo la Mandibuona, fortunatamente (o sfortunatamente) ancora in porto a causa delle scaramucce del Mena con i funzionari cittadini avute all'attracco. Ed ecco la ragione delle inquietudini di Juan.
Vasco Tenzio era stato ben felice di ospitarli a bordo per una notte, in cambio di un breve turno di guardia a testa per coprire quello di Spugna, messo fuori gioco da un'alzata di gomito importante.

Il resto del gruppo attraversa finalmente il ponte che collega la torre del Tempio alla città alta, dove Gimble e Juan aspettano per raggiungere assieme la Corporazione dei Mercanti. Dopo un paio di battute di Hearst sulle occhiaie dei due, gli avventurieri si avviano ad incontrare da Sutta e concordare il compenso per ritrovare Larbi. La trattativa con il tesoriere è a dir poco estenuante, ma alla fine il mercante è costretto a concedere la bellezza di trecento monete d'oro, uno sconto di un quinto del prezzo per settimana di permanenza nella locanda di Khalid, e il prestito di un cammello per il trasporto dell'acqua necessaria per il viaggio verso Gahar e per le ricerche.
Strappato infine un anticipo di cinquanta monete, gli avventurieri si equipaggiano e caricano sul cammello tre giare di acqua. Con un po' di impegno e senza intoppi, saranno a Gahar per l'ora di cena.

lunedì 5 novembre 2012

324 - UN ADDIO

Nessuno sa cosa dire. Gli sguardi bassi. La rivelazione di Gilead lascia tutti storditi.
Storditi, ma non sorpresi. Troppe le incomprensioni, troppo alto il peso delle sofferenze, troppo forti gli eventi di Puerto del Principe, di Isla del Quitrin, di Salamanca, per credere che tutto potesse tornare come prima.
"Quando partirai?" chiede Gimble, essenziale.
"Presto. Nei prossimi giorni sarò con Melira per i preparativi, quindi partiremo alla volta di Yar-Mazar."
Ancora silenzio e occhi bassi.
Che altro c'è da dire? E' un silenzio che vale un fiume di parole.
Gimble annuisce, porge la mano.
L'elfo la stringe.
"Addio."

Gli avventurieri si guardano. Dovevano parlarsi di mille cose, ma nessuno se la sente più, tutto passa in secondo piano. Ognuno si chiede cosa ci sia nello sguardo degli altri: comprensione, colpa, accuse. Le spaccature restano, Gilead ne è la prima vittima, e Gimble sa di non poter escludere che ce ne siano altre. Per un istante si domanda che senso ha tutto questo, dove lo sta portando la ricerca di sua sorella, e dove sta portando costoro che fino a pochi mesi fa considerava degli emeriti sconosciuti.
Ma adesso pensare fa male.
"Credo sia meglio salutare Declan e andare."
I compagni approvano, si apprestano ad uscire.
Juan nota un'ombra fugace alla porta. Erano osservati? O forse era solo Gilead che esitava? Sta per riferirlo, ma si trattiene. Meglio non aggiungere altro. E' stata una giornata da dimenticare.